le interviste di Ovo san, con il M° Max Gandossi
Ancor andar per eremi alla ricerca…ops scusate mi son fatto prendere da un’attacco di Dantismo, eh eh…. allora Amici carissimi , riecco il vostro Ovoreporter di nuovo all’opera .
Oggi siamo nella periferia di Milano ,a Sesto San Giovanni dove ho incontrato ( virtualmente ) per voi…il Maestro Massimiliano Gandossi IV dan di Aikido TENDO RYU
info@bushidokai.it www.centrolistico.it |
Intanto cos’è il Tendo ryu ?
Tendoryu Italia è la scuola di Aikido che rappresenta il Maestro Kenji Shimizu sul territorio Italiano. Questo stile è nato dopo la scomparsa di O’Sensei Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido. O’Sensei ha avuto tra i suoi ultimi allievi proprio il Maestro Kenji Shimizu (VIII dan).
ciao Max eccoci quà….
dunque inizia raccontandoci brevemente i tuoi inizi come sei venuto in contatto con l’aikido ,il tuo primo Maestro i ricordi dei tuoi compagni di allora…
Max: Mi chiedi di raccontarti brevemente i miei inizi nel budo e nell’aikido.
Ho iniziato a praticare judo a 5 anni imitando mio fratello maggiore (come in molte altre occasioni) e poi ho proseguito con il karate e ho iniziato a praticare aikido a 14 anni a causa dell’esaltazione provocata dal film di Steven Seagal “Nico”. Iniziai con il Maestro Jerome del filone Kobayashi in una palestra della mia scuola, un piccolo gruppo che poi , ridotto ad un lumicino in termini numerici sparì, per poi proseguire senza un granché di convinzione nel dojo dove facevo anche karate e judo, il maestro di judo aveva un po’ di esperienza aikidoistica e facevamo un lavoro (lo posso capire ora col senno di poi) funzionale al judo perchè il dojo cho non amava il tira e spingi di forza bruta del judo agonistico.
Andai poi al dojo del Maestro Fujimoto che frequentai davvero in modo saltuario e senza grandi risultati. Un inizio carriera davvero poco promettente!
Non partecipavo agli stage ne facevo esami perchè ero troppo preso con il karate e successivamente anche con la boxe e la kickboxing agonistica. Diciamo che il mio rapporto con la violenza allora proprio non aveva alcuna voglia di essere risolto! Ho inziato a fare arti marziali da bambino per imitazione, e ho proseguito per diversi anni poi, come credo la maggior parte di noi, ricercando il super potere per prevalere su potenziai aggressori.
Poi finito il liceo sono emigrato in Inghilterra e successivamente in Irlanda dove invece mi sono immerso completamente nella vita di dojo, praticavo tutti i giorni più volte al giorno. L’accademia di Galway dove praticavo era diretta da un ex allievo dell’aikikai di N.Y. di nome Jerry Conolly, lui, il figlio Alex e un altro assistente di nome Paul, vi insegnavano mattino e sera ogni giorno e facevano un aikido sufficientemente duro e combattivo per sfamare il mio appetito di botte. Che dire un gran tira, spingi, schiaccia, spremi, gli atemi si sprecavano. Frequentato da soli uomini, prevalentemente addetti alla sicurezza, poliziotti e guardie giurate, il posto era chiaramente terreno fertile per questo tipo di pratica, e per quanto io potessi davvero sembrare fisicamente l’intruso della settimana enigmistica , me la godevo come un matto, avevo bisogno di quello.
Tutto è cambiato dopo che sono tornato in Italia, sono riapprodato nel dojo del Maestro Fujimoto dopo otto anni e con uno spirito completamente diverso anche perché con la nascita del mio primo figlio ho sentito molte cose cambiare dentro di me, molte tensioni sciogliersi. Così per cinque anni ho frequentato il dojo del Maestro con gioia, divertendomi e imparando moltissimo e affezionandomi molto anche a lui.
Nel frattempo ho lasciato il lavoro che facevo in azienda e insieme a mia moglie ho aperto un centro di pratica di discipline olistiche e in seno a questo ho aperto il mio dojo per condividere la pratica e viverne anche la parte relativa all’insegnamento e la didattica, ho pensato di iniziare a mettermi in mare e remare come mi aveva suggerito il mio maestro irlandese, la bussola sarebbe apparsa e così è stato.
Siamo stati partecipi per alcuni anni delle attività organizzate dalla YomiShinTai di Aosta, rappresentanti del Kaishinkai britannico che conoscevo già per le mie precedenti esperienze inglesi e apprezzavo per il pluralismo di vedute e coesistenza di varie scuole.
Nel 2009 sono tornato in giappone con alcuni miei studenti principianti e siamo andati a praticare per una settimana all’hombu dojo con diversi insegnanti, in quella occasione siamo stati ospiti di Fujita sensei di Omiya , allievo di Endo sensei col quale è iniziata una bella amicizia, un mio studente è poi andato in altre due occasioni a praticare da lui.
ecco dunque le 5 domande :
Ovo san: K.Shimizu ,tu sei il suo riferimento in Italia , cosa ti ha colpito di questo grande Maestro e del Tendo Ryu in particolare…
Max: Sempre un mio studente, Marcello un praticante particolarmente appassionato e costante un giorno si imbattè in un video di Shimizu Sensei e me lo girò scrivendomi ” guarda questo maestro è fantastico e mi sembra che faccia proprio quello che piace a te” . Così cercai su web per vedere se Shimizu sensei tenesse dei seminari in italia o in europa e trovai che il mese successivo sarebbe andato vicino a Bruxelles per uno stage, acquistai subito due biglietti aerei, uno per me e uno per Marcello, e poi scrissi al Tendokan e agli organizzatori belgi per chiedere il permesso di partecipare, fortunatamente mi fu accordato e non dovetti buttare i biglietti aerei nella spazzatura! Andammo in nove a quello stage e con noi c’era la mia adorata amica ed ex studentessa di aikido Kayoko, ora è tornata in Giappone ma per cinque anni è stata con noi al dojo. Lei fu un ponte di comunicazione importante in quella occasione, ci sedemmo al tavolo con il Maestro il quale volle sapere chi fossi e da quale scuola provenissi, così, iniziammo a parlare e lui mi propose di andare ai suoi stage, di studiare con lui in giappone. Così andai e iniziai a seguire i suoi seminari in Giappone, Germania, Slovenia, Belgio, Serbia e nel 2011 abbiamo organizzato il suo primo seminario in Italia, qui a Milano. Lo stage è stato bellissimo e abbiamo avuto il supporto e la presenza di studenti e insegnanti del Tendoworld provenienti da tante diverse nazioni. Quello che mi ha colpito di Shimizu Sensei a prima vista è la presenza, l’energia della persona, la bellezza, la dinamicità e la fluidità del suo aikido che mi fa venire in mente la spada giapponese, nei contenuti, nella sua bellezza elegante e terribilmente tagliente.
Conoscendolo quello che mi continua a colpire è la sua presenza energica in ogni momento che passiamo insieme, la sua volontà oltre che capacità di rivolgersi sempre al cuore delle persone senza temere di essere troppo diretto o frainteso, con naturalezza e forza. Sono alcune delle sue qualità che mi ispirano a imparare con entusiasmo e umiltà.
Forse per questo mi ha scelto come suo rappresentante in Italia, se ho una qualità che posso riconoscere senza falsa modestia è di non avere problemi a “vuotare la tazza” quando c’è da imparare, e lo faccio velocemente!
Ovo san : aikido ,yoga,iaido , tu pratichi tutte e tre queste discipline cosa hanno in comune spiritualmente secondo te…?
Max:La persona che le pratica e la sua evoluzione grazie ad esse. Ritengo che una persona che sceglie di praticare una disciplina debba esporsi ad essa, essere umile e aperto e cercare di mettere da parte prima possibile i propri dubbi e il proprio ego. Fisicamente sia lo yoga che l’aikido che lo iaido possono essere praticati in miriadi di modi diversi. Psicologicamente tutte e tre dovrebbero accompagnare lo studente per tutta la vita, sul sottile filo di rasoio che divide la pratica dal non attaccamento, entrambe caratteristiche indispensabili per avere risultati in termini di crescita spirituale nella via, ed entrambe ugualmente rischiose se si pende troppo da uno dei due lati! È vero in tutte e tre le discipline (probabilmente anche in altre) se si pratica troppo e non si dedica sufficiente attenzione al non attaccamento, al non identificarsi con gli orpelli dell’ego (pratica compresa!) si diventa rigidi e ottusi, se , al contrario ci si dedica solo al filosofeggiare e per paura di entrare in profondità di qualcosa non si pratica costantemente si diventa degli zapper della vita, e fisicamente si deperisce velocemente.
Ovo san : tu vai in India a praticare yoga cosa ti affascina dell’Oriente oltre la spiritualità ?
Max : Direi decisamente le persone! Sia in Giappone che in India ho imparato molto osservando il comportamento delle persone. In Giappone ho imparato tanto dalla loro gentilezza, educazione, pulizia e rispetto dello spazio proprio e altrui, in India ho imparato dai loro sorrisi incuriositi dallo straniero, dalla voglia di conoscerti e di invitarti a casa loro proprio perché straniero, cosa ormai davvero anacronistica da noi, e anche dalle differenze che ai miei occhi di occidentale abituato alla propria società appaiono come stranezze o ingiustizie. Mi piace imparare da insegnanti che siano cresciuti nella società dove riti e liturgie delle discipline che studio sono parte integrante del tessuto culturale di origine, che vedono , vivono e praticano fin da bambini cogliendone un’essenza non interpretata dal filtro razionale, noi reinterpretiamo molto quando vediamo fare qualcosa dagli orientali qui, fare yoga in India e aikido in Giappone a mio parere sono esperienze importanti per chi ne è appassionato, e smontano tanti falsi miti e leggende infantili interiori, sostituendoli con esperienze vere, che hanno odori, suoni e colori e qualche volta anche dolori!
Ovo san : se l’aikido fosse un’animale mitologico , a chi penseresti?
Max : Penserei al cigno, Hamsa nella tradizione mitologica Indiana, esteriormente per la sua eleganza, perchè è bianco e perchè quando fa l’orripilazione mi fa venire in mente il kokyu e il kiai che trasmettono l’intenzione e l’energia tra i due praticanti. Interiormente, perchè nella mitologia indiana hamsa rappresenta il discernimento tra ciò che è buono e ciò che è velenoso, l’animale che è in grado di bere il latte nell’acqua lasciando quest’ultima e ingoiando solo il primo, che suggerisce di avere una mente sempre consapevole e attenta ai “veleni” che affiorano durante la pratica, negli anni, nella vita, per tutti!
Ovo san : ora scegli la tua tecnica preferita , e descrivicela come fosse un dipinto ,le sue sfumature …
Max : La mia tecnica preferita? Devo anticipare che in generale preferisco il lavoro di ukemi a quello di nage , shite o tori che dir si voglia. Comunque scegliendo una tecnica che amo particolarmente praticare direi shihoonage come si presenta in tutti gli attacchi in relazione gyaku hanmi, in forma dinamica. I movimenti principali sono due tagli orizzontali e uno verticale e il corpo non smette mai di muoversi in modo fluido e rilassato lasciando che la “spada” possa tagliare col suo movimento che ricorda le pennellate dello shodo. Mi piace la continuità del lavoro dei due partner, l’essenzialità di contatto e squilibrio e l’armonia di corpo, respirazione, e sguardi che si crea col partner. Shimizu Sensei dice che Osensei riconosceva in shihoonage l’essenza dell’aikido assurgendola a tecnica base fondamentale, cioè che getta le basi per poter comprende tutto il sistema. Mi piace praticarne il tai sabaki anche da solo con il bokken per percepire le linee di taglio e poi “somatizzarle” per portarmele nel corpo durante la pratica, anche quando , con il partner ho bisogno di concentrarmi bene sull’awase o il kokyu.
Ovo san: lascio sempre uno spazio libero per le tue conclusioni, dacci un consiglio sulla via della pratica.
Max : Recentemente sono stato in Germania per lo stage di WakaSensei Kenta Shimizu, figlio del nostro Maestro, e lui ha usato un’immagine molto bella ed evocativa: i praticanti di aikido sono come due pietre che si levigano a vicenda e col tempo diventano sempre più preziose. Non due sassi che si scontrano fino a rompersi. Credo che la differenza che passa tra la prima e la seconda situazione sia da ricercarsi solo in questo: il shoshin. Quando studiamo e pratichiamo aikido dovremmo osservare l’insegnante con mente sgombra e aperta, senza riscrivere mentalmente ciò che vediamo secondo quello che “sappiamo già” e poi cercare di riprodurlo insieme al partner, così pratichiamo come due pietre preziose, così ci esponiamo all’apprendimento, così andiamo avanti.
Grazie ancora e ti mando un caro saluto, buona pratica e buon non attaccamento!
Max….
Naturalmente il mio ringraziamento al Maestro Max Gandossi , per la sua disponibilità e la bella intervista , come sempre mi auguro di incontrarlo sul tatami nel mio pellegrinar per Doji, e vi lascio con un saluto speciale a Stefano Bresciani di Leno dicendogli …io credo nelle missioni impossibili!
ciao a tutti il Vostro OVO SAN
le interviste di Ovo San con il M° Alessio Autuori
Amici aikidoki riecco le avventure del Vostro Ovoreporter, dopo una piccola pausa mi sono rimesso in Viaggio alla ricerca di nuove interviste.
Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Alessio AUTUORI 4° Dan – che arriva dalla bellissima città di Salerno.
Un’incontro nato a Cogoleto (GE), grazie ad Alessio Candeloro promotore dell’Aikido on the Sea dove ho potuto verificare di persona le qualità di Alessio, e la sua conoscenza tecnica insomma un fantastico Aiki-uomo.
Ma cominciamo a conoscerlo …
Comincia la pratica dell’Aikido nell’ottobre del 1993 sotto la guida del M° Ezio Antonucci dell’Aikido Club Salerno.
Studia l’Aikido Buikukai della scuola del M° Kobayashi attraverso la guida del suo insegnante di dojo e la frequentazione di raduni di allievi diretti del grande Shihan scomparso: i Maestri Jean Francois Riondet e André Cognard.
Nel gennaio del 1999 partecipa al suo primo raduno col M° Christian Tissier, cui seguirà un’assidua frequentazione di stage della sua scuola, diretti dal Maestro in persona e dai suoi allievi italiani e transalpini.
Nel febbraio 2002 la scelta di aderire alla scuola del M° Tissier e la creazione (insieme ad amici che hanno creduto nell’idea) dell’Associazione “Gaetano Galderisi”, affiliandola all’Area Discipline Orientali UISP…eccoci qui, allora Alessio come è iniziato il tuo viaggio nel mondo Aikido ?
Ho iniziato la pratica dell’Aikido il 2 ottobre 1993, lo ricordo perfettamente. Come tantissimi ragazzi dell’epoca…anche io ero uno di quelli “traviati” dalle Arti Marziali televisive ,Avevo deciso di iniziare in qualche dojo….così (in linea col mio carattere) decisi di non lasciare tutto al caso; feci delle ricerche. Girai e girai finchè non mi capitò di assistere ad una lezione di Aikido….zak! amore a prima vista.
Di lì a breve io e l’Aikido ci “fidanzammo”, dopo tanti anni stiamo ancora insieme….
ecco le 5 domande:
Ovo san-
1-Ho visto che lavori molto sulla centralità e l’asse perpendicolare del corpo, questo è un concetto che ognuno deve approfondire nello studio, quanto ti aiuta in questo il Kashima ?
Alessio-
1 – devo ammettere che la tua osservazione mi colpisce, solitamente devo spiegare il concetto in se per ore in più lezioni, complimenti. Estendendo il concetto, lavoro TRAMITE centralità dell’asse, spalle rilassate, verticalità del lavoro e cura dell’equilibrio. Tutto ciò per me ovviamente non è un fine, ma si tratta di svariati mezzi comuni a tutti i percorsi che l’individuo può decidere di intraprendere. Mezzi “fisici” dunque, ovviamente necessari a tutti. Ogni praticante (di qualsivoglia disciplina) è pienamente consapevole( ad esempio) che al di fuori dello spazio occupato e gestibile dalle proprie braccia e dalle proprie gambe, il controllo diminuisce. Ragion per cui si lavora con Le anche sotto le spalle, le anche sopra le ginocchia, le ginocchia sopra i piedi. Per quanto riguarda il sistema Armato e quanto può contribuire a tutto ciò, è necessario ricordare che se vogliamo che le Armi apportino benefici alla nostra pratica aikidoistica, è necessario non solum che la scuola in oggetto sia affrontata bene, sed etiam che il sistema sia assolutamente coerente con la pratica disarmata. Per quanto riguarda la mia pratica armata e disarmata, è necessario dire che è fortemente influenzata dal Kashima Shin, una scuola di Kenjutsu tradizionale. Grazie a questo lavoro, le possibilità di affrontare verticalità di lavoro (oppure tagli, affondi, ecc….) sono aumentate vertiginosamente.
Ovo san-
2- un altro concetto che ho apprezzato è quello del “ PRIMA “…(ricordi lo sceriffo e il fetente), tu dicevi che lo scontro nasce già in lontananza … possiamo dire che una tecnica nasce nell’istante si è consapevoli che accadrà,e che si sviluppa nella guardia e quindi è già finita al primo contatto … è la consapevolezza ?
Alessio-
Altra ottima domanda, perfettamente collegabile alla precedente. In Aikido, genericamente siamo sempre troppo “rilassati”, per il semplice fatto che lo si consente. Per fare un parallelo cinematografico, se parlassimo dell’Accademia Jedi, potremmo dire che si evita lo studio di qualsiasi emozione che non sia la bontà o la compassione, per paura di cadere vittima del Lato Oscuro. In realtà esistono una moltitudine di sentimenti non solo affrontabili, ma talvolta necessari allo studio. Consideriamone uno: la determinazione! Tanti sono capaci di mantenere una calma serafica nell’ambito di una presa al polso. Già la calma viene meno se la presa si fa più ostica (ad esempio al collo). Un modo per allenare la propria presenza al momento (vivere in maniera adatta la situazione) è per esempio farsi attaccare in maniera sempre più incisiva e valutare la rilassatezza delle spalle, della nostra postura, attitudine, calma….e via dicendo. Talvolta l’eccessiva “rilassatezza” ci porta a dimenticare che stiamo studiando un Arte Marziale, e ci facciamo prendere nel modo più ingenuo possibile. Ed ecco il momento in cui la cosa si collega alla domanda precedente: l’intensità del momento, è uno dei cardini del Kenjutsu. Ancora una volta, in un sistema armato si trovano elementi utilissimi alla pratica disarmata.
Ovo san-
3- hai detto che ogni lezione non’è mai uguale neanche se la volessi fotocopiare , perché cambiano le sensazioni, insomma il Tuo o il Nostro aikido deve essere come l’acqua , si deve adattare al contenitore che trova per essere ogni volta nuovo e in evoluzione?
Alessio
3- la definizione del “come l’acqua” non l’ho mai amata, ma solo perché se ne fa un abuso. Un po’ come la citazione di Bruce Lee sulle cinture. Li vedo un po’come luoghi comuni, sebbene contengano del buono. Le lezioni, come le tecniche non sono e non devono mai essere uguali nel corso del tempo, altrimenti vuol dire che l’insegnante inserisce nel suo cervello un nastro registrato, alienandosi dal tatami….dagli allievi. A parità di allievi o compagni di tecnica (che si parli quindi di lezioni o di allenamenti), c’è sempre qualche variazione di volta in volta; è ovvio….i parametri cambiano: umore, forma fisica, esperienza, conoscenza, ecc… Talvolta l’insegnante, troppo fiducioso in una sua lezione in quanto “cavallo di battaglia”, non rende come altre volte, è la natura umana. L’allievo d’altra parte ricade in un errore ancor più grossolano nel rivisitare una lezione, a suo modo di vedere, già nota: pecca di altra forma di presunzione o noia, il “già visto”. E’ la natura umana. Lo studio (per apprendere, per ricercare o per didattica) non è attitudine di tutti.
Ovo san-
4- Se il tuo aikido fosse un fiume … sarebbe Impetuoso come lo Zambesi, Generoso come il Nilo o Spirituale come il Gange ?
Alessio
4 – E’ stato impetuoso (molto, anche troppo) da giovane, di sicuro è generoso (e su questo aggettivo dovremmo spendere fiumi di parole), decisamente poco spirituale (e qui qualche spiegazione devo darla): ho sempre lavorato su un piano estremamente fisico della pratica, per poter acquisire mezzi e qualità che mi potessero mettere in comunicazione con quante più persone possibile sul tatami. Di sicuro influisce la mia predilezione per un Aikido applicativo. Trovo che i cosiddetti Grandi della pratica, abbiano da giovani lavorato moltissimo sul piano fisico, lasciandoci pesantissima eredità. Di quelli che abbiamo conosciuto da anziani, ci ha colpito anche la spiritualità, ma su questo io muovo sempre 2 osservazioni: 1) ogni età ha le proprie necessarie caratteristiche ed esigenze; 2) sarebbe bello è poter afferrare il senso della vita di un uomo considerando solo i suoi ultimi istanti di vita; a mio avviso, se davvero si è interessati al risultato di un uomo, dovremmo ANCHE considerare il suo percorso. Tornando alle caratteristiche della mia pratica direi….che per quanto si possano considerare tanti affluenti, la vedo come un fiume non troppo grande, ma deciso…che tocca taluni posti lasciando un immagine di determinazione e consapevolezza.
Ovo san-
5-so che lavori molto con i bambini, quale emozioni regalano che mancano agli adulti, hai un aneddoto ?
Alessio
5- Insegnare è un attitudine, ci si nasce a mio avviso. Ovviamente è una qualità che va indirizzata e coltivata. La capacità di lavorare con i bambini è una variazione particolare di questa attitudine. Non tutti ce l’hanno. E’ un ambito operativo difficile, soprattutto in Aikido, dove non c’è una struttura federale che può supportare l’insegnante, come avviene ad esempio nel Karate o nel Judo, discipline in cui questo settore è quasi scientificizzato (aggettivo duro da accettare per un aikidoka, lo so). Se si ha questa attitudine, il lavoro con i bambini ed i ragazzi può essere molto, molto gratificante e pregno di spunti. Diversi lavori sono adattabili in maniera biunivoca: esercizi creati per adulti possono essere adattati ai bambini, mentre esercizi e modalità esplicative adatte alle fasce di età minore, possono aiutare gli adulti a comprendere meglio il lavoro. Si può persino lavorare con le Armi. Ho sperimentato l’uso di spade e bastoni di minor peso con i preadolescenti ed esercizi di estrazione con spadine in gommapiuma con i bambini delle elementari. L’emozione provata nell’osservare i giovanissimi aikidoka alle prese con queste mie proposte (con risultati eccezionali) mi ha regalato un emozione che (ammetto) non mi ho mai provato nemmeno con i miei migliori allievi adulti o con i miei aiutanti. Mentre scrivo mi vengono in mente molti aneddoti al riguardo, ma quello a cui sono più legato riguarda una delle cose che dovrebbe essere tra le più ovvie, ma anche tra le più difficili da trovare al giorno d’oggi: i bambini che domandano il permesso prima di salire sul tatami. Educazione. Già solo questo…mi fa ben comprendere di aver partecipato alle loro vite in maniera significativa.
Ecco è tutto! Si conclude così un altro viaggio alla ricerca dell’uomo che stà dentro l’Hakama, un personaggio speciale a cui porgo il mio più grande ringraziamento, sia per l’intervista, che per il piacere immenso di averlo conosciuto , grazie Alessio spero di ritrovarti ancora sul tatami.
in quanto a Voi tenete le orecchie tese Ovo San è sempre in tour, per i suoi speciali incontri…
Un’abbraccio alla prossima il Vostro OVO SAN
le interviste di Ovo San, con il M° Carlo Cocorullo
Ci siamo , il Vostro Ovo San è di nuovo in tour, per raccogliere le sensazioni di Aikidoki con la “ A “ maiuscola. Sono tornato ( virtualmente ) a Roma, per incontrare il Maestro Carlo Cocorullo….
Prima di iniziare una premessa, quando chiesi al M° Carlo di essere intervistato , lui mi rispose …” ma sono solo un 3° Dan , non un maestro..” oh si , l’umiltà credo sia una Dote….o sbaglio ?
Laureato in Ingegneria Informatica, Università degli Studi Roma Tre, lavora come Consulente Informatico, il suo percorso nell’aikido vede come riferimento il lineage didattico della scuola cosiddetta Iwama Ryu, Takemusu Aikido del M° Saito Sensei. Attualmente è Istruttore III DAN ASI, Coordinatore Nazionale Divisione Aikido ASI e collaboratore della presidenza del Settore ARTI MARZIALI ASI.
Buongiorno Maestro Calro, ci racconti i suoi inizi..
M °Carlo….
Ho incrociato l’Aikido più volte nella mia vita e ogni volta ho seguito l’istinto.
Ho iniziato nel 1994, ma la mia pazienza è durata poco neanche tre mesi. Mi ricordo il dojo e l’ambiente molto molto serio. Tutti preparati e cordiali ma, nella mia ignoranza, mi sembrava tutto così distante dal mio mondo e dal mio modo di essere, rimase comunque un ottimo ricordo fino a quando, qualche anno dopo, mi ritrovai per sfida, a praticare di nuovo con un altro insegnante, che a Roma proponeva un “suo” aikido diverso dagli altri. Un autodidatta, che mescolava conoscenze di judo e ginnastica all’Aikido.
Mi resi conto della distanza dall’arte marziale tradizionale dopo aver preso la cintura nera, sentivo che mi mancava qualcosa, iniziai a girare per diversi dojo di Roma, provando vari insegnanti e prendendo contatti con diverse scuole e anche iniziando battaglie selvagge su internet per capirci qualcosa. Cercando di trovare quale fosse il fulcro della ricerca. Oggi ho capito che la ricerca è il fulcro. Mai sentirsi arrivati, seguire il proprio istinto e non abbandonarsi come oggetti nelle mani di un Maestro.
Unica eccezione per il compianto Maestro De Compadri che ha avuto fiducia in me e nelle mia capacità incoraggiandomi ad insegnare. Attualmente sono Presidente della Takemusu Aikido Roma e seguo la TAA Takemusu Aikido Association e sono coordinatore nazionale dell’Aikido ASI con il quale ho avuto la possibilità di realizzare i miei obiettivi nell’ambito dell’Aikido italiano ovvero un gruppo di Aikido con cinture nere su un albo nazionale online che aderiscono ad un codice deontologico sottoscritto, una sorta di giuramento.
L’Aikido ASI ha ben tre didattiche di stile diverso ugualmente riconosciuti, promuove e organizza stage interstile, ha inoltre qualifiche riconosciute per il raggiungimento delle quali sono necessari corsi non tecnici obbligatori quali Psicologia dello Sport, Aikido e Disabilità, Marketing, Gestione di Associazioni, BLSD ecc
Sto portando avanti il progetto della prima Aikido Web Radio o Radio Web Aikido che sta avendo una ottima risonanza mediatica, ma non nego di aver fallito altre iniziative prima di questa, una su tutte aikipedia.it, l’albo online delle cinture nere italiane che per questioni che ti lascio immaginare non ha avuto il riscontro desiderato.
Sono papà da un anno e professionalmente sono un ingegnere informatico specializzato nella gestione integrata dei sistemi.
ed’eccoci alle 5 domande….
Ovo san 1– Hai praticato diverse arti marziali o discipline,qual’è la giusta definizione che si deve dare, Arte o Disciplina, qual’è la sostanziale differenza?
M °Carlo
Il concetto di Arte è un percorso che parte dalla concezione di estetica alla funzione di destare meraviglia o riflessioni o anche emozioni. Per quanto riguarda la disciplina mi piace molto il termine perché contiene la radice di discepolo che è da sempre il recettore del sapere. Il Maestro, nel senso di colui che possiede la maestria nell’Arte trasmette le sue nozioni, il suo sapere attraverso la Disciplina. Ecco, metterei così in relazione le due cose.
Ovo san 2–I Samurai ormai non esistono più, ma .i loro Valori Morali e di comportamento sono ancora oggi validi,qual’è il Valore che ritieni più fondamentale?
M° Carlo
Spesso vengono citate le sette pieghe dell’Hakama come le sette virtù dei Samurai, semplicemente per una questione di numeri, sette pieghe come le sette virtù. Meno noto è il fatto che la piega è di due parti che devono combaciare tra di loro in maniera armoniosa, quindi simbolicamente rappresentano dei rapporti armoniosi, le sette virtù possono quindi essere visti come dei rapporti da mantenere saldi attraverso queste virtù.
Il rapporto figlio-padre: umanità, carità, benevolenza (Jin)
guerriero-signore: onore, gloria, reputazione, prestigio, dignità (Meiyo)
compagno-compagno coraggio, valore, ardimento (Yuki)
avversario-avversario: rispetto, cortesia, gratitudine, gentilezza, etichetta. (Rei):
allievo-maestro: lealtà, fedeltà, devozione (Chugi)
vassallo-imperatore: giustizia, integrità morale, senso dell’onore (Gi)
moglie-marito sincerità, onestà, verità (Makoto)
Poi c’erano mammolo, eolo, pisolo.. no quelli erano i sette nani..
Anche se devo dire che Dotto mi stava particolarmente simpatico..
Se solo riuscissimo a curare i nostri rapporti al giorno d’oggi attraverso questi valori, solo così, penso, potremmo dare loro una valenza attuale e secondo me anche molto efficace.
Ovo san 3–Radio Aikido Web, grande idea…quanto è importante comunicare aikido ?
M° Carlo
Non so se sia una grande idea, ma è una cosa che volevo fare da un po’, abbiamo la necessità di riscoprire i rapporti e i tempi dei rapporti nell’aikido. Anche differenziando l’offerta della disciplina. Nel senso che non dobbiamo per forza “modernizzare” l’aikido, nel senso che non tutto il cibo può essere tritato e messo in mezzo ad un hamburger e non esistono solo i fast food. Oggi bisogna riscoprire l’aikido come lo slow food, l’aikido di qualità, l’aikido che restituisce dignità al tempo trascorso in un dojo che non è tempo perso, anche solo per pulire, per fare una cena insieme e per vivere l’aikido insieme. Ribadire che non è possibile sostituire il Maestro con un video su youtube ma che si può usare un video su youtube per farsi conoscere, Un aikido che non si fa sui forum o sulle chat online ma in cui è possibile organizzare eventi o imparare nuove cose o semplicemente conoscere altri appassionati. Interfacciarsi con le nuove tecnologie deve essere “congruo” alla disciplina. E’ chiaro che poi uno può “scaricarsi” la trasmissione Radio e sentirsela in differita, ma a differenza di un video non può saltare immediatamente alla scena delle tette o alla “mossa” contro la pistola. Sarebbe importante ascoltare la Radio solo in diretta e intervenire in diretta perché a differenza della comunicazione asincrona, ovvero me la ascolto quando “ciò tempo”, ti rispondo nel forum dopo “che ora ciò da fà”, bisognerebbe riscoprire una comunicazione sincrona esattamente come quando si pratica. Insomma bisognerebbe educare gli aikidoka alla nuova alfabetizzazione informatica perché Internet non è malvagio, ma è l’uso sbagliato a nuocere.
Ovo san 4–Se l’Aikido fosse un’oggetto della tua quotidianità ,cosa sarebbe?
M° Carlo
Purtroppo è il mio smartphone, ovviamente, lo uso per l’aikido (mail, facebook, foto di eventi, condivisione, filmati, contatti) ma come ho detto prima cerco di fare in modo che sia un orologio di quelli antichi e anche un po’ magici che quando lo faccio partire ferma il tempo.
Ovo san 5–Quanto è importante ,per te,l’approccio mentale oltre alla fisicità per praticare,insomma ,per costruire la Nostra piramide evolutiva usando sia la calce che la pietra?
M° Carlo
Preferisco squadra e compasso, usando tutti i mezzi a disposizione. Cercando di godermi la pratica da praticante sudore e fatica e dall’altra parte cercando di essere un insegnante umile, consapevole di avere tante lacune da colmare, di aver scelto un percorso difficile e spesso criticato perché ho dovuto “usare le anche” per farmi largo in un sistema molto complesso gerarchizzato e con poco spazio per le nuove idee. Porto avanti le mie idee e cerco di realizzarle e grazie a chi mi sostiene le sto piano piano realizzando.
Ovo san- lascio sempre uno spazio per la riflessione finale , ma, questa volta sarò meno buono, Mi dici M° Carlo cosa ti infastidisce vedere sopra un tatami?
M° Carlo
Cosa mi infastidisce di più vedere sul tatami,come atteggiamento…? Le stesse cose che vedo fuori dal tatami, gente che critica senza aver cognizione di causa, gente che parla senza conoscere le cose: il solo fatto di essere convinto detentore di verità mi irrita, ma poi penso che anche io 5 6 anni fa ero così.. E quindi con molta benevolenza torno a praticare quello che ha appena mostrato il Maestro sul tatami, non quello che penso di saper fare. L’ultima volta che ho mandato a cagare un IV o V Dan sul tatami era perché mentre l’insegnante aveva mostrato una tecnica questo insisteva a dire che “a modo suo” era meglio.. Sinceramente.. l’ho salutato, inchino e ciao, avanti il prossimo.
E’ lo stessso vale per me, nel congedarmi dal M° Carlo Cocorullo e ringraziandolo infinitamente per la sua disponibilità ….vi rimando alla prossima, con affetto il vostro Ovo san
le interviste di Ovo San, con il M° Rino Bonanno
Amici aikidoki riparte una nuova avventura ,alla scoperta dell’uomo con l’Hakama, oggi il vostro Ovo San sbarca nuovamente nella meravigliosa Napoli,ad incontrare il M° Rino Bonanno un grandissimo …5° dan per nomina ufficiale dell’Homu Dojo di Tokyo. Una serie di titoli lunghi un kilometro ,che ,nonostatnte questo aspetto Guascone ,ne dimostrano un impareggiabile carriera strariconosciuta a livello mondiale.
Allora M° Rino come è iniziato il suo viaggio nella Nostra Meravigliosa Arte?
M° Rino:
Come ho iniziato?……. è stato per caso, erano gli anni’70.
Avevo da poco finito il liceo e durante le vacanze ,un amico, allora campione regionale juniores di judo mi parlava del suo sport. Per me che venivo dal nuoto il tutto era nuovo…..mi erano sempre piaciute però le storie di eroi e guerrieri.
Da piccolo amavo riprodurre disegnando ogni genere di armi medioevali e la mente vagava in avventure di cappa e spade.
Mi convinse, al ritorno delle vacanze, a presentarmi al suo maestro, confortato dal fatto che sistematicamente senza sapere nulla di judo, riuscivo a svincolarmi e a metterlo al tappeto…diciamo sulla sabbia in spiaggia…eravamo ragazzi!
Fu così che mi ritrovai a settembre del 1971 al Palasport di Napoli ( ora non c’è più) a fare una lezione di judo con il M° Aldo Nasti ed una di karate con il M° Beppe Panada al Sankaku Club.
Accanto c’era un altro dojo : il Budo Club dove si faceva Aikido e Taekwondo.
Dopo che il mio futuro di campione fu assicurato dal maestro di judo che mi voleva nella squadra agonistica, feci capolino in questo dojo.
Vedere quelle gonne nere svolazzanti e quei strani movimenti che però in qualche modo mi sembravano familiari mi tenne inchiodato fino al termine della lezione. Non capivo molto, ma mi piaceva.
A quei tempi non si sapeva nulla di Aikido! Non c’erano testi, né molte immagini, figuriamoci i video!
“Che cos’è l’Aikido? “ – chiesi all’istruttore di Aikido – “ Prova” – fu la risposta telegrafica!
La risposta la presi come una sfida ed essendo testardo mi presentai alla prima lezione dopo qualche giorno armato di tutte le buone intenzioni. E’ inutile dire che fui messo in un angolo del tatami per circa un’ora ad imparare ushiro ukemi, ma non mi prese lo sconforto..anzi la sfida mi piaceva.
Allora c’erano solo sei allievi ed io. Quei sei allievi erano le prime cinture nere del M° Masatomi Ikeda, che si accingeva a tornare in Giappone, poi sarebbe andato in Svizzera.
E’ così che ho iniziato….appartengo alla seconda generazione di aikidoka italiani. Il nostro Maestro Masatomi Ikeda ritornava in Giappone e le lezioni le tenevano dunque le cinture nere. In tutto eravamo 7 persone, ma in quel periodo l’Aikikai si costituiva come Associazione ed in Italia eravamo quattro gatti..solo 5 anni dopo raggiungemmo la cifra record di 2500 persone in tutta Italia.
Non c’erano altre federazioni, non c’erano testi, né video…..c’era solo il M° Tada che parlava anche poco. Ogni settimana ci si recava a fare una lezione a Roma e gli stage erano solo tre in tutta
Italia, ma ricordo il piacere di incontrarsi tutti. Gli allenamenti erano duri, molto duri…..allenamenti che ora non si fanno più…anche 7 ore al giorno con sveglia alle 6.00 , per 12 giorni di seguito negli stages estivi a Desenzano.
Il M° Tada era esigente..e non parlava.
Mi è sempre rimasto l’odore del pulviscolo che si sprigionava dal tatami di paglia di riso ad ogni ukemi…..un odore che mi fa venire alla mente i visi di tanti compagni, alcuni anche scomparsi, le loro risate, le gocce di sudore che si mescolavano alle mie.
Ho iniziato ad insegnare a 3° kyu, autorizzato da Tada Shihan e a 1° kyu ero in Svizzera per un anno . Mi allenavo a Basel insieme ad amici come Michele Quaranta e conducevo un dojo a Gelterkinden dove gli allievi erano militari. Dopo esperienze di Dzog Chen con il M° Norbu nel 77 credo aprii il mio dojo l’Aikikai Napoli e la storia continua tutt’oggi da 43 anni.
Ho tanti ricordi, ma sicuramente aver conosciuto tanti maestri allievi diretti di O Sensei e soprattutto aver fatto con regolarità uke a loro ha un giusto valore per me. Allora si insegnava “kokoro no kokoro” da “ cuore a cuore” ed io ho incontrato i loro cuori.
Sicuramente da ognuno di loro ho appreso direttamente qualcosa: dal M° Tada a Fujimoto, da Hosokawa a Ikeda, ma direi che questi ultimi due mi hanno aperto la mente e determinato il mio Aikido dove l’associazione con la parte più nascosta e le relazioni fra tecniche e principi universali è una costante.
Ovo san 1)- Oltre 40 anni di pratica, M° Rino, quando si inizia a praticare la Nostra disciplina si è sempre alla ricerca di qualcosa di interiore. Quale è stata l ispirazione per la sua ricerca?
M° Rino:
Non credo che sempre ci sia una ricerca interiore quando scegliamo di praticare Aikido. Per me questa ricerca c’è stata perché fa parte degli insegnamenti ricevuti in ambito familiare e la nostra arte un po’ “misteriosa” ( come la vedevo da giovane) mi sembrava un buon mezzo per rispondere alle domande che mi ponevo.
Credo che ci siano due tipi di allievi: quelli protesi all’esterno, dando più valore all’efficacia , ai loro movimenti ed al gesto estetico e quelli protesi al proprio interno in cui il kokyu, la respirazione ha un alto valore.
E tutt’ora incontro queste due tipologie.
Spesso non si riesce a trovare una via di mezzo e quindi si verifica il noto fenomeno di cercare qualcosa di spirituale al di fuori dell’Aikido, oppure si passa ad arti marziali più chiare nei loro scopi marziali o competitivi.
Eppure quello che c’è di spirituale o di efficace nell’Aikido è stato sempre lì, solo che non si è riuscito a coglierlo.
Per me in Aikido lo scopo ultimo non è limitarsi all’esecuzione della tecnica, ma sviluppare il giusto atteggiamento mentale per attingere al potenziale creativo. Le tecniche come diceva O Sensei ” emergono liberamente, come l’acqua che sgorga da una fontana”.
Ovo san 2)- Se Le dessero un chicco di riso,ogni volta che è salito sul tatami,nutrirebbe lo spirito marziale per anni…ma cosa è lo Spirito Marziale?
M °Rino:
Lo Spirito Marziale è completamente diverso dalla spirito sportivo… – dici bene quando parli di nutrirlo salendo sul tatami – ….è lì che si mette a dura prova noi stessi e non in termini puramente fisici, ma nell’accettazione dell’altro, nel limare le proprie asperità di carattere, nel districarsi dagli ostacoli che la stessa disciplina ed il Maestro propongono.
Qualsiasi padronanza della tecnica fine a sè stessa si traduce in un fallimento e conduce quasi sicuramente ad un’ipertrofia dell’Io e qui che scompare lo “Spirito Marziale”.
E’ nel cercare di migliorarsi e proteggere sé stessi e gli altri che compare in tutta la sua forza.
Chi comprende che non c’è alcun scopo di “Potere” nel Budō, ma al contrario il superamento dello stesso e che rappresenta un divenire ed un viaggio meraviglioso nella coscienza del Sé, e che sia proteso non al potere egoistico, ma allo smantellamento di una struttura falsa allora incarna lo “Spirito Marziale”.
Ovo San 3)-se l‘Aikido fosse un romanzo avventuroso per ragazzi, che libro sarebbe?
M° Rino:
Mi piacciono le sfide con me stesso e l’incognito.
Sarei indeciso (come amante del mare) fra “ Ventimila leghe sotto il mare” e “ Viaggio al centro della Terra”:
Entrambi però hanno in comune l’ addentrarsi in un territorio sconosciuto che potrei paragonare al nostro
“ essere interiore”.
Chi potrebbe impersonare meglio il personaggio di Nemo se non O Sensei? … che senza “dire”….esplicitamente ti propone la scoperta di ciò che è dentro di noi e del mondo circostante con occhi diversi.
E poi se penso al secondo romanzo “ Viaggio al centro della Terra” ..mi viene in mente Il termine alchemico V.I.T.R.I.O.L.U.M
(“ Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam” e cioè “Visita l’interno della Terra ( il tuo interiore) e, rettificando ( te stesso) troverai la pietra occulta, la vera medicina”
E non è quello che facciamo praticando Aikido…andare all’interno, scoprire ed imparare?
Ovo San 4)- Se riuscisse a guardare nel futuro, come pensa si espanderà la nostra arte…Mischiandosi con altre arti marziali in nuove forme o resisterà la purezza dell’ Aikido?
M° Rino:
L’Aikido è in continua evoluzione. La purezza dell’Aikido era solo quella di O Sensei.
Mi auspico solo citando il Fondatore che “ persone oneste e gentili “ accedino all’Aikido per migliorare sé stessi e la nostra Arte.
L’Aikido non ha forme, ne schemi prestabiliti. E’ come un’onda di energia invisibile. La forma o qualunque contaminazione può servire, ma poi è solo liberandosi che può realizzarsi
quella ” indipendenza creativa”, purchè se ne conservino i principi rispondenti alle leggi della natura.
Ovo San 5)-il ricordo indelebile del suo Aikido?
M° Rino:
Sicuramente l’incontro con il M° Kisshomaru Ueshiba ed il M° Tamura. L’uno mi sembrava così etereo e fragile e fu una scoperta scoprire con quanta facilità mi proiettava, nonostante il mio non collaborare in quel momento giovanile alla “San Tommaso”..del secondo ho apprezzato la sua gentilezza e pazienza ad insegnarmi Ikkyo per più di mezz’ora quando ero un semplice “mukyu”.
Del M° Ikeda di cui sono stato uke moltissime volte ho un ricordo che non si accantonerà mai, perché devo a lui il farmi ragionare sulle tecniche ed i suoi significati più esoterici.
M° Rino…… vuole lasciare un pensiero personale o una riflessione sarebbe stupendo.
Grazie …
M° Rino
Una mia frase che rincuora spesso i miei allievi è “ Cadere e rialzarsi per poi ricevere e dare”
Direi se volessi dare una definizione della nostra arte:
“ Un sistema per entrare in contatto con il Sé, attraverso la pratica della tecnica (Waza), ma utilizzando anche l’energia (Ki) e lo spirito (Shin), in modo da affrontare come nemico un’entità non fisica esterna, ma interna e, nello specifico, “ciò che non siamo realmente”.
E’ come sempre un piacere aver ascoltato la vita di un grande Maestro come Rino Bonanno , e un dispiacere allontanarsi da chi ha tanto da raccontare ( starei qui delle ore …). Quindi ringrazio ancora il Maestro Rino per la sua disponibilità , e per averci regalato questa magnifica intervista.
Un saluto dal Vostro Ovo San
le interviste di Ovo San, con la Sensei Elena Gabrielli
Fratelli Aikidoki eccoci ancora qua tra di Noi, oggi il Vostro Ovoreporter vi regala una “ chicca”, nel senso che ha l’onore di ospitare FINALMENTE direi una Sensei .
Sissignori una Donna, era ora ! signori vi presento Sensei ELENA GABRIELLI VI dan
dell’ Associazione Jiku di Roma .
Intanto Grazie Sensei Elena, per la Sua gentilissima presenza….
Allora ci racconti i suoi inizi, cos‘è l‘Aikido per Lei.
Sensei Elena
Iniziai a praticare che ero molto giovane presso il dojo dei Monopoli di Stato, storico dojo romano dove tutto ebbe inizio. Il primo contatto con l’Aikido fu del tutto casuale. Venni a conoscenza dell’apertura del corso di Aikido da mio fratello che all’epoca praticava Judo, in quel dojo, con il M. Danilo Chierchini, pioniere del Judo e dell’Aikido italiani e, per molti anni, Presidente dell’Aikikai d’Italia.
Appartengo alla seconda generazione di yudansha italiani, quando arrivai al dojo dei Monopoli, il M. Kawamukai si era già trasferito a Milano e il M. Tada aveva fondato il Dojo Centrale di Via Eleniana.
La mia prima insegnante: la Sig.ra Carla Simoncini, mamma di Simone Chierchini, primo shodan donna italiano. Solo quell’anno (1970/1971) la classe fu femminile e credo di essere, in termini di pratica, l’unica superstite di quel corso.
Ricordo i tatami classici in paglia di riso foderati con la tela bianca, l’emozione di quando ogni mese o due ci si trasferiva al Dojo Centrale per i seminari del giovanissimo M. Fujimoto o per quelli del M. Tada che nel frattempo era tornato in Giappone e, come per me, la Maestra Carla fosse un esempio di bravura, di bellezza e di padronanza tecnica.
Molti i Maestri che incontrai in quel periodo, italiani e giapponesi, ma per me non faceva differenza. Erano tutti molto più grandi di me, distanti, irraggiungibili.
La sensazione che provavo entrando nel Dojo Centrale era un misto di stupore e timore, sia per l’ampiezza del dojo rispetto a quello dei Monopoli, sia per l’aria che si respirava.
Cos’è l’Aikido per me? E’ salire sul tatami ogni volta con il desiderio di praticare. E’ ritrovarmi a volte insegnante, a volte allieva. E’ la relazione con le persone, gli altri praticanti, gli allievi. E’ un percorso per diventare persone migliori.
Ovo san
1- Ci sono molte donne nell’Aikido, ma poche emergono come ha fatto Lei…è così difficile farsi largo?
Sensei Elena
E’ questione di tempo. Praticando da molto tempo ho avuto modo di conoscere molte persone, di avere tanti allievi, di confrontarmi con gli altri praticanti, di stabilire relazioni.
Ovo san
2- Che qualità hanno le Signore dell’Aikido, che i Signori aikidoki possono solo immaginare?
Sensei Elena
Un corpo diverso. E’ più naturale per una donna applicare Il principio della non resistenza. Le diversità fisiche rappresentate da minore forza muscolare e massa corporea, che apparentemente potrebbero sembrare uno svantaggio, vengono invece esaltate dal gesto tecnico. L’Aikido è espressione di grazia, elasticità, armonia, caratteristiche sicuramente femminili. Inoltre, la donna non ha quei vincoli culturali che obbligano l’uomo a dimostrare la propria virilità, è quindi libera da questo condizionamento che nella pratica può essere limitante.
Ovo san
3- Se l‘Aikido fosse un fiore, per Sensei Elena sarebbe?
Sensei Elena
La similitudine con le caratteristiche di un fiore è usuale nelle Arti marziali. Basti pensare al Ciliegio, il fiore dei samurai, al Pruno citato nei discorsi di O Sensei, al Fior di Loto simbolo di purezza. Accostare un altro fiore all’Aikido diventa impegnativo. Ma pensando che l’Aikido ha una parte di luce e una d’ombra, l’aspetto yin e quello yang, l’omote e l’ura, mi viene in mente il Girasole, il fiore che segue la luce, sempre rivolto verso il sole.
Ovo san
4- Durante una tecnica, in quel momento di unione tra cuore e movimento, Lei si sente Agile come una tigre oppure Aggraziata come una farfalla o Leggera come un fiocco di neve?
Sensei Elena
Non ci ho mai pensato. Diciamo agile come una farfalla, leggera come una tigre, aggraziata come un fiocco di neve.
Ovo san
5- A tutte le ragazze aikidoke, quale consiglio darebbe per vivere in serenità il proprio Do?
Sensei Elena
Non credo che i consigli per le ragazze possano essere diversi da quelli per i ragazzi.
Ognuno ha il suo percorso che si andrà costruendo strada facendo. L’importante è praticare con costanza ed impegno, senza fretta, un passo dopo l’altro. Praticare per il piacere di praticare. L’essenziale è il tatami.
Elena Gabrielli
Ovo san
Sono felice di averla ospitata, e concluderò come le ho promesso, “ questo e quanto punto e basta!”
Con affetto Osvaldo.
le interviste di Ovo San,con il M° Pino Gramendola
Amici Aikidoki carissimi, ecco qua l’intervista “ SPECIALE “,che, Vi avevo promesso….oggi Ovosan nelle vesti di reporter incontra “Virtualmente “ (Si fa per dire…) il mio Direttore Tecnico il Maestro PINO GRAMENDOLA, siamo nella nostra Torino, è il Maestro Pino ( 6° Dan e fondatore dell’ Associazione AISHIN)è uno dei Grandi dell’ Aikido Italiano scoprirete il perché seguendo le sue parole…
Allora Maestro, intanto come da copione la storia della Sua vita Aikidoistica,poi …le domande.
Ovo San buondì piacere di raccontare ,cercherò di sintetizzare 49 anni di attività..
Ho iniziato la pratica dell’aikido nel 1964 (per pochi mesi metodo Mochizuki) presso la palestra ” Accademia Doyukai” di Torino.
Ero andato con amici a vedere il Karatecon il quale a detta di un istruttore avremmo imparato a “rompere tavolette mattoni etc.”
All’atto dell’iscrizione sento dei rumori particolari, vado a vedere .. erano Aikidoka, mi sono iscritto immediatamente.
Ho subito fatto amicizia con diversi praticanti fra cui Ugo Gorgoni, il nostro riferimento era Clara Gamba che ha iniziato ad avviarci alla conoscenza dell’Aikido.
Con l’ Aikikai arrivò il Maestro Kawamukai io ero cintura arancio, avremmo potuto mantenere il grado, ma assieme ad Ugo preferimmo tornare a cintura bianca.
iniziammo così il nostro cammino partecipando a tutti gli Stage con i Maestri Tada e Kawamukai, avevamo fame di tecniche e di pratica, tutte le sere, sabato alle volte Domenica … sempre Aikido!
Dopo anni Ugo Gorgoni e Clara Gamba si ritirarono, io continuai;
divenni capo con grandi opportunità di apprendimento, lezioni e Stage in Italia, Francia, Germania, Svizzera.
Era un momento fantastico, esaltante, un’esperienza unica ed irripetibile.
L’arricchimento fu notevole Masetti, Marcotulli, Filippini, Chierchini, Grande ed altri ancora….vivevamo questa magnifica avventura.
Un particolare ricordo e saluto affettuoso al mio amico Ugo Gorgoni con il quale ho condiviso tutti i più bei momenti, le fatiche dei lunghi viaggi, le rinunce….
Divenuto Maestro alla Doyukai ho formato oltre 50 Istruttori ( i loro nomi sono citati alle pagine 41/42 del libro “Cercando l’essenza dell’Aikido” , scritto dal compianto Santino Rigoli.
Molti insegnano, tantissimi hanno smesso, qualcuno purtroppo è mancato.
Inoltre ho avviato e seguito l’Aikido in Piemonte, Valle d’Aosta, a Modena, in alcune città della Sicilia e della Puglia.
Successivamente purtroppo ci fu una scissione per divergenze organizzative, la Federazione cambiò in UISP ma le cose non andarono come ci si aspettava, né i principi di insegnamento erano in linea con i miei principi, così spinto da molti allievi “veterani” (Marchisella, Guagnano, Rossi, Gianadda, Ciani, Bortoletto….) mi dimisi da Direttore Tecnico UISP e nel 1988 fondai l’Associazione Aishin ( Armonia)il simbolo che ci rappresenta è quello dell’ AI.
Un sogno divenuto Realtà: Aikido e basta!
L’ Aishin è trasparente e semplice, poche ma severe regole di convivenza, ricerca esasperata di una sempre migliore preparazione anche per chi desidera confrontarsi con gli impegnativi esami di Kyu e Dan tenendo anche in considerazione età e stato di salute dell’Aikidoka.
Ovo san:
1- Nel mondo dell’ aikido italiano sono molti i maestri che hanno fatto dell’aikido la loro professione e grazie alla sempre maggior diffusione di internet sono costantemente sotto i riflettori.
Lei invece ha scelto una Via più riservata, nonostante le venga riconosciuto un elevato profilo tecnico.
Perché questa scelta?
M° PINO:
Principalmente perché non ho mai ritenuto l’Aikido un mezzo per ottenere “fama e popolarità” devo sentirmi libero di poter operare le mie scelte incondizionatamente da fattori esterni nel puro interesse dell’Aikido; penso che oltre ad essere un bellissimo sport sia soprattutto una disciplina per l’accrescimento personale che avvolge e assorbe completamente, a volte in uno stato assoluto di riservatezza fondamentale per la pratica sul Tatami unitamente a costanza e dedizione tutto ciò applicabile anche alla vita di tutti i giorni.
Inoltre le vicende vissute con altre Federazioni, l’imposizione di seguire il Maestro in “voga” al momento che dispensava modifiche alle tecniche come fosse Legge.. (tutto quello fatto finora? …Perso!) ottenendo la divisione in tanti piccoli gruppi uno in contrapposizione all’altro, questo per me non è AI (unione) e non è mai stato in linea con il mio concetto di Aikido.
Ovo San:
2- Lei è stato allievo di Kawamukai e di Tada due pilastri dell’Aikido, qual’è l’eredità che ha saputo cogliere , e che, vorrebbe trasmettere a noi sbarbatelli?
M° PINO:
Due Pilastri indubbiamente, quello che ho ricevuto da loro e vorrei trasmettere con il cuore è Umiltà nella pratica, Dedizione, Disciplina Interiore, Energia.
Ovo San:
3- Se l’aikido fosse una stagione, per lei Maestro che stagione sarebbe?
M° PINO:
Sicuramente la Primavera, ogni anno si porta via l’Inverno rinnovando la natura.
Ovo San:
4- Lei ci ricorda sempre che gli stage, sono importanti per imparare condividendo con gli altri Uchideshi. Lei ne ha capitanati migliaia, ma come Uchideshi quale ricorda come fondamentale per la sua esperienza personale?
M° PINO:
Ricordo con nostalgia molti Stage uno in particolare il Maestro Kawamukai diede a tutti un esempio di umanità ed umiltà che mi ha fatto comprendere appieno la “VIA”
Ovo San:
5- Al di fuori del mondo dell’aikido, c’è un’atleta di qualsiasi altro sport o disciplina che ha ammirato e che le è rimasto nel cuore?
M° PINO:
In particolare Mennea, l’ho incontrato una sola volta ed il suo atteggiamento la dedizione la ripetizione del suo gesto atletico la naturalezza mi ha colpito particolarmente
Ovo San.
ecco di solito finisce quì, ma Lei Maestro è un ‘occasione troppo ghiotta per non chiedele un pubblico consiglio per chi, volesse avvicinarsi al mondo dell’Aikido,
quale consiglio darebbe?
M° PINO:
Consiglio per l’Aikido..bene.
Procurarsi il libro “Cercando l’essenza dell’Aikido” poi recarsi in un Dojo, osservare le diverse discipline, l’Aikido è Folgorante si comprende subito se fa per te, L’Aikido non accetta compromessi chiede molto ma con il tempo ti ripaga in modo completo, sembra di non finire mai di imparare in realtà è una continua evoluzione.
Ovo San Arigato
Pino
P.S. Caro Osvaldo, non ho mai scritto così tanto di Aikido per te l’ho fatto volentieri se è troppo lungo aggiustalo tu come ritieni opportuno, grazie per l’intervista
Caro Maestro Pino, mi guarderei bene di cambiare una sola virgola del suo pensiero, perché come i GRANDI MAESTRI che Lei sopra a citato, ogni virgola della vostra Via Aikidoistika è per me, ma per quelli come Noi che amiamo la nostra ARTE fonte di insegnamento.
Anzi ci riteniamo fortunati di Avervi Incontrati , la Nostra speranza è , non quella di imitarvi ma quella di comprendere il Vostro lavoro.
Ovo san
le interviste di Ovo San, con il M° Stefano Bresciani
Amici Aikidoki, eccoci di nuovo in azione…il Vostro Ovoreporter Vi accompagna oggi in quel di Leno cittadina alla periferia di Brescia, città delle rondinelle. Qui ho “Virtualmente” incontrato un mio vecchio amico “Virtuale” (oh nel vero senso della parola, io e Stefano siamo amici virtuali da un po di anni) il mitico STEFANO BRESCIANI scuola Tendo ryu, praticante di Iaido e con un passato da Karateka.. Ciao Stefano, ti ringrazio della presenza nel mio girovagare tra i portatori di Hakame…
Ma subito le domande..le mitiche 5…
- Ovosan: Tu parli sempre di portare la Luce, sulla Via del Budo qual è il personaggio che ha influenzato il tuo pensiero?
Stefano : Nessuno in particolare ha “influenzato” il mio pensiero, nel senso di aver condizionato l’idea che ho maturato negli anni riguardo al Budo. Preferisco dire che molte persone hanno “forgiato” il mio carattere, la mia personalità e il mio modo di praticare/intendere il Budo. Ne dovrei citare almeno una decina, tra maestri e scrittori, però mi voglio soffermare sull’unica vera persona, incontrata sinora, che come praticante e come Uomo ha illuminato concretamente il mio cammino, un bel dì d’autunno di dieci anni fa.
Nel 2003 ho conosciuto Franco, in quell’anno un arzillo 74enne che mi aprì la porta dell’Aikido… Ora di anni ne ha 84 e nonostante una brutta operazione in cui lo davano già per spacciato, è tornato a calcare i tatami. Franco mi ha fatto capire l’importanza dell’essere costanti, del prendersi un impegno seriamente per la vita, del dare priorità alla propria salute e al divertimento più che all’apprendimento per chissà quale traguardo…
Franco infatti raramente si è perso una lezione, raggiunge in bicicletta il dojo anche in pieno inverno e torna in fretta dalla moglie, da tempo malata, per cucinarle il pranzo. Per me è un vero samurai moderno, un raro esempio di benessere allo stato puro, a livello fisico, mentale e spirituale. Grazie a lui ho trovato ciò che a lungo stavo cercando: ho superato problemi fisici che mi avevano impedito (fortunatamente) di proseguire come atleta agonista di Karate, ho aperto la mia mente verso nuovi orizzonti ma è soprattutto grazie a Franco che ho capito l’importanza dell’anima. È Lei che ho scelto di ascoltare per trovare ciò che mi appassiona, che mi fa battere il cuore, quel centro emozionale che a piccole dosi ho scelto di donare a chi mi accompagna lungo il cammino dell’esistenza.
- Ovosan : Budo è più marzialità o pura filosofia?
Stefano: Budo è semplicemente Budo. Comprende tutto ciò che uno si aspetta di trovare nella pratica delle arti marziali giapponesi, o meglio ciò che un buon dojo gli dovrebbe far trovare…
Qui non si parla di sport e agonismo, si parla di “arte marziale” nella più pura accezione del termine. Qui non si parla di combattere ma di confrontarsi a livello psico-fisico e a lungo andare anche spirituale, sia con se stessi sia con gli altri. Dalla marzialità della pratica emergono tutti gli aspetti filosofici propri dell’arte, che vanno ben oltre i principi tecnici. Ti faccio un esempio: maai e metsuke. Due concetti apparentemente comprensibili per gli “addetti ai lavori” siano essi aikidoka, kendoka o karateka. In profondità celano però due modi di intendere il confronto tra praticanti ben più di una mera relazione tecnica. Diventa una relazione tra due anime.
Metsuke viene tradotto a livello esteriore come “osservare, guardare” ma significa anche comprensione dell’animo umano, che può inibire un attacco già solo grazie all’espressione degli occhi, nel leggere l’intento di chi abbiamo di fronte.
Il celebre Miyamoto Musashi – nel “Gorin no sho” – descrive una caratteristica intrinseca del metsuke, il kanken (guardare con due occhi). Egli afferma che «kan (vedere dentro o attraverso) dev’essere più importante di ken (guardare). Questo significa che nel guardare l’avversario, il kendoka deve cercare di penetrare la sua mente e non deve dare importanza al suo aspetto esteriore, intendendo con ciò la corporatura, l’armatura che indossa e la sua abilità tecnica.»
Maai si riferisce invece alla gestione spazio-temporale dello scambio marziale tra uke e tori, si studia il corretto tempismo e la distanza:It literally means “harmony of space”. letteralmente però significa “armonia dello spazio”. It mainly consists of keeping the correct distance and maintaining correct body position and direction. Per instaurare armonia con un’altra persona dobbiamo prima averla dentro di noi. Quando pratichiamo con un compagno dobbiamo in primis “prendere la giusta distanza” dalle nostre paure e limiti, dal nostro ego che spesso ci invita a fare una tecnica per dimostrare a noi stessi (oltreché al maestro e al compagno di turno) di saperla fare. In realtà dovremmo eseguirla col giusto maai dal nostro ego e solo in un secondo momento, filosoficamente parlando, riusciremo ad armonizzare il nostro io con quello altrui.
Nel Budo c’è tutta la filosofia che ho sempre cercato, solo che risulta difficile da applicare nel quotidiano, ovvero portarla dal dojo al posto di lavoro, a casa o nel mondo del web. Io ci provo, ogni giorno, riportando in BudoBlog la filosofia che ho applicato alla mia vita…
- Ovosan: Aikido, Iaido e Karate-do: quali differenze ci sono nell’approccio mentale?
Stefano : Spesso già nella stessa arte marziale vi sono differenti approcci mentali, però ritengo, per esperienza diretta in queste tre discipline, che il praticante può mirare al medesimo approccio, quando si parla di Budo. Intendo dire che, pur avendo principi talvolta diversi, ogni arte marziale di stampo nipponico potrebbe condurre la mente esperta a un unico sentiero, non a un trivio!
Dopo alcuni anni di pratica ci si rende conto se manca qualcosa, non tanto nell’arte quanto nel metodo/scuola o maestro che stiamo seguendo. L’attento praticante vuol riempire quel vuoto, poiché non va al dojo tanto per trascorrere un paio d’ore tra amici, tirarsi due cazzotti o realizzare il sogno di indossare una cintura nera. Non credo proprio, perlomeno non è mai stato così per me.
Ho sempre cercato di dare il massimo, non sempre ci sono riuscito ma quello è il mio atteggiamento. Indipendentemente dall’arte, dalla scuola o dal maestro seguito, quando ripasso certi kata di Karate-do il mio approccio è identico a quello nei panni di Iaidoka. Zanshin, rispetto e massima dedizione in ciò che sto facendo, ricerca della gesto perfetto, del giusto ritmo, ecc. Quando pratico Aikido è la stessa cosa, con una difficoltà maggiore. Qui il mio approccio deve fondersi sinergicamente con quello di chi ho fronte, con cui mi sto relazionando. Se uno dei due ad esempio è svogliato, stanco o che altro, difficilmente riusciremo a esprimere il miglior aiki… non credi?
- Ovosan: Definisci Ai-Ki-Do accostando ogni ideogramma ad un colore…
Stefano: Interessante domanda Osvaldo, davvero originale e non così semplice. Questa necessita di profonde riflessioni poiché prima d’oggi non ci avevo mai pensato… e di certo non voglio sparare colori a caso!
Vediamo: provo a chiudere gli occhi e pensare all’ideogramma “AI” dell’armonia… vedo un bel prato verde esteso per centinaia di metri e i miei lunghi piedi che vi camminano sopra… una bellissima sensazione di pace, serenità e armonia. Non potrei pensare ad altro colore se non al VERDE.
Ora penso al mio kanji preferito, il “KI” della linfa o energia vitale. Proprio in questo periodo mi sto soffermando sull’ideogramma che rappresenta il “vapore che sale dal riso in cottura”. Bellissima immagine che riaffiora anche oggi nella mia mente, stupefacente! Sento il divampare di questo impalpabile vapore su tutto il mio viso. Non ne vedo il colore.. posso dirti trasparente? Va bene dai, se devo proprio accostare un colore, diciamo che fino a poche settimane fa avrei risposto ROSSO senza esitare un attimo (energia vitale = rossa come il sangue in gran parte delle culture). Ora invece dico BIANCO. Un colore quasi invisibile a occhio nudo, un colore puro e leggero… come l’aria. Un elemento impercettibile però talvolta così impetuoso!
Infine il “DO”, la via, la direzione spirituale intrapresa dagli amanti dell’aiki. Qui non ho alcun dubbio, ho sempre pensato al colore INDACO, quello associato al 6° chakra. Il colore Indaco è simbolo di spiritualità e risveglio interiore, quel risveglio che mi ha condotto sulla strada a lungo cercata e finalmente trovata grazie (anche) alla pratica dell’Aikido.
- Ovosan: Sai che cerco l‘uomo dentro l‘hakama, definisci te stesso scegliendo tra “Spirito Guerriero“ o “Cerimonia del Tè“… o pensi che uno sia legato indissolubilmente all’altro?
Stefano: Azz.. questa è davvero tosta! Se mi osservassi dall’esterno – e in genere è la prima impressione che do – direi che sono una persona tranquilla, calma………. indubbiamente da cerimonia del tè. Quand’ero bambino e ancor più quand’ero in piena fase adolescenziale mi ci voleva poco a diventare guerriero, nel senso che cercavo lo scontro, reagivo spesso con impulsività e mancanza di controllo. Difendevo a spada tratta le mie convinzioni, il mio modo di essere. Ero un animo turbato che però crescendo è diventato l’esatto opposto. Credi sia possibile un cambiamento così radicale?
Io credo di no, sono infatti dell’idea che dentro ognuno di noi, e quindi anche dentro Stefano Bresciani, vi siano entrambe le facce di una stessa medaglia. Come lo yin e lo yang, in e yo per la cultura giapponese, l’Uomo ha dentro di sé sia la parte negativa sia quella positiva. Inoltre una parte non può esistere senza l’altra, o meglio non vi può essere equilibrio.
Questo è ciò che ho trovato scendendo nelle profondità della mia anima, spogliato da ogni veste o etichetta. Stefano non è affatto un uomo dentro l’hakama (anche se mi piace come definizione), è semplicemente un uomo equilibrato.
Geometra, scrittore, sensei, figlio, marito, padre, guerriero o praticante di cha no you sono solo definizioni… probabilmente collegate l’un l’altra! Ma con esattezza chi può dirlo? Forse i muratori che coordino in cantiere, oppure i miei fedeli lettori di BudoBlog? O ancora mia figlia Anna quando mi chiama a gran voce “Papinooo!”? Io li lascio fare, li lascio etichettare il ruolo che ricopro in ogni frangente con estrema gioia. Però non amo etichettare gli altri, incluso me stesso, ricopro solo tutti questi ruoli e cerco di fare del mio meglio; per il semplice motivo che adoro mantenere quel costante equilibrio conquistato, al fine di vivere sempre in pace con me stesso… e con chi mi circonda.
Grazie amico Ovosan per queste domande, hai saputo cogliere il frutto di un pensiero maturato nel tempo, che mediante la pratica quotidiana del Budo mi ha portato sin qui. Oggi con queste risposte posso sinceramente affermare di conoscermi un po’ meglio… anche tu vero?
Non c’è che dire il Vulcanico Stefano mi ha regalato un altro tour di emozioni, come ormai è solito fare quando ci scriviamo , o quando visito il suo blog www.budoblog.it vi consiglio di farci un giro c’è sempre tante belle cose da leggere per quelli come Noi affamati di conoscenza.
ps un saluto a Simone Lorenzi , a voi amici una notizia tanto per informarvi, la prossima intervista sarà Speciale per me (lo sono tutte) perchè ….bhè un po di suspance!
Un saluto il Vostro Ovosan
le interviste di Ovo san, con il M° Christian Andreotti
Cari amici vicini e lontani come soleva dire Niccolò Carosio indimenticata voce sportiva di altri tempi, il Vostro Ovoreporter, si addentra in una nuova intervista. Sempre con l’intenzione di cercare l’uomo che stà dentro l’ hakama incontra virtualmente il Maestro Christian Andreotti V° Dan che insegna ad Alpignano Provincia di Torino.
Giusto due dritte per conoscere il Maestro:
Fondatore con la collaborazione dell’amico Valter Castagneris e del Maestro Rinaldi dell’associazione Yuki che ancora oggi è un punto di riferimento in Piemonte per lo studio e la promozione dell’Aikido.
Inizia una lunga stagione non ancora conclusasi di approfondimento della disciplina e di formazione nel campo della didattica che lo porterà a praticare altre arti marziali come il karate, il wing chung, il jujitsu, il kendo, lo iaido e discipline legate al benessere come lo yoga e lo shiatsu e a seguire stage e convegni sull’insegnamento dell’aikido e dell’educazione motoria in genere; la Yuki in questi anni organizza molteplici stage tecnici e di formazione anche con insegnanti internazionali come Philippe Gouttard (VI dan Aikikai) e Mare Seye (V dan Aikikai) con il quale si è andato ad instaurare un rapporto di amicizia e di scambio che dura tutt’ora. il 18 marzo 2012 il Progetto Aiki riunito in assemblea nazionale ha conferito il V Dan di Aikido a Christian Andreotti.
Ecco le Mitiche 5 domande
Ovo San -1) Nella Sua vita ha praticato oltre alle arti Marziali (aikido incluso) altri sport, in ogni caso alla base di un lavoro duro ,e determinato quanto ha contato per Lei mettersi in discussione con se stesso ogni volta e ripartire da zero?
Christian- In effetti ho sempre praticato sport fin da piccolo e penso che la pratica motoria sia essenziale per la crescita di ogni individuo; il primo contatto con se stessi e con ciò che ci circonda lo si ha attraverso il corpo e imparare a conoscerlo, saperlo utilizzare è alla base del processo di conoscenza.
Il piacere di fare esercizio fisico e lavorare sodo (…scusa Ovo san!) è ciò che vorrei trasmettere ai miei allievi, siano essi giovani o meno, perchè attraverso questa esperienza ho appreso l’importanza, come dice lei, di mettersi in discussione e ripartire anche da zero quando i problemi e gli ostacoli, alla quale siamo sottoposti durante la nostra vita, lo rendono necessario.
Questo aspetto nell’aikido è reso evidente dalle ukemi (letteralmente ricevere col corpo), esercitarsi nelle cadute è faticoso e spesso mette nelle condizioni il principiante (ma anche gli esperti) di dover superare, con quella determinazione a cui facevamo riferimento, le proprie paure; proprio per questo imparare che ci si può rialzare ha delle ricadute psicologiche positive importanti e inaspettate.
Ovo san- 2)Parliamo di Bambini, con l’associazione Yuki ha lavorato molto con i piccoli samurai, come si fa a coglierne il limite senza forzare la loro fragilità sia fisica che mentale?
Christian – Tempo fa l’Aikido veniva considerata una disciplina solo per adulti soprattutto perche’ si ritenevano i bambini incapaci di coglierne gli aspetti artistici, filosofici e sarebbero stati in pericolo di fronte allo studio di leve e chiavi articolari fine a se stessi. Questa visione, che purtroppo ancora oggi troviamo in alcuni sedicenti esperti del settore, e’ frutto a mio parere solo dell’ignoranza; non si conosce ad esempio il sistema scolastico italiano dove nella scuola dell’infanzia, se non gia’ al nido, ai giovani studenti vengono impartiti i rudimenti del disegno, della pittura, della musica, della scrittura non che’ dell’educazione motoria e della religione. I giovani, proprio perchè tali, sono in grado di cogliere gli aspetti più alti delle espressioni umane.
Nei bambini l’apprendimento passa attraverso il gioco, le lezioni per quanto siano serie e lo studio di una disciplina come la nostra sia una cosa seria devono essere anche divertenti e ludiche; in questi anni con i più giovani ho imparato che gioco serio non è un ossimoro: avete osservato i bambini quando giocano tra di loro? Sono maledettamente seri!
Insegnare è una parola che deriva dal latino insignare cioè imprimere segni, il dovere di un istruttore di aikido è quello di trovare il modo, gli esercizi giusti, i giochi giusti, per imprimere quei segni, rappresentati nel nostro caso dall’Aiki, in chiunque al di la di età, genere e abilità.
Il principio fondante della nostra disciplina e’ l’armonia sia come aspetto tecnico che etico: che cos’altro puo’ preservare i nostri giovani se non la ricerca dell’Armonia con se stessi, con gli altri e in cio’ che gli circonda? Credo che non ci sia altro da dire.
Ovo san- 3) Aikimarathon! una manifestazione full-immersion dall’alba al tramonto (diciamo) non stop, non nasce certo per vedere il limite di un’atleta ma per…?
Christian – Perche’ no? Gli aikidoka sono anche atleti non solo studiosi di tecniche marziali o di discipline orientali. Nell’aikido non ci sono gare ma l’aspetto atletico e’ presente e un buon allenamento serve a stare meglio fisicamente e a non farsi male durante la pratica. L’AIKImarathon non ha lo scopo pero’ di assegnare una coppa ma di far vincere l’Aikido e la solidarietà. Praticanti e maestri di diversa esperienza, scuola, stile e organizzazione si ritrovano insieme per promuovere la disciplina che amano, raccogliere fondi destinati alla beneficenza e … mettersi alla prova.
Ovo san- 4)domanda filosofica ,se l’Aikido fosse un genere musicale per Lei sarebbe?
Christian – Blues. Non mi chieda perche’ ma a me piace il blues quindi dev’essere sicuramente cosi’!
Ovo san- 5) Leggo nella sua biografia un grande rapporto con Sensei C: Tissier (che tutti ammiriamo) qual’è l’emozione o il ricordo che le è più caro?
Christian- Non mi dilungo nel mio rapporto con il Maestro, credo che sia uno degli insegnanti piu’ conosciuti oggi e piu’ impegna ti nel mondo nella diffusione dell’Aikido anche attraverso innumerevoli stage, nonostante ciò è partito dalla Francia superando anche qualche problema politico-organizzativo non di poco conto per venire a festeggiare con me e con gli allievi della nostra associazione i primi dieci anni di attività. Di Christian Tissier ho potuto apprezzare in questi anni oltre le doti tecniche e pedagogiche che sono sotto gli occhi di tutti, la disponibilità e l’abnegazione verso l’Aikido e i propri allievi.
Christian Andreotti
ringrazio il Maestro Christian per la bella intervista , sono contento perchè ogni volta che ascolto le storie di questi grandi Maestri, fortifico lo spirito del mio Aikido.
un abbraccio a tutti Ovo San
le interviste di Ovo San, con il M° Marco Rubatto
Eccoci qua ! è proprio sotto la Mole Antonelliana, simbolo della Nostra Torino, il vostro Ovoreporter incontra il Maestro Marco Rubatto, che insegna a S. Mauro Torinese e anche a Volpiano e in Torino, insomma ecco “ due gianduiotti” (famosi cioccolatini tipici di Torino), faccia a faccia (virtualmente si intende). Insieme ai M° Chierchini e Branno ha organizzato e ospitato l’ Aikido Blogger Seminario…Allora M° Rubatto un po’ di Free Style prima delle 5 domande?
Marco- Vado con il free style:
Ho iniziato a fare Aikido per una combinazione assolutamente fortuita, più precisamente a causa di un incidente ad un ginocchio accaduto mentre praticavo Karate: non potevo più tirare calci per un po’, ma avevo ancora l’abbonamento pagato per un intero anno presso il Dojo/Palestra che frequentavo, quindi mi sono dato all’Aikido quasi per “tamponare” il momentaccio. L’Aiki-vocazione però è stata tardiva: sin da giovane avevo praticato alcuni stili di Kung Fu, ancor prima che il Karate. Attratto dalle cadute e dalle leve articolari, sono stato folgorato sulla via di Aiki-Damasco quel giorno ormai lontano più di vent’anni, e da allora non ho più fatto altro.
Quello che mi colpì di questa disciplina un attimo dopo che la mia esigenza di sbattacchiarmi si era un po’ calmata, era il grande spessore filosofico di questa disciplina… cosa che non avevo incontrato nei miei precedenti percorsi marziali.
Quindi… prima un paio di allenamenti alla settimana, che presto sono diventati 3, 4… poi 5… poi gli stage… e così mi ritrovo venti anni più tardi ad essermi licenziato dal mio lavoro ordinario per dedicarmi completamente e quotidianamente alla pratica, all’insegnamento ed alla divulgazione dell’Aikido!
Credo di essere riuscito comunque anche a far tesoro della mia esperienza lavorativa con i potatori di handicap intellettivo nel mondo del sociale: ora li seguo da alcuni anni in un corso specifico di Aikido adattato alle loro esigenze.
Ho avuto la fortuna di incontrare Insegnanti in gamba, che mi hanno aperto mondi inesplorati della pratica… e soprattutto l’ottica con la quale interagire con essa, in modo tale da poter continuare a fare Aikido soprattutto al di fuori del tatami. Cosa che credo poi interessi bene o male a ciascun praticante…
Sono stato un bel po fortunato, insomma… anche perché mi sono da sempre interessato di spiritualità e cultura orientale, quindi con l’Aikido ho trovato un connubio perfetto fra movimento, marzialità, ma anche possibilità di integrare tutti i miei studi ed interessi precedenti, portati avanti in altri ambiti. Fra essi la Meditazione è forse stata la mia compagna più importante e fedele, alla quale ho avuto l’onore di essere introdotto da uno dei discepoli più stretti del Mahatma Gandhi… e quindi mi sono ancora più innamorato dell’Aikido quando mi sono accordo della convergenza fra il sapere antico e la filosofia di O’ Sensei!
Ok ! andiamo con le domande…
Ovo san:
1- tra i 4 elementi Aria, Fuoco,Terra e Acqua quale rappresenta di più il tuo Aikido?
Marco: Gran bella domanda: quando ho iniziato a praticare, probabilmente il fuoco era l’elemento che mi rappresentava meglio… magari con qualche goccia di acqua qua e la, ma assolutamente non in grado di spegnerlo. Ora mi sento molto più mutevole rispetto agli elementi, ma anche più integrato: certamente va un po’ a periodi… ma spesso mi concentro di percepirli tutti e quattro vivificati sul tatami, anche perché quando ci riesco mi sento davvero bene ed al mio giusto “posto”!
La terra è la concretezza, forse anche la solidità, che solo ultimamente sento più mia… ho sempre teso in passato ad avere un po’ la testa nelle nuvole… il corpo (la terra), la mente (l’acqua), lo spirito (il fuoco) e l’anima (l’aria) sono proprio quanto di recente sto cercando più di integrare fra loro, avendo intuito quanto la loro unione profonda sia maggiore della somma delle singole parti (O’ Sensei docet). Vediamo adesso quanto ce la farò, ma la sfida mi sembra comunque alquanto stimolante!
Ovo San: 2- Iwama, nel tuo blog ho visto il tuo Viaggio alle origini dell’Aikido, quale atmosfera hai respirato, sapendo che è un sogno per molti andare a Iwama…
Marco: Ho avuto la fortuna di andare in Giappone, e nello specifico anche ad Iwama, diverse volte… la prima di esse a dire il vero in modo un po’ avventato, giusto con quell’infinito entusiasmo giovanile di realizzare i propri sogni… le seguenti invece in maniera forse più oculata (dopo avere studiato qualche annetto il giapponese, per esempio!); mi sono curato di girare in lungo ed in largo sulle tracce dei luoghi cari ad O’ Sensei: Tanabe (il luogo in cui è nato), l’Hokkaido (dove da giovane supportò la costruzione di un’intera comunità nel paesino di Shirataki e dove incontrò Sokaku Takeda), Ayabe e Kameoka (dove venne in contatto con Onisaburo Deguci ed i credenti Oomoto Kyo), i monti Kumano (dove spesso si ritirava in preghiera)… e poi ovviamente Tokyo (ancora attualmente considerato il quartier generale dell’Aikido mondiale) ed Iwama (dove studiò ed insegnò negli ultimi decenni di vita).
Non vorrei essere frainteso, ma ho respirato in ciascuno di questi luoghi un’atmosfera molto diversa da quella che mi sarei aspettato (o che ci vorrei voluto trovare): storicamente parlando è una gran cosa poterci andare e “toccare con mano” la sua storia, ma è evidente come il suo Aikido non sia più li, né sinceramente a nessuno ciò interessi più di tanto. C’è chi insegna molto bene le tecniche, senza troppo curarsi degli aspetti più relazionali, filosofici o spirituali… c’è chi pratica ma sembra che non sappia più nemmeno bene il perché lo faccia. Ci sono anche quelli bravi, come da noi… ma ci sono le “mezze calzette” (forse questi sono in maggioranza!). La “Mecca dell’Aikido” forse non è più in Giappone in questo momento, nel senso che lo spirito autentico del Fondatore può benissimo essere riprodotto e vivificato nei nostri Dojo meglio di come ho visto fare ad Iwama nel suo di recente. Sembra qualcosa di paradossale, forse spegnerà qualche entusiasmo, ma è sinceramente ciò che ho provato più e più volte quando ero là. Il giapponese medio non sa nemmeno cosa sia l’Aikido e più di una volta sono stato preso per fesso perché provenivo dall’Italia per studiare qualcosa che per loro è morta e sepolta, come la tradizione dei Bushi… Sono molto più interessati all’America, al business ed alla micro-ingegneria per badare a tradizioni e templi… quelli, spiace a dirlo, sembrano interessare quasi solo più a noi! Bizzarro vero?!
La buona nuova è che ora andare in Giappone è qualcosa di veramente fattibile ed abbastanza low-cost, se ci si sa organizzare. In merito a questo ho intenzione nei prossimi mesi di pubblicare su Aikime una sorta di “visita virtuale” con alcuni appunti di viaggio, a favore di futuri viaggiatori fai-da-te, che intendessero replicare l’esperienza. Il sogno diventa sempre più realizzabile… ma andiamoci per fare foto e video della natura pazzesca del Giappone, della loro straordinaria cultura… ma non esclusivamente per fare Aikido, altrimenti rischieremmo di rimanere delusi, secondo me.
Ovo San: 3- hai ospitato l’Aikido blogger seminario insieme hai M° branno e Chierchini, quindi parlando di Blog , come è cresciuto il mondo dell’Aikido grazie ad internet e come cambierà secondo te…?
Marco: Il Web ha cambiato tutta la nostra società, e quindi ha influito ed influirà sempre più secondo me anche nell’Aikido. Quando io ho iniziato a praticare, l’unico modo per sapere chi era un’Insegnante o vederlo in azione era quello di fare la borsa, prendere il termo e magari attraversare l’Italia (se non l’Europa) per arrivare sul suo tatami. Ora basta digitare il suo nome su Google o Youtube ed è subito facile capire se siamo dinnanzi ad uno “che c’è”, piuttosto ad una persona senza troppa sostanza. Siamo in grado di vedere non solo chi è, ma anche cosa fa di attivo e concreto per promuovere la crescita e patrocinare lo sviluppo della nostra disciplina. Ricordo che i gradi più alti sono attribuiti proprio per meriti di questo tipo: la divulgazione, la consacrazione della propria vita ad uno scopo affine con le prospettive dell’Aikido. Certo che se uno è 7º dan solo all’interno della sua piccola cerchia… dal Web è evidentemente smascherabile… o perché è assente, o perché basterà chiedere le referenze. In un certo senso la rete fornisce un sacco di stimoli, è popolata da un gran numero di cialtroni (dell’Aikido, come di qualsiasi altro settore)… ma basta avere gli occhi buoni per districarsi velocemente in questa giunga ed approdare a ciò che ci interessa. I giovani fanno di default questo processo… e, ad esempio, in tanti arrivano così al Dojo. Sarà poco tradizionale forse, farà poco “insegnamento segreto” riservato ai fedeli di un clan… ma i tempi sono cambiati e l’Aikido ha tutte le carte in regola per essere un arte fluidamente adattabile alle esigente della nostra società, Web incluso… anzi cogliendo al meglio questa inedita opportunità di sviluppo ed evoluzione. Secondo me, chi non coglie questo aspetto e rimane rigidamente ancorato alle dinamiche del passato sarà presto considerato un “pezzo da museo”…
Ovo San: 4- Vivere l’Aikido giornalmente come attività , ha cambiato IL TUO MODO DI ESSERE o hai adattato l’aikido AL TUO STILE DI VITA?
Marco: Vivere l’Aikido giornalmente ha cambiato un sacco di cose in me: innanzi tutto ho dovuto imparare a stare sul tatami in modo diverso e molto più rispettoso di me stesso, del mio corpo… che è poi lo strumento che utilizziamo per la pratica. Ciò non significa risparmiarsi negli allenamenti, ma agire nell’ottica che la settimana (la mia nella fattispecie) è fatta da numerosi allenamenti (circa 12, attualmente)… che il mese è fatto di quattro settimane e che quindi ci deve essere non solo energia in ciò che si fa, ma è necessario garantirsi (e garantire agli studenti) che questa energia si mantenga a lungo. Praticare ogni giorno fa spesso riflettere su quanto longeva intendiamo che sia la nostra attività Aikidoistica. La vecchia generazione dei Sensei, in questo senso e salvo rare eccezioni, ci ha lasciato un pessimo esempio di equilibrio: erano quasi “tutti rotti” da anziani, segno che da giovincelli forse ci hanno calcato un po’ troppo la mano!
Comunque per risponderti, entrambe le cose sono state fatte: io sono andato verso l’Aikido, modificando il mio stile di vita (il sonno, i pasti… ad esempio) ed sto percependo che pian piano anche l’Aikdo, a specchio, prende un po’ la mia forma. Che dire però, il processo è iniziato così intensamente solo da pochi anni, vieni a farmi questa domanda più avanti, diciamo fra una quindicina d’anni per esempio! ^__^
Ovo San: 5- Marzialità, tra il dire e il fare, quanta filosofia e quanto il keiko c’è nel Tuo aikido oggi?
Marco: Forse uno dei punti più delicati degli Aikidoka d’oggi è proprio quello di saper trovare un soddisfacente connubio fra pratica, marzialità, filosofia e spiritualità… Non so se l’ho attualmente trovato, spesso infatti aggiusto il tiro e/o cambio direzione… ma almeno ho chiaro come mi piacerebbe che questo processo avvenisse: in modo equilibrato ed integrato! Ho esordito in una scuola molto tecnica e marziale, quella di Iwama appunto… poi ho cercato di attingere alle mie esperienze più filosofiche e spirituali ed anche il mio attuale Insegnante, Patrick Cassidy Sensei si sta muovendo nella stessa direzione. Ho iniziato a parlare di più di questi temi a lezione ed a integrare maggiormente il movimento nudo e crudo e le tecniche… con un più sottile “movimento dello spirito e della consapevolezza”. Ogni tanto però guardo i miei allievi, e dopo magari qualche settimana che trattiamo argomenti più eterei e filosofici, iniziano ad atteggiarsi troppo come ballerine di danza classica… e questo è il segnale che bisogna “tornare sul classico” e recuperare quella sana atmosfera marziale in cui gli errori si pagano cari, così l’attenzione sale alle stelle… e non dobbiamo solo cadere grazie al “volemose bene” (infondo l’Aikido ha avuto i suoi natali in un’atmosfera simile…).
Di contro però, noto anche come a seguito di un periodo più “militaresco”, impegnati a cercare angoli buoni e distanze corrette, ci si “raffredda un po’ l’anima”, si diventa più cinici… simili a robot, magari precisi, ma sempre robot inespressivi: questo è il momento nel quale tendo a rinfrescare un po’ di più le prospettive personali alle quali l’Aikido si conduce. Forse si impara solo in un processo di aggiustamenti continui e approssimazioni successive, ed in questo “Budo” classico e filosofia credo che siano due elementi compresenti ed indispensabili: il difficile per me è solo quello di mixarli fra loro con la precisione di un farmacista a seconda delle esigenze. Però sono due elementi irrinunciabili, di questo sono certo ormai… perché si supportano e completano a vicenda (O’ Sensei ri-docet!).
Marco Rubatto
Bhe! Tanta roba, volendo concludere direi Grazie Marco….di cuore e continua così che sei un grande! ma sopratutto molto disponibile alle mie domande, davvero…
Un saluto Ovo San
le interviste di Ovo san, con il M° Fabio Branno
Amici Aikidoki Orbassanesi e non..oggi il Vostro “ Ovoreporter” fa un salto virtuale nella città di Napoli, anzi a Fuorigrotta dove lavora ed insegna il Maestro Fabio Branno, uno dei più riconosciuti Aikidoki d’Italia e non solo… figlio d’arte anche Fabio Branno, rappresenta uno di quei personaggi che posso dire di essere nati su un tatami…inoltre potrete seguirlo sul suo blog www.aikidovivo.it.
Intanto è un’ onore ed un piacere ospitarti nel Nostro sito , puoi raccontarci un po’ della tua Aikivita?
Ovo San, piacere ed onore mio!^__^
Io ho iniziato con mio padre tanto,tanto tempo fa.
Ho avuto la fortuna di avere un maestro che mi ha insegnato da subito a cercare la mia strada ed a prendermi la responsabilità del mio percorso.
Cominciai a praticare nell’ambiente Aikikai d’Italia, per lo più restando intorno a mio papà, perché non incontrai qualcuno che mi stimolasse fortemente al di fuori di quel circuito.
Nel 95 entrai in contatto con il gruppo UISP che seguiva il maestro Tissier.
Ho passato molti anni della mia vita a cavallo tra Italia e Francia, per seguire il Tissier Shihan da vicino, finché un giorno mi consegnò il diploma Aikikai che sanciva il nostro rapporto Maestro-Allievo.
Le cose proseguirono su due binari differenti e col tempo ci allontanammo sempre di più.
Dal 2008 seguo più assiduamente Endo Sensei.
Mi piace molto la sua maniera di darti il suo sapere, lasciandoti la libertà di integrarlo nella tua espressione dell’arte, senza spingere a tutti i costi gli studenti verso una rassomiglianza forzata gli uni agli altri, ed a sé stesso.
Mi ricorda il mio rapporto con mio padre, nella sua onestà, nella stima e nel rispetto della reciproca libertà.
Ora le classiche 5 domande di Ovo san
Provo a rispondere alle tue domande:
ovo san :1-qual‘è il ricordo più bello legato al tuo aikido?
Fabio: La mia vita è intimamente legata all’Aikido, come pratica, come attitudine e come esperienze.
I miei viaggi, per esempio, sono sempre stati fatti col keikogi in borsa.
Le ore in treno passate con i miei amici sarebbero di per sé uno dei ricordi più belli legati a questo mondo.
Eppure voglio raccontarti due cose intime!
Uno dei ricordi più importanti del mio apprendistato è legato alle notti passate in piedi, con la luce dei lampioni dalla strada, mentre la mia famiglia dormiva, a piedi nudi sul tappeto del salone a provare i taisabaki,le cadute ed i suburi.
Credo di aver imparato più aikido sui persiani del salotto di casa che su qualunque altro tappeto del mondo!^_^
Ma uno dei ricordi più belli, da insegnante, è molto recente.
Da un po’ di tempo ad oggi ho cominciato a parlare di più durante le lezioni.
Mai sermoni, sia chiaro, ma a differenza dell “AUGH” dei primi anni, ho cominciato ad esporre di più ciò che sentivo di voler comunicare.
Io non parlo molto, di mio, ma quando lo faccio metto sempre me stesso in quello che dico.
Così, ho cominciato a raccontare ai miei ragazzi le mie sensazioni, le mie frustrazioni giovanili, i miei obiettivi durante la lezione e piccoli aneddoti legati alla mia vita da tatami.
Cercavo di avvicinarli non solo al FARE aikido, ma quanto più possibile al SENTIRE e all’ESSERE Aiki.
Nell’ultima lezione dell’anno scorso, si sono presentati al dojo con un libriccino.
Un piccolo libro di una cinquantina di pagine, rilegato in tipografia, con la raccolta dei miei pensieri durante le lezioni.
Hanno disegnato la copertina, bellissima, e si sono riuniti di volta in volta per raccogliere le mie parole e renderle in aforismi…
Mi sono commosso, non mi vergogno a dirtelo!
Ovo san : 2- se dovessi paragonare l aikido ad un piatto sarebbe?
Fabio :: L’Aikido è una splendida insalata, la più ricca che io riesca ad immaginare.
Il piatto sembra diverso per ogni commensale, solo guardandolo dall’alto ne percepisci la totalità.
Se ognuno mangia sempre dallo stesso lato, prende sempre gli stessi ingredienti e finisce col credere di star mangiando solo olive o solo lattuga.
Per gustare il suo sapore devi sforzarti di approcciarlo da più lati e mescolare bene tutti i componenti in maniera equilibrata.
E poi, ognuno,nel suo piatto, può condire come preferisce!
Limone, olio, sale, yogourt, aceto e chi più ne ha più ne metta…
Alla fine, pur mangiando tutti la stessa insalata, ognuno avrà cercato il gusto che più gli si addiceva.
Ovo san: 3- in giro è pieno di samurai incazzati e figli di ninja…meglio fare le cose divertendosi, o marziali al massimo?
Fabio : L’Aikido è un Budo. Il suo fine è l’educazione ma il campo in cui opera è la guerra.
Si tratta di vita e di morte, sebbene si parli di morte dell’ego, e si rischia in ogni azione di rimanere feriti.
E’ una cosa maledettamente seria.
E non conosco altro modo di affrontare seriamente una cosa che non sia farlo col sorriso.
Il primo nemico col quale combattiamo al dojo è la paura.
La paura, la paura dell’altro, è qualcosa che ci porta a chiuderci ed a rifiutare.
Ed impedendo al Mondo di entrare nel nostro spazio, il mondo delimita la mia prigione.
Sorridere all’altro, giocare con l’idea della lotta, ci permette di imparare il non rifiuto, ci permette di lasciare che le persone entrino nello spazio che occupiamo e questo ci permette di scambiarlo con il loro, creando movimento, vita e aiutandoci a superare la paura.
Ovo san 4- cosa cambieresti nell’aikido moderno, e riporteresti in auge dell’ aikido di O‘Sensei?
Fabio : O Sensei non c’è più. Non sapremo mai quale sia stato davvero il suo aikido, ma ancora di più non sapremo mai cosa sarebbe diventato oggi, in questo mondo a metà tra I PILASTRI DELLA TERRA e BLADERUNNER.
Però da quello che è possibile comprendere attraverso i video ed attraverso le letture, una cosa è sparita del tutto.
La spontaneità del gesto.
Oggi l’Aikido si presenta in un modo estremamente costruito.
Dalle coreografie atletiche degli uke, fino alle tecniche ipercomplesse dei tori, tutto è strutturato su binari molto rigidi, perché basato su premesse estremamente fisse.
Morihei si muoveva libero senza nessuno schema preordinato e senza alcuna necessità di condizionare le reazioni dei propri uke.
Le sue forme erano di volta in volta differenti, in relazione a ciò che in quel momento stava succedendo, variando la manifestazione ma mai il principio.
Oggi si tende troppo a sovrapporre forma e principio, e questo non è un bene.
Perché si tende a formalizzare e a replicare e ciò che dovrebbe venire dal cuore ed educare lo spirito, arriva dalla mente ed in essa resta prigioniero.
Ovo san :5- visto la passione per i cortometraggi e l aikido, quali progetti per il futuro?
Fabio : Mi piacerebbe utilizzare il linguaggio cinematografico per aiutare la gente a guardare l’insalata dall’alto, in modo da comprendere quale piatto stiamo offrendo.
Ad ora stiamo sviluppando un cortometraggio d’azione del tipo Holliwoodiano, nel quale il protagonista utilizzerà i Concepts dell’Aikido come arma di combattimento.
Ma è solo il primo di tanti passi…^__^
fabio branno
ringrazio di cuore Fabio , per la sua disponibilità , e la simpatia, sono contento di averlo ” virtualmente “incontrato, con la speranza di ritrovarlo su un tatami, gli rivolgo un saluto affettuoso ed un’abbraccio.
Ovo san