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Archivio dei tag budo

Aikido…

Significato del termine 合氣道 (aikido)

AI-KI-DO

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Aikido, Aikijutsu e Aikijujutsu

Qui e qui si trovano un paio di articoli interessanti sulle differenze tra aiki do e jutsu.

Quando si discuteva sul questo è o non è aikido (a volte confuso con questo è o non è quello STILE/SCUOLA di aikido), ho sempre sostenuto che la differenza sostanziale tra DO e JUTSU, consiste nella finalità di esecuzione ("spaccare" o "perdonare"), più che nello stile/scuola usato/a.

Il Do è una via, un percorso di crescita. Il Jutsu è un metodo, uno strumento pratico per eliminare una minaccia.

Buona lettura.

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Ukemi piccole piccole…

Alcune volte ci è stato chiesto di fare Ukemi molto raccolte… bhe questo fa paura!!

Avevo già visto Kuroda sensei, in televisione nella serie La via del Samurai, ma approfondendo la ricerca in rete ho scoperto che è un personaggio con doti fuori dal comune.

Sul suo blog, Beno ha scritto un bell'articolo su questo maestro, vi verrà voglia sicuramente di saperne di più.

Come al solito, tanti spunti su cui riflettere e provare ad applicare: la via dell'unificazione mente corpo è veramente infinita!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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i cinque tecnici

tratto dal libro del Bushido

l'espressione "i cinque Tecnici"indica che esistono cinque tipologie di artisiti marziali e cioè.

l'aggressivo,lo scaltro,il tecnico,il calmo e l'eccellente.

l'aggrassivo-sono quelli che attaccano ferocemente con forza tavolgente, lo scaltro-sono quelli che usano l'ingegno per colpire in modo strategico, i tecnici -sono quelli che si concentrano per vincere usando le tecniche tramandate dai maestri, i calmi– si concentrano per cercare un apertura nella difesa avversaria, l'eccellente– e quello vince con l'astuzia imperturbabile della loro mente.

e voi come siete ? quale dei cinque ? a voi la risposta

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le donne samurai

Le Donne Samurai

Il fiore di ciliegio è l’immagine di un’idea di bellezza perfetta ma effimera, perchè un solo colpo di vento basta a distruggerlo. Metafora fin troppo accattivante per il guerriero, che facilmente vi scorgeva il riflesso della vacuità della propria esistenza e l’inconsistenza dei risultati conseguiti lungo il faticoso percorso di formazione nelle arti di combattimento, una perfetta combinazione di precisione, efficacia ed eleganza che, tuttavia, in ogni momento, un occasionale colpo di spada poteva vanificare. Una visione non tragica ma "naturale" della vita, da parte di chi considerava la morte in battaglia l’unica via possibile per "chiudere" la propria esistenza terrena.
Adottato quindi come emblema della classe dei samurai, il fiore di ciliegio ha mantenuto nel tempo il suo fascino magico ed è ormai assunto a scontata costante dell’iconografia delle arti marziali attualmente praticate. Un antico verso, ancora oggi ricordato, suona così:

hana wa sakuragi,
     hito wa bushi

                  ovvero:

tra i fiori il ciliegio,
                        tra gli uomini il guerriero

Ma il "guerriero" alloggiava forse solo fra gli uomini giapponesi? Certamente no! Nel Giappone Antico, attraversato dagli scontri armati e dalle lotte di potere, per trovare un "guerriero" si poteva benissimo cercare oltre il genere maschile.
Nel primo periodo feudale, infatti, le donne dei samurai, erano costrette a passare lunghi periodi contando sulle sole proprie forze, condizione che rese il loro ruolo e la loro presenza fondamentali per tutto ciò che riguardava la sopravvivenza della famiglia.
Esse arrivarono ad assumersi gran parte della gestione finanziaria ed economica delle proprie case e la loro opinione su tutto ciò che riguardava il benessere della famiglia era tenuta in altissima considerazione. La loro stessa educazione prevedeva poi un allenamento costante nelle arti marziali. L’arma prediletta, nel cui uso le donne dei clan eccellevano, era la "naginata", micidiale combinazione di un’affilata lama montata su di un lungo e robusto bastone. Grazie all’estrema versatilità di quest’arma, una donna coinvolta in un combattimento contro corpulenti aggressori, riusciva comunque a compensare il divario fra la propria prestanza fisica e quella dei suoi avversari. Donne quindi che sapevano adattarsi ai tempi e che arrivavano anche a seguire i propri uomini in battaglia combattendo al loro fianco fino alla fine. In uno scenario come questo, popolato da donne chiamate a difendere le loro famiglie da possibili aggressioni o impegnate sui campi di battaglia accanto ai loro uomini, prese inevitabilmente forma la figura della donna guerriero, che impugnata la naginata ed armata di tutto punto sapeva diventare fiera testimone dei valori del bushido: lealtà, onore, coraggio.
La più famosa fra le eroine che popolano l'immaginario popolare nipponico è senza dubbio
Tomoe Gozen (1161-1184), le cui vicende ci provengono dalle numerose novelle e leggende a lei dedicate, nonchè dall’opera "Heike Monogatari" , poema epico che risale al periodo dello Shogunato Kamakura e che raccoglie il ciclo di cronache belliche della guerra tra i Minamoto e i Taira.

Legata al generale Minamoto Yoshinaka, sua concubina o sposa, Tomoe Gozen ebbe un ruolo di certo non marginale durante la guerra dei Genpei (1180-1185), grazie alle sue straordinarie doti marziali, al suo lignaggio e al suo impetuoso coraggio di guerriera.
Nell’opera "Heike Monogatari", ella viene descritta come una donna particolarmente bella, con la pelle bianca, lunghi capelli e tratti affascinanti. Ma anche la sua abilità marziale veniva ampiamente elogiata: arciere formidabile ed abile spadaccina, guerriero di valore, pronta a confrontarsi con demoni e dei, a cavallo o a piedi, in grado di cavalcare destrieri indomabili dalle splendide criniere lungo ripidi pendii. Ovunque la battaglia fosse imminente, il generale
Minamoto Yoshinaka la mandava in avanscoperta come suo primo capitano, equipaggiata con una pesante armatura, una gigantesca spada ed un grande arco. E non c’era altro guerriero che compisse più atti di coraggio di lei. Popolarissima quindi presso le truppe, si dice fosse capace da sola di fronteggiare migliaia di nemici.
L'iconografia la vuole a cavallo, vestita di una massiccio
Yoroi (armatura giapponese) ed armata di tutto punto, spada, naginata ed arco. Così si era presentata sul campo della battaglia di Awazu (21 Febbraio 1184), decisa a sostenere il suo amato a tutti i costi in quella battaglia ormai persa, per dargli il tempo necessario a commettere seppuku.
Così
Tomoe Gozen si scagliò contro l'armata di Yoshitsune Minamoto, cugino-rivale del generale Minamoto Yoshinaka, riuscendo ad infliggere al nemico numerose ed importanti perdite.
Il generale
Minamoto Yoshinaka, tuttavia, non riuscì nel suo intento e venne ucciso da una freccia.
Sulla sorte di
Tomoe Gozen, la sua storia leggendaria propone invece numerose varianti, che non convergono ad un’unica versione: alcune si concludono con la sua morte in battaglia, altre raccontano come lei sia sopravvissuta, diventando poi una monaca buddista. Ma anche facendo un salto di secoli ed approdando "quasi" ai giorni nostri, alle soglie del 1900, si possono trovare ancora figure di donne-bushi che della propria temeraria fierezza hanno lasciato molto più che delle leggende. Fra queste spicca quella di Nakano Takeko il cui ricordo è tuttora vivo nel cuore dei suoi connazionali.
Di lei si hanno addirittura immagini fotografiche ed è anche ricordata da un monumento eretto in suo onore a
Bangemachi.
La storia di questa donna samurai ha origine nella città di
Aizu, in cui era nata e cresciuta. Valida praticante di arti marziali, che aveva appreso da famosi maestri dell’epoca, in particolare Nakano Takeko era un’esperta nell’uso della naginata, così come sua sorella Yuko e sua madre Kouko.
Conosciamo il periodo storico dell’impresa di
Nakano Takeko anche grazie al film "L’ultimo Samurai", ovvero il periodo della guerra " Boshin", una guerra civile giapponese combattuta tra il 1868 ed il 1869 tra i sostenitori dello Shogunato Tokugawa e i fautori della re-instaurazione dell'imperatore Meiji. Quest’ultima fazione era più piccola ma relativamente più modernizzata e fu presto in grado di far volgere l’andamento della guerra a proprio favore.
La fama di
Nakano Takeko è legata alla storia della battaglia in difesa del Castello di Wakamatsu (1868), combattuta al fianco dei samurai del clan Aizu. Il clan degli Aizu, fedele sostenitore dello shogunato Tokugawa, si trovò schiacciato da un enorme numero di soldati nemici: 3.000 samurai contro ben 20.000 guerrieri modernamente armati.
Venne così chiamato a combattere chiunque fosse in grado di tenere in mano un’arma. Fu in questo drammatico contesto che
Nakano Takeko si trovò a guidare il " Joushitai", la Truppa delle donne Aizu, un’unità di venti donne, determinata a tener testa alle truppe nemiche fino alla fine.
Durante il combattimento, ella si lanciò contro le linee nemiche, uccidendo con la sua naginata un elevato numero di guerrieri prima di essere colpita al torace da un colpo di fucile. Ferita, ma non ancora sconfitta,
Nakano Takeko chiese alla sorella Yuko di tagliarle la testa, per evitare di finire nelle mani del nemico.
Ogni anno, durante il Festival autunnale di
Aizu, un gruppo di giovani donne, con hakama e una fascia bianca in testa, segue la processione tradizionale per ricordare il sacrificio delle donne Joushitai.

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Bushido di Izawa Nagahide

alcune piccole riflessioni tratte dal Bushido, che ho trovato molto interessanti. Dato che non tutti hanno il tempo per approfondire la lettura del Bushido, forse piccole pillole le possono raccogliere quà.

 

Scritto di Izawa Nagahide….. Secondo un detto antico "Appena apri gli occhi,cadi in errore…" .Questo  si  riferisce  al fatto di attenersi a ciò che si vede. Per esempio, se guardi a destra trascuri la sinistra e viceversa. Se guardi le mani del tuo avversario, la tua mente si focalizza sulle mani , se osservi i piedi la tua mente si sposta sui piedi. Ogni volta che c'è uno squilibrio, è come trovarsi in una casa disabitata, Se entrano i ladri ,il proprietario non essendoci non li potrà  fermare. Per questo dovresti avere sempre una visione generale, non un punto di vista parziale. Una volta che ti sei impadronito delle Arti te ne dovresti distaccare. Altrimenti non sarai mai un artista marziale.

mi sembra un ottimo spunto sulla visione complessiva dell' arte marziale, nell ' uso di una tecnica, non focalizzare l'attenzione sul particolare ma osservare tutto ciò che si muove attorno a te.

ovo-san

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tendo ryu lo stile di Shimizu video

 

 
VIDEO
 
 
 
 
 
SCUOLE
 

 

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BRUCE LEE il mito

Bruce Jun Fan Lee (cinese tradizionale 李小龍範軍, in pinyin Lǐ Xiǎolóng; San Francisco, 27 novembre 1940Hong Kong, 20 luglio 1973) è stato un attore, artista marziale, filosofo, regista, sceneggiatore e produttore statunitense di origini cinesi.

Nato a San Francisco e cresciuto a Hong Kong, Lee è l'attore più ricordato per la presentazione delle arti marziali cinesi al mondo. I suoi film, prodotti a Hong Kong e ad Hollywood, elevarono ad un nuovo livello di popolarità e gradimento le pellicole di arti marziali, facendo aumentare per la prima volta ed improvvisamente anche l'interesse per questo tipo di discipline in Occidente. La direzione ed il tono delle sue opere influenzarono profondamente i film di arti marziali di Hong Kong, che fino ad allora mostravano più un senso teatrale che realistico delle scene.

Lee divenne un'icona soprattutto per il popolo cinese, come ritratto dell'orgoglio nazionale e per alcuni tratti nazionalistici presenti nei suoi film. Alcuni videro Lee come un modello per acquisire un corpo forte ed efficiente ed un altissimo livello di benessere fisico, sviluppando allo stesso tempo destrezza nel combattimento corpo a corpo. Nonostante il contenuto violento dei suoi film, Lee era di carattere mite e fermamente contrario all'uso delle arti marziali come metodo di offesa e supremazia.

Stella di Bruce Lee alla Avenue of Stars, Hong Kong

Nel 1993 è stato anche onorato con una stella sulla Hollywood Walk of Fame a Los Angeles, e nell'occasione di quello che sarebbe stato il suo 65º compleanno (novembre 2005), una statua commemorativa è stata posata sull'Avenue of the Stars a Kowloon, in sua memoria: di colui che è stato votato "Star of the Century" dagli addetti ai lavori del mondo del cinema di Hong Kong. Un'altra statua più piccola ha preceduto di pochi mesi la suddetta a Mostar, come simbolo della pacificazione fra Serbi e Croati, mentre una molto più grande, di venti metri, è sorta successivamente in un parco a tema nella Cina mainland, il Bruce Lee Paradise di Junan (città nella quale avrebbe avuto i natali il padre di Bruce, l'attore teatrale e caratterista cinematografico Li Hoi Chuen).

Biografia

Penultimo di cinque figli, Phoebe, Agnes, Robert, Bruce e Peter, di Li Hoi-Chuen[1], cinese, e di Grace, di origini euroasiatiche[2]. La famiglia tornò a Hong Kong tre mesi dopo la nascita di Lee[3].

Tra i nomi datogli dai genitori, "Li Yuen Kam", "Jun Fan" (che significa letteralmente "ritorna ancora") e "Xiao Feng" ("piccola fenice"). Un altro nome, "Xiao Long" ("piccolo drago", in quanto nato nell'ora e nell'anno cinese del drago) ne sottolineava il carattere esuberante, che durante l'infanzia trascorsa a Hong Kong lo portava a scontrarsi con la piccola criminalità giovanile. Per questo decise di volere imparare le tecniche di difesa marziali iscrivendosi alla prestigiosa scuola di Wing Chun sotto gli insegnamenti del Maestro Yip Man[3], con cui studiò per molti anni. Da allora Bruce non abbandonò più lo studio delle arti marziali.

All'età di 12 anni entrò alla scuola cattolica La Salle College. Successivamente frequentò il Francis Xavier's College, finché il suo temperamento esuberante, i continui battibecchi coi compagni, la scarsa voglia di applicarsi nello studio, nonché il rischio che potesse rovinare la reputazione della famiglia medio-borghese, indussero il padre a mandarlo a vivere da un vecchio amico negli Stati Uniti[3]. Ma dopo un breve periodo vissuto a San Francisco si trasferì a Seattle, dove lavorò come cameriere[3]. Qui, nel 1962 riuscì a terminare la sua formazione di scuola superiore ottenendo il diploma alla Edison Technical School. Si iscrisse quindi alla facoltà di filosofia dell'Università di Washington[3], ma abbandonò gli studi al penultimo anno. Qui conobbe Linda Emery che sposerà nell'agosto del 1964[3] e dalla quale ebbe due figli: Brandon nel 1965 e Shannon Emery nel 1969[3].

Il Kung Fu e gli allenamenti

Bruce Lee a 10 anni nel film The Kid (1950)

Nonostante le credenze, Lee non studiò mai il Tai Chi seriamente, in quanto non si confaceva alle sue caratteristiche peculiari, prima fra tutte, la sua notevole velocità. Dal padre imparò i concetti fondamentali di questa antica arte, che viene generalmente esercitata per mantenere una certa tonicità muscolare. Lee studiò assiduamente Kung Fu nello stile Wing Chun col Maestro Yip Man. All'inizio, gli studi di Bruce con Yip Man furono affidati a William Cheung, studente di Man, per poi continuare fino ai diciotto anni nel 1959, anno in cui partì per gli Stati Uniti[4]. Uno degli studenti di maggior livello fu Wong Shun-Leung, che si ritiene abbia avuto una grande influenza sull'allenamento di Lee.

Attratto da qualsiasi disciplina da combattimento, Lee si allenò anche nel pugilato occidentale, vincendo nel 1958 il titolo interscolastico di boxe. Batté il tre volte campione Gary Elms con un K.O. al terzo round. Imparò anche rudimenti di scherma occidentale dal fratello minore Peter, all'epoca campione di questa disciplina. Questo approccio a 360º distinse via via sempre più Lee da ogni altro praticante di arti marziali, tanto che nel 1966, decise di dare un nome al suo "stile senza stile": Jeet Kune Do[3].

Il suo allenamento includeva tutti gli elementi di fitness, forza e resistenza muscolare, resistenza cardiovascolare e flessibilità. Utilizzò le tecniche tradizionali del culturismo per scolpire e aumentare la massa muscolare. Tuttavia, fu sempre attento nel sottolineare quanto la preparazione mentale e spirituale fossero fondamentali per il successo dell'allenamento fisico e nella pratica delle arti marziali. Al fine di allenare specifici gruppi di muscoli, Lee si avvalse di attrezzature appositamente progettate e costruite.

Il 13 agosto del 1970, a causa di un errato preriscaldamento dei muscoli in un allenamento di sollevamento pesi, subì un grave infortunio[3]: gli esami clinici mostrarono uno stiramento al quarto nervo sacrale, nella parte inferiore della schiena. Durante il periodo di convalescenza, iniziò a dedicarsi alle religioni, alla filosofia, alle arti da combattimento e agli scritti di Jiddu Krishnamurti. Il periodo di inattività fisica gli offre anche l'opportunità di documentare i metodi di allenamento, che in seguito verranno raccolti e pubblicati dalla moglie Linda nel libro The Tao of Jeet Kune Do[3]. Nell'arco dei successivi sei mesi, riuscì a recuperare agilità, velocità e potenza.

Carriera cinematografica

Stella di Bruce Lee sulla Hollywood Walk of Fame, Los Angeles (California)

Il suo debutto nel mondo cinematografico di Hong Kong avvenne all'età di tre mesi, quando fu scelto per il ruolo del neonato nel film Golden Gate Girl del 1941. Fra i sei ed i diciassette anni partecipò a sedici pellicole, anche se il primo film di un certo riguardo, The Orphan del 1958 lo interpretò all'età di diciotto anni[3].

Il produttore della serie televisiva Batman e Robin, William Dozier, ebbe l'occasione di visionare i filmati di Lee[3] al Campionato Internazionale di karate, tenutosi a Long Beach il 2 agosto del 1964. L'esibizione incluse varie dimostrazioni, tra le quali flessioni su pollice ed indice e il suo noto "pugno a un pollice"[5]. Colpito dalle notevoli capacità fisiche, Dozier invitò Lee per un'audizione, grazie alla quale si aggiudicò una parte nelle serie televisive Il calabrone verde[3], per la stagione 19661967, in Batman. Successivamente ottenne ruoli anche nelle serie Ironside, Longstreet, Here Come the Brides e, nel 1969 nel film: L'investigatore Marlowe[3].

Lee interpretò il suo primo ruolo da protagonista nei film Il furore della Cina colpisce ancora del 1971 e Dalla Cina con furore del 1972, grazie ai quali ottenne vasta celebrità internazionale. Successivamente fondò una propria casa di produzione, la Concord Production, in società con Raymond Chow della Golden Harvest. Sotto tale egida co-produsse, scrisse, diresse e interpretò L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente nel 1972, in cui fece comparsa anche Chuck Norris[3] in una scena, quella del duello nel Colosseo, che divenne la più celebre di arti marziali nella storia del cinema. Richiese tre giorni di riprese, e venti pagine di sceneggiatura scritte e disegnate da Lee.

Nel 1973 ottenne il ruolo di protagonista in I tre dell'Operazione Drago, film che lo consacrò come divo internazionale, per il quale fece anche da coreografo per le scene di combattimento e co-produttore con la sua Concord Production. Il film fu il secondo maggior incasso della Warner Bros. dopo L'esorcista, e consolidò l'immagine di Lee come leggenda delle arti marziali.

La morte

Tomba di Bruce Lee a Seattle, con accanto quella del figlio Brandon

Il 10 maggio 1973, negli studi della Golden Harvest, durante le sessioni di doppiaggio de I tre dell'Operazione Drago, Lee fu colto da un attacco di vomito, febbre alta, forti convulsioni. Venne immediatamente trasportato all'ospedale più vicino, dove riscontrarono la presenza di un edema cerebrale. Gli fu così somministrato del mannitolo[6], un medicinale atto a ridurre il gonfiore al cervello, e che gli salvò la vita. Lo stesso male, tuttavia, gli tolse la vita tre mesi più tardi. Si trovava a Hong Kong col produttore Raymond Chow per discutere di un film in produzione, Game of Death. Per cercare di alleviare una forte emicrania, Lee assunse una pastiglia di Equagesic, contenente sia aspirina che meprobamato, e si addormentò senza più svegliarsi[4]. Fu trasportato al Queen Elizabeth Hospital, dove un'autopsia fugò ogni dubbio sulla causa del decesso. Il cervello di Lee, che mediamente in un adulto pesa attorno ai 1400 grammi, ne pesava 1575 (un aumento del 13%). Le uniche due sostanze rinvenute nelle analisi del sangue durante l'autopsia, furono i due componenti dell'Equagesic.

Il 15 ottobre 2005, Chow dichiarò che Lee morì per un'ipersensibilità al miorilassante contenuto nell'Equagesic, il meprobamato, ingrediente molto comune negli antidolorifici. Quando i dottori annunciarono ufficialmente la morte di Lee, fu dichiarato che la causa era una reazione allergica a uno o entrambi i componenti dell'Equagesic[6]. Il verdetto finale ne confutò la «morte accidentale»[7]. Le cause della morte di Lee sono ancora oggi oggetto di discussione.

L’opinione preliminare di Peter Wu, il neurochirurgo che salvò la vita di Lee durante il primo attacco, fu che la causa della morte dovesse essere attribuita a una reazione alla cannabis (sarebbe uno sciroppo) o all’Equagesic. Comunque, in seguito Wu ritrattò questa posizione, affermando:

« Il Professor Teare era uno scienziato forense raccomandato da Scotland Yard; era stato interpellato come esperto sulla cannabis e non possiamo contraddire la sua testimonianza. Il dosaggio della cannabis non è preciso né prevedibile, ma non ho mai sentito di qualcuno che sia morto solo per averla assunta. »

Bruce Lee giace nel lotto 276 del Lake View Cemetery accanto al figlio Brandon Lee[8]. A portare la bara nella cerimonia tenuta a Seattle furono Steve McQueen, James Coburn, Chuck Norris, Dan Inosanto, Taky Kimura, Peter Chin e il fratello Robert[3].

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jodo

Jodo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Jodo, ovvero la via del bastone corto, è una arte marziale tradizionale giapponese derivata dal Jojutsu (杖術). Questo particolare studio dell'utilizzo del Jo nasce all'inizio del Seicento ad opera del samurai Gonnosuke Muso, il quale da giovane aveva studiato con profitto Katori-shinto ryu e Kashima ryu, due scuole di scherma che perdurano ancora oggi.

Gonnosuke fondò il primo stile efficace di combattimento con il bastone corto, che poi diede origine al jodo. La leggenda vuole che Gonnosuke avesse sfidato in duello Musashi Miyamoto, celebre samurai e il più grande maestro di spada del Seicento. Venne sconfitto, intrappolato da Musashi in una posizione di juji-dome, guardia a croce, da cui non poteva liberarsi senza esporsi a un colpo mortale. Musashi, riconoscendo il valore del suo avversario, lo risparmiò.

Gonnosuke, umiliato da questa sconfitta, allenandosi senza tregua, vagò di luogo in luogo per anni, cercando un tecnica per sconfiggere Musashi. Si racconta che una notte, mentre riposava nel santuario del monte Homan nel Kyushu, sognando, ricevette la visita di uno spirito, sotto forma di bambino, che gli disse: "Trova il tuo bastone al plesso solare!" Svegliatosi, Gonnosuke tagliò circa un terzo della sua arma (egli originariamente era esperto di Bo, un bastone di circa 180 cm, ancora usato nelle arti marziali cinesi e come disciplina propedeutica in alcune scuole di spada) ed ottenne il Jo come viene usato ancora oggi, la cui misura canonica è di poco meno di 128 cm. L'arma più corta gli garantiva una maggiore velocità, e un'agilità superiore. Egli si sforzò dunque di adattare le diverse tecniche di armi che conosceva al suo bastone, basandosi sulla sua esperienza. Introdusse affondi e colpi di punta della lancia [Yari], i movimenti oscillanti dell'alabarda [Naginata], e colpi di taglio della spada. Forte della sua nuova tecnica, Gonnosuke affrontò nuovamente Musashi, infliggendogli la sua unica sconfitta. In realtà su questo punto le fonti sono discordanti: gli annali della scuola di Musashi, il Niten Ryu, parlano unicamente di un pareggio, lo Shinto-Muso ryu, ovvero la scuola di Gonnosuke, lo registra come una vittoria netta. È interessante notare comunque che sia nell'una che nell'altra scuola sono rimasti dei Kata in cui il praticante armato di bastone deve affrontare un avversario armato di spada corta e lunga, o viceversa. Questa è forse la prova più attendibile del fatto che i due personaggi si siano effettivamente affrontati. Dopo il successo contro Musashi, comunque, Gonnosuke passò al servizio della famiglia Kuroda, con il compito di istruirne i guerrieri nell'arte del Jojutsu. Furono i Kuroda a perpetrare l'arte, gelosamente, entro i confini della propria famiglia. Il jojutsu divenne pubblico dopo il 1927, quando uno degli allievi incominciò a istruire la polizia, la marina, alcuni allievia al Kodokan dojo a Tokyo. Il nome dell'arte venne cambiato da jojitsu a jodo nel 1940. Il jodo non ebbe vita semplice, anche nello stesso Giappone, e inizialmente venne proposto come studio complementare per i praticanti di Kendo. La diffusione del Jodo in occidente avvenne per merito di Donn F. Dreager, marine americano che rimase in Giappone dopo la guerra allo scopo di studiare il Budo.

Il bagaglio tecnico del jodo si compone di un amplissimo curriculum di Kata, eseguiti sempre in coppia, in cui uno dei praticanti impugna un bastone, l'altro una spada lunga, o corta, o entrambe [solitamente la parte dello spadaccino viene sostenuta dall'isegnante o dal praticante più avanzato, in quanto più esperto e capace di meglio impostare il ritmo]. I Kata sono eseguiti tenendo conto di distanza, ritmo, velocità, forza, secondo il grado del praticante. Tutti i kata sono divisi i sequenze di movimenti base, kihon, che aiutano la semplificazione e l'apprendimento, nonché la memoria muscolare. I dodici kihon del jodo, insieme, compongono tutti i kata del curriculum del jodo. Al jodo sono associate diverse discipline complementari, assorbite dalla scuola nel corso dei secoli; ad esempio kata di ken, dijutte, di kusari-gama, di hojojutsu e di tanjojutsu:rispettivamente, spada (sia lunga che corta), pugnali a forca, per intrappolare le lame dell'avversario, falce con catena, tecniche per legare i prigionieri, tecniche di bastone corto contro la spada.

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Sumo lo sport nazionale Nipponico

 

troverete tutte le imformazioni su WWW.sumo.it

sapevate che si pratica anche da noi e che c'è una nazionale?

La storia del Sumo

Origini del Sumo

Le origini del Sumo non sono certe, ma alcune testimonianze suggeriscono che questa attività possa aver avuto origine in una delle vicine località asiatiche; due stati che sicuramente influenzarono molto il Sumo giapponese furono Cina e Korea.
Anche se attualmente il Sumo è tipicamente giapponese, si pensa che molti aspetti culturali di questo sport derivino comunque da queste due regioni.

Insediamento culturale

I giapponesi hanno introdotto in modo denso questa attività/sport nella loro cultura al punto da essere inclusa in moltissime leggende e situazioni nei secoli di evoluzione fino alle origini delle linee genealogiche imperiali e la “razza giapponese” stessa.

Evoluzioni del Sumo

Il Sumo è parte integrante della cultura giapponese sin dai più antichi albori della storia del Giappone; nei secoli si è evoluto da rito religioso ad attività militare fino alla connotazione attuale di sport.

Dal passato al giorno d’oggi, ma soprattutto nel XXV sec. ha subito moltissime evoluzioni così come è variato il ‘target’ di questa attività: iniziando come intrattenimento per gli dei, si trasforma in attività di intrattenimento per i nobili per poi trasformarsi in spettacolo per le masse popolari.
Ultima evoluzione, la trasformazione del Sumo in uno sport avvenuto nel XIX sec. che ha poi reso il Sumo quello che vediamo oggi.

Periodo Heian (Kyoto)

Attraverso la storia,il Sumo è stato molto popolare come forma di intrattenimento, specialmente alla Corte Imperiale. Una dei primi combattimenti di cui si abbia memoria si pensa che si sia tenuto nel 642 d.c. alla presenza dell’Imperatrice Kogyoku che ha regnato dal 642 al 645. Si dice che sia statàrecitatà per i messi della corte Paekche di Korea che erano in visita a quel tempo.
(recitata: inizialmente i combattimenti erano simulazioni di lotta)

Il periodo Heian fù un periodo di particolare successo del Sumo, accumunato dal diverimento sia delle classi nobili che dal popolo, ma era praticato solo a Corte Imperiale e le performance di quel periodo sono poi diventate famose nella storia.

Solo nel vicino VIII sec. sotto il potere dell’Imperatore Shomu (che ha regnato tra il 724 e il 749) i tornei di Sumo hanno iniziato ad avere cadenze regolari.
Fuorono creati anche tornei viaggianti per tutto il Giappone con il fine di reclutare i migliori combattenti (sumobaito).
I lottatori reclutati venivano portati nella capitale dove prendevano parte al ‘festival’ chiamato Sechie, organizzato nei Giardini Imperiali, al settimo giorno del settimo mese di ogni anno.

Questi tornei erano particolarmente complessi e non vi si praticavano solo tornei di Sumo ma forme di intrattenimento tipiche della cultura giapponese così come letture poetiche. Le finalità erano principalmente religiose indirizzate alla preghiera a favore di una prosporità nazionale; si può dire che queste occasioni furono lo strumento per organizzare tra le più grandi manifestazioni e tornei di Sumo mai fatti prima.

Nel 784 d.c., la capitale fù spostata da Nara a Nagaoka poi ancora quella che era chiamata Heian, attualmente Kyoto. E’ stato durante questo periodo che l’Imperatore Kanmu (al potere 781-806) trasformò l’evento religioso Sechie-Zumo in un evento annuale presso la propria corte. I tornei erano infatti tenuti presso la Residenza Imperiale nel giardino di Shishinden, la costruzione principale di tutto il Palazzo.Questi tornei erano ancora più complessi ed elaborati di quelli tenuti dal precedente imperatore al punto da far pensare che l’Imperatore stesso e l’aristocrazia del tempo cercassero di imitare la grandezza della cultura cinese e dei grandi sfarzi delle cerimonie di corte cinese Sui and T’ang.
Fù a questo punto che le tecniche di combattimento del Sumo furono riviste e sviluppate in una forma di gioco elegante e sofisticato per le classi nobili.
Antecedentemente le forme di combattimento erano abbastanza grezze ed erano permessi pugni, calci e colpi la viso – successivamente tali abitudini furono vietate.
Nel 821 fù proclamato l’evento di un importante torneo e, insieme alle due attività ‘classiche’ di torneo d’arco e torneo equestre, il Sumo fù inserito come terza attività di torneo.

I lottatori portati a corte venivano suddivisi in due ‘zone’ nella guardia di protezione imperiale, rispettivamente àsinistrà e ‘destrà della guarnigione.
I lottatori venivanòaccoppiatì in funzione del loro livello e i combattimenti venivano accompagnatti da musici e danzatori.

Non c’era allora un vero e propriòring’ (Dohyo o Dojo), ma combattevano un uno spiazzo senza ostacoli alla presenza dell’Imperatore. Durante questi tornei c’erano, come è sospettabile, feste e banchetti ed altre forme di intrattenimento ludico.

Verso la fine del X sec. la ricchezza e la salute generale del paese subì un forte declino e, come si può facilmente prevedere, le spese per organizzare questo genere di tornei furono tagliate; anche l’attenzione generale verso questo genere di attività subirono un tracollo dovuto all’impoverimento generale.
I banchetti furono sempre più discontinui fino alla loro cancellazione nel 1185 e il Sumo fù incluso tra le attività di addestramento militare mentre il Sumo, gradualmente, andava verso la totale perdita di importanza ed attenzione.

Primo periodo di Edo (1600-1700)

Il primo periodo della città di Edo fu di relativa pace e prosperità dopo essere stato preceduto da guerre e instabilità.
Il periodo Edo (Toyotomi Hideyoshi) ha inizio con il congelamento delle stratificazioni sociali teso ad impedire movimenti tra gli appartenenti alle varie classi sociali.Tale congelamento voleva fermare ed arrestare le tensioni interne che, per desiderio di potere, spingevano a frequenti lotte interne.
Le classi sociali furono definite in modo che i Samurai fossero in cima alla piramide gerarchico-sociale, seguiti da artigiani, mercanti e contadini.

Il periodo Edo portò, di contro, un periodo di insicurezza e instabilità proprio per i Samurai (guerrieri) che persero i loro “mestri Daimyo” (quello che in Europa si chiamerebbe “committente”) nell’antecedente Periodo di Guerra (Sengoky Jidai). Senza il loro “padrone” e senza la possibilità dìscendere’ di categoria, le carriere dei Samurai senza padrone (detti Ronin) presero a rovinarsi.
Il Sumo era comunque una delle attività che erano consone ad un Samurai il che condizionò l’attività dei Samurai stessi che vedevano nel Sumo una attività rispettabile e di mantenimento.
Alcuni di questìSumo-Ronin’ furono abbastanza fortunati da essere poi “assunti” nelle corti di alcuni “daimyo”, altri invece si trovarono costretti a esibirsi per strada dando così origine al “Sumo da strada”.

Per quanto diventasse incerta la posizione nella società per i Samurai, per i mercantie per ìbracciantì, questo periodo storico fù di grandi cambiamenti; con nuova prosperità e la chiusura del Giappone alle culture circostanti, il divertimento, i giochi e la cultura interna si diffusero anche tra le classi medio-basse della società come mai avvenne nella storia del Giappone.
Nacquero quartieri di intrattenimento, teatri, ristoranti e case da bagno e osterie presero popolarità tra la gente comune.
Fù proprio in questo periodo che il Sumo, prima relegato alla sola classe nobiliare, divenne un’arte accessibile al popolo.

Con l’introduzione del “Sumo da strada” e la generale espansione dei quartieri di intrattenimento ludico divenne evidente il problema della violenza da strada.Spesso nascevano problemi tra guerrieri senza impiego e questi quartieri divennero veri e propri problemi da risolvere per le autorità a causa delle violente guerre di strada che coinvolgevano anche la gente comune e gli osservatori.

Durante questo periodo si era diffusa anche una forma di Sumo chiamata “Kajin-zumo” dedicata ai templi e santuari quale strumento di raccolta di donazioni per mantenere e ristrutturare i templi stessi.
Il Sumo divenne così popolarissimo, ma anche in questo caso vi furono dei problemi perchè tale attività divenne talmente redditizia che spesso gli incassi non andavano devoluti per le finalità per le quali gli incontri erano organizzati ma andavano nelle mani di “Sumutori”. Anche in questi casi c’erano un sacco di problemi sociali nell’intorno degli incontri, soprattutto quando la gente stessa era chiamata direttamente dalla folla a partecipare agli incontri.

Nel 1648 le autorità presero finalmente posizione ed emisero il seguente decreto:
I combattimenti di strada di Sumo non dovranno più essere fatti
Comattimenti di Sumo per beneficenza non dovranno più essere organizzati
I lottatori che fossero invitati a combattere presso le residenze dei loro superiori non dovranno indossare vestiti di seta ma di semplice stoffa.

Le autorità iniziarono così a definire in modo molto rigido le occasioni nelle quali il Sumo era praticabile permettendo solo qualche performance senza donazioni e la gente astante non poteva partecipare agli incontri. I quartieri d’intrattenimento iniziarono ad essere meglio regolamentati e i combattimenti organizzati dai Daimyo in teatri privati furono posti sotto controllo anche dalle autorità. Questo portò però ad una interruzione dei combattimenti.
Come era prevedibile, nonostante il decreto del 1648 i combattimenti di strada continuarono ad essere praticati illegalmente il che portò, nel 1661, al divieto totale di praticare combattimenti di Sumo.

Mentre a Edo il Sumo causava problemi di ordine pubblico, Kyoto e Osaka erano relativamente tranquille. Kyoto aveva organizzato in modo ordinato tornei di beneficenza in larga scala e in entrambe le città venivano tenuti tornei in periodi regolari e con pochi incidenti violenti e disordini.

Il Sumo tornò a Edo una ventina d’anni più tardi con l’unione di Samurai-senza-padrone (Ronin) e lottatori professionisti che, grazie ad una petizione, richiedero la possibilità di praticare nelle pubbliche piazze.
Il permesso fù concesso organizzando un torneo di 8 giorni nel tempio di Fukugawa Hachiman, nella parte Est di Edo, anche se furono poi adottati dei cambiamenti per evitare problemi di violenze.

Uno di questi cambiamenti fu l’introduzione di un ring separato dalla folla in modo da dividere combattimenti e gente. Inizialmente fù disegnato un cerchio e la gente doveva starne fuori.

Un’altro cambiamento proposto da Gondaiyu fù l’introduzione e la semplificazione di alcune tecniche usate nel Sumo. Dal periodo medio-Muromachi fino al tardo XVII secolo, la lista delle varie tecniche di combattimento crebbe fino a 250 e sempre Gondaiyu propose che queste fossero semplificate e divise in 4 gruppi:
Nage o “colpire”, Kake o “fare cadere”, Sori o “strattonare” e Hineri o “far roteare”.
Per ognuna di queste furono assegnate circa 12 prese/mosse riducendo il tutto a 48 mosse.
Altri gruppi furono poi adottati per assorbire le tecniche rimanenti.

Nel 1684, fù ufficializzato un sistema di gestione dove Gondaiyu prendeva il ruolo di organizzatore agendo da intermediatore tra le autorità e i gruppi di lottatori, un ruole che gli fece guadagnare il titolo di “Toshiyori” o “anziano”.La sua posizione prevedeva lo sviluppo di un “gruppo guidato di lottatori professionisti, capace di organizzare e dirigere le performance a favore del Sumo e di rendere liberi da violenza i tornei”.

BanzukeI “Programmi” (Banzuke) iniziarono ad essere usati nel tardo XVII sec, il primo noto fù un torneo di beneficenza di 7 giorni fatto a Kyoto nel tempio di Okazaki Tenno nel 1699. I primi “Programmi” erano tavole di legno posizionate alle pareti durante i tornei ed elencavano arbitri e lottatori da sinistra a destra.
Banzuke di carta furono invece introdotti nel recente XVIII sec. e consisteva in un foglio di carta per ogni squadra. I nomi dei lottatori erano scritti in ordine di ruolo con il più grande (in caratteri) per il più importante in cima fino al menòforte’ scritto in piccolo in basso.

Col rientro dell’ufficialità del Sumo, ancora una volta crebbe in popolarità, i Daimyo tornarono a sponsorizzare i lottatori così come facevano prima che fossero vietati.I lottatori furono assunti da potenti nobili e guadagnarono il titolo di Samurai, il che permetteva loro di portare con sè due spade (i lottatorìsenza padrone’ non potevano portare le spade se non per cerimoniale).

Secondo periodo di Edo (1700-1868)

Verso la fine della seconda metà del periodo Edo, il Sumo iniziò ad assumere un ruolo organizzato e sviluppato in strutture organizzative concrete. I programmi divennero molto usati e venne in uso la cerimonia dell’ingresso nel ring, vere e proprie ‘scuderie’ di lottatori furono create. Si introdussero anche figure ufficiali nel Sumo così come arbitri ufficiali.
Questa organizzazione permise la trasformazione del Sumo da Kanjin-Sumo (Sumo per beneficenza) a quella che è l’ufficiale organizzazione della lotta del Sumo professionista.

Con l’avvento del Kanjin-Sumo, si rinnovò l’interesse dei Daimyo che ancora ricominciarono a sponsorizzare i lottatori. Osaka e Kyoto in particolare sperimentarono un boom di popolarità per il Sumo con grandissimi tornei tenuti da lottatori provenienti da molte diverse province del Giappone. Fù proprio in queto periodo che le due città furono letteralmente invase dalla “moda” del Sumo che le portò all’organizzazione di due grandi tornei due volte l’anno dal 1740.

Grandissime quantità di lottatori venivano da tutto il Giappone per partecipare a questi tornei, e fù per questo grandissimòturnover’ di lottatori diversi che fù introdotta la cerimonia di ingresso e presentazione dei lottatori.

La cerimonia serviva appunto come strumento di presentazione dei lottatori al pubblico e per mostrare la loro forza e salute dovute alla bontà del loròpadrone’ senza risparmiare di mostrare ricchezza e bellezza nell’uso di costumi elaborati e pettinature complesse.
Inizialmente questi vestiti si potevano usare durante gli incontri, furono poi limitati all’uso solo durante la cerimonia di apertura e comunque non durante gli incontri.

I tornei benefici furono ufficialmente organizzati nel 1761 con la definizione della lunghezza del torneo da 8 a 10 giorni in totale. Si tenevano in unòstadiò all’aperto sito in un tempio costruito appositamente per l’occasione.Si trattava di due zone che circondavano il ring capaci di contenere circa 3000 persone.
Il ring consisteva in una piattaforma rialzata coperta da un tetto di legno sorretta da 4 colonne nel centro dello stadio che era diviso da grandi accessi laterali.

Tra la fine del 1750 e il 1780, il tempio di Fukugawa Hachiman divenne il tempio più importante dove si tenevano combattimenti di Sumo ma fu rimpiazzato dal tempio Eko-in alla fine del 1780. Molti dei tornei di Sumo alla fine del XVIII sec. si tenevano in questo tempio che ottenne così l’ufficializzazione di Hombasho, ovvero la “residenza ufficiale” del Sumo nel 1833.

All’inizio del 18mo secolo la struttura organizzativa del sumo subì un periodo di cambiamenti, iniziati nel 1719 con la regola stabilita dalle autorità di Edo secondo cui soltanto agli organizzatori ed ai lottatorìprofessionistì era permesso prender parte ai tornei di sumo per beneficienza. Ciò spinse i più anziani, coloro che facevano parte del mondo del sumo già dagli inizi del periodo Edo, a fondare delle loro sedi di allenamento per i lottatori più giovani e questo fece sì che un gruppo esclusivo di anziani professionisti fondasse le Heya, o scuole private. Molte di queste scuole sono tuttora attive nell’odierna Tokio e sono state fondate nel periodo compreso fra il 1751 ed il 1781. La figura dei Gyoji, o arbitri, fu codificata in questo stesso periodo, ed i loro doveri di giudici degli incontri furono estesi fino ad includere il ruolo di una sorta di surrogato di sacerdote Shinto per le cerimonie di ingresso sul dohyo. Le due famiglie, gli Yoshida ed i Gojo, stabilirono fermamente le loro posizioni di controllori esclusivi delle licenze dei Gyoji e ciò di fatto confinò tale lavoro ad essere gestito soltanto da queste due famiglie, essendo ereditato ed organizzato a seconda dell’anzianità. Furono inoltre adottati i tradizionali abiti da cerimonia dei samurai e l’uso dei Gunbai-Uchiwa, o ventagli da guerra, usati per dare inizio ai match.

DIDASCALIA: Una stampa Ukiyo-e raffigurante Hanaogi, cortigiana della casa di piaceri.

Oyiga

Nel decennio del 1780 ci fu un periodo di sconvolgimenti politici ed economici che sorprendentemente ebbero poco effetto sulla classe dei mercanti dell’epoca. Ad Edo si viveva infatti in un’epoca di prosperità economica e culturale per la classe dei mercanti. Fiorivano i quartieri dei divertimenti, con un grande ritorno di interesse per il teatro Kabuki, l’arte ed il sumo. Per la prima volta nella storia giapponese, la vita ed i valori della gente comune divennero il soggetto principale per l’arte e la letteratura e, con lo sviluppo delle tecniche di stampa, queste forme di cultura divennero accessibili a tutti. Le stampe su legno Ukiyo-e ed i libri che avevano come tema gli eroi popolari dell’epoca – lottatori di sumo, attori e cortigiane – e le fatiche e le tribolazioni quotidiane della gente comune erano ampiamente letti e fruiti da tutti e forniscono tuttora un importante spaccato della società dell’epoca. Fu durante questo decennio che venne formalizzato il ruolo dello Yokozuna. Si trattò del risultato della rivalità fra le famiglie Yoshida e Gojo nella loro lotta per assumere il pieno controllo del mondo del sumo.

Nel 1789 Yoshida Oikaze chiese alle autorità “il riconoscimento ufficiale del suo potere di assegnare ciò che lui chiamò, per la prima volta, la Yokozuna Menkyo, o Licenza di Yokozuna.” (Cuyler, 1985, pg 80). La prima cerimonia di ingresso nel dohyo celebrata da uno yokozuna (yokozuna dohyo-iri) fu tenuta nel 1789 presso il Fukuyama Hachiman Shrine dal grande campione ed eroe popolare del tempo, Tanikaze Kajinosuke, e ciò sancì ufficialmente il potere del clan Yoshida nel circuito del sumo. Fino alla fine del 18mo secolo, il sumo aveva goduto di un’ampia popolarità e pubblicità, ma soprattutto nei “quartieri dei piaceri” del famoso “mondo fluttuante” (Ukiyo, termine utilizzato per descrivere uno stile di vita edonistico e votato alla cultura tipico dei quartieri a luci rosse dell’antica Edo, n. d. T.), così quando nel 1791 lo Shogun Ienari chiese di assistere ad un incontro di sumo tra i leggendari Tanikaze ed Onogawa, l’immagine del sumo ricevette un importante “restauro”. Per l’importante occasione le cerimonie formali ed i rituali Shinto furono reintrodotti ed adottati come regole. Il tardo 1700 e’ spesso descritto come l’”Età dell’oro” del sumo, l’epoca in cui lottatori di straordinaria fama e leggendaria abilità illuminarono l’arena del sumo. Tanikaze, grande campione e vincitore di 21 titoli ed Onogawa, vincitore di soli 8 tornei, ma dotato di una tecnica straordinaria che lo rese beniamino del pubblico, furono due fra i più leggendari campioni, oscurati soltando da Raiden Tameimon.

DISASCALIA Onogawa by Shunei, c.1796

Raiden, con la sua incredibile stazza di 197 cm e 170 kg e la sua impressionante abilità e forza e’ “universalmente considerato il più grande sumotori di tutti i tempi” (Sharnoff,1989, pag. 42). Vinse 26 tornei (stando alle dettagliate statistiche pubblicate sul sito chijanofuji.com si tratta di 28 tornei, n. d. T.) in 21 anni, perdendo soltanto 10 incontri durante tutta la sua lunga straordinaria carriera. La presenza di questi eroi determinò un incremento della popolarità del sumo, popolarità che però scemò improvvisamente dopo il loro ritiro, dato che nessun altro lottatore riusciva ad esprimersi agli stessi straordinari livelli imposti da queste leggende. Dopo il ritiro di Raiden nel 1811, le autorità del sumo si trovarono di nuovo costrette a ricorrere a manifesti pubblicitari ed attrattive supplementari per attirare la folla. L’era Tempo (1833-44) si rivelò un periodo relativamente opaco per il sumo, con un rapido declino di popolarità a riflesso dei vari sconvolgimenti politici e sociali dell’epoca e con gravi difficoltà finanziarie per l’organizzazione del sumo Il periodo terminò nel 1868 con il collasso del regime Tokugawa, e con il sumo in gravissima crisi. Periodo Meiji (1868-1912) Durante il periodo Meiji il sumo attraversò una delle epoche più buie della sua storia, quando fu quasi totalmente bandito e disprezzato dai giapponesi, presi dalla loro corsa verso l’occidentalizzazione. Edo fu ribattezzata Tokyo, un cambiamento che portò svariate novità nel modo di agire del governo, deciso a modernizzare ed occidentalizzare il paese il più rapidamente possibile dopo i trambusti degli anni iniziali dell’era Meiji.

I Daimyo furono costretti a rilasciare i loro vassalli lottatori in seguito all’abolizione del regime feudale e ciò creò gravi problemi all’organizzazione del sumo, dato che vennero improvvisamente troncati i salari e vennero a mancare le entrate per i lottatori. L’occidentalizzazione fece sì che il sumo venisse considerato fonte di imbarazzo per i giapponesi che lo ritenevano primitivo ed arretrato rispetto alla sofisticata cultura occidentale e si tentò persino di abolirlo. Questi tentativi, in realtà, non andarono mai in porto, ma sono indicativi della minaccia rappresentata dall’occidentalizzazione per la cultura giapponese dell’epoca. Il movimento del sumo, a sua volta, attraversò un periodo di sconvolgimenti, con il ribelle Takasago Uragoro che determinò una scissione nell’associazione. Le sue proteste erano dirette contro la gerarchia ed il dominio di certi gruppi all’interno dell’associazione ed in particolare contro il direttore ed il suo assistente che mantenevano illeggittimamente ed in maniera tirannica posizioni di potere e gestivano le finanze dell’associazione. Nel 1873 Takasago Uragoro fondò per protesta un’associazione concorrente nella regione del Kansai, ma si reintegrò all’associazione di Tokyo dopo 5 anni, grazie ad una serie di importanti riforme finanziarie e della struttura organizzativa dell’associazione.

L’interesse pubblico per il sumo rimase piuttosto tiepido fino al 1884, quando l’imperatore Meiji organizzò un torneo di sumo. L’imperatore aveva colto gli effetti negativi dell’occidentalizzazione sulla cultura nipponica e cercava di contrastarli. Il suo tentativo ebbe successo e la popolarità del sumo crebbe via via insiemme all’orgoglio nazionale. L’associazione di Tokyo divenne la Tokyo Sumo Association nel 1889 ed il sumo godette di una rinnovata popolarità, rafforzata dalla vittoria giapponese nel conflitto sino-nipponico, dopo il quale crebbero le pulsioni nazionalistiche ed il popolo giapponese tornò ad essere fiero delle propria, unica, cultura. Da allora il sumo e’ diventato fonte di orgoglio nazionale ed ha goduto di un’immensa popolarità ed oggigiorno si fregia con onore del titolo di sport nazionale giapponese.

(Testi: Nicole Bargwanna – Australian National University, 1996)
(Traduzione: a cura di Julien Buratto e Marco Miceli)

 
 
 

 

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