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Ken No Kamae

TRATTO DA: Ichi-do.blogspot.it

 

KEN no KAMAE – tre posizioni – tre fondamenti
Le tecniche, i movimenti e la tattica dell'Aikido derivano dai movimenti e tattica del Kenjutsu… O Sensei ha adattato questi movimenti e tattica sia al Tai Jutsu che al Buki Waza, conformemente ai principi che egli ha stesso ha elaborato…

Al giorno d'oggi alcune scuole di Aikido praticano poco o non studiano affatto il Buki Waza (tecniche con le armi). Qualche scuola ha perfino bandito le armi dalla pratica in nome della non violenza, allontanandosi così dalle radici. Altre, in contrapposizione, studiano le tecniche delle scuole di Kendo, Iaido, Jodo… Queste arti, e non solo a mio parere, seppur validissime, non sono completamente adeguate alle applicazioni nei movimenti e ai principi del Tai Jutsu dell'Aikido (tecniche di corpo a corpo) anzi, alcune vanno in direzioni opposte.
Questo non significa che non devono essere praticate, ma devono essere considerate delle arti marziali, o sport derivanti da arti marziali, che con l'Aikido hanno poco a che fare.

KEN NO KAMAE
La posizione di base per la pratica dell'Aikiken è il Ken No Kamae, in particolare la forma Chudan. I criteri che governano questa posizione rappresentano la base dell' Hanmi.

Quando parliamo di Ken no Kamae quindi parliamo anche di Hanmi.

I Kamae, nell'Aikiken, sono tre, e sono i tre Kamae dei primi tre Suburi: 1° Suburi-Chudan no Kamae, 2° Suburi-Jodan no Kamae e 3° Suburi-Gedan no Kamae.

Nella altre arti di spada le posizioni di guardia solo molte di più; ma sappiamo che, O Sensei, ha preso solo quello che, funzionalmente, serviva a mettere in luce il principio dell'Aikido nelle rispettive azioni. E, più di tutto, ha selezionato ed ha "pulito" tutti i movimenti da ciò che, potenzialmente, poteva allontanare la pratica da questi principi.

Allora, oggi, ci ritroviamo a praticare tecniche di Aikido senza sgambetti, senza falciate, senza spazzate…tutti quei meccanismi che rendono efficaci le tecniche e riducono l'efficenza dell'aikidoka. O Sensei le ha pulite per dirci: "levatevi tutte le corazze e praticate con il minimo delle vostre potenzialità sfruttandole al massimo". Si intuisce che, egli, cercava di non armarci di tecniche, ma farci diventare "la tecnica". L'Aikido ci spoglia completamente e ci obbliga a combattere con la nostra sola intima natura.

 

 

Le tre immagini sono relative alle tre posizioni del Katori Shinto Ryu.
Anche se il Buki Waza di O Sensei, elaborato appositamente per l'Aikido, si differenzia dalle tante scuole di Kenjutsu, alcuni punti rimangono comuni.
La posizione Hanmi, che l'Aikido ha mantenuto, in altre arti marziali è stata sostituita, per ragioni di competizione (dove gli attacchi diventano più importanti della difesa), da una posizione più frontale., e dove, non essendoci pericolo di morte, si possono assumere atteggiamenti audaci.

Queste tre posizioni, strategicamente, erano quelle che si adottavano di più nei combattimenti del Bushi. Ognuna di queste posizioni controllava l'altra. I passaggi da una posizione all'altra determinavano la tattica di attacco o difesa:

Se il primo contendente assumeva la posizione Chudan, l'altro passava alla Jodan, e il primo rispondeva con Gedan.

 

E' superfluo far notare quanto, nella tradizione guerriera, il controllo della posizione, dello spirito e dell'emotività siano determinanti nelle situazioni di pericolo.

Ken no Kamae e la stabilità

Sia come persone, nella vita di tutti i giorni, che come aikidoka, nello studio e apprendimento delle caratteristiche marziali, il nostro equilibrio può essere compromesso in tre punti.

1. Equilibrio fisico
Il punto di controllo è il baricentro del corpo umano, posizionato un paio di centimetri al di sotto dell'ombelico

2. Equilibrio emozionale
Il punto di controllo è il cuore-polmoni, organi che manifestano materialmente le ansie

3. Equilibrio psichico-mentale
Il punto di controllo è la nostra mente, il nostro centro di controllo

La rottura dell'equilibrio di uno di questi tre punti si ripercuote anche sugli altri punti. Il controllo, la stabilità e l'allineamento continuo di questi tre punti agisce in modo determinante sul nostro stato e di conseguenza sulle nostre scelte e azioni.

 

Nello Zen la postura è di primaria importanza per la meditazione.
Si impiega più di un anno per sedersi in modo corretto.
Se i tre punti sono ben allineati allora i sensi, i pensieri, l'energia, fluiscono naturalmente senza blocchi e la lucidità e l'intuizione saranno totali.

 

O Sensi in meditazione

Nell'Aikido ritroviano questa formula attraverso i tre fondamenti che O Sensei ha tracciato:

Equilibrio fisico – Stabilità – Solidità – Terra – Quadrato
Equilibrio Emotivo – Circolazione – Fluido – Acqua – Cerchio
Equilibrio psichico – penetrazione – Aria – Fuoco – Triangolo 

 

Nella tradizione filosofica orientale l'abbinamento con la struttura a pagoda è molto radicato. Il quadrato viene rappresentato dagli arti inferiori, terra-ventre, il confine è esattamente 3 cm sotto l'ombelico. Il cerchio comprende la zona ventre-cuore, il confine è il cuore. Il triangolo comprende la zona cuore-mente, il confine è il punto più alto. 

Ken no Kamae e i tre fondamenti

La particolare posizione di Ken no Kamae di O Sensei

La posizione Ken no Kamae allinea la mente il cuore e bacino:

Bacino
Stabilità, equilibrio fisico, tecnica efficace…
La base stabile per l'esecuzione tecnica, punto di equilibrio e squilibrio fisico

Cuore
Emotività, sensibilità…
Il cuore prende la decisione finale, punto di equilibrio e squilibrio emozionale

Mente
Concettualizzazione, elaborazione, concentrazione…
La base tattica e strategica dell'azione e della difesa, punto di equilibrio e squilibrio della psiche.

 

Se la posizione è corretta il ventre è stabile, il respiro (kokyu) si normalizza e il cuore batte calmo, non agita la mente che diviene concentrata ma libera e il ki fluisce.
Se la posizione non è corretta il ventre è instabile, il respiro diviene ansia il cuore batte forte e agita la mente (stress) il Ki si blocca.
La stabilità del corpo può essere rotta provocando un forte squilibrio mentale. Agendo sulla mente

Nell'etica dell'Aikido quanto sopra ci porta alla seguente constatazione

Il corpo esegue il fendente
la mente dirige il fendente
il cuore decide tra vita e morte

Morihiro Saito Sensei in Ken no Kamae

Ken no Kamae e la strategia del controllo

La spada puntata verso gli occhi dell'avversario ne controlla la mente: l'allineamento (a-c) indirizza la stabilità del proprio corpo, in linea retta, verso la mente dell'avversario il quale non riuscirà a trovare il modo di penetrarne la guardia.

Questo è un punto fondamentale per riuscire a catturare il Ki dell'aggressore, ed è a questo punto che Tori può aprire la propria guardia per canalizzare l'attacco di Uke.

KAMAE non è solamente una posizione fisica, una guardia per il combattimento, ma uno stato fisico-psichico-emotivo, un collegamento tra mente corpo e spirito. Per questo motivo la posizione, in un combattimento reale, era di fondamentale importanza.
 

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L’Aikido spiegato da C. Tissier

Testo tratto dal sito http://www.aikidosapri.com/

Christian Tissier

L’Aikido praticato bene pone tante domande, ne abbiamo proposte alcune a Christian Tissier  7° dan.

Per giungere ad un’applicazione perfettamente efficace in Aikido, bisogna prima agire e poi pensare scordandosi della tecnica o piuttosto il contrario?

C.T. Per come la vedo, l’unica applicazione efficace dell’Aikido è la preservazione della propria ed altrui integrità e il successo nelle scelte che ci si è prefissati, lo sviluppo delle proprie qualità umane, fisiche e spirituali.
Però la seconda parte della domanda richiede una risposta più “terraterra”.
In Aikido non si può dire che ci siano veramente delle regole, ma piuttosto dei livelli d’applicazione.
Mettendo in pratica con determinazione e violenza, certe tecniche (non tutte) sono temibili, anche se il praticante non ha ancora acquisito una grande esperienza.

Ma a questo punto si parla d’Aikido?
Difesa personale sotto forma d’Aikido sarebbe probabilmente un termine più adatto .
Riguardo al pensare prima e poi agire?
Può andar bene se si intende la strategia precedente all’azione. Può anche andar bene se c’è il tempo di considerare le diverse possibilità dominando le proprie emozioni.
Ma quando esiste la padronanza, l’unica modalità davvero efficace è la spontaneità.
Tutta la pratica della nostra arte marziale tende a sviluppare quest’istante, questa scelta non ragionata nella quale solo quanto avrete acquisito in profondità vi condurrà come la migliore delle guide.
In quei precisi momenti, la visione dell’azione è allora molto chiara, come rallentata, la vera potenza si esprime sciolta e leggera, eppure terribilmente pesante al momento cruciale.

A priori, tutte le tecniche d’Aikido si possono applicare a qualsiasi forma d’attacco?

C.T.   A priori sì.
Anche se gli attacchi sono molto convenzionali, questo è un bene, perché resta la forma al di là della varietà dell’attacco.
I colpi dovrebbero rappresentare tutte le direzioni: dall’alto verso il basso (shomenuchi), di lato o di rovescio (yokomenuchi), di fronte (tsuki), etc.
Si può dunque considerare che, dal punto di vista della direzione, non ci siano differenze sostanziali tra un yokomen ben dato ed un gancio classico.
Il problema è piuttosto quello che si vede nella pratica: gli aikidoka non fanno abbastanza attenzione alla qualità dei loro attacchi che sono spesso troppo molli e poco precisi.
Troppo aperti quando le braccia si alzano o al contrario rigidi e poco veloci,  non concentrati sul centro e privi della nozione d’impatto e di distanza.
Questo  aspetto va migliorando, ma un grosso lavoro resta da fare.
Per quanto riguarda gli attacchi di piedi, il numero di tecniche applicabili direttamente sul primo attacco, è abbastanza limitato .
Ma schivare il primo attacco di piedi modificando la distanza e le reazioni dell’avversario può portare a una presa, un colpo di mani o una proiezione che renda dunque possibile tutta una serie di applicazioni.

L’efficacia e la progressione qualitativa delle tecniche sono legate ad una  ricerca estetica? Di fatto esiste un’opposizione tra un Aikido artistico e un Aikido efficace?

C.T.    No, non lo credo, in ogni caso non sono legate ad una ricerca solo estetica. Di certo non si deve praticare un Aikido “manierato”.
Il fatto è che l’Aikido, come qualsiasi arte che utilizza il corpo come supporto, tende all’esecuzione di un gesto puro, sbarazzato d’ogni paura, stizza, irritazione e bloccaggi, sia fisici che psichici. Secondo me non c’è un Aikido efficace ed uno artistico. L’Aikido, se praticato bene, è efficace e per forza bello. Se è efficace senza essere bello, è di certo praticato con la forza ed è dunque limitato nella sua capacità e potenzialità, ancorché nella sua possibilità di progredire. Esprime solo quello che l’aikidoka in questione ha già più o meno acquisito e utilizza per rassicurarsi, niente più.
L’Aikido estetico, ma senza efficacia, sarebbe come mimare.
Somiglierebbe all’arte, ma la forma sarebbe vuota.
Una pratica privata del suo contenuto reale, non potrà portare in se alcuna autenticità e realtà.
E’ vero che con la connivenza di un buon partner può apparentemente funzionare, ma quell’ Aikido non resisterebbe certo in un conflitto, perché il timore ne farebbe apparire tutti i limiti.

Squilibrare l’avversario è fondamentale in aikido, che ne è dell’atemi ad esempio?

C.T.    O Sensei Morihei Ueshiba diceva che l’Aikido da lui fondato consistesse in irimi ed atemi.
Il senso dell’atemi è quindi essenziale per diverse ragioni.
L’atemi permette di materializzare una distanza, di fissare il partner in qualche modo, di fermarlo o di posizionarsi in confronto a lui.
Al di là del colpo, è anche un punto d’appoggio non trascurabile.
L’atemi può anche aiutare a neutralizzare la violenza dell’avversario.
O anche, ancora meglio, dosandolo a seconda dell’azione che si è deciso di realizzare, per immobilizzare con fermezza e senza danni l’avversario.
L’atemi può mostrare delle chiusure nell’azione e per questo non c’è bisogno che ci sia impatto. E’ più importante che l’atemi chiuda e apra degli angoli al momento giusto ed anche alla distanza giusta.
Ma attenzione, non si tratta soltanto di un semplice gesto, deve essere credibile e quindi preciso, intenso e potente.
L’atemi deve sempre essere utilizzato consapevolmente, mai come reazione di paura, d’impotenza o con aggressività. Perché in questi casi, non è più un aikidoka che si esprime, ma una persona qualsiasi.
Di fatto praticato con efficacia, l’atemi deve rappresentare una sanzione potenziale e radicale, lasciando all’aikidoka la scelta della clemenza, ma senza debolezza durante l’azione.

La scioltezza e la forza entrano in contrasto con una pratica esemplare dell’aikido o al contrario in quali casi sono complementari?

C.T. Penso che sia essenziale distinguere tra una persona, naturalmente forte, ma che utilizza la sua potenza senza lavorare con la forza, ed una che fonda la sua pratica “solo” sulla propria forza.
Oltre al fatto che sarebbe inaccettabile per la propria progressione tecnica, la quale sarebbe impedita da questo “tradursi in applicazione della forza”, l’uso di questa forza sarà ovviamente limitato dall’età e col tempo invece di progredire, il praticante si irrigidirà e si contrarrà sempre più, le conseguenze sarebbero evidentemente negative.
Bisogna ricordare che tutto il lavoro sulla precisione della tecnica tende ad ottenere il massimo d’efficacia con il minimo sforzo.
Per quanto riguarda la scioltezza è lo stesso, si deve distinguere fra la scioltezza articolare e quella nell’azione.
Se la tecnica non è precisa, la postura aleatoria e se ci dovesse essere un aggressione inaspettata o della paura, il più sciolto dei praticanti si bloccherebbe subito e proverebbe a compensare con quello che è accessibile immediatamente e cioè un sentimento di rigetto, di rifiuto, un aumento di forza nelle spalle.
Non si può avere un movimento naturale senza scioltezza.
Ma naturale significa che ci sia pratica, dunque economia, quindi precisione. E’ solo in un movimento tecnico, sciolto e senza blocchi fisici e mentali (quindi senza paura) che tutta la forza si esprime per liberare una grande potenza.

Il lavoro sul Ki basta ad aprire la porta dell’Aikido o è necessario un allenamento più fisico?

C.T. Certo il problema del Ki, se si può definire così con esattezza, è il suo scorrere, la sua libera circolazione e il suo scambio esterno – interno in armonia con tutti gli elementi che ci circondano.
E’ possibile allenarsi da solo o con un partner particolarmente compiacente: imparare a piazzare le proprie spalle, la schiena, il bacino, la respirazione, cercare il proprio centro, etc. Ma quando c’è un aggressione fittizia o reale, quando c’è una relazione con l’altro, senza un precedente ed intenso allenamento, senza una vera esperienza, senza calma, come mantenere il piazzamento, le spalle basse, la posizione dell’hara etc.? L’Aikido elaborato da O Sensei e scelto da noi come base di pratica, consapevolmente è un budo, l’attaccante è il pretesto con il quale bisogna trovare una soluzione armoniosa del conflitto, dei Ki, anche se quest’ultimo non lo volesse.

Aikido è un budo, si può considerare solo come un arte di difesa?

C.T. Un budo è un sistema d’educazione marziale, fisico, mentale, umano, che deve sviluppare fino al massimo grado le qualità inerenti all’essere umano sviluppando le costanti dello studio della “via” che bisogna ricordare: la ricerca del gesto puro che porta alla purezza dello spirito, il rispetto, l’attitudine giusta al momento giusto, la spontaneità etc. Ridurre il budo ad una sola arte di difesa, è scordarsi la sua dimensione d’apertura sul mondo e sbagliare epoca e armi. Quando tutte le qualità del budoka sono acquisite, arte di difesa inclusa, egli può andare dritto nel mondo per comunicare, vivere ed amare senza timore per lui e per gli altri.
Chi pratica soltanto un arte di difesa non fa altro che forgiarsi un carapace, che vorrebbe sempre più solido, ma nel quale rischia di isolarsi e di non riuscire più ad uscirne.
Traduzione a cura di Marco Marini

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Keiko Wakabayashi Sensei

A compendio della locandina pubblicata da Pat, ecco una bella intervista rilasciata al TG3 Toscana dalla signora Wakabayashi.

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intervista a O-Sensei

                

"…si controlla il proprio partner, senza volontà di

dominio. È uno stato di perenne vittoria. Non c'è

possibilità di sconfitta. In questo senso non c'è

scontro in Aikido; e se anche tu avessi un avversario,

egli sarebbe solo un compagno da controllare…."

 

A: Quando ero uno studente al college il mio professore di filosofia ci mostrò una foto di un famoso filosofo, ed ora sono colpito dalla somiglianza con Lei.

0- SENSEI: Beh, può darsi che sia entrato anche nel campo della filosofia, dato che la mia parte spirituale è molto più enfatizzata rispetto a quella fisica.

 

B: si dice che l' Aikido sia molto diverso rispetto al Judo ed al Karate.

0- SENSEI: Secondo me si può dire che essa sia l'arte marziale definitive. Questo perché si basa su una verità universale. Quest' universo si compone di molte parti differenti che nonostante ciò sono tenute insieme, come una grande famiglia; questa è una rappresentazione di pace ad altissimo livello. Abbracciando il punto di vista dell' universo, l' Aikido non può essere altro che un' arte marziale d' amore. Non può essere un' arte di violenza. Per questa ragione potrebbe essere definita come un' ulteriore manifestazione del Creatore.

 

L 'Aikido, infatti è immenso. l suoi piani di allenamento sono la Terra ed il Cielo. Le attitudini mentali dei praticanti devono essere di pace e di totale non violenza. È questa la giusta mentalità delle arti marziali giapponesi: la violenza è generata da una mente alterata. Il nostro dovere è quello di trasformare il mondo in un paradiso terrestre. Attività come la guerra sono fuori posto.

 

A: Ciò è sostanzialmente differente dalle scuole tradizionali.

0- SENSEI: Sicuramente è molto diverso. Se ci guardiamo alle spalle possiamo accorgerci di quanto si sia abusato delle arti marziali. Durante il periodo degli stati combattenti, per esempio, i ricchi signori utilizzavano le arti marziali per scopi personali e per soddisfare i propri interessi. Ciò penso che sia totalmente in appropriato. Un tempo pensavo che le arti marziali servissero a sconfiggere i soldati nemici in guerra; per questo, quando la guerra finì, rimasi molto sconcertato. Questo mi spinse a cercare, nei sette anni successivi, il vero spirito del Sudo, e fu allora che mi venne in mente di costruire un paradiso sulla terra. La ragione di questa soluzione sta nel fatto che i cieli e la terra hanno raggiunto una relativa stabilità nella loro evoluzione, mentre gli esseri umani sembrano essere in un perenne stato confusionale.Prima di tutto dobbiamo combattere questa situazione. La realizzazione di questa missione è un passo avanti per l' intera umanità. Quando arrivai a questa conclusione, realizzai che la vera natura dell' Aikido è la pace e l'armonia assoluta. L 'Aikido nasce in accordo ai principi dell'universo, perciò è un audo di assoluta vittoria.

 

B: Vorrebbe parlarci dei principi dell' Aikido? La gente pensa che sia qualcosa di mistico come il ninjutsu, e dice che Lei sia in grado di sollevare oggetti pesantissimi con una sorta di arcano potere.

0- SENSEI: In apparenza potrebbe sembrare qualcosa di mistico, ma non è così. In Aikido noi utilizziamo unicamente la forza del nostro avversario, sicchè più forza lui usa più è facile per noi.

 

B: In questo senso c'è Aiki anche nel Judo,in cui bisogna sincronizzare se stessi con il ritmo del partner. Se lui tira, tu spingi e se lui spinge tu tiri. Movendoti secondo questo principio gli fai perdere il suo equilibrio e quindi applichi la tua tecnica.

O-SENSEI: In Aikido non esiste assolutamente primo attacco. Attaccare vuol dire essere già stati sconfitti nello spirito. In accordo col principio di non resistenza, non ci opponiamo all' attaccante. Quindi, si potrebbe dire che in Aikido non esiste avversario. La vittoria per noi è "Masagatzu Agatzu"; cioè quando vinci sopra ogni cosa, in accordo con la missione divina, allora possiedi la FORZA ASSOLUTA.

B: Si sta riferendo, per caso al "sen no sen", l'iniziativa sull'attacco?

O-SENSEI : Assolutamente no. Se volessi provare ad esprimerlo a parole dovrei dire che si controlla il proprio partner, senza volontà di dominio. È uno stato di perenne vittoria. Non c'è occasione di sconfitta. In questo senso non c'è scontro in Aikido; e se anche tu avessi un avversario, egli sarebbe solo un compagno da controllare.

 

B: Quante tecniche esistono in Aikido?

0- SENSEI: Ci sono circa 3000 tecniche di base, ed ognuna di esse ha 16 variazioni, così ce ne sono svariate migliaia. A seconda della situazione puoi crearne tu stesso di nuove.

 

A: Quando ha iniziato lo studio delle arti marziali?

0- SENSEI: A 14 -15 anni circa. Ho imparato, in ordine, il Ju Jutsu delle seguenti scuole: Tenshinyo, Kito, Yagyu, Aioi, e Shinkage. Ma comunque non ero soddisfatto e cercai ancora il vero budo. Praticai Sojutsu e Kendo. Ma anche queste, concentrate sul combattimento uno contro uno, non riuscirono a soddisfarmi. Cosi girai tutto il Paese, allenandomi e cercando la Via, ma invano.

 

A: Si potrebbe dire che fu il periodo di allenamento ascetico del guerriero?

0- SENSEI: Si, la ricerca del vero Budo. Quando ero solito andare alle altre scuole, non sfidavo mai i loro maestri. Chi peregrina tra i dojo è troppo stanco per dimostrare la sua vera abilità. Per cui pagavo loro il regolare onorario e cercavo di imparare qualcosa. Se, infine, ero io ad essere superiore, riprendevo i miei soldi e tornavo a casa.

 

B: E quando l'Aikido ha iniziato a prendere forma?

0- SENSEI: Come ho detto prima, viaggiai per molti posti alla ricerca del vero Budo. Poi intorno ai 30 anni, giunsi ad Hokkaido. In quell'occasione, mentre mi trovavo nella provincia di Kitami, incontrai un certo TAKEDA SOKAKU, maestro del clan di Aizu. Egli insegnava il Jujitsu della Daito-ryu. Durante il mese che studiai con lui ebbi una sorta di inspirazione. Più tardi lo invitai a casa mia, ed insieme con altre 15 o 16 persone divenni uno studente dell' essenza del budo.

 

B: Quindi scoprì l'Aikido studiando jujitsu con Takeda?

O-SENSEI: No. Sarebbe molto più accurato dire che il maestro Takeda aprì i miei occhi al Budo.

 

A: Ma allora in quale particolare circostanza nacque l' Aikido?

O-SENSEI: Successe questo. Mio padre si ammalò gravemente nel 1918. io fui costretto a lasciare Takeda e fare ritorno a casa. lungo la via sentii dire che se avessi pregato ad Ayabe, in provincia di Kioto, ogni desiderio mi sarebbe stato esaudito. Quindi mi recai lì ed incontrai Onisaburo Deguchi. Quando, però, tornai a casa, appresi che mio padre era morto comunque. Avendo incontrato Deguchi solo una volta, decisi di tornare ad Ayabe con tutta la mia famiglia e vi rimasi fino a11925, all' età di 40 anni. Un giorno, dopo aver combattuto contro un maestro di kendo, mi stavo rinfrescando in giardino. All'improvviso una cascata di luce dorata scese dal cielo e mi avviluppò .D'un tratto il mio corpo crebbe a dismisura, fino a toccare i confini dell' intero universo. Illuminato da quest' esperienza, realizzai che non bisogna concentrarsi sulla vittoria: il cuore del Budo è l'amore. Questo è l' Aikido.

 

B:Quindi nel Budo non è fondamentale essere forti. Sin dai tempi antichi viene insegnata la comunanza tra lo Zen e la spada. Similmente l'essenza del Budo non può essere compresa senza svuotare prima la propria mente. In questo stato, nulla, sia giusto che sbagliato, ha più valore..

O-SENSEI: Come ho detto prima, l' essenza del Budo è la via di Masagatzu Agatzu.

 

B: Ho sentito una storia che la vedeva coinvolta in un combattimento con 150 operai..

O-SENSEI: lo? Per quello che mi ricordo il maestro Deguchi giunse in Mongolia nel '24 per coronare il suo sogno di creare una grande comunità asiatica in accordo con la linea politica nazionale. lo lo accompagnai per sua richiesta finché non venni chiamato alle armi. Insieme attraversammo la Mongolia e la Manciuria. Durante il viaggio ci imbattemmo in un gruppo di banditi delle montagne, che cominciarono a spararci contro pesantemente.io risposi al loro fuoco sorridendo e poi mi lanciai in mezzo a loro attaccandoli con fierezza e disperdendoli.

 

A: Restò per molto tempo in Manciuria?

O-SENSEI: Prima dell' incidente sono stato in Manciuria molto spesso.Ero supervisore per le arti marziali per l'organizzazione di Shimbuden come per la Kenkoku University in Mongolia. Per questa ragione ero ben accetto lì.

 

B: Hino Ashisei scrisse una storia chiamata "Oja no Za" in cui racconta la vita di Tenryu Saburo, eroe del mondo del sumo, e del suo incontro con un maestro di Aikido e la riscoperta del suo vero spirito. Per caso questa storia la riguarda?

O-SENSEI: Si.

 

B: Che genere di rapporto ebbe con Tenryu ?

O-SENSEI: Lui stette a casa mia per circa tre mesi.

 

B: Questo accadde in Manciuria?

O-SENSEI: Si ci incontrammo in occasione del torneo in onore del10° anniversario del governo in Manciuria. C'era quest'uomo gigantesco alla festa ed un mucchio di gente intorno a lui che faceva commenti sulla sua incredibile forza. Domandai allora chi fosse e mi fu spiegato che si trattava di Tenryu, famoso lottatore di Sumo. Mi presentai a lui ed alla fine decidemmo di confrontare le nostre capacità l'uno contro l'altro.Dunque mi sedetti e dissi a Tenryu:" Spingimi, prova a rovesciarmi all'indietro. Spingi più folte che puoi, non trattenere la tua forza. " Forte dei segreti dell'Aikido, sapevo che non avrebbe potuto muovermi di un millimetro. Comunque Tenryu sembrò stupirsi di ciò e divenne uno studente di Aikido. Era un brav'uomo.

 

A: Sensei, lei ha anche avuto rappolti con la marina?

O-SENSEI: Si, per lungo tempo. Cominciata nel 1928, la mia collaborazione con l'accademia navale come insegnante part-time, durò per circa 10 anni.

 

B: Allora insegnò anche ai soldati durante quel periodo!

O-SENSEI: a eh, in più di un'occasione ho insegnato ai militari; cominciai con l'Accademia navale, ma nel '33 tenni delle lezioni anche per la Scuola Militare di Toyama.Poi nel 1942 insegnai Aikido anche alla scuola di polizia. In un'altra occasione, su invito del generale Maeda, tenni una dimostrazione per l'esercito.

   

A: Insegnando a dei soldati sarà certamente stato coinvolto in qualche episodio divertente.

O-SENSEI: Si, una volta fui persino vittima di un agguato.

 

B: Forse perchè la consideravano un insegnante troppo severo?

O-SENSEI: No, non per quello. Credo che loro volessero provare le mie capacità. Fu nel periodo in cui insegnavo all' Accademia di Polizia.una sera mentre camminavo nella sala di addestramento, percepii che c'era qualcosa di strano. Qualcosa si mosse sopra di me. All' improvviso, da tutte le direzioni,saltarono fuori da alcuni cespugli ed avvallamenti, un gruppo di soldati e mi circondarono. Cominciarono quindi ad attaccarmi armati di spade e bastoni di legno. Siccome sono avvezzo a questo genere di cose, non mi preoccupai più di tanto. Non appena provavano a colpirmi, mi spostavo semplicemente da una patte e dall' altra ed intanto mi accorgevo che stavano perdendo fiducia in se stessi. Alla fine caddero esausti. La vita non manca di riservare sorprese. L 'altro giorno, dopo una conferenza un tipo ha riconosciuto la mia faccia e mi è corso incontro salutandomi. Dopo aver parlato qualche minuto, capii che si trattava di uno degli uomini che mi avevano attaccato quel giorno di tanti anni fa. Con aria imbarazzata mi ha detto:" Sono molto spiacente per quell'incidente. Quel giorno stavamo discutendo sulla reale efficacia del nostro insegnante di Aikido. Un gruppo di noi dalle teste calde decise di metterlo alla prova. Ci nascondemmo in 30, circa. E rimanemmo totalmente sconcertati che trenta uomini addestrati alla guerra non avevano potuto nulla di fronte alla vostra forza. "

 

C: Ci furono anche episodi riguardo alla scuola di Toyama?

O-SENSEI: Prove di forza? Una volta, mi pare prima dell' incidente alla scuola di polizia. Un gruppo di capitani, istruttori alla scuola di Toyama ,mi invitò a provare la mia forza contro di loro. Loro tutti si vantavano delle proprie capacità con frasi del tipo" Sono in grado di alzare tot peso" oppure"Posso spaccare tegole di tot diametro", sicché dissi loro " lo non ho questo genere di forza, però posso abbattere gente come voi solo con il mignolo. Ma siccome mi dispiace farvi del male, facciamo così". Stesi il mio braccio destro e poggiai l'indice sopra una scrivania, quindi li invitai a salire sul mio braccio coricandosi sulla pancia. Uno dopo l'altro, increduli, cominciarono ad ammucchiarsi sul mio braccio. Quando tutti e sei furono saliti, chiesi all'uomo vicino a me un bicchiere d'acqua. Mentre stavo bevendo con la mano sinistra, il gruppo di uomini sul mio braccio destro tacque sbalordito.

 

  B: A parte l' Aikido, lei deve avere una forza fisica sovrumana!

 

O-SENSEI: Non proprio.

KISSHOMARU: Sicuramente egli è molto forte, ma bisognerebbe parlare di potenza del Ki, piuttosto che di forza fisica. Qualche tempo fa, mentre costruivamo un nuovo dojo, vedemmo sette o otto operai che provavano invano a sradicare un alberello. Mio padre li guardò per un po' e poi chiese loro di spostarsi in modo da poter provare lui stesso. Egli lo tirò su in un attimo, con una mano sola e lo scaraventò via. Sarebbe inconcepibile fare cose di questo genere con la mera forza fisica. Un' altra volta ci fu un incidente riguardo un certo Mihamahiro.

 

B: State parlando dello stesso Mihamahiro dell'Associazione Nazionale di Sumo?

O-SENSEI: Si. Quando io mi trovavo a Shingu, nella prefettura di Wakayama, Mihamahiro stava ottenendo ottimi risultati nella classifica dei sumotori. Aveva una forza incredibile, e riusciva a sollevare tre tronchi, dal peso di svariate tonnellate. Quando seppi che Mihamahiro si trovava in città, lo invitai a venirmi a trovare. Mentre stavamo chiacchierando, lui disse "Maestro, io ho sentito dire di lei che possiede una forza inimmaginabile. Perché non confrontare le nostre capacità?"  D'accordo" risposi" ma io userò solo il mio indice. " Iniziammo. Mihamahiro provò a sollevarmi e nonostante fosse in grado di spostare masse enormi, non riuscì a smuovermi di un millimetro. Dopo un po', ritorsi la sua stessa forza contro di lui, ed egli si trovò a volare per aria. Si rese conto che l'avevo toccato solo con l'indice, e con l'indice lo tenevo immobilizzato. Sembravamo un adulto che gioca con un bambino. Vedendolo incredulo, lo invitai a riprovare.Seduto per terra, gli offrii di cercare di rovesciarmi spingendomi per la testa, ma egli non ci riusciva. Sollevai allora le mie gambe dal suolo, restando in bilico, ma neanche così potè smuovermi. Sconvolto, cominciò a studiare l' Aikido.

 

A: Quando dice di atterrare una persona con un dito, lei preme un suo punto vitale?

O-SENSEI: Disegno un cerchio intorno a loro. La loro forza è contenuta all' interno di questo cerchio. Non importa quanto sia forte, un uomo non può estendere la sua forza altre questo cerchio. Diviene di colpo debole. Dunque è possibile atterrarlo con un dito mentre si trova in questa fase. È possibile perché LUI diventa debole.

 

A: Anche sua moglie proviene dalla prefettura di Wakayama?

O-SENSEI: Si, lei proviene dalla famiglia Takeda di Wakayama.

 

A: La famiglia Takeda è strettamente associata alle arti marziali.

O-SENSEI: Senza dubbio. La mia famiglia ha servito l' Imperatore per molte generazioni. l miei antenati, infatti, rinunciarono alle loro proprietà ed ai loro averi per dedicarsi completamente alla Famiglia Imperiale..

 

B: Siccome lei, maestro, è stato in giro per molti anni nel periodo in cui era giovane, quella di sua moglie non deve essere stata una vita molto semplice.

O-SENSEI: Per la verità, neanche ora riesco a trascorrere molto tempo a casa, per via dei continui impegni.

KISSHOMARU: Mio padre, da sempre, è particolarmente interessato alla pratica ascetica delle arti marziali. Inoltre, un' altra sua caratteristica, è il suo totale disinteressamento verso il denaro. In un'occasione si verificò un incidente di questo genere. Quando mio padre partì per Tokyo, nel 1926, si avviò da solo e poi nel 1927, lo raggiungemmo noialtri da Tanabe. Con l'aiuto del figlio del Generale Yamamoto, mr. Kiyoshi, prendemmo in affitto una casa a Sarumachi. In quell' epoca mio padre possedeva una larga fetta di terreno attorno a Tanabe, che comprendeva zone coltivabili ed incoltivabili. In ogni caso, ne ricavava ben poco e, dunque aveva bisogno di un prestito. Ma a dispetto di ciò, egli si rifiutava di vendere alcunché.ma non solo: quando i suoi allievi gli portarono l' offerta mensile, egli disse di non aver bisogno di questo genere di cose, che non avrebbe mai accettato dei soldi direttamente, e che preferiva che li donassero alle divinità, cosicché,il giorno in cui avrebbe avuto bisogno di soldi, avrebbe pregato gli dei, in modo da ricevere da loro il necessario. Non ha mai accettato del denaro per insegnare il Budo. Il dojo in quel periodo, era la sala da biliardo della famiglia Shimazu, e qui si riunivano per praticare anche molti ufficiali militari e persone aristocratiche. In quel periodo chiamavamo la nostra arte Ueshiba Juku Aikijitsu.

 

B: A che età è possibile iniziare a praticare?

KISSHOMARU: Si può iniziare verso i 7 anni, ma bisogna aspettare i 15 per praticare seriamente. Fisicamente parlando, il corpo comincia ad irrobustirsi e le ossa a fortificarsi proprio a quell' età. Siccome, inoltre, l'Aikido contiene molti aspetti spirituali, bisogna aspettare quell'età per acquisire una propria prospettiva del mondo e quindi della natura del Budo. Dunque, in ultima analisi, direi che 15- 16 anni sia una giusta età per iniziare la pratica.

 

B: Paragonato al Judo, ci sono ben poche occasioni in cui potersi afferrare, in Aikido quindi puoi confrontarti contemporaneamente con più di un avversario, il che è l'ideale nel Budo. Riguardo a ciò, ci sono molti teppisti che vengono per imparare l'Aikido?

KISSHOMARU: a eh, certo, a volte capitano anche individui del genere. Ma quando persone di questo tipo studiano l'Aikido con l'intenzione di usarlo come arma per battersi, non durano per molto tempo. Praticare arti marziali non è come ballare o guardare un film. Sole o pioggia, bisogna praticare comunque quotidianamente se si vuol progredire. In particolar modo l'Aikido che potrebbe essere definita una pratica spirituale che si serve delle forme del Budo. È troppo profondo per essere coltivato da coloro che vogliono utilizzarlo per fare a botte. In ogni caso, individui particolarmente inclini alla violenza, smettono di esserlo dopo aver imparato l'Aikido.

 

B: Capisco… attraverso un allenamento costante riescono a correggere i loro

atteggiamenti violenti.

O-SENSEI: L 'Aikido non è un' arte marziale di violenza ma piuttosto un'arte d'amore, in cui la violenza non trova posto. Anzi bisogna guidare gentilmente gli assalti violenti dei propri avversari. Non si può rimanere teppisti troppo a lungo..

 

B: L 'idea, dunque non è quella di opporre violenza alla violenza, bensì quella di trasformare la violenza in amore.

A: Cosa insegnate ad un principiante come fondamentali in Aikido? Nel Judo, per esempio, per prima cosa si impara a cadere…

KISSHOMARU: Prima di tutto l movimenti del corpo(tai sabaki), poi il flusso del ki.

 

A: Cosa s'intende per"flusso del ki"?

KISSHOMARU: In Aikido, noi proviamo costantemente a controllare l'energia del nostro partner, attraverso il controllo della nostra stessa energia, guidando il  compagno nel nostro proprio movimento. Dopo ci alleniamo a ruotare il nostro corpo. Non basta spostare il corpo, bisogna muovere le braccia e le gambe insieme, in modo che tutto il corpo sia unificato e possa muoversi armoniosamente.

 

B: Guardando praticare Aikido, gli allievi sembrano cadere naturalmente. Che genere di allenamento fate per le cadute?

KISSHOMARU: A differenza del Judo, dove ci si afferra col proprio partner, in Aikido si mantiene sempre una certa distanza. Di conseguenza, è possibile applicare un più libero stile di caduta. Invece di cadere con un tonfo, come in Judo, noi utilizziamo una caduta circolare, una forma di caduta molto più naturale. Dunque pratichiamo questi quattro fondamentali diligentemente.

 

B:Quindi voi praticate tai-sabaki, ki no nagare, tenkan, ed ukemi e poi cominciate lo studio delle tecniche. Che tipo di tecniche s'insegnano all' inizio?

KISSHOMARU: SHIHONAGE, una tecnica in cui si può lanciare un avversario in più direzioni. Replica i movimenti di base del ken. Ovviamente, pratichiamo anche spada. Come detto precedentemente, in Aikido, I'awersario diviene parte del nostro movimento. In questo modo riesco a spostarlo a piacere. Allo stesso modo, quando mi alleno con un bastone o una spada, faccio si che diventino parte di me stesso, come se fosse un braccio o una gamba. Per cui qualsiasi arma nelle mani di un aikidoka cessa di essere un semplice oggetto. Diventa un' estensione del suo stesso corpo. La successiva è IRIMINAGE. In questa tecnica si entra con tutto il corpo sull'avversario non appena prova a colpirci. In questo breve attimo è possibile sferrare anche 2 o 3 atemi. Per esempio, se il nostro avversario ci attacca dal lato con un pugno, sfruttando la sua energia, apriamo il nostro corpo in guidandolo in una rotazione che segue la direzione del suo attacco. Quindi solleviamo il nostro braccio disegnando un cerchio sopra la sua testa proiettandolo al suolo. Anche questo è il flusso del ki. Ci sono varie e complesse teorie circa questo punto. L' uke resta completamente senza forze o, piuttosto, tutta la sua forza viene diretta dove noi desideriamo proiettarlo. Dunque maggiore è la forza del nostro compagno e più è facile per noi. Ma d'altra parte, se nelle nostre tecniche ci si scontrasse con qualcuno opponendo la nostra energia alla sua, non sarebbe possibile sconfiggere un avversario più forte di noi.

O-SENSEI: Infatti in Aikido non si va mai contro l'energia del nostro attaccante. Quando egli ci attacca con un pugno o tagliando verticalmente come con una spada, disegna essenzialmente un punto o una linea. Tutto ciò che devi fare è scansarti da essi.

KISSHOMARU: Poi insegniamo le tecniche di immobilizzazione, shomenuchi IKKYO, NIKKYO e così via.

 

B: L 'Aikido contiene parecchi elementi spirituali. Quanto tempo occorre ad un principiante per acquisire una conoscenza delle basi?

KISSHOMARU: Siccome ci sono persone più o meno coordinate, non posso fare una stima generale. Però dopo circa tre mesi di pratica assidua, un principiante comincia a farsi un' idea di cosa l' Aikido sia. Una volta raggiunti i sei mesi di pratica  difficilmente si lascia. Coloro che hanno solo un interesse superficiale si ritirano prima dei tre mesi.

 

B: Mi è parso di capire che il 28 di questo mese ci saranno gli esami per shodan. Quante cinture nere ci sono attualmente?

KISSHOMARU: Il grado più alto conferito al momento è l'ottavo dan, sono in quattro ad averlo raggiunto. Ci sono poi sei praticanti col settimo dan, e numerosi primi dan,considerando tutti coloro che hanno cominciato da dopo la guerra.

 

B:Quindi c'è un alto numero di persone che praticano l' Aikido in tutto il paese.

KISSHOMARU: Il maestro Tohei ha visitato le Hawaii e gli stati uniti per promuovere l'Aikido. Nelle Hawaii ci sono circa 1200 praticanti, che equivalgono a circa 80000 praticanti a Tokyo. C'è anche un piccolo numero di cinture nere in Francia. C'è stato un francese che voleva provare il vero spirito dell' Aikido dopo aver studiato il Judo. Non essendo soddisfatto della pratica in Francia ha pensato di cercarlo nel luogo in cui l'Aikido è nato, ed è venuto in Giappone. Anche l'ambasciatore di Panama pratica l'Aikido, ma pare che il clima del Giappone sia troppo freddo per lui e così non pratica d'inverno. C'è pure una ragazza, Onada Haru, che si è allenata con noi per diversi anni.Poi è patita per l'ltalia per diventare un 'artista. Qualche giorno fa, ho ricevuto una sua lettera da Roma, in cui dice di essere molto felice perchè ha incontrato un italiano che pratica l'Aikido con cui può allenarsi.

 

A: Cosa possiamo dire circa l'interpretazione delle tecniche di Aikido?

O-SENSEI: l punti essenziali sono Masakatzu, Agatzu, e Katzuhayai. Come ho detto prima, "Masakatzu" significa "corretta vittoria" , "Agatzu" vuoi dire "essere in accordo con la tua missione sulla terra", "Katzuhayai" indica " lo stato mentale di assoluta vittoria"

 

B: Il Cammino dell' Aikido sembra molto lungo, non è vero?

O-SENSEI: Il Cammino dell' Aiki è infinito. Oggi io ho 76 anni, ma continuo ancora nella mia ricerca. Non è un semplice obbiettivo insegnare il Cammino nel Budo come in qualunque arte. In Aikido bisogna comprendere ogni fenomeno dell'universo. È un allenamento che dura tutta la vita.

 

B: Dunque nell'Aikido si imparano parallelamente gli insegnamenti marziali e quelli divini. Ma cos'è in sintesi lo spirito dell'Aikido?

O-SENSEI: L 'Aikido è amore (AI). Bisogna colmare il proprio cuore con il grande amore dell' universo e quindi abbracciare la propria missione di protezione ed amore verso tutte le cose. Accettare questa missione è il vero budo. Significa vincere al di sopra di se stessi ed eliminare l'idea del nemico dal nostro cuore. È una via di perfezione individuale in cui non c'è posto per la violenza. Le tecniche dell' Aiki sono un allenamento spirituale attraverso una via in cui si ricerca l'unione del corpo e della mente, in accordo coi principi dell' universo.

 

B: Quindi 'obiettivo dell'Aikido è la pace nel mondo.

O-SENSEI: L 'obiettivo finale dell' Aikido è la creazione di un Paradiso sulLa Terra, in modo che tutto il mondo possa essere in armonia. Allora non avremo bisogno di energia atomica e di bombe ad idrogeno. Potrebbe essere un mondo meraviglioso.

 


 

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Takemusu aiki

Takemusu Aiki – Discorsi di Morihei Ueshiba

Questa è una parte di una serie di discorsi di Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido. Questi discorsi sono stati trascritti e redatti da Hideo Takahashi del Byakko Shinkokai (vedi intervista in AJ115) e originariamente pubblicati come Takemusu Aiki nel 1976. L’importanza di questi discorsi come una fonte primaria di materiale affidabile sulla visione spirituale di Morihei Ueshiba non sarà mai abbastanza sottolineata.

 

Aikido è la via del principio dell’eterno, immutabile sistema dell’Universo

 

(1)

Aikido è la via del principio dell’eterno, immutabile sistema dell’Universo. La Grande Vacuità venne creata prima della nascita della voce Universale “SU”, l’Unica Fonte Originaria, il nostro Dio padre. La vita è la storia degli atti di Dio da allora, fin dall’antica epoca delle divinità del nostro paese, e la pratica dell’aikido ha origine da questa storia. Il mio aikido è una Via per svolgere pratiche ascetiche guidate dalla Divina Provvidenza, che esprime il significato della Spada Divina (matsurugi) ed è una manifestazione della spada stessa. Io lo considero la vera arte marziale (bujutsu). Le opere dell’Universo sono chiamate “takemusu aiki”, sono nate dall’Unica Fonte Originaria, e unificano l’acqua e il fuoco, ovvero il Respiro del Cielo e il Respiro della Terra, allo scopo di produrre un respiro unificato.

Vorrei spiegare cosa significa questo. Quando il corpo e l’anima che ho ricevuto in dono interagiscono fra di loro come un’unione inseparabile attraverso le opere di “SU” e “U”, io produco i suoni “A, O, U, E, I” dal basso del mio ventre lasciandoli fuoriuscire dalla mia bocca fisica. Questa forma è esattamente la stessa della manifestazione delle attività di attrito prodotte dai movimenti di acqua e fuoco, ovvero dall’interazione delle due divinità Takami Musubi e Kami Musubi (vedi Takemusu Aiki in AJ116), quando essi danzano mentre si muovono in una spirale ascendente a destra e discendente a sinistra).

Se lucidiamo e perfezioniamo il kotodama, lo spirito donato a ciascuno di noi che costituisce la sua vera natura, ci saranno donate tutte le spiegazioni per comprendere la combinazione di tutte le cose e la saggezza per comprendere la vera condizione della Grande Creazione di questo mondo. Inoltre, ci verrà anche dato l’onore di usare le “Sfere di Michihiru” (Michihiru no Tama)1 secondo il Kojiki (l’antica cronaca giapponese), un tesoro della nostra nazione, consultando Dio con i bastoncini divini (Ame Tsukuri no Kannagi) di Cielo, Fuoco, Acqua e Terra, facendo abbondanti offerte per espiare i nostri peccati a Oki a Chikura2 e dedicando noi stessi a Dio.

Queste Sfere di Michihiru sono donate a ciascuno di noi affinché compiamo le nostre missioni e le nostre opere. Inoltre noi, esseri umani, preserviamo le nostre vite grazie a queste Sfere di Michihiru.

Aikido è una vera arte marziale e si manifesta in tutte le arti marziali che sono arrivate nel mondo fino ad oggi, e nelle opere dell’Universo, vale a dire, il nucleo della Fonte Originale dell’aikido. Esso è saldamente radicato e si esprime specialmente nelle azioni delle due divinità, Izanagi no Mikoto e Izanami no Mikoto (vedi AJ116), quando essi hanno dato vita alle isole e alle divinità, cioè la cospicua opera dell’interazione tra fuoco e acqua. In altre parole, l’interazione tra fuoco e acqua è l’opera di Ame no Minaka Nushi (vedi AJ116) ed è una manifestazione della Volontà Divina. Pertanto, l’Unica Fonte Originaria ha dato la vita alle Due Fonti Originarie. Le opere di ciascuna Fonte sono un’espressione della Volontà Divina e una manifestazione della complessa e sottile interazione tra Cielo e Terra, vale a dire, la Vita dell’Universo, il Respiro del Cielo e della Terra. Non esiste una cosa che non sia una manifestazione della Volontà Divina, non importa che forma abbia il suo corpo o quanto piccola essa sia. Ogni cosa è la Vita dell’Universo.

Ho cantato questo per celebrare l’aikido nella sua forma moderna, perfezionata: Questa meravigliosa apparizione Di Terra e Cielo Ogni Cosa è Una Famiglia Creata dal Signore

Tutte le benedizioni di questo Grande Universo si manifestano, senza eccezione, in tutte le divinità e in tutti i Buddha, in tutta la natura, negli animali, gli uccelli, i pesci e perfino gli insetti. Aikido significa ricevere tutte le benedizioni dentro di noi e svolgere i nostri compiti come esseri umani. Riguardo alle religioni, io credo che ogni religione dovrebbe diventare un ubuya (case per la nascita dei bambini, vedi Takemusu Aiki in AJ116) per impartire questo stesso insegnamento. Dovete assimilare tutte queste benedizioni nel respiro del Cielo e della Terra anche quando eseguite solo un movimento con la spada. Pertanto, quando svolgete il vostro compito come esseri umani, formate un cerchio mentre espirate pronunciando una preghiera, e un quadrato mentre inspirate. Allora, lasciate che il meraviglioso spirito dell’Universo circoli attraverso il vostro intero corpo e purifichi i vostri sei sensi (rokkon, vedi AJ116) consentendo loro di operare. La forma circolare di espirazione è la forma dell’acqua, e quella quadrata è quella del fuoco. Il cerchio significa il respiro del cielo, e il quadrato significa quello della terra. Pertanto, diamo vita alle tecniche combinando il Respiro del Cielo con quello della Terra per mezzo del ki del Cielo. Questo è quello che dobbiamo fare e io so, inoltre, che tutte le divinità ci proteggeranno totalmente lungo la Via. Dobbiamo diventare consapevoli di questo e realizzarlo sulla Via mostrataci da Goi Sensei. Questo è il mio compito. Io devo compiere la mia missione senza dimenticare i benefici che mi vengono dalle divinità.

In una riunione di preghiera, dobbiamo assimilare la virtù della nostra vera fede nel Respiro del Cielo e della Terra in modo da poter unire e armonizzare questo mondo sotto la protezione di tutte le divinità e di tutti i Buddha. La preghiera è luce e anche calore. La vostra preghiera deve seguire la Via delle opere del Cielo e della Terra mentre si unisce con tutte le divinità e tutti i Buddha. Possiamo chiarire questo solo se ci riferiamo alle voci dell’aiki “SU” e “U”. la Terra non può funzionare senza interagire con il respiro del Cielo, e l’interazione del respiro del Cielo e della Terra dà la vita a tutte le cose. Riempiamo noi stessi con lo Spirito Divino e diamo intellettualmente la nascita alle arti marziali attraverso il respiro del kotodama (spirito).

Il Respiro del Cielo è il respiro del sole e della luna, e le tecniche dell’arte marziale nascono quando il Respiro del Cielo e della Terra sono uniti. Il Respiro della Terra è la marea. La marea respira attraverso l’interazione del Respiro del Cielo e della Terra. La Terra respira secondo il Respiro della Terra.

La nascita di un essere umano segue anch’essa lo stesso principio. Un essere umano nasce nel momento subito dopo la marea, quando questa comincia a ritirarsi. Tuttavia è meglio che io non parli del corpo umano, poiché Io posso assorbire ogni cosa in un movimento della mia spada.

In una precedente occasione ho detto “Attraverso l’Unione con Dio produciamo tecniche che mutano continuamente in varie forme”. Questo significa che possiamo manifestare scientificamente il ki della vacuità e il ki del vuoto nelle tecniche mentre combiniamo tra loro e introduciamo queste energie nella natura e nelle tecniche umane. Pertanto, dobbiamo produrre le tecniche rispettando il Futomani del Kojiki3, vale a dire, gli insegnamenti lasciatici in eredità dalle antiche divinità tra Amaterasu Oomikami4 e Jimmu Tenno5. Il Futomani del Kojiki è una storia dall’età delle divinità e una linea vitale per la costruzione della Nazione Universale. Esso è la Costituzione del nostro paese.

Come essere umano, ognuno deve svolgere incessantemente pratiche ascetiche in solitudine, in accordo con la missione assegnataci. In altre parole, se studiamo a fondo la nostra divinità protettrice principale e anche il nostro corpo e la nostra mente cominceremo a comprendere il lavoro che dobbiamo svolgere nella nostra vita quotidiana. Allo stesso tempo, dal punto di vista della preghiera, io stesso rispetto Goi Sensei e la Via che egli ci mostra. Anche se io non rimango costantemente in questa condizione quando io, ogni mattina e ogni sera, prego e ringrazio gli spiriti divini del Cielo e della Terra per la loro grande autorità divengo talmente chiaro e sereno nell’intermo mio corpo, come se fossi uno specchio, che non potrei esprimere una tale purezza con le parole. Tutti gli attaccamenti svaniscono e io attendo nel respiro del nostro Padre Originario che emana luce su tutte le cose nell’Universo.

Ritengo che la gioia suprema consista nell’essere in grado di restare in questo stato e continuare senza interruzione a lodare le virtù dell’universo.

(2)

Quando offrite una preghiera sincera, non vi è ego in essa. Tutti gli attaccamenti svaniscono e sono trasformati in luce. Io posso comprendere i santi dell’antichità quando affermano che vi sono tali e tante divinità. Percepisco anche che io, come mi sembra, resto nella Sacra Luce del Grande Universo. Credo che qui sta il motivo per cui le parole dei santi del passato vengano comprese erroneamente. Non dovrei parlarne con leggerezza. Anche se sono in grado di restare in una tale condizione, non pretendo che altri raggiungano lo stesso stato con un singolo sforzo, né mi considero particolarmente superiore ad altri. Io credo solo che sarò capace di farmi umile davanti alle persone e di dedicare loro il mio lavoro come un servitore, perché ora sono divenuto capace di restare in questo stato. La preghiera è realmente il fondamento ed il “Grande Ponte”. Il Grande Ponte si riferisce a Ame no Ukihashi (vedi AJ116). Ame no Ukihashi è la manifestazione dell’intersecarsi di fuoco e acqua. Qui risiede il divino messaggio che il mondo verrà purificato verticalmente e orizzontalmente e verrà governato.

C’è un proverbio che dice “I boccioli dei pruni sbocceranno tutti insieme in tutti i regni dei Tremila Mondi” (Sanzen Sekai).6 Tuttavia, questo non ha solo un significato religioso. Anche in aikido, questo messaggio divino che i boccioli dei pruni sbocceranno tutti insieme in tutti i regni dei Tremila Mondi è la Via della vita che ci è stata donata. Questo insegnamento significa che questo mondo comincia ad essere la manifestazione del potere spirituale cominciato con l’apparizione di Ame no Ukihashi. In aikido, questo è Nenpi Kannon Riki.7 Naturalmente senza un corpo fisico, ovvero haku, i nostri spiriti non possono stabilirsi, né noi possiamo svolgere i nostri compiti come esseri umani. Dobbiamo rivelare questa condotta dello spirito (Tamashii no O).8

Il corpo fisico che ci viene donato è un organo di creazione e, allo stesso tempo, è un luogo dove svolgere i servizi divini. Esso è anche una casa o un organo dove noi coltiviamo la nostra condotta dello spirito. Inoltre, il corpo fisico matura e si perfeziona magnificamente attraverso le pratiche spirituali richieste per la nascita degli spiriti. Pertanto, il nostro corpo diviene una casa dove gli spiriti possono nascere e crescere (seicho no ie).

Goi Sensei conosce bene questa materia. Non dobbiamo parlare di argomenti difficili. Se voi (rivolgendosi alla platea del Byakko Shinko Kai) continuate a pregare senza fare domande, Goi Sensei si prenderà carico di voi. Grazie a Goi Sensei, anche l’aikido si evolve tramite la preghiera. In altre parole, la condotta del vostro spirito verrà purificata tramite le preghiere.

Sentiamo parole come shikishin9 o hasshiki,10 ma non abbiamo bisogno di queste cose. Tutto quello che dovete fare è lucidare la condotta del vostro spirito. Dopo tutto, il mondo è stato un mondo fisico fino ad oggi. Aiki non esclude il mondo fisico, ma lo trasforma nel fondamento e sostituisce il mondo fisico con il mondo spirituale. Allora l’aiki costruisce un Cielo sulla Terra e realizza la sua funzione di costruire la Nazione Universale.

(3)

Takemusu aiki è il servizio che noi doniamo allo scopo di proteggere i mondi in cui si svolge tutta l’attività Universale, cioè i tre mondi –Apparenza, Subconscio e Divino– e di aiutarli ad armonizzarsi tra di loro e a fiorire. Lo chiamiamo “takemusu aiki” quando chiariamo il vero significato delle opere di Dio, purifichiamo la Grande Via e ci dedichiamo ad aiutare la Grande Via a rafforzarsi. Questo è ciò in cui credo fermamente.

È per questo che le arti marziali del nostro paese (budo) non sono chiamate sport. Lo scopo delle arti marziali è di formare e perfezionare noi stessi. Una volta che abbiamo costruito noi stessi, dobbiamo realizzare ogni cosa con successo, e prima di tutto noi, come esseri umani, dobbiamo proteggere tutta la natura.

Nel nostro paese, originariamente, non abbiamo sport come quelli che ha la gente dei paesi occidentali. Certe persone sono ben liete di affermare che le arti marziali giapponesi hanno guadagnato popolarità da quando sono diventate degli sport. Tuttavia questo è un grossolano malinteso che dimostra come essi non hanno assolutamente compreso che cosa siano veramente le arti marziali.

Gli sport sono giochi e passatempi che non coinvolgono lo spirito. Sono solo competizioni tra corpi fisici e non fra anime. Pertanto, queste competizioni hanno come unico scopo il piacere. Le arti marziali Giapponesi sono una competizione nel modo in cui possiamo esprimere e realizzare l’amore che unisce e protegge ogni cosa in armonia e aiuta questo mondo a prosperare.

La Via che preserva questo mondo è una competizione per proteggere lo spirito e anche il mondo fisico. Essa è una competizione per proteggere completamente la Via della nascita e della crescita di tutta la natura, e per proteggere amorevolmente la Via della fioritura di ogni cosa, attraverso il respiro di A-UM (espirare ed inspirare), nel quale lo spirito e il corpo fisico sono equilibrati in armonia. Questa competizione è esattamente la stessa della creazione del mondo di oggi, in cui erano coinvolto il Grande Dio, per tramite delle due divinità Izanagi e Izanami. Essa è la via per ringraziare quotidianamente il Grande Dio per la sua opera, e quindi è una preghiera. Non c’è nulla di meglio di una preghiera. Anche quando ci sentiamo male o a disagio possiamo rinnovarci e guarire offrendo le preghiere. Io ho sperimentato questo per mezzo delle mie preghiere. Io sto sulla piattaforma del Cielo e venero Dio restando rivolto a est e verso il cielo. Io offro la mia gratitudine nella preghiera, restando al centro della Terra insieme con tutte le cose esistenti tra il Cielo e la Terra. Questo è il vero aikido e il takemusu. Questa è la fonte dell’interazione armoniosa tra il respiro del fuoco e quello dell’acqua.

(4)

“L’eterno, immutabile sistema dell’Universo” significa che l’Universo è la Via sulla quale tutte le virtù degli atti divini si manifestano sotto la guida del nostro Dio Padre, l’Unica Fonte Originaria, e tutto è in ordine solenne e perfetto proprio come le innumerevoli stelle che brillano attorno al loro centro.

Inoltre, attraverso l’opera dei quattro Kon (vedi AJ 116), l’Universo si manifesta nelle forme del Cielo, del Fuoco, dell’Acqua e della Terra, e chiarisce il significato dell’unione degli spiriti tra gli esseri umani. Questo ha esattamente lo stesso significato di quando un gruppo di divinità si riunisce in nobile e perfetto ordine attorno al loro centro, Ama Terasu Oomikami, e viene riflesso in uno specchio sacro.

In altre parole, il respiro di A-UM è essenziale allo scopo di svolgere i nostri compiti in questo mondo. Da un punto di vista spirituale, esso è l’opera dei quattro kon (Kusu Mitama, Ara Mitama, Nigi Mitama, e Sachi Mitama) (vedi AJ116) e, da un punto di vista fisico, sono le quattro grandi funzioni costruttive operate da Cielo, Fuoco, Acqua e Terra. Sia le cose materiali sia gli spiriti appartengono totalmente al nostro Padre, l’Unica Fonte Originaria.

In un certo senso, con l’aiki voi purificate e rimuovete il male con il vostro stesso respiro invece che usando una spada. In altre parole, cambiate il modo fisico in un mondo spirituale. Questa è la missione dell’aikido. Il corpo fisico è posto sotto, e lo spirito sopra e davanti. Pertanto l’aikido guida lo spirito a produrre nobili fiori e a portare frutti. Essendo il nucleo dell’amministrazione, l’aikido opera al servizio della Suprema Lealtà, ovvero il Bene Supremo e l’Amore Supremo in questo mondo. In altre parole, questo significa che dobbiamo coltivare la Vera Via del Cielo e della Terra, dedicando noi stessi a non turbare il fondamento della lealtà, il vero significato dell’unione del governo e della religione. Pertanto tutte le divinità e i buddha verranno e ci proteggeranno senza che sia necessario che glielo chiediamo. Nello stesso spirito degli insegnamenti della Bibbia sul ritorno di Michele (vedi Daniele, 12), tutti e tre i mondi ammireranno totalmente questo Grande Santo e seguiranno le sue parole con gioia. Dobbiamo industriarci per svolgere le nostre missioni assegnate, per guidare gli altri a dare il benvenuto a questo saggio, Grande Santo. Tradotto da Sonoko Tanaka Note

1. Michihiru no Tama. Due sfere usate per manipolare a piacimento la marea. Una è per la marea crescente, l’altra per quella calante. Nel Kojiki, si narra che queste due sfere vennero date a Hoori no Kami dalla divinità del mare. Hoori no Kami è un figlio di Masakatsu Agatsu Katsuhayahi Ame no Oshihomimi no Mikoto, che è un figlio di Amaterasu Oomikami (vedi nota 4)

2. Oki a Chikura. Nel Kojiki si narra che a Susanoo no Mikoto (vedi AJ116) fu richiesto di fare molte offerte a Chikura, per espiare la sua cattiva condotta.

3. Futomani. Un tipo di divinazione usata nei tempi antichi. La gente profetizzava la buona o la cattiva sorte bruciando ossa di animali (di solito caproni) o carapaci e osservando la forma delle crepe che apparivano sulla loro superficie.

4. Amaterasu Oomikami. La divinità del sole, considerata una divinità femminile, una figlia di Izanagi no Mikoto e sorella maggiore di Susanoo no Mikoto. Nacque quando Izanagi no Mikoto si lavò l’occhio sinistro durante lo svolgimento del misogi a Ahagihara (vedi AJ116)

5. Jimmu Tenno. Il leggendario primo Imperatore della dinastia Yamato, secondo le antiche cronache Kojiki e Nihon Shoki. Era anche conosciuto come Kamu Yamato Iwarebiko no Mikoto ed era un nipote di Hoori no Kami.

6. Sanzen Sekai. Lett. “Tremila mondi”, un concetto Buddista Indiano del Mondo o dell’Universo. Al centro del mondo c’e’ un’alta montagna chiamata Shumisen, e il mondo che circonda la montagna è proprio il mondo in cui viviamo ed è detto uno Shumi Sekai. Sanzen Sekai si riferisce a Daizen Sekai, che è Shumi Sekai moltiplicato per mille per tre volte. Pertanto, l’effettivo numero di mondi non è 3000, ma piuttosto 1.000.000.000.

7. Nenpi Kannon Riki (Nenpi Kannon Riki Tojin Dandan Ne). Questo termine deriva dall’ Hokkekyo, un testo Buddista. Esso si riferisce alla credenza nel potere di Kannon, la Dea della Pietà. Uno non verrà tagliato neanche se il suo nemico lo taglia con una spada, piuttosto la spada del nemico verrà spezzata in più parti.

8. Tamashii no O. La condotta che lega il tama o tamashii (spirito) al corpo fisico in modo che lo spirito non lasci il corpo. Lo si può anche intendere come indicante “la vita”. Shikishin. Una manifestazione del buddha che è incarnata in un corpo fisico nel Mondo delle Apparenze.

9. Hasshiki. Lett. “Le otto shiki”. Shiki si riferisce a un’abilità della mente di riconoscere e giudicare la natura delle cose materiali attraverso i sei sensi e percezioni. Shiki è una delle dodici leggi di causa ed effetto nel Buddismo. I sei sensi sono la vista, l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto e la coscienza. Il termine Hasshiki include altri due aspetti, Mana Shiki (l’illusione dell’amore di sé) e Araya Shiki, la consapevolezza fondamentale dell’esistenza di un essere umano, che accumula esperienze e forma l’individualità. Essa è il centro di tutte le attività della mente. Subcoscienza.

10. A-UM. “A” è il suono prodotto dall’esalazione dalla bocca aperta, ovvero l’espirazione. “UM” si forma con la bocca chiusa, inspirando. Ogni cosa inizia da “A”, e con “UM” ogni cosa ha termine. Questo concetto ha avuto origine nel Buddismo.

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per Gianni san ecco cosa ti aspetta

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Satoru Tsuchiya

Satoru Tsuchiya è il rappresentante in Francia della scuola Shodokan Aikido fondata da Kenji Tomiki, studente di Jigoro Kano e successivamente di Morihei Ueshiba. Questa scuola unica nel suo genere introduce un sistema di competizione che preserva contemporaneamente i principi fondamentali dell'Aikido e lo spirito moderno del Judo.

Dopo le presentazioni ufficiali, posso dire che le competizioni personalmente non mi interessano e tantomeno se vedono coinvolto l'Aikido, ma in questa dimostrazione ho trovato molto interessante vedere l'applicazione di tecniche di difesa da coltello in un contesto "non dichiarato". Ho trovato una piacevole coesistenza di efficacia ed eleganza senza scadere nel caotico "polverone" tipico delle competizioni dovuto alla determinazione di voler vincere.

Ma fatevi voi stessi la vostra opinione: 

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i kata cosa sono?

Il kata
Posted by Luigi Branno on giugno 6th, 2012 02:19 PM | Articoli 
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Chi pratica arti marziali sa bene, in generale, cosa sia un kata: è quella forma, quello schema motorio fissato in anticipo, che consente sostanzialmente di esercitarsi ed apprendere una tecnica o un insieme di tecniche di attacco e/o di difesa. Esistono kata elementari, per l’apprendimento iniziale, e kata via via più complessi e anche più difficili da memorizzare. Esistono kata fondamentali e kata opzionali. O qualcosa di simile. Le differenti discipline marzialistiche, quindi, si distinguono in base al corpus di kata che viene di volta in volta tramandato. È qualcosa di molto simile alle diverse leggi che vengono tramandate nello studio delle diverse branche della scienza: le leggi e gli esperimenti di Archimede, Galileo, Newton, etc. in fisica, per esempio, o quelle di Mendeleev o di Lavoisier in chimica. Da un punto di vista didattico è qualcosa di molto simile ai moduli attraverso cui, a scuola, studiamo i diversi aspetti di questa o quella scienza.

 

Tutto sommato questa visione del kata non è per nulla sbagliata. Tuttavia, a mio avviso, rischiamo di incorrere in una serie infinita di equivoci, soprattutto se ci limitiamo ad una semplice “traduzione” di elementi culturali giapponesi in quelli occidentali. Il rischio principale è di farsi abbagliare dal dito che indica, perdendo di vista ciò che viene indicato. Tale rischio, beninteso, è corso spesso dagli stessi Giapponesi, nella pratica delle arti marziali così come nello studio di un qualunque kata, che finisce col diventare lo scopo ultimo dello studio, senza rendersi conto che si tratta sempre solo di un mezzo di apprendimento. Tuttavia, per noi Occidentali, il rischio è maggiore, poiché ci troviamo di fronte a concetti che ci risultano estranei e non immediatamente comprensibili: molto spesso, nello studio di un’arte orientale (che sia marziale o meno), ci occorrono anni anche solo per capire cosa esattamente stiamo studiando, proprio perché non abbiamo i riferimenti culturali necessari ad intendere immediatamente certi concetti.

 

Uno dei fraintendimenti principali che sorgono quando si tratta di discipline orientali, soprattutto di quelle che affondano le radici nel terreno della spiritualità zen, nasce spesso da una disposizione d’animo assolutamente favorevole e tanto più, quindi, difficile da sradicare, perché frutto delle migliori intenzioni. Noi Occidentali, infatti, ci sforziamo di penetrare in una sfera che ci appare misteriosa e affascinante ma che continuamente ci sfugge e finiamo col conferire un eccessivo misticismo a concetti e parole chiave che spesso fanno parte del linguaggio comune giapponese. Ad esempio, non troviamo nulla di particolarmente mistico in un’espressione romantica come il “genio poetico” o la necessaria “ispirazione” dell’artista. Questo non vuol dire che la creazione artistica, anche in Occidente, non sia ammantata da un’aura mistica e quasi religiosa: semplicemente, sappiamo di usare tali termini, nel linguaggio comune, in accezioni molto spesso sfumate, “normali”, senza ricercarvi un particolare mistero da penetrare. Viceversa, quando sentiamo la parola ki, subito vi ricerchiamo un particolare significato mistico, quasi che dovessimo scoprire un fluido magico che pervade il corpo del guerriero zen e di cui sarebbe privo il povero contadino. Perdiamo così di vista il senso delle cose e cadiamo, proprio noi razionalisti e tecnici Occidentali: dalla mistica e dalla spiritualità alla più gretta superstizione. Forse, questa incapacità di comprendere con lo “spirito” giusto la spiritualità zen, è radicata nel fatto che l’Occidente ha creduto giusto separare in maniera tanto netta diverse sfere del sapere e della vita, cosicché tutto ciò che non è perfettamente logico come un calcolo matematico cade fuori dalla scienza e tutto ciò che ha già un sapore di metafisica e di spiritualità rientra nella magia e nella superstizione. E così non facciamo altro che guardare all’Oriente come al nostro inconscio represso, scorgendovi subito misteri, incantesimi, magie e occulte forze spirituali.

 

L’esigenza di questa riflessione sul kata mi è sorta durante lo studio della poesia giapponese. Ho sempre dato per scontato che questa parola fosse un termine tecnico delle arti marziali come lo Judō, il Karate, il Kendō e, non ultimo, l’Aikidō (in Aikidō si studiano solo kata perché non c’è agonismo, a quanto ho sempre sentito dire). In realtà, kata è una parola che si ritrova in tutte le discipline giapponesi ed in particolare nei dō, e finanche nel teatro e nella poesia. D’accordo: se indica le tecniche di una disciplina, è normale che si ritrovi nell’insegnamento di tutte le discipline. Ma nella cerimonia del tè? Nel teatro nō? In poesia? Che tecniche indicherebbero i kata di queste forme artistiche (posto che di forme artistiche si tratti)? Davvero possiamo riferirci al kata come a una tecnica? E davvero l’essenziale della cerimonia del tè sarebbe in un insieme di tecniche?

Il kanji del kata è 型: tale ideogramma è un composto fono-semantico in cui il kanji 刑 (che indica punizione, legge) è usato in funzione fonetica e il kanji 土 (che indica “terreno”, “suolo”) ha un valore puramente semantico. Quindi il senso più generico di kata è una forma radicata, una sorta di norma che fa da terreno comune, un fondamento stabile su cui, evidentemente, si costruisce il percorso di un dō. Il terreno indicato dal kata è quello della tradizione, l’insieme di norme, comportamenti, esempi che ci vengono tramandati dal passato, dagli antichi maestri e che, per definizione, non è “inventato” da nessuno: è il terreno comune, la base della pratica, tramandata di generazione in generazione. Nessuno può inventare un kata, altrimenti semplicemente non si tratta di un kata: questo fatto è cruciale, per capire di cosa stiamo parlando.

Nel teatro nō, il kata è tutto: esistono movimenti precisi, passaggi precisi, precise maschere, personaggi, frasi. Tutto è stabilito attraverso un insieme cospicuo di kata che nessun autore di opere nō si sognerebbe di modificare. Questo non vuol dire che si debbano eseguire sempre gli stessi spettacoli e nemmeno che i kata debbano essere eseguiti sempre allo stesso modo, come cinquecento anni fa. Il teatro nō fu praticamente fondato nel Trecento da Kan’ami Kiyotsugu e da suo figlio Zeami Motokiyo (a tutt’oggi il più prolifico autore di testi teatrali, con oltre duecento opere): ma anch’essi non fecero altro che sistemare la materia teatrale del passato e organizzare i kata, fondando quindi il nō attraverso una struttura che individuasse quella peculiare tradizione. Da allora ad oggi il teatro nō si è tramandato attraverso l’insegnamento di generazioni e generazioni di maestri, autori, attori che a poco a poco hanno introdotto nuovi kata, modificato i preesistenti, affinandoli o arricchendoli, eliminato altri. E tuttavia nessuno può dirsi “inventore” di questo o quel kata, nemmeno Kan’ami o Zeami.

Questo stesso discorso vale in poesia: la poesia giapponese, infatti, a differenza di quella occidentale, non è fatta da grandi “geni”, individui particolari che da soli cambiano ogni anno le regole, “sconvolgono” la tradizione ogni dieci anni e finiscono soltanto col creare mode passeggere, credendo di essere unici e perseguendo l’immortalità. La poesia giapponese, come ogni forma d’arte giapponese, affonda le sue radici nei kata della tradizione e il singolo poeta è tanto più grande quanto più sa farsi da parte e diventare uno strumento affinché la tradizione si attualizzi in questo o quello scritto. Per questo la rana di Bashō è a ragione diventata l’emblema della più elevata forma di poesia giapponese: perché quell’immagine non è l’espressione dell’io di Bashō, né di quella particolare rana, né di quello stagno; ma in quel tonfo nell’acqua confluisce tutta la poesia giapponese e tutto il senso dell’illuminazione zen. Bashō, propriamente, non ha “inventato” niente. La poesia giapponese ha il sapore di un’arte combinatoria che mescola tra loro elementi fissi: kigo, kireji, makura-kotoba, ecc., cioè parole, espressioni come “luna velata”, “la montagna dove si trascinano i piedi”, “prime piogge” che sono state fissate dalla tradizione e che vengono inserite ancor oggi immutate. Scrivere una poesia vuol dire quindi sostanzialmente mettere insieme tra loro questi elementi, creare un’armonia particolare, sviluppare immagini originali a partire da elementi tradizionali. Il poeta giapponese non cerca di distinguersi per inventiva e originalità, piuttosto la sua originalità è data dalla capacità di conferire sfumature nuove alle vecchie immagini.
Ma questo stesso discorso vale in ogni forma d’arte e tanto più dovrebbe valere nelle arti marziali: Ueshiba non ha, in senso stretto, inventato nulla. Ha organizzato una tradizione, selezionando un insieme di kata e trasmettendolo nella sua scuola. Ha così fondato l’Aikidō, proprio come Kan’ami fondò a suo tempo il teatro nō e Bashō la poesia moderna. Ha fondato, non inventato!

Ora, vale per i kata quello che vale per la tradizione culinaria di un popolo: non c’è nessuno che possa vantare un brevetto sulla pasta e patate o sulla pastiera. La ricetta della pasta e patate, per dire, è quindi a tutti gli effetti un kata: un insieme di norme tramandate dalla tradizione che consente di fare un buon piatto. Ma questo non vuol dire che per fare la pasta e patate uno debba per forza avere la ricetta contenuta ne La cucina napoletana di Francesconi! E, del resto, si sa, ogni famiglia ha la sua pasta e patate: chi ci mette la provola e chi no, chi fa soffriggere il sedano e chi invece il sedano non lo digerisce. Ovviamente la vera pasta e patate è quella che faceva mia nonna. La “mia nonna” di ognuno, s’intende. Si può divorziare, per colpa di una pasta e patate! Tuttavia, sappiamo altrettanto bene, che la pasta e patate resta pasta e patate in ogni caso: si può preferire una variante piuttosto che un’altra e ovviamente si può ritenere che la pasta e patate sia semplicemente immangiabile. De gustibus disputandum non est. Tuttavia, nessuno si sognerebbe di discutere sulla cucina napoletana e nessuno metterebbe in dubbio che la pasta e patate, pur nelle sue varianti, è un piatto di cucina napoletana. Lo “spirito” della cucina napoletana, in fondo, non sta nella pasta e patate. E nessuno può definirsi un buon cuoco se sa preparare una perfetta pasta e patate ma nient’altro. Si può certo iniziare a lavorare in cucina, preparando per mesi o anni sempre solo le verdure per il soffritto ma, attraverso l’esecuzione di questo semplice kata (perché di un kata si tratta) si acquisisce gradualmente una padronanza degli elementi di base della cucina ed è quella padronanza a formare un buon cuoco, a prescindere poi dal piatto che si dovrà preparare. Allora, quando si saranno appresi i segreti del mestiere, si potrà anche decidere di “decostruire” la pasta e patate. Saper cucinare vuol dire, in fondo, saper fare in modo che i sapori si sposino bene tra loro. A prescindere da ricette e ingredienti.

Tanto più Nell’Aikidō dovrebbe valere questo discorso, proprio perché la via indicata qui è quella dell’armonia: è la sapienza che armonizza una relazione, ancorché una relazione violenta. Saper eseguire alla perfezione questo o quel kata equivale a saper eseguire alla perfezione questo o quel piatto di pasta. Fissarsi su questa o quella variante di ikkyo equivale a fissarsi su questa o quella variante della pasta e patate. Nessuno può dirsi aikidōka se sa eseguire solo un insieme di kata, così come nessuno può dirsi cuoco se sa preparare solo i piatti contenuti nel suo ricettario. Il ricettario, come l’insieme dei kata, è solo un terreno comune, che ci consente di apprendere, poco alla volta, i segreti di una tradizione. Apprendere i segreti di una tradizione vuol dire saper padroneggiare l’arte che quella tradizione veicola: sicuramente ognuno avrà poi i suoi punti di forza e le sue debolezze (quel cuoco può essere particolarmente bravo nei primi piuttosto che nei secondi, quell’altro può avere una ricetta segreta che lo ha reso famoso) ma in ogni caso siamo tutti d’accordo sul fatto che saper cucinare non vuol dire eseguire una ricetta piuttosto che un’altra. E questo vale in ogni arte: si possono prediligere i paesaggi anziché i ritratti, ma il segreto della pittura non sta né negli uni né negli altri, bensì in una padronanza della tecnica che ne faccia emergere quel qualcosa di mistico per cui di fronte a un’opera d’arte possiamo arrivare a commuoverci.

 

Bashō insegnava:

Nell’arte del maestro c’è ciò che rappresenta “l’invariabile per diecimila generazioni” [bandai fueki] e ciò che rappresenta “il mutamento momentaneo” [ichiji no henka, ovvero: ichiji ryūkō]. I due estremi hanno un’unica base, rappresentata dalla verità dell’arte. Se non si comprende l’invariabile, non si può capire veramente l’arte. L’invariabile non dipende da quanto ci sia di vecchio o di nuovo, né dal mutamento, né dalla moda, ma è un aspetto fondato sul vero dell’arte. […] È però naturale che tutto muti e in modi diversi. Se l’arte non muta non si rinnova nemmeno il suo stile. Se lo stile non si trasforma, esprime semplicemente una forma temporanea, di moda, priva di ricerca del vero dell’arte. […] Chi è alla ricerca, invece, non potrà mai essere fermo in un punto ma procederà, di passo in passo, in modo naturale. In futuro l’arte dell’haikai subirà mille mutamenti, ma i cambiamenti veri apparterranno sempre all’arte del maestro. Il maestro disse in proposito: «Non leccate mai la bava degli antichi. Tutto si rinnova nel modo in cui si evolvono le quattro stagioni».
(da Hattori Dohō, Sanzoshi)

Fermarsi ai kata, senza rinnovarli nella propria pratica, attraverso la diretta partecipazione di tutto il proprio essere, e quindi rendendoli adatti al momento presente, equivale a null’altro che a leccare la bava degli antichi.
Viviamo in Occidente in una sorta di schizofrenia, per cui da un lato guardiamo con sospetto a tutto ciò che non è afferrabile logicamente e dall’altro ci buttiamo a capofitto in forme di superstizione che ci fanno accogliere un singolo kata come un portone per l’illuminazione. Dovremmo forse riequilibrare l’aspetto razionale con quello spirituale, la “mente” e il “corpo”, se vogliamo vivificare la tradizione attraverso una pratica che affonda i piedi nella nostra realtà quotidiana. Trovare il senso più intimo di ciò che facciamo. Eseguire kata in maniera pedissequa può accecare, come ogni forma di onanismo mentale.

A mio avviso, giungiamo necessariamente a queste conclusioni se guardiamo al kata nella sua essenza. “Nella sua essenza” vuol dire: se lasciamo essere la cosa stessa ciò che è e ci lasciamo guidare da essa nella comprensione. Questo è per me il senso del principio confuciano del rettificare i nomi. Se accogliamo senza riserve una terminologia più o meno “tecnica”, come quella di un’arte marziale, senza cogliere l’essenza di un termine, ci stiamo decidendo per una fuoriuscita di noi stessi dalle cose che facciamo: come i pappagalli, parliamo senza sapere ciò che diciamo. Così, se imitiamo i kata dei nostri maestri, ci decidiamo per un apprendimento da circo, preferendo essere ammaestrati come scimmie, piuttosto che praticare l’aikidō. Un maestro zen disse una volta che, se il segreto dell’illuminazione fosse nello zazen, la rana sarebbe già illuminata.

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vi parlo di un mio amico…stefano bresciani di www.budoblog.it

stefano bresciani

Inizia a praticare KARATE "Shotokan" nel 1994 presso il Karate Club Ghedi. Consegue il grado di cintura nera 1° dan nel 1999 a Curnasco di Treviolo (BG), dove nel 2002 ha ottenuto anche il 2° dan.
Nel 2002 ha frequentato e superato il corso di formazione per Aspiranti Allenatori FIJLKAM tenutosi a Milano (teoria) e Curnasco di T. (pratica).
Nell’Ottobre 2006 ha conseguito a Cambiago (MI) anche il  3° dan.

Stefano Bresciani Dal 2001 al 2007 è stato vice presidente dell' "A.S.D. Karate Leno" e, pur avendo iniziato a gareggiare un po' tardivamente, ha ottenuto nella categoria kata seniores il 1° posto ai campionati provinciali del 2002, oltre a buone soddisfazioni in competizioni locali.

Nel 2003 inizia a praticare AIKIDO, presso la società Aikido Club Brescia, dove ha conseguito la cintura nera 1° dan a Milano il 29 Giugno 2008, partecipando a circa 30 stage nazionali. Nel Settembre 2008 ha partecipato ad Aosta al corso istruttori tenuto dall'ente di promozione sportiva C.S.N. Libertas, che gli ha riconosciuto il grado di Tecnico Nazionale CONI di AIKIDO.

Il 18 Dicembre 2010 ha superato brillantemente sia l'esame di 1° DAN nella disciplina IAIDO (spada giapponese), sia l'esame di 2° DAN di AIKIDO in vista dell'affiliazione alla prestigiosa scuola Tendo-ryu del M° K. Shimizu (ultimo allievo diretto del fondatore O' Sensei M. Ueshiba), nata in Italia grazie al sapiente e prezioso lavoro del M° Massimiliano Gandossi.

Prima della nascita del Tendo-ryu Italia dal Gennaio 2007 al Dicembre 2010 ha tenuto corsi settimanali di BUSHIDO, ora organizzati a numero chiuso in seminari full-immersion (vedi pagina dedicata). In questa disciplina, dopo il Corso Nazionale Istruttori tenuto a Marchirolo (VA) dalla scuola Bushidokai Italia, ha conseguito nel Dicembre 2006 il grado di 1° dan e di istruttore, riconosciuto dall’International Budo Institute.

Dal 2006 al 2009 ha inoltre praticato parallelamente KUNG-FU (scuola Shaolin Ch’uan) e T'AI CHI CH'UAN (scuola Yang del M° Chang Tsu Yao), con il celebre Maestro Gatti, presso le sedi di Manerbio e Bagnolo Mella (BS).

Nella continua ricerca del suo DO (via) ha intrapreso la meditazione ZEN e sui 5 ELEMENTI, presso il circolo culturale I Giunchi di Brescia, dove ha ricevuto nel Giugno 2005  il 1° livello REIKI e nel Febbraio 2011 anche il 2° livello.

Dedito da tempo allo studio e alla ricerca nel campo della cultura e preparazione fisica, ha elaborato il "Manuale Tecnico" per gli insegnanti di Karate, oltre al PMP (programma di Potenziamento Muscolare Personalizzato), con relative schede adattate agli atleti dei corsi tenuti.

Appassionato anche ad altre discipline orientali (quali la calligrafia SHODO, il gioco del GO, lo YOGA e il CH'I KUNG), nel 2006 ha messo a frutto la sua conoscenza attraverso una ricerca che ha pubblicato con la casa editrice Montedit (Aprile 2007): il libro intitolato "105 modi per conoscere l'Oriente", un dizionario sulle arti e sui vocaboli orientali più usati al giorno d’oggi.

Il 13 Maggio 2009 è uscito il suo primo Ebook pubblicato dalla casa leader del settore – la Bruno Editore – intitolato "La_Ruota_del_Benessere". Trattasi di un manuale di crescita personale orientata all'equilibrio di corpo, mente e spirito, applicando le strategie e i segreti della PNL (Programmazione Neuro-Linguistica). Il 1 Febbraio 2011 è uscito sempre con la Bruno Editore il suo 1° ebooket (mini-ebook di 110 pagg.) "Energia e Benessere"in cui approfondisce alcune tecniche orientali per chi vuole ottenere in tempi record notevoli miglioramenti nel proprio benessere fisico. Infine, ad Agosto 2011 è uscito il suo ebooket "Stress da lavoro? No grazie! – applica le tecniche di meditazione orientale per risolvere i conflitti sul lavoro e vivere in armonia".

Webmaster molto attivo, scrive articoli come membro del TeamEsperti di Piùchepuoi.it, BrunoEditore.it e nel BLOG di cui è fondatore: BudoBlog.it (Arti Marziali sulla Via della Pace).

Dedito da tempo allo studio della difesa personale, ha focalizzato la sua preparazione nel campo dell'antiaggressione femminile. Il 4-5 Ottobre 2008 ha frequentato e superato il corso di formazione istruttori metodo DifesaDonna® livello Base, tenuto presso la “Bono Academy A.S.D.” di Sesto S.Giovanni (MI) dal celebre  Roberto Bonomelli, fondatore di Akea e del metodo n° 1 in Italia di Antiaggressione Femminile. Sabato 23 Maggio ha frequentato e superato il corso ASP di 12 ore tenuto presso la "Bono Academy" di Sesto S.Giovanni (MI), il miglior sistema americano di tecniche difensive per le forze dell'ordine, compreso l'uso del bastone estensibile e del pepper-spray.

Nel week-end 4-5-6 Dicembre 2009 (15 ore full-immersion su difesa da coltello e da più aggressori, uso di armi occasionali e del pepper-spray) ha frequentato e superato il corso di formazione istruttori metodo DifesaDonna® livello Avanzato, tenuto presso la “Bono Academy A.S.D.” di Sesto S.Giovanni (MI).

Referente per la provincia di Brescia della scuola Bushidokai-ryu nonché fondatore del dojo Leno e da Agosto 2009 della Bushidokai ShinGiTai A.S.D. in veste di Presidente, la sete di sapere e arricchimento è costantemente presente nei suoi obiettivi, che si sposano con la nascita del sito BSGT.it

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il KI e le sue forme

tratto da www.aikido milano.it

 

I vari tipi di KI

La parola più usata nell'Aikido

KI
la parola più frequentemente usata nell’aikido è KI questa parola è in diretto
contatto con la natura ed è usata ogni giorno.
Si racconta in oriente che all` inizio vi era il caos.
Dal caos ebbe inizio gradualmente le forme del Sole, la Terra, la Luna, e le Stelle.
Noi conosciamo perciò tutte le cose che nacquero dal KI.
Il KI stesso non ha ne inizio ne fine, ne aumenta ne diminuisce,
nonostante le sue forme cambino, egli non cambia.
Noi possiamo vedere molte cose attorno a noi, tutte fatte dal KI e quando esse perdono
la forma, i loro elementi ritornano al KI.
L’Aikido è la congiunzione della mente con la potenza cosmica del KI.
I luminosi significati del KI sono usati nelle nostre giornate quotidiane?
Un buon o cattivo sentimento, timidezza, vigore, coraggio questi sono i termini
usati in ogni nostra giornata.
in ogni parola o atto, KI ha una parte integrale.
Se si priva un corpo del KI, esso muore.
Il corpo è attaccato al KI e perciò s’invigorisce
Al contrario, quando il corpo si separa dal KI esso s’indebolisce .
Nell’allenamento dell’Aikido, dobbiamo sforzarci per trovare il filo che congiunge
il corpo al KI. Perciò dobbiamo capire bene il profondo significato del KI.

KI- WO- NERU ( esercitare il KI )
Questo esercizio sta nel credere che il corpo è attaccato al KI dell’universo.
Si deve considerare l’ombelico come il centro del corpo, e realizzare il KI dall’interno di esso.
Bisogna esercitarsi in ogni movimento.

KI – WO – TOTONOERU ( prepara il KI )
Mantieni la mente sull’ombelico, mantieni la respirazione calma e rimani pronto
per muoverti in ogni direzione.

KI – WO – DASU ( realizzare il KI )
Se consideriamo un braccio nella fase di rilassamento e pensiamo che la nostra
potenza scaturirà proprio attraverso di esso, lo vedremo diventare molto forte e si piegherà difficilmente. Se tu credi che il tuo KI sta scaturendo, esso si è realizzato
Per esempio :
se mentre stai passeggiando qualcuno ti aggredisce alle spalle e tu mantieni il KI
internamente, la mente si trascina dietro il tuo corpo e l’attaccante sarà in grado di batterti
Se realizzi il KI, e la mente è davanti al tuo corpo egli non sarà in grado di spingerti
alle spalle ma verrà respinto dalla sua stessa pressione.
Il KI è simile all'acqua sorgiva, quando il tuo KI scaturisce, il tuo avversario non avrà
più potere su di te.
Ferma la corrente del Ki e sarai preda del tuo avversario.
Se vuoi capire la non resistenza e la non aggressione, essenziali principi dell’Aikido
devi innanzitutto praticare la realizzazione del KI

KI – NO – NAGARE ( la corrente del KI )
Ogni volta che realizzi il KI dondolando le braccia, tu descrivi un cerchio o una linea che assomiglia al corso di un ruscello.
Se fissi un punto sul terreno e usi un asta come raggio, disegnerai un cerchio.
naturalmente l’asta deve essere tenuta rigida, altrimenti il cerchio non sarà perfetto
Se manteniamo sempre il KI sull'ombelico le mani si muovono in cerchio.
Se il KI è realizzato sporadicamente, la tua forma diventa imperfetta e perdi il potere
Muovi il corpo, come se muovessi l'ombelico, e vedrai che le mani disegneranno dei cerchi.

KI – WO – KIRU ( interrompere il KI )
Interrompere il KI significa tagliare la corrente del KI .
Se la tua mente si ferma e mantiene il KI internamente anche per un secondo, la tua forza si ferma.
Analogamente una volta spinto un carro, lo si può far proseguire senza sforzo,
se ci fermiamo dobbiamo nuovamente lottare contro la forza d'inerzia, per rimetterlo
in movimento.
Se non interrompiamo il flusso del KI possiamo unire il nostro potere al suo e potremo
guidarlo dove desideriamo verso l'annullamento della sua aggressività.
Se interrompiamo continuamente il flusso del KI, l’avversario avrà il sopravvento su di noi.

KI – GA – NUKERO ( perdere il KI )
Perdere il KI significa dimenticare l'ombelico e non essere in condizione di realizzare
il flusso del KI.
Quando sei stanco o scoraggiato la causa è la perdita del KI.
Non riuscirai in nessuna cosa se perderai il KI

KOKYU
Ci sono molte tecniche comprese nel Kokyu Nage con numerosi movimenti e variazioni.
Kokyu è movimento del corpo seguito dal KI, se eserciti bene il Kokyu il corpo
è unito alla potenza del KI e i tuoi movimenti saranno corretti.
Nelle arti del Budo si usa la parola forte potere, ma nell'Aikido si usa forte Kokyu.
Kokyu Ho è la via che guida gli altri con il Kokyu.
Kokyu Nage è l'arte dello sconfiggere gli altri per mezzo del Kokyu

HAMNI
Stare di fronte all'avversario nella posizione Hamni.
Se stai di fronte a lui con i piedi uniti la tua mente sarà fissa su di essi a avrai difficoltà
nel muoverti quando ti attacca
Star con un piede in avanti ti permette di avere una posizione stabile e puoi muoverti
rapidamente usando entrambi i piedi in armonia un con l'altro.
Questa posizione non ti farà perdere il centro, devi pensare con la mente e non con le
gambe cosi potrai difenderti da attacchi che provengono da ogni direzione

MA AI
(la distanza che unisce) MA = porta AI = unione
In un reale combattimento la distanza fra te e il tuo avversario è importante.
Se ti avvicini troppo non puoi muoverti e sarai attaccato. Tenere la giusta distanza fra te e lui si dice MA – AI. Se tu realizzi sempre il KI, capirai naturalmente come fare MA – AI in accordo con il tuo corpo.
Se spingi il KI in avanti perderai Ma – ai.

ORENAI TE
E’ chiamato ORENAI TE quando realizzi il KI nel braccio ed è difficile piegarlo anche se non metti alcuna forza.
Se tu sei forte solo quando metti forza sarà inutile quando improvvisamente qualcuno ti piegherà il braccio o ti attaccherà.
Sii rilassato ogni momento e sarai forte ogni momento.
Non dipende dall’angolo del braccio, se continui a realizzare il KI il tuo braccio sarà impiegabile.

FUDO NO SHISEI
Equilibrio stabile non significa non muoversi con facilità, ma mantenere la mente sull’ombelico.
Rilassando il corpo e unendolo al KI, ciò significa che la mente non è disturbata, quando ti muovi, mente e corpo devono muoversi coordinatamente.

IRIMI
Quando la potenza del tuo avversario sta venendo verso di te e la tua contro di lui ci sarà una collisione e il più forte vincerà.
IRIMI è la via dell’avanzare verso l’avversario non per incontrare la sua resistenza ma per guidare la sua potenza.
Per capire IRIMI devi mantenere il punto uno e il braccio impiegabile altrimenti non potrai far si che IRIMI lavori per te.
IRIMI è l’arte speciale fondata unicamente per l’aikido.
IRIMI dimostra direttamente il principio dell’arte della non resistenza, permettendoti di guidare la potenza dell’avversario contro lui stesso anche se è molto più forte di te.

TENKAN
TENKAN è il modo di guidare la potenza dell’avversario senza fermarla, girando il tuo corpo quando sta venendo nella tua direzione.
Nel IRIMI (positivo, cielo, pieno) devi muoverti con forza, ma nel TENKAN (terra, negativo, vuoto) devi eseguire dei movimenti circolari come un vortice.
Con i movimenti del TENKAN puoi risucchiare la potenza dell’avversario e guidarla allo scioglimento, in modo che egli sia in tuo potere.

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