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Sommario degli articoli

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le interviste di Ovo san, con il M° Max Gandossi

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Ancor andar per eremi alla ricerca…ops scusate mi son fatto prendere da un’attacco di Dantismo, eh eh…. allora Amici carissimi , riecco il vostro Ovoreporter di nuovo all’opera .

Oggi siamo nella periferia di Milano ,a Sesto San Giovanni dove ho incontrato ( virtualmente ) per voi…il Maestro Massimiliano Gandossi IV dan di Aikido TENDO RYU

info@bushidokai.it       www.centrolistico.it

Intanto cos’è il Tendo ryu ?

Tendoryu Italia è la scuola di Aikido che rappresenta il Maestro Kenji Shimizu sul territorio Italiano. Questo stile è nato dopo la scomparsa di O’Sensei Morihei Ueshiba, il fondatore dell’Aikido. O’Sensei ha avuto tra i suoi ultimi allievi proprio il Maestro Kenji Shimizu (VIII dan).

 

ciao Max eccoci quà….

dunque inizia raccontandoci brevemente i tuoi inizi come sei venuto in contatto con l’aikido ,il tuo primo Maestro i ricordi dei tuoi compagni di allora…

Max:      Mi chiedi di raccontarti brevemente i miei inizi nel budo e nell’aikido. 

Ho iniziato a praticare judo a 5 anni imitando mio fratello maggiore (come in molte altre occasioni) e poi ho proseguito con il karate e ho iniziato a praticare aikido a 14 anni a causa dell’esaltazione provocata dal film di Steven Seagal “Nico”. Iniziai  con il Maestro  Jerome del filone Kobayashi in una palestra della mia scuola, un piccolo gruppo che poi , ridotto ad un lumicino in termini numerici sparì, per poi proseguire senza un granché di convinzione nel dojo dove facevo anche karate e judo, il maestro di judo aveva un po’ di esperienza aikidoistica e facevamo un lavoro (lo posso capire ora col senno di poi) funzionale al judo perchè il dojo cho non amava il tira e spingi di forza bruta del judo agonistico. 

Andai poi al dojo del Maestro Fujimoto  che frequentai davvero in modo saltuario e senza grandi risultati. Un inizio carriera davvero poco promettente! 

Non partecipavo agli stage ne facevo esami perchè ero troppo preso con il  karate e successivamente anche con la boxe e la kickboxing agonistica. Diciamo che il mio rapporto con la violenza allora proprio non aveva alcuna voglia di essere risolto! Ho inziato a fare arti marziali da bambino per imitazione, e ho proseguito per diversi anni poi, come credo la maggior parte di noi, ricercando il super potere per prevalere su potenziai aggressori. 

 

Poi finito il liceo sono emigrato in Inghilterra e successivamente in Irlanda dove invece mi sono immerso completamente nella vita di dojo, praticavo tutti i giorni più volte al giorno. L’accademia di Galway dove praticavo era diretta da un ex allievo dell’aikikai di N.Y. di nome Jerry Conolly, lui, il figlio Alex e un altro assistente di nome Paul, vi insegnavano mattino e sera ogni giorno e facevano un aikido sufficientemente duro e combattivo per sfamare il mio appetito di botte. Che dire un gran tira, spingi, schiaccia, spremi, gli atemi si sprecavano. Frequentato da soli uomini, prevalentemente addetti alla sicurezza, poliziotti e guardie giurate, il posto era chiaramente terreno fertile per questo tipo di pratica, e per quanto io potessi davvero sembrare fisicamente l’intruso della settimana enigmistica , me la godevo come un matto, avevo bisogno di quello.

Tutto è cambiato dopo che sono tornato in Italia, sono riapprodato nel dojo del Maestro Fujimoto dopo otto anni e con uno spirito completamente diverso anche perché con la nascita del mio primo figlio ho sentito molte cose cambiare dentro di me, molte tensioni sciogliersi. Così per cinque anni ho frequentato il dojo del Maestro con gioia, divertendomi e imparando moltissimo e affezionandomi molto anche a lui. 

Nel frattempo ho lasciato il lavoro che facevo in azienda e insieme a mia moglie ho aperto un centro di pratica di discipline olistiche e in seno a questo ho aperto il mio dojo per condividere la pratica e viverne anche la parte relativa all’insegnamento e la didattica, ho pensato di iniziare a mettermi in mare e remare come mi aveva suggerito il mio maestro irlandese, la bussola sarebbe apparsa e così è stato.

Siamo stati partecipi per alcuni anni delle attività organizzate dalla YomiShinTai di Aosta, rappresentanti del Kaishinkai britannico che conoscevo già per le mie precedenti esperienze inglesi e apprezzavo per il pluralismo di vedute e coesistenza di varie scuole.        

Sarò sempre grato a Raffaele, Adriano e tutti i loro assistenti per l’accoglienza e per il tempo passato insieme, abbiamo tutti imparato molto in quegli anni, così come è grande la mia gratitudine verso Stefano Bresciani di Leno che mi ha dato fiducia e mi è sempre stato vicino negli ultimi 9 anni nonostante tutti i cambiamenti e ribaltoni del caso, e lo è tuttora nel cammino comune di studio del Tendoryu.”

        Nel 2009 sono tornato in giappone con alcuni miei studenti principianti e siamo andati a praticare per una settimana all’hombu dojo con diversi insegnanti, in quella occasione siamo stati ospiti di Fujita sensei di Omiya , allievo di Endo sensei col quale è iniziata una bella amicizia, un mio studente è poi andato in altre due occasioni a praticare da lui.  

ecco dunque le 5 domande :

Ovo san: K.Shimizu ,tu sei il suo riferimento in Italia , cosa ti ha colpito di questo grande Maestro e del Tendo Ryu in particolare…

Max: Sempre un mio studente, Marcello un praticante particolarmente appassionato e costante un giorno si imbattè in un video di Shimizu Sensei e me lo girò scrivendomi ” guarda questo maestro è fantastico e mi sembra che faccia proprio quello che piace a te” . Così cercai su web per vedere se Shimizu sensei tenesse dei seminari in italia o in europa e trovai che il mese successivo sarebbe andato vicino a Bruxelles per uno stage, acquistai subito due biglietti aerei, uno per me e uno per  Marcello, e poi scrissi al Tendokan e agli organizzatori belgi per chiedere il permesso di partecipare, fortunatamente mi fu accordato e non dovetti buttare i biglietti aerei nella spazzatura! Andammo in nove a quello stage e con noi c’era la mia adorata amica ed ex studentessa di aikido  Kayoko, ora è tornata in Giappone ma per cinque anni è stata con noi al dojo. Lei fu un ponte di comunicazione importante in quella occasione, ci sedemmo al tavolo con il Maestro il quale volle sapere chi fossi e da quale scuola provenissi, così, iniziammo a parlare e lui mi propose di andare ai suoi stage, di studiare con lui in giappone. Così andai e iniziai a seguire i suoi seminari in Giappone, Germania, Slovenia, Belgio, Serbia e nel 2011 abbiamo organizzato il suo primo seminario in Italia, qui a Milano. Lo stage è stato bellissimo e abbiamo avuto il supporto e la presenza di studenti e insegnanti del Tendoworld provenienti da tante diverse nazioni. Quello che mi ha colpito di Shimizu Sensei a prima vista è la presenza, l’energia della persona, la bellezza, la dinamicità e la fluidità del suo aikido che mi fa venire in mente la spada giapponese, nei contenuti, nella sua bellezza elegante e terribilmente tagliente.

Conoscendolo quello che mi continua a colpire è la sua presenza energica in ogni momento che passiamo insieme, la sua volontà oltre che capacità di rivolgersi sempre al cuore delle persone senza temere di essere troppo diretto o frainteso, con naturalezza e forza. Sono alcune delle sue qualità che mi ispirano a imparare con entusiasmo e umiltà.

Forse per questo mi ha scelto come suo rappresentante in Italia, se ho una qualità che posso riconoscere senza falsa modestia è di non avere problemi a “vuotare la tazza” quando c’è da imparare, e lo faccio velocemente!

Ovo san : aikido ,yoga,iaido , tu pratichi tutte e tre queste discipline cosa hanno in comune spiritualmente secondo te…?                                                              

 

Max:La persona che le pratica e la sua evoluzione grazie ad esse. Ritengo che una persona che sceglie di praticare una disciplina debba esporsi ad essa, essere umile e aperto e cercare di mettere da parte prima possibile i propri dubbi e il proprio ego. Fisicamente sia lo yoga che l’aikido che lo iaido possono essere praticati in miriadi di modi diversi. Psicologicamente tutte e tre dovrebbero accompagnare lo studente per tutta la vita, sul sottile filo di rasoio che divide la pratica dal non attaccamento, entrambe caratteristiche indispensabili per avere risultati in termini di crescita spirituale nella via, ed entrambe ugualmente rischiose se si pende troppo da uno dei due lati! È vero in tutte e tre le discipline (probabilmente anche in altre) se si pratica troppo e non si dedica sufficiente attenzione al non attaccamento, al non identificarsi con gli orpelli dell’ego (pratica compresa!) si diventa rigidi e ottusi, se , al contrario ci si dedica solo al filosofeggiare e per paura di entrare in profondità di qualcosa non si pratica costantemente si diventa degli zapper della vita, e fisicamente si deperisce velocemente.

 

 Ovo san  :  tu vai in India a praticare yoga cosa ti affascina dell’Oriente oltre la spiritualità ?

Max  :  Direi decisamente le persone! Sia in Giappone che in India ho imparato molto osservando il comportamento delle persone. In Giappone ho imparato tanto dalla loro gentilezza, educazione, pulizia e rispetto dello spazio proprio e altrui, in India ho imparato dai loro sorrisi incuriositi dallo straniero, dalla voglia di conoscerti e di invitarti a casa loro proprio perché straniero, cosa ormai davvero anacronistica da noi, e anche dalle differenze che ai miei occhi di occidentale abituato alla propria società appaiono come stranezze o ingiustizie. Mi piace imparare da insegnanti che siano cresciuti nella società dove riti e liturgie delle discipline che studio sono parte integrante del tessuto culturale di origine, che vedono , vivono e praticano fin da bambini cogliendone un’essenza non interpretata dal filtro razionale, noi reinterpretiamo molto quando vediamo fare qualcosa dagli orientali qui, fare yoga in India e aikido in Giappone a mio parere sono esperienze importanti per chi ne è appassionato, e smontano tanti falsi miti e leggende infantili interiori, sostituendoli con esperienze vere, che hanno odori, suoni e colori e qualche volta anche dolori!

Ovo san : se l’aikido fosse un’animale mitologico , a chi penseresti?

Max : Penserei al cigno, Hamsa nella tradizione mitologica Indiana, esteriormente per la sua eleganza, perchè è bianco e perchè quando fa l’orripilazione mi fa venire in mente il kokyu e il kiai che trasmettono l’intenzione e l’energia tra i due praticanti. Interiormente, perchè nella mitologia indiana hamsa rappresenta il discernimento tra ciò che è buono e ciò che è velenoso, l’animale che è in grado di bere il latte nell’acqua lasciando quest’ultima e ingoiando solo il primo, che suggerisce di avere una mente sempre consapevole e attenta ai “veleni” che affiorano durante la pratica, negli anni, nella vita, per tutti!

 

      Ovo san : ora scegli la tua tecnica preferita , e descrivicela come fosse un dipinto ,le sue sfumature …

Max : La mia tecnica preferita? Devo anticipare che in generale preferisco il lavoro di ukemi a quello di nage , shite o tori che dir si voglia. Comunque scegliendo una tecnica che amo particolarmente praticare direi shihoonage come si presenta in tutti gli attacchi in relazione gyaku hanmi, in forma dinamica. I movimenti principali sono due tagli orizzontali e uno verticale e il corpo non smette mai di muoversi in modo fluido e rilassato lasciando che la “spada” possa tagliare col suo movimento che ricorda le pennellate dello shodo. Mi piace la continuità del lavoro dei due partner, l’essenzialità di contatto e squilibrio e l’armonia di corpo, respirazione, e sguardi che si crea col partner. Shimizu Sensei dice che Osensei riconosceva in shihoonage l’essenza dell’aikido assurgendola a tecnica base fondamentale, cioè che getta le basi per poter comprende tutto il sistema. Mi piace praticarne il tai sabaki anche da solo con il bokken per percepire le linee di taglio e poi “somatizzarle” per portarmele nel corpo durante la pratica, anche quando , con il partner ho bisogno di concentrarmi bene sull’awase o il kokyu.

Ovo san:      lascio sempre uno spazio libero per le tue conclusioni, dacci un consiglio sulla via della pratica.

Max : Recentemente sono stato in Germania per lo stage di  WakaSensei Kenta Shimizu, figlio del nostro Maestro, e lui ha usato un’immagine molto bella ed evocativa: i praticanti di aikido sono come due pietre che si levigano a vicenda e col tempo diventano sempre più preziose. Non due sassi che si scontrano fino a rompersi. Credo che la differenza che passa tra la prima e la seconda situazione sia da ricercarsi solo in questo: il shoshin. Quando studiamo e pratichiamo aikido dovremmo osservare l’insegnante con mente sgombra e aperta, senza riscrivere mentalmente ciò che vediamo secondo quello che “sappiamo già” e poi cercare di riprodurlo insieme al partner, così pratichiamo come due pietre preziose, così ci esponiamo all’apprendimento, così andiamo avanti.

 

Grazie ancora e ti mando un caro saluto, buona pratica e buon non attaccamento!

Max….

 

Naturalmente il mio ringraziamento al  Maestro Max Gandossi , per la sua disponibilità e la bella intervista , come sempre mi auguro di incontrarlo sul tatami nel mio pellegrinar per Doji, e vi lascio con un saluto speciale a Stefano Bresciani di Leno dicendogli …io credo nelle missioni impossibili!

ciao a tutti il Vostro OVO SAN

 

 

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le vignette di Ovo san

” PITUFAUS” animale mitologico che vive nel nostro dojo, e che non ha voglia di fare un c…..

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le nostre lady di Orbassano

un bell'omaggio alle ragazze dell'aikido Orbassano , Alessia e Cristina

 

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Aikido, Aikijutsu e Aikijujutsu

Qui e qui si trovano un paio di articoli interessanti sulle differenze tra aiki do e jutsu.

Quando si discuteva sul questo è o non è aikido (a volte confuso con questo è o non è quello STILE/SCUOLA di aikido), ho sempre sostenuto che la differenza sostanziale tra DO e JUTSU, consiste nella finalità di esecuzione ("spaccare" o "perdonare"), più che nello stile/scuola usato/a.

Il Do è una via, un percorso di crescita. Il Jutsu è un metodo, uno strumento pratico per eliminare una minaccia.

Buona lettura.

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le vignette di Ovo san

…a Ezio

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le interviste di Ovo San con il M° Alessio Autuori

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Amici aikidoki riecco le avventure del Vostro Ovoreporter, dopo una piccola pausa  mi sono rimesso in Viaggio alla ricerca di nuove  interviste.
Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Alessio AUTUORI 4° Dan – che arriva dalla bellissima città di Salerno.
Un’incontro nato a Cogoleto (GE), grazie ad Alessio Candeloro promotore dell’Aikido on the Sea dove ho potuto verificare di persona le qualità di Alessio, e la sua conoscenza tecnica insomma un fantastico Aiki-uomo.

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Ma cominciamo a conoscerlo …
Comincia la pratica dell’Aikido nell’ottobre del 1993 sotto la guida del M° Ezio Antonucci dell’Aikido Club Salerno.
Studia l’Aikido Buikukai della scuola del M° Kobayashi attraverso la guida del suo insegnante di dojo e la frequentazione di raduni di allievi diretti del grande Shihan scomparso: i Maestri Jean Francois Riondet e André Cognard.
Nel gennaio del 1999 partecipa al suo primo raduno col M° Christian Tissier, cui seguirà un’assidua frequentazione di stage della sua scuola, diretti dal Maestro in persona e dai suoi allievi italiani e transalpini.
Nel febbraio 2002 la scelta di aderire alla scuola del M° Tissier e la creazione (insieme ad amici che hanno creduto nell’idea) dell’Associazione “Gaetano Galderisi”, affiliandola all’Area Discipline Orientali UISP
eccoci qui, allora Alessio come è iniziato il tuo viaggio nel mondo Aikido ?

Ho iniziato la pratica dell’Aikido il 2 ottobre 1993, lo ricordo perfettamente. Come tantissimi ragazzi dell’epoca…anche io ero uno di quelli “traviati” dalle Arti Marziali televisive ,Avevo deciso di iniziare in qualche dojo….così (in linea col mio carattere) decisi di non lasciare tutto al caso; feci delle ricerche. Girai e girai finchè non mi capitò di assistere ad una lezione di Aikido….zak! amore a prima vista.

Di lì a breve io e l’Aikido ci “fidanzammo”, dopo tanti anni stiamo ancora insieme….

 ecco le 5 domande:

Ovo san-

1-Ho visto che lavori molto sulla centralità e l’asse perpendicolare del corpo, questo è un concetto che ognuno deve approfondire nello studio, quanto ti aiuta in questo il Kashima ?

Alessio-

1 – devo ammettere che la tua osservazione mi colpisce, solitamente devo spiegare il concetto in se per ore in più lezioni, complimenti. Estendendo il concetto, lavoro TRAMITE centralità dell’asse, spalle rilassate, verticalità del lavoro e cura dell’equilibrio. Tutto ciò per me ovviamente non è un fine, ma si tratta di svariati mezzi comuni a tutti i percorsi che l’individuo può decidere di intraprendere. Mezzi “fisici” dunque, ovviamente necessari a tutti. Ogni praticante (di qualsivoglia disciplina) è pienamente consapevole( ad esempio) che al di fuori dello spazio occupato e gestibile dalle proprie braccia e dalle proprie gambe, il controllo diminuisce. Ragion per cui si lavora con Le anche sotto le spalle, le anche sopra le ginocchia, le ginocchia sopra i piedi. Per quanto riguarda il sistema Armato e quanto può contribuire a tutto ciò, è necessario ricordare che se vogliamo che le Armi apportino benefici alla nostra pratica aikidoistica, è necessario non solum che la scuola in oggetto sia affrontata bene, sed etiam che il sistema sia assolutamente coerente con la pratica disarmata. Per quanto riguarda la mia pratica armata e disarmata, è necessario dire che è fortemente influenzata dal Kashima Shin, una scuola di Kenjutsu tradizionale. Grazie a questo lavoro, le possibilità di affrontare verticalità di lavoro (oppure tagli, affondi, ecc….) sono aumentate vertiginosamente.

Ovo san-

2- un altro concetto che ho apprezzato è quello del “ PRIMA “…(ricordi lo sceriffo e il fetente), tu dicevi che lo scontro nasce già in lontananza … possiamo dire che una tecnica nasce nell’istante si è consapevoli che accadrà,e che si sviluppa nella guardia e quindi è già finita al primo contatto … è la consapevolezza ?

Alessio-

Altra ottima domanda, perfettamente collegabile alla precedente. In Aikido, genericamente siamo sempre troppo “rilassati”, per il semplice fatto che lo si consente. Per fare un parallelo cinematografico, se parlassimo dell’Accademia Jedi, potremmo dire che si evita lo studio di qualsiasi emozione che non sia la bontà o la compassione, per paura di cadere vittima del Lato Oscuro. In realtà esistono una moltitudine di sentimenti non solo affrontabili, ma talvolta necessari allo studio. Consideriamone uno: la determinazione! Tanti sono capaci di mantenere una calma serafica nell’ambito di una presa al polso. Già la calma viene meno se la presa si fa più ostica (ad esempio al collo). Un modo per allenare la propria presenza al momento (vivere in maniera adatta la situazione) è per esempio farsi attaccare in maniera sempre più incisiva e valutare la rilassatezza delle spalle, della nostra postura, attitudine, calma….e via dicendo. Talvolta l’eccessiva “rilassatezza” ci porta a dimenticare che stiamo studiando un Arte Marziale, e ci facciamo prendere nel modo più ingenuo possibile. Ed ecco il momento in cui la cosa si collega alla domanda precedente: l’intensità del momento, è uno dei cardini del Kenjutsu. Ancora una volta, in un sistema armato si trovano elementi utilissimi alla pratica disarmata.

Ovo san-

3- hai detto che ogni lezione non’è mai uguale neanche se la volessi fotocopiare , perché cambiano le sensazioni, insomma il Tuo o il Nostro aikido deve essere come l’acqua , si deve adattare al contenitore che trova per essere ogni volta nuovo e in evoluzione?

Alessio

3- la definizione del “come l’acqua” non l’ho mai amata, ma solo perché se ne fa un abuso. Un po’ come la citazione di Bruce Lee sulle cinture. Li vedo un po’come luoghi comuni, sebbene contengano del buono. Le lezioni, come le tecniche non sono e non devono mai essere uguali nel corso del tempo, altrimenti vuol dire che l’insegnante inserisce nel suo cervello un nastro registrato, alienandosi dal tatami….dagli allievi. A parità di allievi o compagni di tecnica (che si parli quindi di lezioni o di allenamenti), c’è sempre qualche variazione di volta in volta; è ovvio….i parametri cambiano: umore, forma fisica, esperienza, conoscenza, ecc… Talvolta l’insegnante, troppo fiducioso in una sua lezione in quanto “cavallo di battaglia”, non rende come altre volte, è la natura umana. L’allievo d’altra parte ricade in un errore ancor più grossolano nel rivisitare una lezione, a suo modo di vedere, già nota: pecca di altra forma di presunzione o noia, il “già visto”. E’ la natura umana. Lo studio (per apprendere, per ricercare o per didattica) non è attitudine di tutti.

Ovo san-

4- Se il tuo aikido fosse un fiume … sarebbe  Impetuoso come lo Zambesi, Generoso come il Nilo o Spirituale come il Gange ?

Alessio

4 – E’ stato impetuoso (molto, anche troppo) da giovane, di sicuro è generoso (e su questo aggettivo dovremmo spendere fiumi di parole), decisamente poco spirituale (e qui qualche spiegazione devo darla): ho sempre lavorato su un piano estremamente fisico della pratica, per poter acquisire mezzi e qualità che mi potessero mettere in comunicazione con quante più persone possibile sul tatami. Di sicuro influisce la mia predilezione per un Aikido applicativo. Trovo che i cosiddetti Grandi della pratica, abbiano da giovani lavorato moltissimo sul piano fisico, lasciandoci pesantissima eredità. Di quelli che abbiamo conosciuto da anziani, ci ha colpito anche la spiritualità, ma su questo io muovo sempre 2 osservazioni: 1) ogni età ha le proprie necessarie caratteristiche ed esigenze; 2) sarebbe bello è poter afferrare il senso della vita di un uomo considerando solo i suoi ultimi istanti di vita; a mio avviso, se davvero si è interessati al risultato di un uomo, dovremmo ANCHE considerare il suo percorso. Tornando alle caratteristiche della mia pratica direi….che per quanto si possano considerare tanti affluenti, la vedo come un fiume non troppo grande, ma deciso…che tocca taluni posti lasciando un immagine di determinazione e consapevolezza.

Ovo san-

5-so che lavori molto con i bambini, quale emozioni regalano che mancano agli adulti, hai un aneddoto ?

Alessio

5- Insegnare è un attitudine, ci si nasce a mio avviso. Ovviamente è una qualità che va indirizzata e coltivata. La capacità di lavorare con i bambini è una variazione particolare di questa attitudine. Non tutti ce l’hanno. E’ un ambito operativo difficile, soprattutto in Aikido, dove non c’è una struttura federale che può supportare l’insegnante, come avviene ad esempio nel Karate o nel Judo, discipline in cui questo settore è quasi scientificizzato (aggettivo duro da accettare per un aikidoka, lo so). Se si ha questa attitudine, il lavoro con i bambini ed i ragazzi può essere molto, molto gratificante e pregno di spunti. Diversi lavori sono adattabili in maniera biunivoca: esercizi creati per adulti possono essere adattati ai bambini, mentre esercizi e modalità esplicative adatte alle fasce di età minore, possono aiutare gli adulti a comprendere meglio il lavoro. Si può persino lavorare con le Armi. Ho sperimentato l’uso di spade e bastoni di minor peso con i preadolescenti ed esercizi di estrazione con spadine in gommapiuma con i bambini delle elementari. L’emozione provata nell’osservare i giovanissimi aikidoka alle prese con queste mie proposte (con risultati eccezionali) mi ha regalato un emozione che (ammetto) non mi ho mai provato nemmeno con i miei migliori allievi adulti o con i miei aiutanti. Mentre scrivo mi vengono in mente molti aneddoti al riguardo, ma quello a cui sono più legato riguarda una delle cose che dovrebbe essere tra le più ovvie, ma anche tra le più difficili da trovare al giorno d’oggi: i bambini che domandano il permesso prima di salire sul tatami. Educazione. Già solo questo…mi fa ben comprendere di aver partecipato alle loro vite in maniera significativa.

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Ecco è tutto! Si conclude così un altro viaggio alla ricerca dell’uomo che stà dentro l’Hakama, un personaggio speciale a cui porgo il mio più grande ringraziamento, sia per l’intervista, che per il piacere immenso di averlo conosciuto , grazie Alessio spero di ritrovarti ancora sul tatami.

in quanto a Voi tenete le orecchie tese Ovo San è sempre in tour, per i suoi speciali incontri…

Un’abbraccio alla prossima il Vostro OVO SAN

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viaggio a Cogoleto (GE)

aikido on the sea

si è tenuto a Cogoleto (GE) uno stage , capitanato da alessio Candeloro di aikido ..

a cui abbiamo partecipato in rappresentanza del Nostro Dojo …Ovo san e Kanettei san, consci della fatica ci siamo fatti accompagnare da Filippo Duva, Giorgia e Alessandro…

una bellissima manifestazione coordinata benissimo e capitanata da tre pilastri dell'aikido nostrano

Alessio Autuori         Marco Rubatto             Fabio Branno

una manifestazione di tre giorni , di aikido ad'alto livello ben mixato dal lavoro dei 3 Sensei che hanno saputo dare un'impronta tecnica importante, e non ci hanno fatto mancare l'umorismo adatto a superare le fatiche del seminario, insomma sono felice di non essermelo perso ho trovato molti nuovi amici tanti kiù con il sorriso e la voglia di imparare.

come promesso da A.Candeloro l'anno prossimo l'eveneto si ripeterà, e mi auguro di essere presente.

grazie a tutti Ovo San.

ps un saluto speciale a Stefania Feraboli

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Nara

un festival chiamato Kasuga Wakamiya Onsai oppure Kasuga Wakamiya On-Matsuri.

ecco il racconto di un viaggiatore in Giappone nella città di Nara,

tratto dal sito http://www.jappone.com/blog/giappone/cultura/

Merita di essere menzionata questa festività in quanto sono certo che chiunque sia in Giappone, magari nella zona del Kansai, verso la metà di dicembre non voglia perdere l’occasione di vedere ciò che cerco di illustrare in questo post.
Il On-Matsuri è un festival celebrato al sacrario di Wakamiya-jinja situato al gran sacrario di Kasuga Taisha.

anche il poliziotto è incantato

ecco

anche il poliziotto è incantato

saluto alla folla

saluto alla folla

Festival di Kasuga Wakamiya Onsai

Festival di Kasuga Wakamiya Onsai

Il Kasuga Taisha è un sacrario di Nara costruito nel 768 e ricostruito diverse volte nell’arco dei secoli. E’ il sacrario della famiglia Fujiwara, famiglia che in diverse occasioni ha coperto incarichi come sessho (reggente di un imperatore giovane) o kampaku (reggente di un imperatore adulto). L’interno del sacrario è famoso per le numerose lanterne di bronzo e per le tante lanterne in pietra che portano al sacrario. Lo stile architettonico è il Taisha-zukuri che prende il nome proprio dal sacrario di Kasuga. Il sacrario, assieme alla foresta di Kasugayama, è registrato come patrimonio mondiale UNESCO come parte dei monumenti storici dell’antica Nara.

un guerriero a cavallo

un guerriero a cavallo

i tempi moderni si vedono dal cellularte :-P

i tempi moderni si vedono dal cellulare :-P

fierezza fin da piccoli

fierezza fin da piccoli

Il On-matsuri fu organizzato per la prima volta nel 12-esimo secolo a seguito di un’epidemia. Preghiere venivano offerte per eradicare la piaga e per un buon raccolto. Questo festival è uno dei maggiori eventi della prefettura di Nara e attrae ogni anno centinaia di migliaia di persone.

Le feste durano quattro giorni ma le attrazioni maggiori si hanno il giorno 17, conosciuto come il Hon-Matsuri. Esibizioni di kagura (musica dedicata agli dei) e bugaku (musica di corte accompagnata da danze tradizionali).
Da non perdere assolutamente è la processione “Jidai Gyrotesu” dove vengono riprodotte abitudini e modi delle varie ere da oltre 500 persone in costumi d’epoca. La processione inizia alle 12 e si svolge sulla via principale e arriva al sacrario. Arrivando alla stazione di Nara con la linea Kintestu basta uscire dalla stazione stessa e mettersi ai bordi della strada per poter ammirare il passato storico di Nara passando dal periodo Heian fino al periodo Edo, cioè dal nono al diciannovesimo secolo.
Una volta passata la lunga processione (molte persone anche a cavallo) consiglio di passare per lo shotengai, che si può facilmente vedere (la galleria subito fuori la stazione), e passare dall’altra parte dove la processione passerà poco più tardi e potrà essere gustata per una seconda volta :-D

presto si congiungeranno alla processione

presto si congiungeranno alla processione

giovane samurai a cavallo

giovane samurai a cavallo

energia non le mancava

energia non le mancava

La stradina è stretta e la gente è veramente molta… bancarelle affiancano la processione. Non ho perso tempo per gustarmi alcune delizie :-P
Man mano che passa la processione consiglio di seguirla per arrivare al Kasuga-taisha e seguire le varie celebrazioni. Lungo il percorso sarà possibile ammirare ulteriori costumi e il parco dei cervi.

bancarelle con tako-yaki

bancarelle con tako-yaki

la folla era veramente grande :-D

la folla era veramente grande :-D

Il Todai-ji con il grande Buddha è vicino e può essere visitato tranquillamente nel pomeriggio.
Ho fatto un salto al Todai-ji (sarà la sesta o settima volta che ci vado ormai) e poi sono ritornato al sacrario per vedere le celebrazioni. Veramente difficile vedere bene a causa della tanta gente presente.
Unico neo della giornata era il tempo non particolarmente bello che aveva costretto diverse persone in costume di coprirsi con degli impermeabili. Anche al sacrario diversi oggetti esposti all’aperto erano coperti da teli… sarà per l’anno prossimo?
Sulla sera poi sono ritornato a Osaka fermandomi per un okonomiyaki… non uno qualunque ma quello che uso gustare da quando sono arrivato in Giappone: quello preparato al Fugetsu di Tsuruhashi, la casa madre di questa catena di okonomiyaki.
 

 

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i ventagli da guerra

in realtà era un' arma

tessen.jpgNoi occidentali siamo abituati ad usare il ventaglio per proteggerci dalla calura e dare un po’ refrigerio al viso. Nell’estremo Oriente, e quindi non solo in Giappone, il ventaglio veniva usato anche con altre funzioni tra le quali la difesa personale, l’offesa e, addirittura, come mezzo di comunicazione: è il ventaglio da guerra.
Del suo utilizzo, come arma, si trova già traccia nella mitologia dove non mancano duelli in cui uno dei contendenti non utilizzi un tipo di ventaglio da guerra. Ma è nell’epoca feudale, specialmente nel periodo di Edo, che questa arma ebbe il suo momento di gloria.
I ventagli di guerra erano usati principalmente come arma di difesa, ma, in taluni casi, anche come arma perl’attacco. Altro importante suo utilizzo era quello di trasmettere a distanza gli ordini dei comandanti durante una battaglia, ma questa funzione cadde presto in disuso quando nacqueto sistemi di comunicazione più pratici e sicuri.
Di questi tipi di ventagli, ce ne erano di varie forme (pieghevoli e non, piccoli e grandi, con fiocchi di stoffa) e di vario materiale (metallo, bambù, carta, rame, bronzo, legno).
Il tipo più conosciuto è forse il tessen che apparteneva all’arsenale personale di ogni Samurai. Il tessen poteva consistere in un ventaglio pieghevole (menhari-gata) o in una specie di randello che, a prima vista poteva sembrare un normale ventaglio pieghevole chiuso, ma era fatto di un unico bastone di metallo o di legno duro (tenarashi-gata). Per il basso prezzo, la maggiore efficacia e durata, i Samurai preferivano il tenarashi-gata che era usato anche dal corpo di polizia.
Ai samurai era impedito di portare spade, pugnali e altre armi in determinate situazioni: per esempio quando andavano a far visita ad un samurai di rango superiore o quando entravano in determinate aree della città. In questi casi il tessen, che i samurai potevano tenere con sè, assumeva una grande importanza come arma di difesa personale.
Esiste anche un’arte marziale, il tessenjutsu, che si basa sull’uso del tessen. E’ tuttora praticato in Giappone, seppure non sia molto diffuso, ma durante il periodo feudale il combattimento con i tessen erano molto frequenti e pare che, per esempio, un famoso spadaccino del 16° secolo fosse molto abile con il tessen di metallo.

Esistono altri tipi di ventagli da guerra:
– l’uchiwa, un ventaglio di metallo o legno, portato dagli alti ufficiali e che aveva varie funzioni (scudo contro le frecce, protezione dal sole e per trasmettere ordini ai soldati);
– il gunsen, ventagli pieghevoli, portati dai soldati, avevano le stecche interne di bronzo, o altro metallo, e quelle esterno di ferro;
– il saihai, usato nell’esercito per trasmettere ordini di spostamento delle truppe. Era composto da un ciuffo di stoffa attaccato ad un bastone.

Oltre a questi tipi di ventagli usati in ambiente militare, bisogna anche citare l’harisen, un ventaglio di carta, spesso di grandi dimensioni, usato principalmente nelle commedie teatrali e negli anime. Frequentemente lo si vede usato da un personaggio come arma da usare sulla testa dell’avversario producendo così un effetto comico e divertente per il pubblico.

 

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