Aikido libero e consapevole
La lettura si preannuncia interessante, se non altro perchè il libro è scritto da un praticante come noi che si pone domande che potrebbero essere le nostre e quelle pagine potrebbero farci riflettere.
Buona lettura.
Aikido libero e consapevole di Gabriele Pintaudi
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Nafuda Kake
Il termine Nafuda Kake è usato per descrivere il tabellone delle tavolette dei nomi che si trova nelle più tradizionali e classiche scuole Giapponesi di arti martiali. Da una analisi dettagliata del termine ricaviamo quanto segue:
- Na o Mei: nome, titolo onorifico
- Fuda o Satsu: etichetta, cartellino, piastrina
- Kake o Kakai: appendere, sospeso, attaccato
Il Nafuda Kake è un tabellone o scaffale nel quale vengono appese le tavolette con i nomi dei membri attivi del Dojo, esposte in ordine di grado. Il Nafuda rappresenta l’unione tra il Dojo e lo studente, e testimonia che l’individuo non è un semplice affiliato al Dojo, ma un valido membro che fa parte dell’organizzazione.
I membri del Dojo che sono in buoni rapporti con la scuola, vedranno con orgoglio la loro tavoletta col nome occupare un posto nel tabellone. Finchè esiste una storia significativa di pratica individuale nel Dojo come membro che gode di buona reputazione che è stato formato da un allenamento comune, il Nafuda rimane esposto sul tabellone. Anche se qualcuno se ne va, il loro cuore occupa ancora un posto nel Dojo.
Si può avere la sensazione che quella persona vorrebbe essere ancora li e lo sarà di nuovo appena possibile. Possono passare anni ed il Nafuda rimane nel tabellone fintanto che quella sensazione di unione, di appartenenza, continua.
Il Nafuda Kake viene anche usato per indicare il grado e lo stato dello studente che si allena nel Dojo. Il tabellone sapara gli studenti di livello Kyu e Dan per evidenziare quelli che hanno raggiunto il grado più alto attraverso un onesto impegno. Questo metodo di monitoraggio dei membri serve come fonte di motivazione e crea un forte senso di legame tra i membri.
Il Nafuda kake è solitamente fatto con legno leggero come l’abete od il pino. Questi tipi di legno possono rimanere naturali senza nessuna colorazione o finitura. Per scrivere i nomi sul Nafuda viene usato uno speciale pennello che gli dona bellezza ed autenticità. In alcuni casi sul dorso della tavoletta vengono registrate informazioni riguardanti la pratica e le promozioni dei rispettivi membri. Questo consente di avere una breve storia della pratica del singolo studente. Quando uno studente si ritira la tavoletta può essere riutilizzata semplicemente levigando il nome via dalla superfice, comunque i possessori di gradi DAN dovrebbero essere generalmente mantenuti poiché il conseguimento della cintura nera è uno stato permanente.
In alcuni Dojo, gli studenti non possiedono il loro Nafuda fino al conseguimento del 3° Kyu (cintura verde). Fintanto che quel grado non viene raggiunto, l’individuo non è considerato membro del Dojo. Gli studenti che lasciano il Dojo per un periodo di tempo che va oltre un mese e non lo comunica al suo istruttore vedrà il suo Nafuda rimosso dal tabellone. Gli studenti che non pagano per tempo la retta mensile per l’allenamento qualche volta possono vedere rimosso temporaneamente il loro Nafuda come segnale di imbarazzo e disciplina, sarà poi riposizionato una volta che l’insegnante sarà soddisfatto dell’impegno dimostrato dallo studente. Quando uno studente supera l’esame per il passaggio di grado, viene autorizzato a spostare il proprio Nafuda al nuovo livello raggiunto. Degno di nota è che ogni tavoletta ha il nome dello studente scritto in giapponese come anche il grado e la categoria. Dopo diverso tempo ci si aspetta che ogni studente sappia leggere il proprio nome in giapponese.
Mantenere aggiornato il Nafuda Kake richiede tempo ed attenzione e l’intera struttura del tabellone è fatta a mano e manutenuta dal Maestro (Sensei). Questo impegno è un investimento che serve a creare un atmosfera di tradizionale serietà ed impegno. Un Dojo non è niente di più che i suoi membri.
L’ordine con cui vengono esposti i nomi ed i gradi è semplice. I nuovi studenti prendono posto nel ripiano in basso a partire da sinistra, non ha importanza quanto grande sia il tabellone. Avanzando di grado la loro tavoletta verrà spostata a destra nel grado successivo. Una volta raggiunto il lato destro e non essendoci più spazio, il Nafuda verra posizionato sul ripiano superiore partendo sempre da sinistra. Questo rappresenta la crescita nel grado e l’esperienza che lo studente acquisisce attraverso il duro allenamento.
KODO – L’arte dei tamburi Giapponesi
Grande opportunità per assistere ad un emozione veramente unica e profonda nel suo genere.
Io li ho visti due volte e posso garantirvi che è uno spettacolo da non perdere.
Il 6 e 7 marzo alle ore 21, uniche date italiane del tour 2012 30th Anniversary One Earth Tour.
Kodò il battito del cuore i tamburi giapponesi dell’isola di Sado 30th Anniversary One World Tour 2012.
L’ensemble percussionistico giapponese Kodò torna in Italia per due uniche date al Teatro Dal Verme (Milano) nel tour europeo che festeggia i trent’anni di attività di questo straordinario gruppo musicale. Partendo dalla tradizione delle percussioni giapponesi Kodò ha sviluppato una propria e forte identità che nonostante i molti tentativi d’imitazione resta impareggiabile e inconfondibile. Ambasciatore della cultura del taiko (il tamburo giapponese) in tutto il mondo, in questo tour Kodò si fa anche portatore di un messaggio di ottimismo e speranza dopo i tragici avvenimenti che hanno colpito il Giappone lo scorso anno.
Kodò in questi trent’anni ha portato il suono potente e rasserenante del taiko in 46 nazioni in tutto il mondo con un messaggio di unità tra i popoli. Noto a livello globale per l’intreccio unico tra un rigoroso stile di vita, virtuosismo musicale e la capacità di ravvivare la tradizione, l’ensemble ritorna in Europa da gennaio a marzo 2012, con un programma che unisce pezzi di recente creazione ai classici immancabili nei loro concerti. Kodò unisce alla vibrante energia delle percussioni l’eleganza della musica e dei movimenti in una performance che è davvero indescrivibile a parole. Insieme a brani nuovi mai eseguiti in Europa, Kodò introduce anche un nuovo solista Kenta Nakagome che farà il suo debutto europeo, confrontandosi con il gigantesco tamburo, che è diventato segno distintivo del gruppo, o-daiko, dal peso di 900 chili, per suonare il quale alla finezza si deve aggiungere grande forza fisica.
Per la prima volta nel programma di quest’anno compaiono brani inediti come l’originale Sakaki, che unisce percussioni e danza, ad apertura del concerto. Composto da Masaru Tsuji, uno dei Kodò, prende il titolo dal nome di un albero sempreverde sacro per la religione shintoista e usato nei rituali di purificazione. Per preparare le loro performance i Kodò studiano le forme tradizionali delle varie regioni del Giappone, in cui danza e percussioni si fondono in una forma d’arte integrata. Durante la creazione di Sakaki, per gli elementi di danza il coreografo Kenzo Abe si è ispirato alla giapponese kagura (musica sacra e danze eseguite nei santuari). I movimenti a spirale e ondulatori della ballerina rispondono ai ritmi crescenti del taiko, invadendo la sala con un vortice di immagini e suoni e riempiendola di intensa energia.
L’ensemble ha sviluppato un nuovo approccio alla messa in scena e alla scenografia, che ricrea sui diversi palcoscenici lo spirito della sala prove in legno di Kodò. Invece di nascondere i tamburi dietro le quinte, la maggior parte degli strumenti rimane a vista fino anche quando non vengono suonati, proprio come accade nella sala prove in cui il gruppo crea la sua musica. Questo dà nuovo vigore alla performance, enfatizzando le forme semplici ma belle dei tamburi, dei musicisti nella cornice dello spazio spoglio, e coinvolgendo il pubblico.
Kodò si è sempre caratterizzato per la sperimentazione, radicata nello studio delle arti tradizionali giapponesi a cui si unisce la capacità di utilizzare le influenze della musica di tutto il mondo per creare nuove forme musicali. Le composizioni più recenti contenute nell’ultimo album Akatsuki (pubblicato nel 2011) – tra cui Sorae Stride-show – dimostrano come il taiko possa trovare espressione in territori musicali inaspettati, attingendo alle sonorità irlandesi ascoltate durante il tour europeo o al samba reggae, che ha catturato la loro attenzione nel nord est del Brasile. Nel CD in alcuni brani si dà spazio alle voci delle interpreti femminili del complesso, dando possibilità a tutti e undici i componenti di arricchire la musica del gruppo con la loro individualità. La potenza delle percussioni è completata dagli strumenti a corda tradizionali giapponesi shamisen, koto e kokyu (strumenti tradizionali giapponesi a corda), che rivelano la versatilità della tradizione musicale giapponese. Le composizioni nel CD Akatsuki, e ancor più la performance sul palco, rappresentano la maturità di trenta anni di musica di Kodò e riflettono una continua evoluzione del repertorio basato sulle arti dello tradizionali di ogni parte del Giappone, così come la musica e le culture con cui Kodò viene in contatto durante le sue tournée. Questi stili ed esperienze diventano poi patrimonio per la generazione successiva di musicisti e performer, rendendo l’esperienza di Kodò unica nel suo genere.
Naturalmente i pezzi classici di Kodò restano una parte vitale e immancabile nelle esecuzioni del gruppo in armonia con la sua evoluzione. I brani distintivi del gruppo come O-Daiko, Yatai-bayashi, Miyake, rimangono capolavori, anch’essi però reinterpretati dai performer della nuova generazione. Variazioni sui brani possono riflettere la sala in cui vengono eseguiti o possono anche cambiare con le stagioni, ma maturano anche nel tempo e rivelano sfumature inaspettate e sempre nuova forza. I nuovi musicisti aggiungono una freschezza che è sostenuta dalla tradizione di Kodò che continua a evolversi come anche il gruppo, che si arricchisce di nuovi incontri e collaborazioni in tutto il suo tour. Assistere alle performance del gruppo è un modo unico di sperimentare la musica e la tradizione di Kodò. I performer che vediamo esibirsi sul palcoscenico sono stati sottoposti a una rigida selezione, basata sul talento e le qualità individuali, ma anche sull’adesione a uno stile di vita rigoroso che risulta propedeutico al virtuosismo anche atletico dei musicisti.
I mesi dell’anno
Nel giapponese moderno i mesi non hanno un nome, ma vengono semplicemente numerati:
Ichi gatsu, ni gatsu, san gatsu e così via.
Ichi gatsu ((睦月) significa alla lettera prima luna, nel senso di primo mese.
Anticamente invece quello che era il nostro Ianuarius (il mese del dio Giano) era mutsuki ((睦月), il mese dei legami. Februarius (il mese delle febbri) era kisaragi (如月), il mese delle nuove vesti. Martius (il mese del dio Marte) era yayoi (弥生), il mese della nuova vita.
Come mai iniziamo l'anno ora e non in primavera, quando sboccia la nuova vita? Non ho una risposta da dare, ma solamente una ipotesi. Anche il calendario italico arcaico iniziava da marzo, mese in cui germogliano le messi e sotto gli auspici del dio Marte si dava inizio ai conflitti. Fu il secondo re di Roma, Numa Pompilio ad introdurre due mesi supplementari. Dedicò il primo al dio Giano che sovrintendeva al termine ed all'inizio di ogni cosa, fissando con esso l'inizio del nuovo anno.
Ancora conserviamo il ricordo del nostro calendario ancestrale nei nomi degli ultimi mesi dell'anno, a partire da settembre che è in realtà in nono mese e non il settimo per finire con dicembre che è il dodicesimo e non il decimo. Conosciamo dunque, anche se avvolta nella leggenda, la data di inizio di questa consuetudine; non ne conosciamo tuttavia le ragioni.
Io penso che gli antichi, nella loro grande saggezza, abbiano voluto considerare come momento iniziale della vita quello in cui il seme viene deposto, anche se rimane a riposo sotto una coltre di terra gelida ed apparentemente sterile. Non quello in cui germoglia e viene finalmente alla luce. Se questo loro credenza era giusta, e mi piace credere che lo sia, ne possiamo trarre un insegnamento: proprio il momento più buio e più freddo di un ciclo è quello in cui si deve deporre il seme per il ciclo futuro.
Ni gatsu
Aiki…Tango!!
Baila Uke, baila che te pago….
In tanti dicono che l'Aikido sembra una danza e questo video esalta questo concetto.
Endo Sensei – La rigidità della fretta
In questo video Endo Sensei inizia dicendo: "Quando si cerca di fare qualcosa, si diventa precipitosi <..>".
Un ottimo spunto di riflessione sul quale studiare e provare.
Per Ovo san: questo video dovrebbe ricordartene uno che hai proposto via mail poco tempo fa…
Cos’è che manca?
Durante il mio girovagare tra la rete alla ricerca di qualche spunto di riflessione sull'Aikido, mi sono imbattuto in questo video su YouTube… Posso dirvi una cosa? Ho provato tristezza, pena e… sconforto.
Forse un po' per l'età del protagonista, che sento comunque di dover rispettare, ma anche per quello che io credo l'Aikido costruisca dentro ognuno di noi con gli anni di pratica… ma se non fosse così?
E' indispensabile essere onesti con noi stessi, farci continuamente esami di coscenza ed assolutamente non cadere nell'autocompiacimento pensando di aver acquisito col grado chissà quali magiche abilità.
Nei commenti lasciati da chi ha visionato il filmato si parla di "pessimi Uke", "Uke irrispettosi" o "Uke che oppongono resistenza alle tecniche"… Ma allora cos'è l'Aikido? Una bella coreografia preparata e concordata tra i praticanti? L'armonia di cui si sente sempre parlare è un semplice affiatamento tra due bravi ballerini?
No, io non voglio questo. Io voglio sapere ed essere consapevole delle mie capacità e delle mie lacune; non voglio essermi illuso per poi venir bruscamente portato alla realtà alla prima occasione che esce dagli schemi abituali.
Dove sono la capacità di adattamento alle situazioni impreviste, la gestione ed il controllo dell'Uke?
Ma sto scrivendo di impulso e non so se sono riuscito a trasmettere il mio pensiero in modo chiaro, quindi guardate il filmato e provate ad esprimere il vostro.