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Archivio annuale 20/03/2012

Pubblicità marziali :)

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Tornando alle origini

Parliamo spesso di Aikido, Judo, Karate, jujitsu e chi più ne ha più ne metta, ognuna di queste discipline con la propria peculiarità, ma una volta esisteva solo il Budo la via del guerriero.

Tutto nasceva dalla necessità di uscire vincitori o morire in battaglia; dovevi essere in grado di combattere corpo a corpo, a mani nude o con qualunque arma a disposizione questa era l’Arte Marziale.

Ogni tanto con i compagni di pratica si parla di questo e si ipotizza di poter sperimentare la coesistenza di tutte queste discipline e di quanto potrebbero essere propedeutiche alla nostra. Ebbene guardate questo video, potrete cogliere quanto c’è di comune.

Il potagonista è Kenji Ushiro sensei, maestro di karate di Okinawa stile Shindo Ryu.

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Aikido libero e consapevole

La lettura si preannuncia interessante, se non altro perchè il libro è scritto da un praticante come noi che si pone domande che potrebbero essere le nostre e quelle pagine potrebbero farci riflettere.

Buona lettura.

 

Aikido libero e consapevole di Gabriele Pintaudi

 

Titolo: Aikido libero e consapevole

  • Autore: Gabriele Pintaudi
  • Collana: Saggistica
  • Data di uscita: Febbraio 2012
  • Pagine: 140
  • ISBN: 9788866186540

Cos’è un’arte marziale? Perché praticarla? Questo testo non parla solo di aikido, ma rappresenta una chiarissima guida per allievi e insegnanti che stanno compiendo un percorso nella loro disciplina, e vogliono approfondirne le ragioni. Trattasi di una guida rivoluzionaria e originale, che tocca temi che spaziano dalla psicologia alla didattica, e affrontano argomenti spesso dati per scontati e non approfonditi a dovere nelle arti in generale. L’obiettivo è il risveglio dell’intelligenza, dell’intuizione, della sensibilità, scavando in profondità attraverso descrizioni spesso anche pungenti e dirette. Lo scopo è quello di fare chiarezza, di aiutare la gente ad aprire gli occhi e guardarsi dai falsi maestri, di ritrovare la semplicità nelle cose, di capire chi è la nostra guida e chi sono i nostri compagni, cercando di comprendere se sono persone serie o meno. L’arte marziale è uno strumento per conoscersi, e questo libro offre gli strumenti per far si che ciò avvenga in modo più chiaro e immediato possibile.

 

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Oyo Henka

Il maestro Saotome sull'Oyo Henka, l'utilizzo costruttivo della resistenza alla tecnica.

Dura un'oretta.

 

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il bonsai

Il termine "bonsai" è giapponese ed è costituito dai due ideogrammi 盆栽: il primo significa vassoio o contenitore (bon), mentre il secondo (sai) significa educare e, in senso lato, il coltivare.

Questi alberi in vaso possono essere paragonati a normali piante che sono state "semplicemente" coltivate in maniera migliore ovvero con cure e attenzioni delle quali generalmente altre piante non necessitano. Per rendere la pianta nel suo complesso più forte e adatta a sopravvivere in spazi ristretti, si procede alla potatura delle radici fittonanti (quelle che penetrano in profondità nel terreno), al rinvaso periodico e ad adeguate potature dei rami.

I bonsai, sia come senso estetico naturale sia come la filosofia orientale suggerisce, devono seguire degli stili ben precisi accomunati dalla conicità del tronco, dalla dimensione ridotta delle foglie e soprattutto dalla naturalezza della pianta stessa, che nel suo insieme (vaso compreso) ha lo scopo di riprodurre la natura in piccole dimensioni.

È sbagliato pensare che i bonsai soffrano nei vasi: è solo un'impressione che si ha, a causa delle forme spesso contorte o delle parti di legno secco create appositamente per dare un effetto di vetustà alla pianta. Se un bonsai soffrisse non arriverebbe a fiorire o addirittura a fruttificare.

La tecnica bonsai, nata in Cina e perfezionata in Giappone, è legata a quello che gli Orientali chiamano seishi: l'arte di dare una forma, di coltivare, il praticare le tecniche più svariate sempre nel rispetto della pianta. I bonsai sono dunque natura viva, piccoli alberi che malgrado le dimensioni contenute esprimono tutta l'energia che è racchiusa in una pianta grande. Alcuni bonsai vengono curati ed educati in modo da creare scene comuni come la pesca o la caccia.[senza fonte]

Gli orientali definiscono il bonsai come l'unione della natura con l'arte, così come il teatro e la danza classica sono per i giapponesi la sintesi di musica e storia. A differenza dell'Ikebana, l'arte di comporre i fiori, il bonsai non si può insegnare con formule esatte o regole matematiche, ma con i comuni principi di botanica, senso estetico e una buona dose di pazienza.

Per esigenze didattiche i maestri giapponesi hanno stabilito regole e principi di bellezza che hanno permesso ai neofiti di seguire un percorso preciso e facilitato per creare un bonsai.

Come in ogni arte esistono veri e propri capolavori, anche plurisecolari e dal valore inestimabile; a differenza di altre attività artistiche, nell'arte Bonsai il soggetto è in continua (e lenta) evoluzione. Oltretutto nel caso di Bonsai famosi, sulla stessa pianta, nel corso del tempo, intervengono diversi maestri e collezionisti, rendendo l'opera indipendente dall'artista che l'ha creata (o raccolta).

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manga

Tipologie di Manga

In questo post ecco le tipologie di manga presenti in Giappone, oggi cercherò di dettagliarne alcune.
Kodomo (dal giapponese Kodomo che significa bambino): serie di pubblicazioni infantili che sono indicate per i più piccoli come per esempio Gakkou no Kaidan (storia di fanstasmi) ed Hello Kitty. A volte però anche gli adulti si interessano a queste serie.

Shonen (kanji: 少年, hiragana: しょうねん): significa letteralmente "giovane" (uomo) ma il termine si può utilizzare per riferirsi a manga che sono indicati per ragazzi adolescenti anche se a volte attraggono anche le ragazze. Solitamente ci sono lotte e grandi dosi di azione oppure scene romantiche viste con gli occhi di un ragazzo. Alcuni esempi sono Gundam Wing, Dragon Ball ed Inuyasha. I manga diretti ai ragazzi adolescenti sono raggruppati in occidente agli Seinen.

Shōjo (kanji: 少女, hiragana: しょうじょ): è il tipo di manga indicato per le ragazze però a volte vengono comprati anche dai ragazzi. La parola significa "ragazza giovane". Tradizionalmente lo "shōjo puro" si incentra su una grande storia d'amore e un forte protagonismo femminile però esistono anche storie con un discreto quantità di azione e dove i protagonisti sono sia ragazzi che ragazze (soprattutto il sottogenere dedicato alla magia). Per esempio Sailor Moon combina elementi di "shōjo puro" con elementi di azione. Spesso gli shōjo includono al loro interno anche storie shōnen-ai o yaoi. Altre forme per scrivere shōjo sono: shojo, shôjo y shoujo. Secondo alcuni questa tipologia di manga deriva dall'epoca di Osamu Tezuka.

Seinen (青年): è una sottocategoria di manga il cui obiettivo è quello di attrarre un pubblico maschile di diciotto anni o più. L'equivalente femminile è il josei. Un modo molto comune per identificare un seinen manga e per non confonderlo con uno Shonen è quello di controllare se nei dialoghi i kanji sono tradotti anche in kana (hiragana o katakana). La carenza di kana sta ad indicare che tale manga è destinato ad un pubblico adulto. Altro modo per distiguere queste due tipologie di manga è vedere il nome della rivista dove essi vengono pubblicati. Se sono Shonen solitamente vengono pubblicati su riviste che nel nome hanno la parola Young altrimenti hanno la parola Seinen.

Josei (女性) : letteralmente donna, anche conosciuto come redīsu (レディース) o redikomi (レディコミ) che significano letteralmente fumetti per donne. E' un genere di manga creato principalmente per le donne sia giovani che adulte. Le storie trattano di esperienze giornaliere vissute dalle donne che vivono in Giappone. Alcune di queste trattano i problemi che le donne incontrano nel prepararsi all'università.

martedì, gennaio 23, 2007

Tipologie di manga

Kanji MangaOggi vi voglio illustrare le varie tipologie di Manga che si possono incontrare.
Suddivise per target di utenza:
– kodomo manga (per i bambini)
– Shōnen manga (per i maschi adolescenti)
– Shōjo manga (per le femmine adolescenti)
– Seinen manga (per i maschi adulti)
– Josei manga (per le femmine adulte)
Per genere:
– Gekiga (drammatico)
– La nouvelle manga (Unione di storie francesi e manga)
– Semi-alternativo
– Harem manga (un ragazzo circondato da molte donne)
– Mahō Shōjo (una ragazza che si trasforma o possiede poteri speciali)
– Moé (come Mahō Shōjo)
– Mecha (Robots giganti)
– Shōjo-ai (Romanzo lesbico)
– Shōnen-ai (Romanzo gay)
– Dōjinshi (Manga creato per gli affezionati)
Hentai: E’ il nome che si da al manga erotico e pornografico in occidente, in Giappone è conosciuto anche come seijin manga o ecchi. A sua volta, questo tipo di manga, si suddivide in categorie che servono anche per catalogare videogiochi o anime:
Softcore:
• Loli-con (ragazze)
• Shōta-con (ragazzi)
• Yuri (tematica lésbica)
• Yaoi (tematica gay)
Hardcore:
• Futanari (ermafroditi)
• Ero-guro (erotico grottesco)

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christian Tissier

Christian Tissier è nato 7 febbraio 1951 a Parigi. Ha iniziato a praticare Aikido nel 1962 con Jean-Claude Tavernier, e presto, con il maestro Nakazono.

1975, C.TISSIER studiato presso l'Aikikai di Tokyo

1975, Maestro Seigo Yamaguchi e C.TISSIER.

Christian Tissier afferma subito come un professionista eccezionalmente dotato e secondo dan sarà assegnato a lui dal suo maestro nel 1968, quando aveva appena compiuto appena 17 anni, confermerà. E fu nel gennaio del 1969 che ha realizzato il suo sogno di andare in Giappone, il centro mondiale per la spalla a spalla con i maggiori esperti nella disciplina che ha scelto volontariamente: aikido, e in treno con loro. Partito per un soggiorno di 6 mesi, resterà in vigore sette anni nella terra del sol levante.

Ha praticato con tutti i maestri del Aikikai e soprattutto con Doshu e Seigo Yamaguchi, dove divenne il discepolo prediletto, Mitsugi Saotome Sensei e l'adorato Osawa, Direttore Tecnico del Aikikai.

1975, Doshu Ueshiba Kishomaru con C.TISSIER

1970, combattenti e campioni Gym Mejiro a Tokyo. Kimura – Shima – Fujiwara. All'estrema destra, accanto al C.Tissier, alla fine del Partick Brizon pioniere Kik Boxing in Francia, ha lasciato fotografo Vicnovas.

Ha praticato anche il kenjutsu e anche kick-boxing per divertimento, solo per affrontare una "sport di contatto".

Al di fuori delle arti marziali in aula, Christian Tissier studio giapponese presso la "Scuola della lingua giapponese, Tokyo" e "Sophia University". Parallelamente e per sostenere se stesso, ha insegnato liceo francese e franco-giapponese Institute of Tokyo.

Approfondimento della cultura giapponese

1976, Creazione del TISSIER Circle

Si tratta di 4 ° dan quando decide di tornare in Francia nel mese di luglio 1976. Egli ha creato in Vincennes, vicino Parigi, Cercle Christian Tissier, dove molti insegnanti saranno formati e la maggior parte del FFAAA tecnici delegati.

Sempre presente in Giappone, l'Aikikai gli ha assegnato il 5 ° dan nel 1981 e 6 ° Dan nel 1986. Il Comitato Nazionale di gradi francesi Interfederal emetterà il 7 ° dan nel 1997 e il 7 ° Dan Aikikai sarà presentato dal Maestro Doshu Ueshiba Kisshomaru, se stesso, nella sua casa in presenza del suo successore, il figlio Moriteru Ueshiba, nel mese di gennaio nel 1998.

1997, consegnato al settimo Dan Christian Tissier

 

 

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Nafuda Kake

Il termine Nafuda Kake è usato per descrivere il tabellone delle tavolette dei nomi che si trova nelle più tradizionali e classiche scuole Giapponesi di arti martiali. Da una analisi dettagliata del termine ricaviamo quanto segue:

  • Na o Mei: nome, titolo onorifico
  • Fuda o Satsu: etichetta, cartellino, piastrina
  • Kake o Kakai: appendere, sospeso, attaccato

 

Il Nafuda Kake è un tabellone o scaffale nel quale vengono appese le tavolette con i nomi dei membri attivi del Dojo, esposte in ordine di grado. Il Nafuda rappresenta l’unione tra il Dojo e lo studente, e testimonia che l’individuo non è un semplice affiliato al Dojo, ma un valido membro che fa parte dell’organizzazione.

I membri del Dojo che sono in buoni rapporti con la scuola, vedranno con orgoglio la loro tavoletta col nome occupare un posto nel tabellone. Finchè esiste una storia significativa di pratica individuale nel Dojo come membro che gode di buona reputazione che è stato formato da un allenamento comune, il Nafuda rimane esposto sul tabellone. Anche se qualcuno se ne va, il loro cuore occupa ancora un posto nel Dojo.

Si può avere la sensazione che quella persona vorrebbe essere ancora li e lo sarà di nuovo appena possibile. Possono passare anni ed il Nafuda rimane nel tabellone fintanto che quella sensazione di unione, di appartenenza, continua.

Il Nafuda Kake viene anche usato per indicare il grado e lo stato dello studente che si allena nel Dojo. Il tabellone sapara gli studenti di livello Kyu e Dan per evidenziare quelli che hanno raggiunto il grado più alto attraverso un onesto impegno. Questo metodo di monitoraggio dei membri serve come fonte di motivazione e crea un forte senso di legame tra i membri.

Il Nafuda kake è solitamente fatto con legno leggero come l’abete od il pino. Questi tipi di legno possono rimanere naturali senza nessuna colorazione o finitura. Per scrivere i nomi sul Nafuda viene usato uno speciale pennello che gli dona bellezza ed autenticità. In alcuni casi sul dorso della tavoletta vengono registrate informazioni riguardanti la pratica e le promozioni dei rispettivi membri. Questo consente di avere una breve storia della pratica del singolo studente. Quando uno studente si ritira la tavoletta può essere riutilizzata semplicemente levigando il nome via dalla superfice, comunque i possessori di gradi DAN dovrebbero essere generalmente mantenuti poiché il conseguimento della cintura nera è uno stato permanente.

In alcuni Dojo, gli studenti non possiedono il loro Nafuda fino al conseguimento del 3° Kyu (cintura verde). Fintanto che quel grado non viene raggiunto, l’individuo non è considerato membro del Dojo. Gli studenti che lasciano il Dojo per un periodo di tempo che va oltre un mese e non lo comunica al suo istruttore vedrà il suo Nafuda rimosso dal tabellone. Gli studenti che non pagano per tempo la retta mensile per l’allenamento qualche volta possono vedere rimosso temporaneamente il loro Nafuda come segnale di imbarazzo e disciplina, sarà poi riposizionato una volta che l’insegnante sarà soddisfatto dell’impegno dimostrato dallo studente. Quando uno studente supera l’esame per il passaggio di grado, viene autorizzato a spostare il proprio Nafuda al nuovo livello raggiunto. Degno di nota è che ogni tavoletta ha il nome dello studente scritto in giapponese  come anche il grado e la categoria. Dopo diverso tempo ci si aspetta che ogni studente sappia leggere il proprio nome in giapponese.

Mantenere aggiornato il Nafuda Kake richiede tempo ed attenzione e l’intera struttura del tabellone è fatta a mano e manutenuta dal Maestro (Sensei). Questo impegno è un investimento che serve a creare un atmosfera di tradizionale serietà ed impegno. Un Dojo non è niente di più che i suoi membri.

L’ordine con cui vengono esposti i nomi ed i gradi è semplice. I nuovi studenti prendono posto nel ripiano in basso a partire da sinistra, non ha importanza quanto grande sia il tabellone. Avanzando di grado la loro tavoletta verrà spostata a destra nel grado successivo. Una volta raggiunto il lato destro e non essendoci più spazio, il Nafuda verra posizionato sul ripiano superiore partendo sempre da sinistra. Questo rappresenta la crescita nel grado e l’esperienza che lo studente acquisisce attraverso il duro allenamento.

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addio sensei Fujimoto

 

Sincero cordoglio per la morte del M° Yoji Fujimoto

Il 20 febbraio 2012 il M° Yoji Fujimoto è venuto a mancare. La cerimonia funebre si terrà
venerdì 24 febbraio, ore 14:30 presso il cimitero di Lambrate. La redazione esprime le più vive condoglianze alla famiglia. Il M° Fujimoto ha rappresentato un riferimento ed un modello come insegnante e soprattutto come uomo per la dignità e la forza con la quale ho condotto la sua battaglia nei confronti della malattia che lo ha colpito. La sua morte significa, dunque, una gravissima perdita per il mondo dell’Aikido e per quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Il M° Yoji  Fuji nasce a  a Yamaguchi nel sud del Giappone nel 1948, il giovane Fujimoto  e sembra destinato a seguire l’arte di famiglia, il kendo, sottoponendosi, sin da bambino, a brusche levatacce per impugnare lo shinai nella quotidiana lezione antelucana sotto la guida del padre, maestro di quest’arte, prima di recarsi a scuola, o sotto il vigile controllo della madre.

Ma verso i quattordici anni, assieme a degli amici, assiste ad una lezione di Aikido, rimanendo avvinto all’istante dalla personalità del fondatore e dei tanti grandi maestri che all’epoca dispensano il loro sapere in quella leggendaria scuola.

Inizia il suo cammino nell’Aikido e quando si trasferisce a Tokyo per frequentare l’università viene ammesso a frequentare l’Hombu Dojo di Tokyo. Era già shodan nel 1962.

L’impegno nella pratica non gli impedisce di applicarsi con profitto agli studi presso l’Università Nitaidai dove fonda anche un gruppo di Aikido ancora oggi attivo e diretto all’inizio dal maestro Tohei e poi dal maestro Masuda.

Ha già il desiderio di conoscere il mondo, sa che deve attendere il conseguimento della laurea in Scienze Motorie, ma non sa ancora che di lì a poco sarà chiamato a diffondere l’arte dell’aikido in Italia.

Il suo arrivo in Italia, benché non coincida esattamente con il ritorno in Giappone del Maestro Tada, è provvidenziale e riesce in qualche modo a colmare l’irrimediabile vuoto lasciato da questi.

Per anni si moltiplica, tenendo raduni, manifestazioni e lezioni in tutti i Dojo d’Italia, avendo come base Milano, dove fonda l’Aikikai Milano.

(Le note sulla vita del M° Fujimoto sono tratte dalla Home page dell’Aikikai Milano)

 

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KODO – L’arte dei tamburi Giapponesi

 

Grande opportunità per assistere ad un emozione veramente unica e profonda nel suo genere.

Io li ho visti due volte e posso garantirvi che è uno spettacolo da non perdere.

Il 6 e 7 marzo alle ore 21, uniche date italiane del tour 2012 30th Anniversary One Earth Tour.
Kodò il battito del cuore i tamburi giapponesi dell’isola di Sado 30th Anniversary One World Tour 2012.
L’ensemble percussionistico giapponese Kodò torna in Italia per due uniche date al Teatro Dal Verme (Milano) nel tour europeo che festeggia i trent’anni di attività di questo straordinario gruppo musicale. Partendo dalla tradizione delle percussioni giapponesi Kodò ha sviluppato una propria e forte identità che nonostante i molti tentativi d’imitazione resta impareggiabile e inconfondibile. Ambasciatore della cultura del taiko (il tamburo giapponese) in tutto il mondo, in questo tour Kodò si fa anche portatore di un messaggio di ottimismo e speranza dopo i tragici avvenimenti che hanno colpito il Giappone lo scorso anno.
Kodò in questi trent’anni ha portato il suono potente e rasserenante del taiko in 46 nazioni in tutto il mondo con un messaggio di unità tra i popoli. Noto a livello globale per l’intreccio unico tra un rigoroso stile di vita, virtuosismo musicale e la capacità di ravvivare la tradizione, l’ensemble ritorna in Europa da gennaio a marzo 2012, con un programma che unisce pezzi di recente creazione ai classici immancabili nei loro concerti. Kodò unisce alla vibrante energia delle percussioni l’eleganza della musica e dei movimenti in una performance che è davvero indescrivibile a parole. Insieme a brani nuovi mai eseguiti in Europa, Kodò introduce anche un nuovo solista Kenta Nakagome che farà il suo debutto europeo, confrontandosi con il gigantesco tamburo, che è diventato segno distintivo del gruppo, o-daiko, dal peso di 900 chili, per suonare il quale alla finezza si deve aggiungere grande forza fisica.

Per la prima volta nel programma di quest’anno compaiono brani inediti come l’originale Sakaki, che unisce percussioni e danza, ad apertura del concerto. Composto da Masaru Tsuji, uno dei Kodò, prende il titolo dal nome di un albero sempreverde sacro per la religione shintoista e usato nei rituali di purificazione. Per preparare le loro performance i Kodò studiano le forme tradizionali delle varie regioni del Giappone, in cui danza e percussioni si fondono in una forma d’arte integrata. Durante la creazione di Sakaki, per gli elementi di danza il coreografo Kenzo Abe si è ispirato alla giapponese kagura (musica sacra e danze eseguite nei santuari). I movimenti a spirale e ondulatori della ballerina rispondono ai ritmi crescenti del taiko, invadendo la sala con un vortice di immagini e suoni e riempiendola di intensa energia.

L’ensemble ha sviluppato un nuovo approccio alla messa in scena e alla scenografia, che ricrea sui diversi palcoscenici lo spirito della sala prove in legno di Kodò. Invece di nascondere i tamburi dietro le quinte, la maggior parte degli strumenti rimane a vista fino anche quando non vengono suonati, proprio come accade nella sala prove in cui il gruppo crea la sua musica. Questo dà nuovo vigore alla performance, enfatizzando le forme semplici ma belle dei tamburi, dei musicisti nella cornice dello spazio spoglio, e coinvolgendo il pubblico.

Kodò si è sempre caratterizzato per la sperimentazione, radicata nello studio delle arti tradizionali giapponesi a cui si unisce la capacità di utilizzare le influenze della musica di tutto il mondo per creare nuove forme musicali. Le composizioni più recenti contenute nell’ultimo album Akatsuki (pubblicato nel 2011) – tra cui Sorae Stride-show – dimostrano come il taiko possa trovare espressione in territori musicali inaspettati, attingendo alle sonorità irlandesi ascoltate durante il tour europeo o al samba reggae, che ha catturato la loro attenzione nel nord est del Brasile. Nel CD in alcuni brani si dà spazio alle voci delle interpreti femminili del complesso, dando possibilità a tutti e undici i componenti di arricchire la musica del gruppo con la loro individualità. La potenza delle percussioni è completata dagli strumenti a corda tradizionali giapponesi shamisen, koto e kokyu (strumenti tradizionali giapponesi a corda), che rivelano la versatilità della tradizione musicale giapponese. Le composizioni nel CD Akatsuki, e ancor più la performance sul palco, rappresentano la maturità di trenta anni di musica di Kodò e riflettono una continua evoluzione del repertorio basato sulle arti dello tradizionali di ogni parte del Giappone, così come la musica e le culture con cui Kodò viene in contatto durante le sue tournée. Questi stili ed esperienze diventano poi patrimonio per la generazione successiva di musicisti e performer, rendendo l’esperienza di Kodò unica nel suo genere.

Naturalmente i pezzi classici di Kodò restano una parte vitale e immancabile nelle esecuzioni del gruppo in armonia con la sua evoluzione. I brani distintivi del gruppo come O-Daiko, Yatai-bayashi, Miyake, rimangono capolavori, anch’essi però reinterpretati dai performer della nuova generazione. Variazioni sui brani possono riflettere la sala in cui vengono eseguiti o possono anche cambiare con le stagioni, ma maturano anche nel tempo e rivelano sfumature inaspettate e sempre nuova forza. I nuovi musicisti aggiungono una freschezza che è sostenuta dalla tradizione di Kodò che continua a evolversi come anche il gruppo, che si arricchisce di nuovi incontri e collaborazioni in tutto il suo tour. Assistere alle performance del gruppo è un modo unico di sperimentare la musica e la tradizione di Kodò. I performer che vediamo esibirsi sul palcoscenico sono stati sottoposti a una rigida selezione, basata sul talento e le qualità individuali, ma anche sull’adesione a uno stile di vita rigoroso che risulta propedeutico al virtuosismo anche atletico dei musicisti.

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