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Archivio annuale 10/06/2012

La casa giapponese

tratto da www.architetturaeviaggi.it
La casa giapponese: minimalismo e semplicità
L'ideale del wabi-sabi, termine che non ha un vero e proprio equivalente nelle lingue occidentali, può quindi tradursi nell'aspirazione a una ruvida semplicità e a una bellezza che traspare dalle cose semplici e modeste e che riesce a conquistare un equilibrio tra quiete, misura e raffinatezza.
Giappone

L

a casa giapponese tradizionale è concepita per adattarsi a climi decisamente caldi e sempre, da regione a regione mostra caratteristiche diverse in stretto rapporto con le condizioni climatiche locali. La casa tradizionale giapponese è costruita su un'intelaiatura di pali e travi di legno su cui si inseriscono le pareti esterne, costituite da pannelli scorrevoli in legno e carta di riso che permettono di areare e ventilare i locali. Lo spazio interno è organizzato in modo semplice e con ampia flessibilità grazie all'utilizzo di pannelli e pareti scorrevoli che permettono di trasformarlo in base alle esigenze e alle ore del giorno. Alla sera i materassi futon e le trapunte vengono srotolati per prepare il letto e al mattino vengono riposti in appositi armadi, per preparare lo spazio alla vita del giorno, ai pasti, al lavoro, al gioco, al ricevimento ed intrattenimento.

L'utilizzo di materiali leggeri era in parte la risposta alla frequenza dei terremoti in parte la traduzione dell'insegnamento Buddhista secondo cui ogni cosa ha una natura effimera, transitoria, caduca (questa filosofia tuttavia non si concretizza nell'architettura di paesi come India, Cina e Corea, i tre paesi da cui il Buddhismo è arrivato in Giappone, fatto questo che dimostra che i giapponesi sono sempre stati di arricchire le varie influenze con elementi distintivi propri).

Il legno è il materiale da costruzione preferito. La radice schintoista ha inculcato un rispetto profondo per la natura. I materiali più pesanti come pietra e mattoni vengono tradizionalmente utilizzati per le fondamenta dei pilastri verticali in legno oppure per edifici a destinazione diversa dall'abitazione come castelli, templi o magazzini. La casa giapponese è quindi interamente riciclabile: legno e paglia sono materiali riutilizzabili ed ecologici pienamente rispettosi dall'ambiente.

La villa di Okochi Sancho

La casa tradizionale giapponese è disegnata dall'interno verso l'esterno: l'esterno della casa si evolve dal disegno della distribuzione interna piuttosto che essere concepito per adattarsi a un rigido schema o a forme geometriche prestabilite. Bruno Taut, esponente del Bauhaus, visitando il Giappone nel 1933 ha rivendicato la modernità dell'architettura giapponese tradizionale.
Pressappoco nello stesso periodo in cui Leonardo da Vinci sviluppò il sistema di dimensioni basato sulle proporzioni del corpo umano da utilizzare in architettura, gli artigiani e i costruttori giapponesi standardizzavano le dimensioni dei tatami (le stuoie di dimensioni normalizzate che coprono il pavimento), in 90*180 cm, dimensioni che venivano considerate adeguate al riposo di una persona giapponese. Così, nelle case giapponesi ogni dimensione è in relazione al modulo del tatami; ad esempio l'altezza di una fusuma (porta scorrevole in carta) è di 180 cm, mentre la larghezza di un pilastro strutturale è generalmente un decimo o un quinto di 90 centimetri. Al pari quindi del modello umanistico di Leonardo da Vinci, anche la proporzione della casa giapponese può essere considerata di diretta derivazione dalle dimensioni del corpo umano.

Le case tradizionali giapponesi hanno un rapporto speciale con la natura. In certi casi la parte migliore della casa è oltre il giardino. I pannelli shoji possono essere spinti interamente da parte, per realizzare un'intima unità con il giardino, mentre l'engawa, una sorta di veranda coperta da un tetto spiovente, modula la relazione tra lo spazio interno ed esterno. L'engawa filtra la luce naturale all'interno dell'abitazione proteggendola contemporaneamente dalla pioggia: in estate diventa una parte del giardino, in inverno può essere chiuso fino a costituire un'estensione dello spazio interno.
Un'altro aspetto della casa giapponese, indice dello stile di vita giapponese, è la dicotomia tra pubblico e privato. Nelle case di città (le machya ovvero le tradizionali case di mercanti costruite appunto nei centri urbani), il commercio pubblico avviene sul lato della via cittadina, mentre le stanze sul retro sono riservate alla vita domestica: quanto gli ospiti possono penetrare dipende dalla relazione con la famiglia.

Nella casa giapponese è evidente lo sforzo intellettuale e spirituale volto al processo di semplificazione, al fine di eliminare tutto ciò che non è essenziale in omaggio alla bellezza delle cose umili, poco appariscenti e modeste. E' altresì evidente la ricerca di ampiezza e spaziosità in spazi volutamente piccoli, mentre l'uso di materiali leggeri, fragili, temporanei rimanda a valori eterni.
L'interno dell'abitazione non è concepito per proteggersi dalla natura ma per integrarsi con essa in piena armonia ed equilibrio. I monaci del Buddhismo zen nei periodi Muromachi e Momoyama hanno così ben espresso e formulato questo ideale che l'intera società giapponese aspira a seguirlo. Il risultato sono ambienti che sembrano parlare allo spirito e infondere calma ed equilibrio.
Minimalismo e semplicità sono le caratteristiche che la filosofia zen ha trasmesso ai tradizionali interni giapponesi. Questo effetto si raggiunge attraverso il ritmo delle superfici verticali e orizzontali accostati a materiali e colori naturali.
Gli shoji, i pannelli mobili che formano le pareti interne ed esterne, vengono rimossi in estate per far entrare la brezza e godere della vista del giardino, facendo della casa una sorta di tenda, un padiglione in stretto rapporto con la natura e le stagioni.

 

Tatami, le stuoie

Irori, il focolare domestico
 

Molte case giapponesi hanno un'area riservata alla cerimonia del tè, solitamente nei giardini, in una zona in cui viene ricercata un'atmosfera armoniosa ottenuta tramite l'uso di materiali naturali e un'accurata scelta di mobili ed utensili. L'ideale della modesta e semplice cerimonia ha notevolmente influenzato il design degli edifici nipponici. Mentre tutto il mondo ricerca la durabilità degli edifici e la profusione degli ornamenti, i designers e i costruttori giapponesi esplorano i loro boschi alla ricerca di legni che possano sottolineare l'imperfezione delle cose. L'ideale del wabi-sabi, termine che non ha un vero e proprio equivalente nelle lingue occidentali, può quindi tradursi nell'aspirazione a una ruvida semplicità e a una bellezza che traspare dalle cose semplici e modeste e che riesce a conquistare un equilibrio tra quiete, misura e raffinatezza. Contrariamente alla massima di Le Corbusier secondo cui la casa è "una macchina per abitare", per i designer giapponese la casa è una casa per l'anima.

ELEMENTI DELLA CASA TRADIZIONALE GIAPPONESE

  • Irori è il cuore della casa, spesso la principale fonte di riscaldamento, usato anche per cucinare. Nei minka (le abitazioni tradizionali e le fattorie) viene incassato nel pavimento in legno ricoperto di tatami.
  • Doma, l'ingresso con pavimento di terra, dove si lasciano le scarpe prima di raggiungere il pavimento in legno; l'ingresso è costituito da porte scorrevoli in legno.
  • Engawa, corridoio esterno coperto da tetto spiovente, una sorta di veranda che modula la relazione tra lo spazio interno ed esterno: in estate diventa una parte del giardino, in inverno può essere chiuso fino a costituire un'estensione dello spazio interno. I visitatori devono togliersi le scarpe sul gradino in pietra.
  • Tokonoma, un'alcova posta in una stanza cerimoniale con pavimento in legno leggermente rialzato, utilizzata per esporre un rotolo dipinto, fiori o ceramiche.
  • L'altare buddhista domestico, presente in molte case spesso insieme a un'altare scintoista.
  • Tatami, le stuoie di dimensioni normalizzate che coprono i pavimenti di una casa.
  • Shoji, le porte scorrevoli in legno e carta che portano all'engawa e che permettono alla luce di filtrare.

SALA DA TE'
La sala da tè è piccola, simile a una capanna all'interno del giardino. Qui si svolge la cerimonia del tè, che consiste in una successione di eventi prestabiliti: si incontrano gli invitati, si cammina nel giardino della sala da tè, si eseguono abluzioni, si entra in una stanza simile a una cella, si incontra l'ospite, si ammirano la stanza e gli utensili da tè, si assiste alla preparazione del tè, si fà l'inchino e infine si gustano tè e cibo. Ciascuna parte del rituale va gustata e goduta.

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I 47 ronin

tratto da www.liceoberchet.it

 

Ronin, letteralmente "Uomini Onda", coloro che non avevano più padrone, sede e legami fissi. Questo tipo di samurai aveva una doppia natura, da una parte era un guerriero errante disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, dall'altra poteva arrivare ad unirsi ad altri come lui e creare scompiglio nei villaggi saccheggiandoli e creando confusione. Pur continuando a fare parte dell'elevata casta dei samurai i ronin potevano mettersi al servizio del popolo, insegnando arti marziali e di guerra, facendosi assumere come guardie del corpo (yojimbo), oppure difendendo il villaggio da aggressioni esterne.
Se un samurai uccideva un ronin non doveva temere nessuna vendetta e questo rese i ronin una facile preda dei samurai più potenti, i quali nutrivano anche un certo disprezzo per questi guerrieri erranti.

Durante il periodo Tokugawa i ronin aumentarono considerevolmente, conseguenza della soppressione di molti feudi; per il loro spirito autonomo e bellicoso contribuirono alla disfatta del governo Tokugawa, confermandosi guerrieri abili e temibili persino dal più valoroso e potente samurai.

Nel X secolo il termine ronin andava a indicare i contadini che per evitare tasse troppo onerose abbandonavano le loro terre per trasferirsi in regioni non ancore sottomesse dall'autorità o dai monasteri buddisti.


Asano signore di Ako

I 47 Ronin

Storia dei valorosi d' Ako.
Famosa storia di 47 samurai al servizio di Asano, Signore di Ako. Nel 1701 Asano, oltraggiato da Kira, un nobile della corte dello Shogun di Edo, in un impeto di collera lo ferì all'interno del palazzo shogunale. Per aver violato le regole di corte lo shogun Tokugawa Tsunayoshi costrinse Asano a fare seppuku. Dopo la morte del oro padrone i 47 guerrieri suoi fedelissimi, organizzarono una spedizione punitiva per vendicare il loro Signore, attesero per più di un anno, pianificando l'operazione. Il 14 dicembre 1702 attaccarono la residenza di Kira e lo uccisero senza lasciarsi catturare. Lo shogun però ordino loro di fare seppuku come da legge, il 4 febbraio 1703 i suoi fedeli samurai si riunirono al loro amato padrone.
Furono degli eroi per il popolo, simbolo di lealtà, coraggio e onore. Ogni anno sulla tomba dei "47 ronin", situata nel giardino del Tempio Sengaku-ji a Tokyo, i giapponesi arrivano da tutta la nazione per deporre dei fiori in ricordo del loro eroico sacrificio.
Grazie al cinema, teatro e letteratura questa vicenda è diventata popolare in tutto il mondo, caratterizzando in se stessa il vero spirito del bushido.

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Vorrei ringraziare tutti

grazie a tutti Voi amici che mi avete aiutato nell' esame da 1° kiu

è stata durissima ma con il vostro aiuto tutto sembrava più facile, ( stò a scherza ero in coma ).

ancora grazie a chi c'era e a chi non c'era

perchè chi non c'era mi ha aiutato prima, durante i ripassi.

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Il keikogi

www.saikitamadojo.it

AIKIDO
IL KEIKOGI
La parola “gi” sta per casacca, kimono. Ogni arte marziale ha la
sua nomenclatura per il kimono: judo-gi, karate-gi, ecc. L’Akido
ha conservato la sua tradizione di arte marziale originale, non ci
sono avversari, combattimenti, premi. Non si pratica uno sport
ma si fa “keiko”, si studia, ci si migliora. Di qui il nome keiko-gi.

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il kimono non’ è quello che usiamo noi ma…

www.il kimono -giapponese .it

 

La storia del Kimono

Il kimono ( 着物 letteralmente cosa da indossare quindi abito) è un indumento tradizionale giapponese nonché il costume nazionale giapponese. In italiano è largamente usata anche la grafia adattata kimono dinasta Tangchimono.
In origine il termine "kimono" veniva usato per ogni tipo di abito; in seguito è passato ad indicare specificamente l'abito lungo portato ancor oggi da persone di entrambi i sessi e di tutte le età.
Il kimono è molto simile agli abiti in uso durante la dinastia cinese Tang.

Il kimono è una veste a forma di T, dalle linee dritte, che arriva fino alle caviglie, con colletto e maniche lunghe. Le maniche solitamente sono molto ampie all'altezza dei polsi, fino a mezzo metro. Tradizionalmente, le donne nubili indossano kimono con maniche estremamente lunghe che arrivano fin quasi a terra, chiamato furisode. La veste è avvolta attorno al corpo, sempre con il lembo sinistro sopra quello destro (tranne che ai funerali dove avviene il contrario), e fissato da un'ampia cintura annodata sul retro chiamata obi.

Il kimono viene generalmente abbinato a delle calzature tradizionali giapponesi, specialmente ai sandali geta e zori (simili alle infradito) e a dei calzini che dividono l'alluce dalle altre dita chiamati tabi.

kimono hanfu cinaStoria:

La storia e lo sviluppo del kimono vennero pesantemente influenzati dall'abbigliamento tradizionale cinese del popolo Han, chiamato hanfu, grazie alle ambasciate giapponesi presenti in Cina nel IV secolo.

Fu comunque nell'VIII secolo che il costume cinese divenne popolare in Giappone. Durante il periodokimono heian mo giappone Heian (794–1192) il kimono divenne sempre più simile a quello attuale, anche se all'epoca veniva ancora coperto con una sorta di grembiule chiamato mo.

Durante il periodo Muromachi (1392-1573) il kosode, un kimono kosode giapponeantesisgnano del kimono che però veniva considerato ancora parte della biancheria intima, cominciò ad essere indossato senza la gonna-pantalone hakama sopra di esso e quindi cominciò anche ad essere fissato al corpo con una cintura apposita, la cintura obi. Durante il periodo Edo le maniche iniziarono ad allungarsi, specialmente tra le donne non sposate, e la cintura obi iniziò a diventare più larga, con vari tipi di nodi e allacciature sempre meno semplici.
Da allora la forma base del kimono maschile e femminile è rimasta essenzialmente immutata.

kimono giappone sakura

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Un giro tra le vie in festa… e poi Samba!

Ma come si divertono i giapponesi? 

Durante l'anno hanno diversi Matsuri, grosse feste in occasione di diverse ricorrenze.

Un piccolo giro in una di queste, il Tanabata a Fussa, piccola città di 60.000 abitanti nei pressi di Tokyo 🙂

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l’ imperatore ( TENNO )

Akihito

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Akihito
Imperatore del Giappone
In carica Dal 7 gennaio 1989
Incoronazione 12 novembre 1990
Predecessore Imperatore Hirohito
Successore in carica
 
Nascita Tokyo, Giappone, 23 dicembre 1933 (78 anni)
Padre Imperatore Hirohito
Madre Imperatrice Kōjun
Consorte Imperatrice Michiko
Figli Principe Naruhito
Principe Akishino
Sayako Kuroda

Akihito (明仁 Akihito?) (Tokyo, 23 dicembre 1933) è il 125º ed attuale imperatore (天皇 tennō) del Giappone dal 1989.

Akihito è il primo figlio maschio (e quinto in totale) dell'Imperatore Hirohito e dell'Imperatrice Kōjun (Nagako) ed il primo Imperatore giapponese a salire sul trono senza godere di prerogative "divine", dopo la rinuncia fatta dal padre nel gennaio del 1946 nella celebre "Dichiarazione della natura umana dell'imperatore".

Vita

Nominato Principe Tsugu (継宮 Tsugu-no-miya) da bambino, venne educato da tutori privati e poi frequentò le scuole alla Gakushuin University di Tokyo, scuola dedicata all'aristocrazia, dal 1940 al 1952. Venne separato dai suoi genitori all'età di 3 anni.

Durante i bombardamenti americani su Tokyo nel marzo 1945, lui e suo fratello minore, il Principe Masahito (ora Principe Hitachi), furono messi al riparo in un luogo sicuro fuori Tokyo. Con l'occupazione americana del Giappone alla fine della seconda guerra mondiale, il principe venne istruito in inglese da Elizabeth Gray Vining. Studiò per poco tempo al Dipartimento di Scienze Politiche alla Gakushuin University, senza tuttavia ricevere alcun titolo accademico. In seguito si è specializzato in ittiologia e ha pubblicato numerosi articoli sui pesci della famiglia Gobiidae.

Sebbene fosse l'erede al trono del crisantemo dalla nascita, la sua formale investitura come principe ereditario (立太子の礼 Rittaishi No Rei?) si tenne al Palazzo Imperiale di Tokyo il 10 novembre del 1951.

Nel giugno 1953 Il principe ereditario rappresentò il Giappone all'incoronazione di Elisabetta II d'Inghilterra. Il 10 aprile del 1959 sposò Michiko Shoda (nata il 24 ottobre 1934), la figlia maggiore di Hidesaburo Shoda, il presidente della Nisshin Flour Milling Company. Il matrimonio spezzò la tradizione precedente perché l'imperatrice fu la prima cittadina comune ad andare in sposa ad un membro della famiglia reale.

Il Principe ascese al trono dopo la morte del padre avvenuta il 7 gennaio 1989, diventando ufficialmente il 125º monarca giapponese. La cerimonia ufficiale è poi avvenuta il 12 novembre del 1990.

L'imperatore e l'imperatrice hanno tre figli:

Impegno politico

L'imperatore Akihito e l'imperatrice Michiko del Giappone

Dal momento della sua ascesa al trono l'Imperatore Akihito si è sforzato di avvicinare maggiormente la famiglia imperiale al popolo giapponese. L'Imperatore e l'Imperatrice hanno compiuto visite ufficiali in 18 paesi, così come nelle 47 prefetture del Giappone.

L'Imperatore si è spesso impegnato politicamente. Storiche le scuse nei confronti di Corea e Cina per i danni causati dall'occupazione giapponese o le numerose dichiarazioni di stima nei confronti della Corea. Il 23 dicembre 2001, durante il suo annuale incontro per il compleanno con i giornalisti, l'Imperatore, nel rispondere ad una domanda, sottolineò d'aver provato una "certa affinità con la Corea", e spiegò questa sua sensazione come scaturente dal fatto che la madre dell'imperatore Kammu era coreana. L'imperatore chiosò che gli emigranti coreani in Giappone d'un tempo contribuirono a creare importanti aspetti della cultura e della tecnologia del paese, e fece monito ai suoi connazionali di non dimenticare mai la deplorevole circostanza per cui gli scambi con la Corea non erano mai stati così amichevoli.

Nel giugno 2005, l'imperatore visitò il territorio statunitense di Saipan, sito di una delle più importanti battaglie della seconda guerra mondiale, che durò dal 15 giugno al 9 luglio 1944. Accompagnato dall'Imperatrice Michiko, si trattenne in preghiera e depose fiori presso molti memoriali, rendendo omaggio non solo ai caduti giapponesi, ma anche ai caduti americani, a quelli coreani costretti a combattere per il Giappone, e ai nativi dell'isola. Fu il primo viaggio di un monarca giapponese presso un campo di battaglia.

Il viaggio a Saipan fu accolto con fervore dai giapponesi, come le altre visite imperiali ai memoriali di guerra in Tokyo, Hiroshima, Nagasaki e Okinawa, nel 1995.

Il sistema imperiale di massa

Per molti secoli e fino alla prima metà del Novecento, il sistema imperiale o tennosei (天皇制?), cioè i membri della famiglia imperiale (in particolare l'imperatore), erano figure fortemente permeate di valori religiosi: la stessa persona dell'imperatore era considerata divina e posta su un livello politico-religioso altissimo, quasi ultraterreno. Molti storici hanno spesso sottolineato alcune caratteristiche dell'istituzione imperiale a partire dalla seconda parte dell'era Showa. Akihito è il sovrano che ha segnato anche da un punto di vista generazionale un netto avvicinamento dell'istituzione imperiale al popolo giapponese, partecipandone alla vita sociale e mettendo in gioco la sua figura istituzionale anche attraverso i media, da sempre interessati e attenti osservatori delle vicende della famiglia imperiale: questa nuova configurazione ha indotto molti a parlare di sistema imperiale di massa, vicino ai cittadini e partecipe della vita nazionale.

Etichetta Imperiale

Akihito, come ogni imperatore del Giappone, non viene mai chiamato per nome, ma sempre come Sua Maestà Imperiale (Tennō Heika). La sua era porta il nome di Heisei (平成) (raggiungimento della pace); come di consueto, dopo la sua morte, ci si riferirà all'imperatore Akihito come imperatore Heisei (Heisei Tennō).

Onorificenze

Onorificenze giapponesi

Gran Maestro, Gran Cordone e Collare dell'Ordine del Crisantemo - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro, Gran Cordone e Collare dell'Ordine del Crisantemo
   
Gran Maestro dell'Ordine dei fiori di Paulownia - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine dei fiori di Paulownia
   
Gran Maestro dell'Ordine del Sol Levante - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine del Sol Levante
   
Gran Maestro dell'Ordine del Sacro Tesoro - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine del Sacro Tesoro
   
Gran Maestro dell'Ordine della Cultura - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine della Cultura
   
Gran Maestro dell'Ordine della Corona Preziosa - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine della Corona Preziosa
   

Onorificenze straniere

Membro di I Classe dell'Ordine del Sole Supremo (Afghanistan) - nastrino per uniforme ordinaria Membro di I Classe dell'Ordine del Sole Supremo (Afghanistan)
   
immagine del nastrino non ancora presente Gran Collare di Badr (Arabia Saudita)
   
Grande Stella dell'Ordine al Merito della Repubblica Austriaca (Austria) - nastrino per uniforme ordinaria Grande Stella dell'Ordine al Merito della Repubblica Austriaca (Austria)
  — 1999
immagine del nastrino non ancora presente Collare dell'Ordine di al-Khalifa (Bahrain)
   
Gran Cordone dell'Ordine di Leopoldo (Belgio) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine di Leopoldo (Belgio)
   
Membro dell'Ordine Presidenziale del Botswana (Botswana) - nastrino per uniforme ordinaria Membro dell'Ordine Presidenziale del Botswana (Botswana)
   
Cavaliere di Gran Collare dell'Ordine Nazionale della Croce del Sud (Brasile) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Collare dell'Ordine Nazionale della Croce del Sud (Brasile)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Valore (Camerun) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Valore (Camerun)
   
Collare dell'Ordine al Merito del Cile (Cile) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine al Merito del Cile (Cile)
   
Collare dell'Ordine della Croce di Boyaca (Colombia) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine della Croce di Boyaca (Colombia)
   
Collare dell'Ordine Nazionale della Costa d'Avorio (Costa d'Avorio) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine Nazionale della Costa d'Avorio (Costa d'Avorio)
   
Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca)
  — 8 agosto 1953
Gran Cordone dell'Ordine del Nilo (Egitto) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine del Nilo (Egitto)
   
immagine del nastrino non ancora presente Membro dell'Ordine della Federazione (Emirati Arabi Uniti)
   
Collare dell'Ordine della Croce della Terra Mariana (Estonia) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine della Croce della Terra Mariana (Estonia)
  — 2007
Cavaliere dell'Ordine di Salomone (Etiopia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine di Salomone (Etiopia)
   
Comandante Capo della Legion d'Onore (Filippine) - nastrino per uniforme ordinaria Comandante Capo della Legion d'Onore (Filippine)
   
Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine della Rosa Bianca (Finlandia) - nastrino per uniforme ordinaria Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine della Rosa Bianca (Finlandia)
   
Cavaliere di Gran Croce della Legion d'Onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce della Legion d'Onore (Francia)
   
Classe speciale della Gran Croce dell'Ordine al Merito di Germania (Germania) - nastrino per uniforme ordinaria Classe speciale della Gran Croce dell'Ordine al Merito di Germania (Germania)
   
Cavaliere di Gran Croce decorato con Collare dell'Ordine del Falcone (Islanda) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato con Collare dell'Ordine del Falcone (Islanda)
   
Cavaliere di I classe dell'Ordine della Stella di Adipurna (Indonesia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I classe dell'Ordine della Stella di Adipurna (Indonesia)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana (Italia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana (Italia)
  «Principe ereditario del Giappone»
— 9 marzo 1982[1]
Cavaliere di Gran Stella dell'Ordine della grande stella di Iugoslavia (Iugoslavia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Stella dell'Ordine della grande stella di Iugoslavia (Iugoslavia)
   
Gran Comandante dell'Ordine della Repubblica di Gambia (Gambia) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Comandante dell'Ordine della Repubblica di Gambia (Gambia)
   
Collare dell'Ordine di Hussein ibn Ali (Giordania) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine di Hussein ibn Ali (Giordania)
   
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila d'Oro (Kazakistan) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila d'Oro (Kazakistan)
  — 2008
immagine del nastrino non ancora presente Membro dell'Ordine del Cuore d'Oro (Kenya)
   
Collare dell'Ordine di Mubarak il Grande (Kuwait) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine di Mubarak il Grande (Kuwait)
   
Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine delle Tre Stelle (Lettonia) - nastrino per uniforme ordinaria Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine delle Tre Stelle (Lettonia)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Pionieri della Repubblica (Liberia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Pionieri della Repubblica (Liberia)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Stella d'Africa (Liberia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Stella d'Africa (Liberia)
   
Gran Collare dell'Ordine di Vytautas il Grande (Lituania) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell'Ordine di Vytautas il Grande (Lituania)
  — 22 maggio 2007
Cavaliere dell'Ordine del Leone d'Oro di Nassau (Lussemburgo) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Leone d'Oro di Nassau (Lussemburgo)
   
Gran Comandante dell'Ordine del Leone (Malawi) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Comandante dell'Ordine del Leone (Malawi)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Nazionale del Mali (Mali) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Nazionale del Mali (Mali)
   
Membro di Classe Eccezionale dell'Ordine della sovranità (Marocco) - nastrino per uniforme ordinaria Membro di Classe Eccezionale dell'Ordine della sovranità (Marocco)
   
Collare dell'Ordine dell'Aquila Azteca (Messico) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine dell'Aquila Azteca (Messico)
   
Cavaliere dell'Ordine di Ojaswi Rajanya (Nepal) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine di Ojaswi Rajanya (Nepal)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone dei Paesi Bassi (Paesi Bassi) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone dei Paesi Bassi (Paesi Bassi)
   
Gran Cordone dell'Ordine della Repubblica Federale di Nigeria (Nigeria) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine della Repubblica Federale di Nigeria (Nigeria)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia)
  — 1953
Cavaliere di Gran Croce con Collare dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce con Collare dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia)
  — 2001
Membro di Classe Superiore dell'Ordine di Oman (Oman) - nastrino per uniforme ordinaria Membro di Classe Superiore dell'Ordine di Oman (Oman)
   
Cavaliere di I Classe dell'Ordine del Nishan-e-Pakistan (Pakistan) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I Classe dell'Ordine del Nishan-e-Pakistan (Pakistan)
   
Collare d'Oro dell'Ordine di Manuel Amador Guerrero (Panama) - nastrino per uniforme ordinaria Collare d'Oro dell'Ordine di Manuel Amador Guerrero (Panama)
   
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Bianca (Polonia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Bianca (Polonia)
   
Gran Collare dell'Ordine di San Giacomo della Spada (Portogallo) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell'Ordine di San Giacomo della Spada (Portogallo)
  — 1993
Gran Collare dell'Ordine dell'Infante Dom Henrique (Portogallo) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell'Ordine dell'Infante Dom Henrique (Portogallo)
  — 24 giugno 1998
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Sole del Perù (Perù) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Sole del Perù (Perù)
   
Collare dell'Ordine dell'Indipendenza (Qatar) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine dell'Indipendenza (Qatar)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore (Regno di Grecia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore (Regno di Grecia)
   
Cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera (Regno Unito) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera (Regno Unito)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano (Regno Unito) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano (Regno Unito)
   
Medaglia dell'Incoronazione di Elisabetta II (Regno Unito) - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia dell'Incoronazione di Elisabetta II (Regno Unito)
  — 2 giugno 1953
Collare dell'Ordine del Leone Bianco (Repubblica Ceca) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine del Leone Bianco (Repubblica Ceca)
   
Collare dell'Ordine del Leone (Senegal) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine del Leone (Senegal)
   
Gran Croce in oro dell'Ordine della Buona Speranza (Sudafrica) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce in oro dell'Ordine della Buona Speranza (Sudafrica)
   
Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (Spagna)
   
Cavaliere dell'Ordine dei Serafini (Svezia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dei Serafini (Svezia)
   
Cavaliere dell'Ordine del Rajamitrabhorn (Thailandia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Rajamitrabhorn (Thailandia)
  — 1991
Cavaliere dell'Ordine della Casata Reale di Chakri (Thailandia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Casata Reale di Chakri (Thailandia)
   
Cavaliere di Gran Cordone dell'Ordine di Chula Chom Klao (Thailandia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Cordone dell'Ordine di Chula Chom Klao (Thailandia)
   
Cavaliere di I Classe dell'Ordine di Jaroslav il Saggio (Ucraina) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I Classe dell'Ordine di Jaroslav il Saggio (Ucraina)
   
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a proposito di cinture colorate lo sapevate che…

tratto da wikipedia

Leggende e miti sono da sempre fioriti intorno alla pratica di arti marziali come il Judo e il Karate. Altrettanto accade con le origini quasi mistiche associate con la tanto desiderata cintura nera. Molti sarebbero stupiti da quanto recente invece sia la storia delle cinture.

 

Molte sono le storie sulle origini della cintura nera. La più diffusa è quella del novizio di arti marziali che comincia con una cintura bianca. Con l’andare del tempo, praticando negli anni la cintura si sporcava diventando prima marrone e alla fine nera quando ormai l’arte era perfezionata. Fermo restando la forte metafora insita in questo folclore, non c’è nessuna base nella realtà. Le cinture colorate non hanno mai fatto parte della tradizione di nessuna arte marziale antica.

Nella realtà, la cintura nera fu inizialmente introdotta per designare l’abilità nel Kodokan Judo poco più di cent’anni fa. Jigoro Kano (a lato), fondatore del Judo è stato il primo ad usare la cintura nera per distinguere gli allievi dan nel Kodokan, fondato a Tokyo nel 1882 (1). Prima di allora, le scuole di Jujutsu, come molte altre arti marziali giapponesi di quel periodo, utilizzavano il complicato sistema Menkyo per designare particolari livelli di abilità tecnica.

Per capire il sistema educativo giapponese è necessaria una piccola prospettiva storica. L’addestramento sistematico alle armi e alla guerra si è prima sviluppato nelle scuole di tradizione marziale, o stili (ryu ha), tra l’undicesimo e il quindicesimo secolo. I Samurai si riunivano in clan per allenarsi all’uso delle armi e delle tecniche. Man mano che i loro addestramenti diventavano sempre più specialistici ed individuali, nel periodo Tokugawa (1600-1868) cominciarono a formarsi degli stili marziali o scuole (Bujutsu ryu) (2).

Le arti marziali antiche giapponesi vennero alla fine classificate in diciotto diverse branche dette Bugei Ju-Happan. Esse consistevano in: tiro con l’arco (kyujutsu), artiglieria (hojutsu), pugnale (tantojutsu), alabarda (naginatajutsu), gancio (mojirijutsu), cavalleria (bajutsu), lancia (sojutsu), lancio del coltello (shurikenjutsu), stiletto (ganshinjutsu), contenimento (toritejutsu), catena e falcetto (kusarigamajutsu), bastone (bojutsu), furtività (shinobijutsu), nuoto (suijutsu), spada (kenjutsu), estrazione della spada (battojutsu), mazza (juttejutsu) e autodifesa a mano nuda (jujutsu) (3). Queste scuole usavano il sistema Menkyo per graduare i propri studenti.

Generalmente gli studenti di queste antiche ryu ha giapponesi prendevano prima il grado di Shoden. Poi proseguivano con Chuden, Okuden/Mokuroku, Menkyo e alla fine Menkyo Kaiden, che significava letteralmente “licenza di trasmissione totale” (4). Comunque ogni ryu ha individuale sviluppava il suo sistema di gradi, tanto che alcuni erano completamente differenti. (5)

I gradi erano di solito designati con certificati appositamente creati o lettere scritte a mano dall'insegnate o dal fondatore. Spesso i gradi più alti erano accompagnati dalla presentazione di un densho, manoscritto con istruzioni o segreti dei fondatori delle varie scuole (6). Alcuni densho fornivano istruzioni dettagliate anche grafiche di alcune tecniche particolari. Di per sé questi ultimi documenti non avevano alcun significato per chi non avesse avuto familiarità con il linguaggio del particolare ryu ha.

Data la segretezza che caratterizzava i vari ryu ha e i loro istruttori, il sistema Menkyo aveva alcuni svantaggi. Non c'era modo di comparare gli studenti delle varie scuole (7) e poi in ognuna i passaggi di grado si effettuavano ad intervalli di tempo che potevano andare dai pochi mesi a diversi anni, a seconda della filosofia del maestro e del tipo di allievo.

Il dott. Kano apprese da giovane le basi del Jujutsu da Teinosuke Yagi, poi studio la Tenshin Shinyo Ryu sotto Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, così come il Jujutsu Kito Ryu sotto Tsunetoshi Iikubo. Fu iniziato ai segreti di entrambe le scuole.

Dopo aver fondato la sua scuola, il Kodokan, nel 1882, il dott. Kano affrontò anche studi accademici di molti altri stili di Jujutsu. Oltre a far visita e a praticare con gli altri maestri, esaminava attentamente i densho delle altre ryu ha di Jujutsu (8). Poco dopo aver fondato il suo stile di Jujutsu, il dott. Kano revisionò anche il sistema di graduazione, creando dieci gradi con intervalli relativamente brevi per mantenere alto il livello di interesse degli allievi durante la progressione attraverso i livelli tecnici.

Secondo Naoki Murata, il curatore del museo del Kodokan, "nel 1883 Kano divise gli studenti in due gruppi, quelli senza grado (mudansha) e quelli con grado (yudansha). I primi yudansha (shodan) del Kodokan furono due famosi studenti quali Tsunejiro Tomita e Shiro Saigo, promossi anche a secondo dan un anno dopo."

Shiro Saigo, immortalato nel romanzo Sugata Sanshiro di Tsuneo Tomita (9), poi riadattato da Akira Kurosawa nel 1940 in un film sull’infame torneo tra Judo e Jujutsu, saltò il terzo dan e fu promosso direttamente quarto dan nell'anno successivo, nel 1885, secondo Murata. A quel tempo tutti i gradi dan erano annunciati direttamente dal dott. Kano apponendo una nota nella bacheca del Kodokan (10).

Le cinture nere per distinguere gli yudansha non erano utilizzate nel Kodokan fino al 1886-87, sempre secondo Murata, più o meno al tempo del torneo della Polizia Municipale di Tokyo tra la scuola Jujutsu di Hikosuke Totsuka ed il Kodokan del dott. Kano (11). Dopo la vittoria del Kodokan, questi non rilasciò più diplomi e certificati fino al 1894, quasi undici anni dalla creazione del sistema di gradi del Judo (12).

Alla fine l'abilità o il grado dei Judoka cominciò ad essere denotata da cinture dal diverso colore legate attorno alla vita sul judogi. Generalmente in Giappone i mudansha portano cinture bianche attraverso la progressione nei gradi kyu. Alcune scuole utilizzano la cintura marrone per i gradi kyu più alti. Le cinture colorate giallo, arancio, verde e blu ebbero origini in Europa e furono importate negli USA negli anni 50.

Le cinture nere erano tradizionalmente portate da chi faceva competizioni, dal primo dan (shodan) al quinto dan (godan). Una cintura rossa e bianca era portata da chi aveva ricevuto gradi per aver reso un servizio al Judo, dal sesto dan (rokudan), fino all'ottavo (hachidan); le cinture completamente rosse erano riservate a noni (kudan) e decimi dan (judan) (13).

Il Karate adottò il sistema di gradi del Judo e l’uso della cintura nera dopo che il maestro Gichin Funakoshi di Okinawa dimostrò ed insegnò le sue tecniche presso il Kodokan negli anni 20 (14). Alla fine il sistema dan fu incorporato dal Kendo, dall’Aikido, e da molte altre forme di arti marziali.

L'origine delle cinture colorate, così come il significato dei particolari colori, è ancora avvolto nel mistero e potrebbe essersi ormai perso nella storia. Sebbene il dott. Kano non abbia lasciato niente di scritto sui vari colori utilizzati, ci ha lasciato comunque qualche traccia. Secondo la sua dottrina filosofica non c'è limite ai progressi che si possono fare nel Judo, quindi se qualcuno avesse raggiunto un livello più alto del decimo dan, "avrebbe trasceso dai colori e dai gradi e sarebbe tornato alla cintura bianca”, una sorta di chiusura del ciclo del Judo, come della vita (15).

In una simile eventualità, va detto che il Kodokan decise che la cintura che tale persona avrebbe indossato sarebbe stata "di spessore circa doppio del normale" per evitare che dei principianti potessero fraintenderne il significato. Ad oggi il dott. Kano è l'unica persona ad aver raggiunto il dodicesimo dan e ad avere il titolo di shihan.

Il dott. David Matusmoto, autore del libro "An introduction to Kodokan history and philosophy", cita la combinazione di due possibilità circa il tradizionale uso delle cinture bianche: il significato simbolico del colore e gli aspetti pratici della produzione delle uniformi (16).

"Innanzi tutto, il bianco ha sempre avuto un significato speciale, simbolico, nella cultura giapponese per secoli" scrive Matsumoto. "Per i giapponesi il colore bianco riflette pulizia e sacralità fin dai tempi antichi".

Quindi le cinture bianche potrebbero essere appropriate per riflettere l'innocenza e la purezza dei principianti. Secondo Matsumoto può anche riflettere la selezione di cotone usato per il materiale dei judoji: dopo lungo uso e numerosi lavaggi, il naturale biancastro giallognolo del cotone tende al bianco.

Un'ipotesi non verificata circa le cinture nere portate dai gradi dan è che il dott. Kano abbia preso in prestito questo concetto dagli sport praticati in Giappone nelle scuole superiori. Gli atleti avanzati erano riconoscibili dai nuotatori principianti tramite un nastro nero che i primi portavano intorno alla vita. Come rinomato insegnante e sportivo, certamente il dott. Kano era a conoscenza di questa tradizione e potrebbe averla incorporata nelle sue pratiche al Kodokan.

La selezione di cinture rosso-bianche per distinguere i gradi più alti potrebbe anche essere legata ad una tradizione simile, secondo Meik Skoss, noto storico delle arti marziali ed autore di numerosi articoli su quelle giapponesi (17). I giapponesi dividono tipicamente i gruppi in bianchi e rossi, basandosi su un evento storico, la guerra di Genpei, tra i due clan rivali Genji ed Heike. I Genji usavano bandiere bianche per identificare le truppe sul campo di battaglia, mentre gli Heike le usavano rosse (18).

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Matsukaze

bellissima riflessione di Inaba Sensei. Raramente ci si sofferma su quanto ci circonda e ci si rende conto di quanto aikido è costantemente sotto i nostri occhi. Meditate gente, meditate.

Matsukaze, il vento tra i pini.
Il vento soffia forte. Ma finchè gli alberi si muovono e si adattano, continuano a rimanere in piedi.
A volte prendendo forme bellissime, sulla spiaggia.
Ma il vento non lo sa.
Non soffia perché l'albero si pieghi e trovi una forma particolarmente bella.
Soffia per spazzarli via.
L'adattabilità,l'aiki, trasforma la violenza in bellezza, in arte e trova la vita laddove esiste il desiderio della morte.

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Seigo Yamaguchi

tratto da wikipedia

Seigo Yamaguchi, soprannominato "il Genio dell'Aikido", nacque il 13 aprile del 1924 nella prefettura di Fukuoka, in Giappone. Da giovanissimo era un avido lettore anche grazie al padre, preside di una scuola, che lo riforniva costantemente di libri, consentendogli di approfondire conoscenze di storia, filosofia e letteratura. Studiò presso un istituto tradizionale fondato dai clan Yanagawa e Han durante il periodo Edo, per poi laurearsi presso l'università Hiroikegakuen.

Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò alla guerra del Pacifico, arruolato in uno squadrone Kamikaze, di quelli che si schiantavano con una barca imbottita di esplosivo contro le navi nemiche. Per fortuna dell'Aikido moderno la guerra finì prima che gli fosse assegnata una missione. Dopo la guerra rientrò nella nativa Fukuoka e nel 1949 ottenne la qualifica per lavorare per il governo. Decise però di approfondire i suoi studi in Europa, ma prima di partire volle perfezionare le sue conoscenze di cultura gapponese studiando macrobiotica con Sakurawaza Nyoichi, conosciuto in occidente come George Oshawa. Grazie a questo legame, nel 1950 venne presentato a Morihei Ueshiba, il fondatore dell'Aikido, e divenne uchi deshi (allievo interno al dojo). Dal 1958 al 1960 fu inviato ad insegnare Aikido ai militari in Birmania e, al suo rientro in Giappone, insegnò regolarmente all'Hombu Dojo (Dojo Centrale di Tokyo) in particolare nella famosa lezione del lunedì sera, che tenne per decenni.

Aveva il suo dojo privato in un primo tempo a Ikenoue, famoso per la durezza del suo tatami, poi si trasferì a Shibuya dove il tatami era quello del Kendo: di legno. Yamaguchi teneva lezioni anche per le squadre di baseball giapponesi, per le università e per dojo privati (lo Zoshukan di Tokyo, tra i più importanti). Le sue lezioni all'Hombu Dojo erano tra le più seguite, anche dai colleghi insegnanti dell'Hombu Dojo stesso, cosa che non si verifica facilmente.

Alto poco meno di 170 cm per un peso di circa 60 kg, sul tatami appariva un gigante e le sue tecniche fluivano senza sforzo, charamente ispirate agli eleganti movimenti della spada giapponese. Studiava Lao Tsu e la filosofia dello Yin e Yang e, nonostante fosse molto severo a lezione, non ammetteva la durezza nell'allenamento e insisteva sul liberarsi dalla rigidità. Non metteva troppa enfasi nelle ripetizioni e non spiegava molto della tecnica, ma praticava di persona con ogni studente.

Tra il 1977 ed il 1995 fu invitato a condurre stage in Europa, principalmente in Francia, Germania ed Inghilterra; l'Università di Mannheim, in Germania, istituì un vero e proprio corso di Aikido e cominciò ad invitarlo regolarmente.

Diversi grandi maestri si ispirano moltissimo a lui; tra di essi Seishiro Endo, Yoshinobu Takeda, Masatoshi Yasuno, Christian Tissier, Philippe Gouttard e William Gleason. Anche il figlio Tetsu è uno Shihan, 7° dan di Aikido. Gli fa onore non aver mai voluto fondare una sua scuola, cosa in cui non credeva visto il suo profondo rispetto verso il fondatore Morihei Ueshiba e quindi verso l'Aikikai, ma che avrebbe potuto fare tranquillamente grazie al suo seguito.

II 24 gennaio del 1996 il Maestro morì nel suo letto dopo aver fatto lezione fino a due giorni prima.

Alla cerimonia funebre organizzata dalla sua famiglia presero parte più di 1000 persone.

Dopo di essa vennero organizzate delle grandi dimostrazioni in memoria del Maestro Yamaguchi a Kamakura, a Katsuta e alle Università di Meiji e Nagoya.

 

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