Minamoto No Yoritomo
Minamoto no Yoritomo
Minamoto no Yoritomo (源 頼朝?) (9 maggio 1147 – 9 febbraio 1199) è stato un militare giapponese. Nel 1192 ricevette il titolo di shōgun e fondò il primo bakufu della storia del Giappone, noto come shogunato Kamakura dal nome della sua capitale, la città di Kamakura.
Dalla nascita all'esilio
Minamoto no Yoritomo era il terzo figlio di Minamoto no Yoshitomo, erede del clan Minamoto, e della sua moglie ufficiale, Fujiwara no Saneori, discendente dell'illustre clan Fujiwara; nacque a Heian (odierna Kyōto), allora capitale del Giappone. All'epoca suo nonno, Minamoto no Tameyoshi, era il capofamiglia del clan Minamoto.
Nel 1156, le divisioni in fazioni della corte scoppiarono in una vera e propria guerra civile; l'Imperatore claustrale Toba e suo figlio Go-Shirakawa si schierarono con il figlio del reggente Fujiwara no Tadazane, Fujiwara no Tadamichi, e con Taira no Kiyomori (membro dell'influente clan Taira), mentre l'Imperatore claustrale Sutoku si schierò con il figlio minore di Tadazane, Fujiwara no Yorinaga; la guerra fu chiamata Ribellione di Hōgen. Il clan Minamoto era diviso; Tameyoshi, il capofamiglia, si schierò con l'Imperatore claustrale Sutoku, mentre suo figlio Yoshitomo, padre di Yoritomo, si schierò con l'Imperatore claustrale Toba e con l'Imperatore Go-Shirakawa. Alla fine, i seguaci dell'Imperatore Go-Shirakawa vinsero la guerra civile, e l'Imperatore Sutoku fu messo agli arresti domiciliari. Yorinaga era stato gravemente ferito in battaglia, e Tameyoshi fu condannato a morte, nonostante l'intervento in suo favore di Yoshitomo. Yoshitomo divenne così il capofamiglia, e Yoritomo l'erede del clan. Essendo Yoritomo imparentato sia con l'imperatore (da parte di padre) sia con i Fujiwara (da parte di madre), ricevette i suoi primi incarichi a corte e fu nominato amministratore.
La pace non durò a lungo, perché Kiyomori e Yoshitomo, i vincitori della precedente guerra, cominciarono a discutere e alla fine i due clan entrarono in guerra: i Taira sostenevano Imperatore Takakura, figlio di Go-Shirakawa, ed avevano il sostegno di Fujiwara no Nobuyori, mentre i Minamoto sostenevano l'ormai claustrale Imperatore Go-Shirakawa ed avevano il sostegno di Fujiwara no Tadamichi e Fujiwara no Michinori (il clan Fujiwara era quindi diviso); la guerra fu chiamata Ribellione di Heiji. I Minamoto non erano adeguatamente preparati, e i Taira occuparono Kyōto; Michinori e Tadamichi furono condannati a morte e il palazzo dell'Imperatore claustrale Go-Shirakawa fu messo a fuoco dai Taira.
Yoritomo si ritrovò così nuovo capofamiglia del clan Minamoto, esule a Hirugashima, un'isola della provincia di Izu nel Kantō, all'epoca sotto il controllo del clan Hōjō. I Taira erano ormai i samurai più potenti del Giappone; Yoritomo fu lasciato in vita grazie a sua madre. Minamoto no Yoshitsune, un fratellastro, fu esiliato al tempio di Kurama. Yoritomo crebbe quindi in esilio. Nel 1179, sposò Hōjō Masako, figlia di Hōjō Tokimasa: il matrimonio aveva anche una chiara valenza politica, poiché Yoritomo avrebbe potuto contare sugli Hōjō in caso di guerra.
La guerra di Genpei
Nel 1180 Yoritomo raccolse un grande esercito per affrontare i Taira, ma poi, per un breve periodo fu costretto a trattare con loro. Quando venne a sapere che il cugino Yoshinaka tramava contro di lui, lo sconfisse e uccise ad Awazu, con l' aiuto del fratello Yoshitsune.
Nella sua prima grande battaglia, quella di Ishibashiyama, Yoritomo fu sconfitto, indebolendo la sua posizione nei confrontidei rivali; fino al 1184, grazie agli screzi interni alla corte dominata dai Taira, riuscì però a consolidare la sua autorità sull'aristocrazia guerriera del Kantō e ebbe modo di costruire una propria struttura amministrativa, centrata nella sua fortezza di Kamakura. Alla fine ebbe ragione dei suoi rivali nel clan, e nella battaglia di Dan-no-ura nel 1185 impresse ai Taira una terribile sconfitta.
Ormai senza rivali, Yoritomo estese la sua struttura amministrativa a tutto il Paese, rendendo di fatto Kamakura la nuova capitale; nel nuovo sistema feudale la casta aristocratico-guerriera dei samurai ottenne l'egemonia che avrebbe mantenuto fino alla metà del XIX secolo. Sette anni dopo, l'Imperatore Go-Toba gli concesse il titolo di shōgun, ufficializzando la sua posizione e dando inizio al bakufu (shogunato, ovvero il governo dello shōgun).
IEYASU TOKUGAWA il macchiavelli nipponico
tratto da tuttogiappone.it
La vita di
Tokugawa Ieyasu
Tokugawa Ieyasu è senza dubbio uno dei personaggi più famosi della storia del Giappone.
Agli inizi del XVI secolo il Giappone era diviso in una miriadi di clan ognuno dei quali governava su una fetta di territorio. Tokugawa riuscì a riunificare e a pacificare il Giappone e a porlo sotto l'autorità dello shogun che di fatto rappresentava il supremo capo politico e militare del paese; la figura dell'imperatore era più che altro simbolica e sarebbe stato così fino al XIX secolo. Diede inizio ad una dinastia che avrebbe detenuto lo shogunato per 250 anni e che avrebbe segnato molto profondamente la cultura, la società e la storia del paese del Sol Levante.
I clan del Mitsudaira, famiglia di cui Ieyasu era originario, governava la provincia di Mikawa che oggi corrisponde alla parte orientale della prefettura di Aichi, più o meno nel centro dell'isola di Honshu.
Il protagonista dell'articolo nacque, quindi, con il nome di Matsudaira Takechiyo, il 31 Gennaio del 1543. In quel periodo due erano le famiglie più potenti di quell'area: gli Oda e gli Imagawa e il clan Matsudaira era indeciso su quale dei due mettersi al servizio; rimanere indipendenti, data la potenza dei vicini, non aveva senso.
Hirodata – padre di Takechiyo -, il capo della famiglia, scelse il clan degli Imagawa anche se all'interno dei Mitsudaria la sua scelta non aveva l'unanimità dei consensi.
Nel 1548 gli Oda invasero il Mikava e Hirodata chiese aiuto a Imagawa Yoshimoto il quale acconsentì a patto che Takechiyo fosse mandato a Sumpu, la sua capitale, in qualità di ostaggio.
Il convoglio che doveva trasportare Takechiyo a Sumpu, venne intercettato da Oda Nobuhide che catturò il figlio di Hirodata e lo rinchiuse nel castello di Kowatari. Come era prevedibile, Oda si servì del prigioniero per fare pressioni sul padre affinchè cessasse ogni legame con gli Imagawa. Hirodata rifiutò, ma il figlio non venne ucciso.
Nell'anno successivo morirono sia Mitsudaria Hirodata che Oda Nobuhide e Yoshimoto ne approfittò per attaccare il castello con un esercito guidato dal fratello Sessai
Ora, alla guida del clan degli Oda, c'era Nobuhiro che venne però catturato insieme al suo castello che Sessai si impegnò a restituire a patto che Takechiyo fosse liberato. Takechiyo venne effettivamente liberato e tornò a Sumpu dove visse per vari anni.
Raggiunta la maggiore età, Takechiyo, cambiò il suo nome è divenne Matsudaira Motoyasu. Ritornò nel Mikawa e, secondo le richieste degli Imagawa, di cui i Matsudaira erano vassalli, si impegnò a combattere gli Oda guidati dal nuovo capo Nobunaga.
Passarono pochi anni e i Matsudaira, una volta sconfitti gli Oda, cominciarono a chiedere maggiore autonomia dagli Imagawa. Presto tra i due clan ci fu una guerra e, nella battaglia di Okehazama nella quale gli Imagawa vennero sconfitti, Yoshimoto trovò la morte.
Motoyasu si alleò di nuovo segretamente con gli Oda, sconfisse definitivamente gli Imagawa e si affrancò così dalla loro tutela.
Negli anni successivi si dedicò agli affari della famiglia e della sua provincia dove stroncò sul nascere una ribellione militare.
Nel 1567 fece richiesta all'Imperatore Ogimachi di poter cambiare il nome in Tokugawa Ieyasu e la richiesta venne accolta. E' chiaro che Ieyasu voleva avvalorare l'ipotesi che la sua famiglia avesse legami di parentela con quella dell'imperatore.
Sistemati gli Imagawa, che divennero vassalli dei Tokugawa, ecco arrivare i Takeda con i quali, dopo una breve alleanza, il ricorso alle armi divenne inevitabile. Quindi, nel 1571, i Takeda attaccarono e Takeda Shingen vinse la battaglia di Mikatagahara. Fortunatamente per Ieyasu, Shingen morì l'anno successivo e venne sostituito dal figlio Katsuyori che però non si rivelò all'altezza del padre.
Il 28 Giugno 1575 gli eserciti alleati dei Tokugawa e degli Oda, inflissero una devastante sconfitta ai Takeda.
Quattro anni più tardi la moglie e il figlio di Ieyasu vennero accusati di aver complottato contro Nobunaga, in combutta con Katsuyori; la moglie venne decapitata e il figlio costretto al seppuku, il suicidio rituale.
Eliminati definitivamente i Takeda con un'altra vittoria nel 1582, aiutò il clan Oda nel loro tentativo di riunificare l'intero Giappone.
Alla fine di quell'anno, un colpo di scena; Obu Nobunaga venne assassinato da Mitsuhide Akechi. Ieyasu, temendo di fare la stessa fine, si ritirò nel Mikawa non rinunciando però a conquistare parte del territorio degli Oda.
E' a questo punto che fa la sua comparsa un altro fondamentale personaggio della storia del Giappone: Toyotomi Hideyoshi.
Siamo nel 1583 e a contendersi il dominio sull'intero paese, erano rimasti Toyotomi Hideyoshi e Shibata Katsuie con Ieyasu Tokugawa che, inizialmente, mantenne una posizione neutrale.
Nella battaglia di Shizugatake Shibata venne sconfitto e Toyotomi rimase così il padrone incontrastato del Giappone ormai riunificato sotto il suo controllo.
I Tokugawa quindi si allearono con gli Oda nella speranza di provocare in battaglia i potenti Toyotomi, ma gli Oda presto cambiarono campo e finirono sotto l'egemonia del clan dei Toyotomi.
Nel 1585 Ieyasu e Hideyoshi stabilirono una tregua e, cinque anni più tardi, ritroviamo i due attaccare il clan degli Hojo che vennero sconfitti e annessi alle terre dei Toyotomi.
A seguito dell'alleanza tra i Tokugawa e i Toyotomi, avvenne uno scambio di territori Ieyasu cedette le provincie di Mikawa, Totomi, Suruga, Shinano e Kai. Come conseguenza Ieyasu spostò la sua base operativa e si insediò nel castello di Edo.
Due anni più tardi Hideyoshi si imbarcò in una spedizione in terra straniera e precisamente invase la Corea; il suo scopo finale era quello di attaccare la Cina e l'India.
L'avventura non ebbe molto successo; nonostante i giapponesi fossero riusciti a conquistare la capitale; la continua guerriglia fiaccò la resistenza dei nipponici.
Nel 1593 Hideyoshi Toyotomi nominò Ieyasu, insieme ad altri cinque, reggente del figlio e tutti e sei avrebbero regnato in nome di Hideyori Toyotomi nel caso di morte prematura del padre. Morte prematura che in effetti arrivò cinque anni più tardi, nel 1598.
Presto tra i reggenti si crearono due schieramenti: gli anti-Toyotomi, guidati dai Tokugawa, e i fedeli a Hideyori. rappresentati da Ishida Mitsunari. Per i primi anni il conflitto tra questi due gruppi, con i loro rispettivi alleati, ebbe un andamento alterno.
Ed è proprio nell'ambito di questa guerra che si colloca la grande battaglia di Sekigahara che vide combattere ben 160.000 uomini.
La vittoria dello scontro arrise a Ieyasu Tokugawa che, insieme ai clan alleati, distrusse i clan degli Ishida.
Come conseguenza della battaglia Hideyori Toyotomi, dopo essere stato sconfitto, si ritirò con la famiglia nel castello di Osaka mentre Ieyasu Tokugawa poteva ormai fregiarsi del titolo di padrone assoluto del Giappone: era l'anno 1600 d.C.
Nel 1603 l'imperatore Go-Yozei gli concesse il titolo di shogun e Ieyasu inaugurò una dinastia che avrebbe detenuto lo shogunato per oltre 250 anni.
Dopo solo due anni Ieyasu, a sorpresa, si ritirò lasciando la carica a suo figlio Hideta. La dimissione dalla carica di shogun era comunque solo apparente in quanto Ieyasu continuò a governare, come si dice, da dietro le quinte.
Da adesso fino alla sua morte, nel 1616, Tokugawa _Ieyasu continuò quindi ad esercitare il potere nonostante la carica di shogun fosse ricoperta dal figlio Hideta.
Due sono i fatti principali di questo periodo; la persecuzione e l'espulsione dei cristiani dal Giappone, a favore del confucianesimo, e, in campo militare, l'assedio di Osaka in cui sconfisse le ultime resistenze del clan Toyotomi che si era arroccato nel castello della città .
Per gli stranieri, avere delle basi commerciali in Giappone era sempre più difficile e anche divenne problematico per gli stessi giapponesi uscire dal paese. I cristiani, per sfuggire alle persecuzioni, dovettero emigrare verso altri paesi come, per esempio, le Filippine.
In breve, sotto il periodo Tokugawa, ci fu una chiusura del Giappone verso il mondo esterno che sarebbe terminato solo nel XIX secolo quando le pressioni esterne, per aprire il Giappone al commercio internazionale, divennero troppo forti per potervi resistere.
Dal punto di vista militare, invece, dopo la battaglia di Osaka in cui Ieyasu e il figlio sconfissero Toyotomi Hideyori, si aprì per il Giappone un lungo periodo di pace che sarebbe anch'esso terminato nel XIX secolo.
Quindi con Ieyasu si aprì un periodo di pace, ma anche di isolamento commerciale e culturale. Il centro politico venne spostato ad Edo, l'odierna Tokyo, e venne operato uno stretto controllo sui daimyo e i samurai, la casta dei guerrieri, non essendoci più guerre, si dedicarono ad attività meno bellicose come la filosofia, letteratura e arte.
Nel 1616 Tokugawa Ieyasu, a seguito di una malattia, morì all'età i 73 anni.
Lasciò il paese saldamente nelle mani del suo clan che, come visto, detenne lo shogunato fino al 1867 quando il potere venne restituito alla figura dell'imperatore per quello che è passato alla storia come la "restaurazione Meiji".
Miyamoto Musashi
La straordinaria vita di
Miyamoto Musashi
Il suo vero nome era Shinmen Musashi no Kami Fujiwara no Genshi: Il più famoso samurai della storia del Giappone. La sua vita ha dell'incredibile e lo pone come uno dei personaggi più interessanti, non solo del Giappone, ma di tutta la Storia dell'umanità . Non solo fu un leggendario spadaccino che affrontò, senza perdere mai, decine di duelli, la maggior parte dei quali all'ultimo sangue, ma fu anche un valente artista; eccelleva anche nell'arte della pittura, nella calligrafia, nella scultura e come poeta: le sue opere, di grandissimo valore, sono oggi conservate in vari musei. Scrisse uno dei più famosi trattati di strategia e di filosofia applicata al combattimento: Il Libro dei Cinque Anelli. In questo trattato, scritto nel 1645, Musashi riassunse tutta la sua esperienza di maestro dell'arte della spada. Fondò anche una scuola di arti marziali, la Niten Ichi Ryu che insegna il combattimento a due spade: una lunga (Katana) e una corta (Wakizashi ). Ma sono le sue gesta di schermidore quelle che gli hanno consentito di entrare nella leggenda; fino all'età di 29 anni, cioè fino allo scontro con Kojirō Sasaki, partecipò a sessanta duelli. Partecipò anche a varie battaglie tra cui quella di Sekigahara in cui militò tra le file, perdenti, dei seguaci della famiglia Toyotomi. Sul personaggio di Miyamoto Musashi esiste una vasta letteratura; sono stati compiuti numerosi studi e i giudizi sul personaggio sono estremamente variegati. Sui momenti topici della vita di Musashi esistono molteplici versioni e, molto spesso, risulta difficile, se non impossibile, stabilire la verità dei fatti. A prescindere delle versioni, è innegabile che Musashi sia da considerare uno dei più grandi samurai della storia giapponese.
Nacque nel 1584 a Miyamoto-Sanoma nella provincia di Mimasaka che oggi fa parte della prefettura di Okayama. Già in tenera età mostrò una non invidiabile capacità di procurarsi guai; crebbe guardando il padre samurai insegnare l'arte ai numerosi guerrieri che venivano a richiedere i suoi servizi come maestro. Nel 1596 un samurai di nome Arima Kihei, arrivò in città e mise un annuncio in cui cercava coraggiosi disposti a combattere contro di lui; Musashi, che aveva dodici anni, si fece avanti: fu il suo primo duello. Nonostante fosse armato solo di una spada di legno, e l'avversario con la classica spada affilata come un rasoio, il giovane Musashi vinse ed uccise l'esperto samurai.
All'età di quindici anni lasciò il villaggio.Musashi aveva già sedici anni, ma aveva già combattuto in tre guerre. Negli anni successivi percorse il Paese passando da un duello all'altro e, naturalmente, ne uscì sempre vincitore.
All'età di venti anni è a Kyoto, l'allora capitale del Giappone. Qui sfidò il miglior spadaccino dell'epoca,Yoshioka Seijuro, il quale raccolse la sfida.
Miyamoto Musashi non vinceva i suoi duelli solo grazie alla sua grande forza e sulle sue grandi doti tecniche, ma era un maestro nell'uso di diversivi che operavano sulla psicologia dell'avversario in modo da minare la sua forza. Un tipico esempio fu il duello con Yoshioka che, oltretutto, era a capo di una famosissima scuola di arti marziali. Musashi arrivò tardi al duello facendo così infuriare l'avversario che non si attendeva una mancanza di rispetto, soprattutto da chi aveva gettato il guanto della sfida. Il duello iniziò, ma la mente di Yoshioka, essendo ancora turbata dall'affronto subito, non aveva la lucidità che la situazione richiedeva. Venne deciso che lo scontro non fosse all'ultimo sangue e che fosse combattuto con spade di legno. Il duello si concluse nel giro di pochi minuti con un grande colpo che Musashi assestò alla spalla sinistra di Yoshioka; il colpo fu così violento che Yoshioka dovette essere rianimato e portato via a braccia. All'età di appena vent'anni, Miyamoto Musashi era diventato lo spadaccino più famoso del Giappone. L'affronto subito da Seijuro recò vergogna sull'intera famiglia e il fratello minore, Denshichiro, sfidò immediatamente Miyamoto cercando così di risollevare le fortune della famiglia. Anche in questo duello Miyamoto ripetè lo scherzetto fatto a Yoshioka: arrivò in ritardo innervosendo così l'avversario. Lo scontro fu senza storia e Denshichiro, che era un samurai piuttosto dotato, vi trovò la morte.
Per la famiglia Yoshioka l'affronto subito era intollerabile: doveva essere vendicato a tutti i costi. Solo la morte di Miyamoto Musashi avrebbe potuto rendere ai Yoshioka l'onore perduto. Centinaia di guerrieri vennero radunati, armati con spade, archi e fucili, per organizzare un'imboscata. Miyamoto venne informato in anticipo del pericolo e questa volta cambiò strategia: arrivò all'appuntamento in anticipo e, nascosto nel fogliame, aspettò i suoi nemici. Vide arrivare i nemici e poi, all'improvviso, sbucò prendendo alla sprovvista un folto gruppo di samurai avversari; individuò, raggiunse ed uccise Matashichiro, il dodicenne nuovo capo del clan; infine, in tutto questo caos, si aprì un varco, attraverso i nemici, e riuscì a fuggire.
Negli anni successivi Miyamoto Musashi continuò a duellare per tutto il Paese; attraverso questi duelli all'ultimo sangue, cercava di raggiungere l'Illuminazione, lo stadio finale, il perfezionamento dell'arte del combattimento
A ventotto anni Miyamoto incrociò la lama con Sasaki Kojiro, uno dei più famosi samurai dell'epoca: ne venne fuori uno dei più famosi duelli della storia giapponese. Lo scontro si svolse su un'isola. Anche questa volta Musashi arrivò in ritardo facendo così innervosire l'avversario. Prima di sbarcare sull'isola , Musashi si costruì una spada di legno ricavandola da un remo della barca. Una volta di fronte, i due campioni, si buttarono subito all'attacco. Miyamoto sferrò subito un terribile colpo sulla testa di Sasaki che crollò a terra, ma senza prima aver risposto con un fendente che sfiorò di pochi millimetri la testa di Miyamoto. Anche da terra Sasaki mostrò la sua abilità con un colpo che, però, non andò a segno: bucò solo il kimono di Musashi. Il colpo di grazia avvenne con grosso colpo al torace di Sasaki Kojiro ancora a terra per il colpo subito precedentemente. Le versioni riguardanti questo episodio sono diverse; un altro racconto dice che le due famiglie, di cui Musashi e Kojiro erano i rispettivi campioni, fossero in lotta per il possesso dell' isola e che Kojiro, appena ripresosi dal colpo alla testa, venne giustiziato, mentre era ancora a terra, dai membri della famiglia vincente.
Miyamoto combatteva spesso con un Bokken, una spada di legno usata in allenamento. Si diceva, inoltre, che fosse di carattere difficile, scortese e poco amante dell'igiene personale. Non si sposò mai, ma ebbe tre figli adottivi.
Nel 1614-1615 partecipò all'episodio finale della guerra tra i clan Tokugawa, che governava il Paese, e Toyotomi. Musashi era ancora al servizio di Toyotomi Hideyori quando il suo quartier generale, il castello di Osaka, venne circondato dalle truppe dello Shogun Tokugawa. Dopo lo scontro con Kojiro, Musashi diradò i duelli a favore di altre attività. Certamente non si sottrasse ai duelli, quando sfidato, ma non li cercò di proposito, come prima. Si dedicò, invece, alla sua scuola e ai suoi discepoli che affluirono sempre più numerosi. Partecipò alla costruzione del castello di Akashi e alla riorganizzazione della città di Himeji dove si stabilì nel 1621. L'anno successivo era di nuovo in viaggio e raggiunse Edo dove cercò, invano, di diventare Maestro di Spada dello Shogun Tokugawa. Insieme al figlio adottivo Miyamoto Iori, continuò il suo pellegrinare per il Paese per arrivare infine ad Osaka. Nel 1934 si spostarono nella città di Kokura ed entrarono al servizio del daimyo Ogasawara Tadazane. Padre e figlio parteciparono alla rivolta di Shimabara dove militarono tra le file delle forze shogunali impegnate a schiacciare la rivolta. Iori, durante questo conflitto, si distinse ottenendo il grado di Karō, il grado più elevato tra i samurai. Musashi, invece, venne ferito da pietre lanciate dagli assediati. Successivamente, dopo essersi legato al daimyo Hosokawa Tadatoshi, si trasferì a Kunamoto, nel Kyushu, dove si dedicò, principalmente, alla scrittura e all'insegnamento della sua materia preferita: la strategia del combattimento. Dal 1642 cominciò a soffrire di attacchi di nevralgia e l'anno successivo si ritirò in una caverna dove cominciò a scrivere il suo Libro dei Cinque Anelli. Poco dopo aver terminato il libro, morì: era il 13 giugno del 1645. Si pensa che sia stato stroncato da un cancro ai polmoni. L'ultima opera letteraria fu il Dokkodo, composto una settimana prima di morire; una raccolta di ventuno precetti, un testamento spirituale per i suoi allievi. Il suo corpo è sepolto nel villaggio di Yuge.
La figura di Miyamoto Musashi è leggendaria e si è stabilita con grande autorità nell'immaginario popolare; ha ispirato decine fra film e prodotti per la televisioni, videogame, libri, anime e manga, libri.
Non è possibile sopravvivere a sessanta duelli senza avere delle qualità e senza poi entrare nella Storia. Musashi combatteva spesso con una spada di legno contro nemici armati di spade d'affilato acciaio, a volte affrontava anche più avversari contemporaneamente, ma uscì sempre vittorioso. La sua grande forza fisica e la maestria nel saper padroneggiare la tecnica, da sole, non bastano a spiegare il suo successo; era anche un profondo conoscitore della strategia militare e della psiche umana che spesso gli permise di ottenere quel vantaggio necessario a vincere i duelli.
Fondò una scuola di scherma, la Niten Ichi-ryū, attiva ancora oggi, in cui veniva insegnato il combattimento con due spade, una lunga e una corta. Ai suoi numerosi discepoli, insegnò il coraggio, il disprezzo per il pericolo e per la morte; volle che, come lui, vivessero una vita austera e piena di sacrifici nella ricerca dell'Illuminazione, meta finale di ogni guerriero.
siamo quasi alla frutta…
ci siamo amici Aikidoki
siamo quasi alla frutta, tra poche lezioni questo anno di pratica giungerà alla fine, poi il meritato riposo.
sono accadute molte cose in questo anno, molti passaggi di cintura, molti volti nuovi , che hanno portato vitalità
al Nostro Dojo, molti Stage si è studiato molto.
un anno profiquo, grazie al Nostro Sensei Ezio che ci ha insegnato molte cose e ha tenuto sempre alto il Nostro livello tecnico, abbiamo condiviso molte ore di Sudo ( antica arte della fatica) ma aci siamo anche divertiti molto, ma
sopratutto .." quanto bevete? " e quanto mangiate, vorrei ringraziare i nuovi arrivati per l' entusiasmo che hanno portato
le sorelle Karamazov, i piccolo Gaetanone, padre e figlio, ma anche la vecchia guardia ( Pat, cris alex fabius e canetti san) che si sono sempre resi disponibili con tutti, il griatrico Domenico detto SETT DULUR E NA' SPINA, me medesimo per aver raggiunto un grande obiettivo e i ragazzi della terra di mezzo ( Enri, jo, silvius, giussè, frodo, salva) insomma tutti.
un grazie a questo bel sito che è nostro, e che dovreste fraquentare di più e scrivere qualcosa ogni tanto, a cominciare da ora.
il Vostro Ovo-san samurai piemunteis
L’ultimo Samurai Saigo Takemori
Saigo Takamori: l’ultimo Samurai
Questa statua, posta nel parco di Ueno, è dedicata a Saigo Takamori, l’ultimo samurai.
Ebbene sì, è proprio la sua storia che ispirò il film con Tom Cruise di qualche anno fa, ma dimenticate le fattezze del bel Ken Watanabe, che ne impersonava il ruolo col nome di Katsumoto: Saigo Takamori era un samurai cicciotto e dall’apparenza bonaria, un omone di 180 cm di statura ed una corporatura opulenta, piuttosto impressionante per i suoi tempi. Egli si battè affinché i samurai potessero conservare i propri privilegi nella moderna società giapponese e tutt’oggi viene ricordato come un eroe!
Ecco la sua storia:
Nel gennaio del 1868, Saigo Takamori ebbe l’onore di guidare una delle armate che parteciparono alla cosiddetta “marcia su Kyoto”.
Le truppe occuparono il castello e proclamarono la restaurazione del potere imperiale.
Fautori di questa operazione, furono alcune famiglie del sud, che, con questo gesto, volevano opporsi alla supremazia della famiglia Tokugawa, che per anni avevano detenuto il potere, avvalendosi della figura di un imperatore-fantoccio, che era praticamente un burattino nelle loro mani.
Nel 1868 il giovane imperatore Mutsuhito, di soli 15 anni, venne fatto spostare da Kyoto a Tokyo, vero centro nevralgico del potere. Ciò segnerà la fine della supremazia dei Tokugawa e l’inizio dell’era Meiji, dal nome imposto al nuovo imperatore.
Il 15 maggio 1868, l’ultimo rigurgito di una ribellione delle famiglie fedeli al vecchio shogunato, fu repressa nel sangue: la battaglia fu combattuta a Ueno, ed è proprio in ricordo di questo combattimento, che oggi, all’ingresso del parco, si erige la statua di Saigo Takamori, comandante in capo delle truppe fedeli all’Imperatore.
In realtà, però, l’Imperatore era nuovamente un fantoccio nelle mani di nuovi burattinai: i samurai che avevano organizzato la marcia su Kyoto. Essi però, capirono che la struttura feudale del Giappone era ormai obsoleta, e che serviva un’autentica svolta, se si voleva portare il Paese ad un riconoscimento internazionale.
Il periodo Meiji, infatti, sarà ricordato come un periodo di grandi riforme, che catapulterà il Giappone dal feudalesimo all’era moderna, in cui il Giappone diverrà un potente stato asiatico, seguendo il modello occidentale.
Tali riforme portarono, nel 1871, all’abolizione della classe dei samurai ed all’espropriazione di tutti i possedimenti dei daimyo, i signori locali.
Uno dei principali fautori di questi cambiamenti sarà Okubo Toshimichi (l’Omura de “L’ultimo samurai”).
Nel gennaio del 1872 il governo giapponese annunciò l’intenzione di creare una forza armata nazionale, sulla base di quelle esistenti nei Paesi occidentali.
A questo punto i samurai, spogliati dei propri privilegi e dei propri redditi, si videro costretti ad integrarsi nelle maglie del nuovo governo, ma non tutti vollero accettare il cambiamento, così, nel 1874 scoppiarono alcune ribellioni.
Il governo non volle tollerare questi attacchi al nuovo potere, e inviò le nuove armate a sedare le rivolte.
Nel 1876 fu proibito girare armati, se non durante eventi speciali e cerimonie. I samurai, che consideravano le loro spade un simbolo del loro status si risentirono molto della cosa. Fu inoltre proibito di acconciare i capelli con la tipica pettinatura da samurai: il mage.
Nello stesso anno Saigo Takamori, ormai in aperto conflitto con le decisioni prese dal nuovo governo, si demise dal suo incarico, e tornò a Kagoshima, dove fondò una scuola militare in cui affluirono tutti i samurai scontenti della situazione che si era venuta a creare.
Ben presto la situazione divenne insostenibile e il gruppo di Takamori proclamò guerra al governo centrale.
La storia vuole che Takamori fu coinvolto suo malgrado, e proclamato capo delle truppe di ribelli senza essere propriamente convinto di ciò che si stava facendo e preso di sorpresa dalla rapida escalation degli avvenimenti.
Ad ogni modo Saigo organizzò la ribellione militare e mise insieme un’armata di circa 25.000 uomini, cui si aggiunsero strada facendo altri volontari da tutto il paese.
Saigo aveva intenzione di marciare su Tokyo con la sua armata, ma si attardò nel castello di Kumamoto, e le truppe imperiali ebbero il tempo di organizzarsi e sferrare un contrattacco, prendendo d’assalto il castello stesso.
L’assedio finì dopo 54 giorni e le truppe di Saigo furono sconfitte e costrette ad arretrare verso Kagoshima.
Dopo numerose battaglie, Saigo Takamori raccolse un numero ridotto di samurai (circa 300) per l’ultimo confronto sulla collina di Shiroyama, non lontana dal Castello di Kagoshima.
I ribelli erano ormai pochi, esausti ed a corto di cibo e munizioni. Inoltre pioveva da giorni ed i loro vecchi cannoni erano ormai inutilizzabili.
Saigo e i suoi uomini sapevano che non avevano alcuna possibilità e che la loro causa era ormai persa, ma desideravano morire con onore (“Una morte onorabile è preferibile ad una vita di vergogna”).
Si dice che il comandante delle forze imperiali inviò a Saigo una lettera, pregandolo di arrendersi e scongiurare una battaglia che non avevano nessuna speranza di vincere.
La mattina del 24 settembre del 1877, ebbe inizio il bombardamento e fu un massacro annunciato.
Il corpo di Saigo Takamori fu trovato senza vita e con la testa mozzata, segno che egli aveva commesso seppuku.
Il suo coraggio, comunque, lo portò a non essere dimenticato nei secoli, ed ancora oggi Saigo Takamori viene ricordato come un eroe, grazie anche alla riabilitazione postuma (1889) accordatagli dal governo Meiji, con una intelligente mossa strategica.
kisshomaru ueshiba
Kisshomaru Ueshiba nacque nella città di Ayabe, nella Prefettura di Kyoto, in Giappone; terzo figlio di Morihei Ueshiba (植芝 盛平 Ueshiba Morihei, 1883–1969) e di Hatsu Ueshiba (植芝 はつ Ueshiba Hatsu, 1881–1969).
Kisshomaru iniziò ad allenarsi con il paadre intorno al 1937. In seguito frequentò la Waseda University laureandosi in economia nel 1946. Prima della laurea, tuttavia, il padre lo nominò a capo dell'Kobukan Dojo a Shinjuku, Tokyo nel 1942. Kisshomaru andò più volte a salvare i dojo dal fuoco durante i bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale.
Dopo la guerra e agli inizi del 1948, Kisshomaru supervisionò lo sviluppo dell'organizzazione Aikikai Honbu, (and eventually the tearing down of the Kobukan Dojo in 1967 alla costruzione della sede dell'Aikikai).
Aikido perchè è difficile
“Aikido perchè è difficile” di William Terrell
Libera traduzione di Gianni Canetti dell’originale pubblicato su Aikido Journal
“Quello che facciamo sul tatami è sacro. E’ la vita scritta in corsivo. E’ tradizione vissuta nel presente. Aikido è il dono di O’Sensei per tutti noi…”
Non ho nozioni romantiche di cosa significhi essere un guerriero. Ho servito nel corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America ed ho lavorato per dieci anni come sceriffo di contea.
Ho visto la morte ed I moribondi, la morte accidentale e quella deliberata. Ho visto persone uccise con armi da fuoco, tagliate, bruciate, picchiate, strangolate, schiacciate ed anche letteralmete uccise a martellate.
Io so con quanta velocità la violenza può irrompere nella nostra quotidianità e distruggere le nostre vite. Il mio obiettivo è semplicemente quello di qualunque guerriero/padre/marito: essere preparato a proteggere e difendere me stesso, la mia famiglia e la mia comunità.
Uno dei modi che ho scelto per farlo è attraverso l’Aikido. Mi piace l’Aikido perché è difficile, perché mi sforza a cambiare, perché mi sforza ad affrontare me stesso. Il mio primo maestro era irascibile ed ostico, ma lui mi ha dato una solida base in molti principi. La sua enfasi era nelle tecniche rivolte al mondo fuori dal tatami, specialmente nello spezzare o sfruttare l’equilibrio di Uke e nel portare colpi efficaci.
Lui credeva (giustamente) che l’Aikido non fosse un gioco e nemmeno uno sport. Aikido è una questione di vita e morte. Trattarlo come qualsiasi altra cosa è una perdita di tempo ed un insulto alla memoria di O’Sensei. Quel che facciamo sul tatami è sacro. E’ la vita scritta in corsivo. E’ tradizione vissuta nel presente.
L’aikido è il dono di O’Sensei e di tutti quelli che hanno insegnato a lui, per tutti noi. Il suo dono è passato da Yamada Sensei a Dee Sensei a me. Sono stato forgiato come il successivo anello nella catena.
Molti criticano e definiscono l’Aikido come, nella migliore delle ipotesi anacronistico e nella peggiore come una perdita di tempo che instilla un falso senso di sicurezza nei suoi praticanti. O’Sensei avrebbe potuto sviluppare e diffondere l’Aikido se lui non avesse creduto nella sua efficacia? Certamente no. La mia risposta a chi critica è di salire sul tatami e rimanerci quel tanto che basta per capire cosa succede. Provare il bruciore del Nikyo, la confusione vertiginose e la brusca inversione dell’Irimi nage, il panico del Koshi nage eseguito in piena velocità. Mettere alla prove se stessi nel randori. Capire come reagire quando affronti diversi avversari simultaneamente. Imparare che un labbro spaccato o essere proiettato con forza non ti ucciderà. Comprendere la forza dell’Aikido prima di esprimere un giudizio.
Accettare l’Aikido come principio di vita deve essere una scelta. Una scelta ripetuta settimana dopo settimana, giorno dopo giorno. Il tatami è il campo di battaglia sul quale sconfiggiamo noi stessi, è la perseveranza , rifiutando di soccombere all’inerzia, che ci rende forti.
Settimana dopo settimana salgo sul tatami perché devo, perché questo soddisfa un bisogno primario di base ed è un modo per incanalare gli istinti guerrieri.
Non è solo il tatami, l’Aikido permea la mia vita. Anche guidare per 100 miglia è in se un atto di entrata, di essere Uke. Cercare di perfezionare il processo di risoluzione di un conflitto mentre cerchiamo/ci prepariamo per il successivo. E’ nel sapere quando spingere e quando tirare, quando entrare e quando ruotare.
Sono assolutamente preparato per qualunque cosa la vita mi scaglierà contro? Certamente no. Sono molto meglio preparato? Sicuramente lo sono.