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Archivio annuale 04/02/2012

AIKI NO JO

Propongo qui due clip dell'uso del Jo secondo la scuola di Iwama. Questo è il lineage seguente Ueshiba Morihei -> Saito Morihiro -> Saito Hitohiro. Il lineage confluise nella tradizione Dentoo Iwama Ryu. 
(Esistono anche altri lineage dopo Saito Morihiro Shihan come d'altronde esistono i lineage derivanti dal Fondatore Ueshiba).

""Il JO viene chiamato anche “AIKI NO JO”, il bastone dell’Aikido. Di solito ha una lunghezza standard di 130 centimetri (a seconda dell’altezza di chi lo usa può arrivare a 140 centimetri) e non può essere più lungo, a differenza di altre arti marziali, perché viene spesso adoperato come se fosse un ken, utilizzando le stesse posizioni e gli stessi colpi che usiamo nell’Aiki no ken. Per il percorso di studio del “JO” vale lo stesso discorso già fatto per il “Tai jutsu” ed il “Ken”.

a)       KAMAE
b)        JO SUBURI NIJUPPON
c)       ROKU NO JO
d)       TANREN UCHI (TSUKI)
e)       SANJUICHI NO JO KATA
f)       JUSAN NO JO KATA
g)       JO NO AWASE
h)       HAPPO TSUKI
i)       SANJUICHI NO KUMI JO
j)       JUSAN NO JO AWASE
k)       KUMI JO JUPPON
l)       HENKA NO JO
m)       KI MUSUBI NO JO

""
     
Fonte:   http://www.aiki-shuren-dojo-ancona.com/aikido/tecniche_jo.php

Per dare un'altra breve informazioni: il Jo (nella fatti specie quello di Iwama) viene adoperato anche come Ken (spada) sfruttando i medesimi principi del Ken stesso (mano destra sopra e la sinistra sotto sempre etc etc). 


Ecco i clip:

1)            http://www.youtube.com/watch?v=iUYVU33wVsU&mode=related&search=

In questo clip viene mostrato il Kata dei 31 (sanjuichi no Jo kata) il kumijo dei 31 (sanjuichi no kumi Jo) e i Kumijo 

[Kumi = come Kumi di Kumite del Karate]


2)  http://www.youtube.com/watch?v=9g8jOe9VyJw&mode=related&search=

In questo secondo clip viene proposto nuovamente il kata dei 31 (sanjuichi no jo kata) ma espresso dal figlio di Morihiro Saito Shihan e Kaicho dello Iwama Shin Shin Aiki Shurenkai,  Saito Hitohiro Shihan.
Notare la potenza, velocità di esecuzione.

Ovviamente altri allievi del Fondatore hanno espresso altri modi di gestire e adoperare il Jo. Ma da praticante e da dott.in Storia Moderna è mia opinione che la pratica del Jo di Iwama sia quella più vicina a quella concepita dal Fondatore.
Ultima nota aggiungibile è il fatto che nel primo clip si vede esplicitamente Saito Morihiro Shihan fare dei salti: questo per smorzare il discorso che sia stato il figlio Saito Hitohiro Shihan ad aggiungere i salti.

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Saito Morihiro

Morihiro Saito nacque nella Prefettura di Ibaraki, in Giappone. Crescendo in un villaggio di agricoltura povero negli anni trenta e inizi anni quaranta, avendo lo stesso interesse in eroi storici come Yagy. J.bei Mitsuyoshi e Goto Matabe, come la maggior parte di altri ragazzi giapponesi, intraprese lo studio delle arti marziali. Nelle scuole giapponesi a quella durata, le arti marziali di kendo e judo furono insegnate agli studenti, e Saito scelse di studiare kendo. Negli anni dopo la fine della II^ Guerra Mondiale fu proibito l'uso di qualsiasi arma e la pratica delle arti marziali dal Governo giapponese. Di conseguenza, Saito percepì l'esigenza di studiare qualche tecnica di autodifesa senza armi e cominciò ad apprendere il karate allo Shudokan in Meguro. Dopo un breve periodo, il suo lavoro con le Ferrovie Nazionali giapponesi lo trasferì ad Iwama, e lui fu costretto a cercare altre arti marziali. Nell'estate del 1946, comunque Saito sentì storie su un vecchio uomo " che fa tecniche strane su sulla montagna vicino Iwama " Sembrò che le persone fossero confuse su che arte marziale, precisamente che questo vecchio uomo stava praticando, ma un istruttore di judo disse che l'uomo stava insegnando "Ueshiba-ryu. il Judo."

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Kyudo (tiro con l’arco)

 

KYUDO

Il tiro con l’arco giapponese

Quella del Kiudo (anche noto come Shado) è considerata, tra le arti marziali giapponesi, la più vicina ed ispirata ai principi della filosofia orientale Zen e della religione Shintoista.

Infatti questa pratica, al contrario dello sport del tiro con l’arco, non attribuisce un’importanza fondamentale al risultato conseguito rispetto al bersaglio, bensì all’acquisizione e all’interiorizzazione da parte del soggetto di un insieme di regole di comportamento caratteristiche, orientate alla tolleranza, alla fermezza e all’eleganza teatrale del gesto, rilevabili quindi anche a priori dell’esito del lancio.

È quindi principalmente per questo che, indipendentemente dai fini pratici per cui si può centrare o meno l’obbiettivo, il Kiudo prevede un allenamento molto duro e lungo a livello sia fisico sia mentale.

Tale disciplina affonda del resto le sue radici nella notte dei tempi, prima per le suggestioni di ambito religioso secondo lo Shintoi giapponese, poi nel contesto in cui nasce la filosofia Zen (con Kamakura dal 1185), secondo la quale il dominio completo della propria concentrazione e della propria corporeità a livello di percezione e di equilibrio psicofisico rappresenta la caratteristica vincente del guerriero, che può dunque aspirare a raggiungere l’agognata "via della verità" (significato letterale del termine Shin- toi).

A livello storico sono considerati predecessori di questa attività utilizzata oggi a scopo non bellico, coloro (ad esempio i samurai) che nell’antico Giappone feudale praticavano il Kiu-jutsu (= tecnica dell’arco per la guerra), i quali riuscivano durante i combattimenti a prevenire le mosse degli avversari, grazie alla capacità di isolare in essi, istantaneamente e in maniera fredda, dei particolari rilevanti che permettessero loro il colpo vincente, specchio non solo della propria abilità tecnica ma principalmente della forza dello spirito.

Pertanto il Kiudo moderno, denominazione moderna dell’originario Kiu-jutsu (utilizzato principalmente ai fini del combattimento) rappresenta un metodo di sviluppo psicofisico, in cui le sfere motoria e spirituale sono perfettamente equilibrate anche nel contesto di tornei, giochi e cerimoniali di corte, ancora frequentemente organizzati da scuole di antichi natali denominate ryu.

Tra gli elementi di maggior fascino della pratica Kiudo figurano le tecniche e l’abbigliamento, rigidamente previsto secondo regole tradizionali: all’eleganza della postura si abbina infatti il vestiario essenziale e sobrio degli arcieri.

 

 

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I mesi dell’anno

Nel giapponese moderno i mesi non hanno un nome, ma vengono semplicemente numerati:

Ichi gatsu, ni gatsu, san gatsu e così via.

Testo riportato come esposto nel sito originale: http://www.musubi.it
 
Ichi gatsu

Ichi gatsu ((睦月) significa alla lettera prima luna, nel senso di primo mese.

Anticamente invece quello che era il nostro Ianuarius (il mese del dio Giano) era mutsuki ((睦月), il mese dei legami. Februarius (il mese delle febbri) era kisaragi (如月), il mese delle nuove vesti. Martius (il mese del dio Marte) era yayoi (弥生), il mese della nuova vita.

Come mai iniziamo l'anno ora e non in primavera, quando sboccia la nuova vita? Non ho una risposta da dare, ma solamente una ipotesi. Anche il calendario italico arcaico iniziava da marzo, mese in cui germogliano le messi e sotto gli auspici del dio Marte si dava inizio ai conflitti. Fu il secondo re di Roma, Numa Pompilio ad introdurre due mesi supplementari. Dedicò il primo al dio Giano che sovrintendeva al termine ed all'inizio di ogni cosa, fissando con esso l'inizio del nuovo anno.

Ancora conserviamo il ricordo del nostro calendario ancestrale nei nomi degli ultimi mesi dell'anno, a partire da settembre che è in realtà in nono mese e non il settimo per finire con dicembre che è il dodicesimo e non il decimo. Conosciamo dunque, anche se avvolta nella leggenda, la data di inizio di questa consuetudine; non ne conosciamo tuttavia le ragioni.

Io penso che gli antichi, nella loro grande saggezza, abbiano voluto considerare come momento iniziale della vita quello in cui il seme viene deposto, anche se rimane a riposo sotto una coltre di terra gelida ed apparentemente sterile. Non quello in cui germoglia e viene finalmente alla luce. Se questo loro credenza era giusta, e mi piace credere che lo sia, ne possiamo trarre un insegnamento: proprio il momento più buio e più freddo di un ciclo è quello in cui si deve deporre il seme per il ciclo futuro.

Ni gatsu

Ni gatsu, la "seconda luna" ossia il secondo mese dell'anno, per noi febbraio, era anticamente chiamato kisaragi (如月), il mese delle nuove vesti. I primi giorni del mese si celebrava il mame maki, una festa di origine shintoista che segnava la fine dell'inverno, che attualmente si colloca invece nel terzo mese a causa dell'adattamento del calendario giapponese a quelllo gregoriano. In occasione di questa celebrazione la famiglia in corteo spargeva dei grani di soia torrefatti nei vari ambienti della casa, ripetendo la formula propiziatoria Fuku wa uchi (la fortuna sia dentro) ed infine gettava un pugno di grani all'esterno gridando Oni wa soto (i demoni siano fuori). Ma c'è comunque un sospetto di primavera, come chiunque può avvertire sia nel proprio corpo che nella natura, anche nel secondo mese dell'anno. Il giorno 11 si celebra l'Anniversario della Fondazione della Nazione (建国記念の, kenkoku kinen-no-hi). In questo giorno la leggenda tramanda che nell'anno 660 a.C. – quindi circa 90 anni dopo la fondazione di Roma – il mitico imperatore Jimmu abbia dato inizio alla dinastia che ancora oggi regna sul Giappone, stabilendo la sua capitale nella città di Yamato. Fu tuttavia l'imperatore Meiji in epoca relativamente recente a fare di questo giorno una festa nazonale, il 29 gennaio 1872. Ma la coincidenza con lil capodanno del vecchio calendario tradizionale, che veniva sostituito proprio in quel periodo dal calendario occidentale, con comprensibile ulteriore confusione tra le varie date, consigliò in seguito di far slittare la celebrazione a febbraio. E' il mese mediamente più freddo in Giappone: me lo spiegava molti anni fa Hosokawa sensei, raccomandandomi di tagliare il legno per le armi da allenamento in febbraio: in una fredda e serena nottata senza luna, illuminata solamente dalla luce delle stelle.
 
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Endo

 

La storia personale di Dôjôchô

Nel 1943, Seishiro Endo è nato a Shimohirao, Saku-shi, prefettura di Nagano. Si è laureato da Nozawa-kita High School, poi Gakushuin University, Tokyo.Mentre nelle università, ha capitanato l'Univ Gakushuin. Aikido Club.

Dal 1967, ha studiato Aikido presso Hombu Dojo di Aikido, Aikikai Foundation sotto Morihei Ueshiba, il fondatore dell'Aikido, come uno degli studenti apprendista ultimo Gran Maestro. Ispirato dal suo padrone, ha cercato di introdurre l'Aikido non solo in Giappone ma in tutto il mondo. Fino ad oggi ha visitato numerosi dojo non solo in Giappone così come dojo in più di 30 altri paesi.

Seishiro Endo Shihan, ora un ottavo dan Shihan Hombu Dojo di, Aikikai Foundation, conduce Saku Aikido Dojo e Rikuyôkai, una Domenica Aikido classe alla Gakushuin dell'Università come bene.Egli è anche un docente part-time presso la Tokai University, Kanagawa. E 'docente di corsi di Aikido presso diverse aziende, università, locali e club in tutto il Giappone, seminari all'estero si svolgono ogni anno, ad esempio, in Francia, Svezia, Finlandia, Liechtenstein, Svizzera, Austria, Olanda e Spagna.

Nel 1993 Endo Sensei costruito Aikido Saku Dôjô nella sua città natale.

Nel 2001 è stato insignito dan ottavo.

 

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Wakashudo che significa?

 

Significato

Wakashudo noto anche come Shudo significa "la via dei giovani" o più esattamente, "la via dei giovani (waka) uomini (shu). Il "fare" è legato ad una parola cinese "tao", considerata come una disciplina strutturata e insieme di conoscenze, anche come un percorso di risveglio.

Il samurai più anziani nel rapporto Shudo è stato chiamato il nenja mentre il più giovane è il Wakashù.

Origine del Wakashudo

Il primo termine è apparso nel corso del 17 ° secolo. E 'poi seguito nella tradizione giapponese omosessuale dalle relazioni d'amore tra bonzi e loro accoliti conosciuto come chigo. Il presunto fondatore di amore omosessuale in Giappone è Kuka, noto anche come Kobo Daishi. Kuka noi il fondatore della scuola Shingon di pensiero che si dice abbia portato oltre dalla terraferma, insieme con gli insegnamenti del Shingon o gli insegnamenti di amore maschile. Monte Koya è la posizione del monastero di Kobo Daishi serve come sinonimo di amore maschile fino alla fine del periodo premoderno.

Aspetti culturali

La pratica è stata confermata in alta considerazione dunque incoraggiata soprattutto all'interno della classe dei samurai. E 'stato preso come benefiche per i giovani, di insegnargli la virtù, l'onestà e l'apprezzamento della bellezza. Il suo valore era diverso con l'amore delle donne, che è stato condannato per femminilizzanti uomini.

Sostanziale letteratura storica e finzione del periodo lodato la bellezza e il coraggio dei ragazzi fedeli alla Wakashudo. Il moderno storico Jun'ichi Iwata ha stilato un elenco di 457 titoli dei secoli 17 e 18. E 'stato poi considerato come un "corpus di pedagogia erotica".

L'ascesa al potere e l'influenza del ceto mercantile ha visto anche l'adattamento della pratica di Shudo dalle classi medie. L'espressione omoerotica in Giappone, ha iniziato ad essere più strettamente legato ai viaggi attori kabuki conosciuto come Tobiko, "ragazzi volare", che sono stati presi come prostitute.

Nel periodo Edo (1600-1868), attori kabuki, noto come onnagata quando gioca ruoli femminili, spesso lavoravano come prostitute fuori scena. Kagema erano prostitute di sesso maschile che ha lavorato presso bordelli specialista chiamato "kagemajaya". Entrambi gli attori kagema e kabuki erano molto richieste dai sofisti del giorno, che spesso praticato danshoku / nanshoku, o l'amore maschile.

Il rapido declino della omoerotica sanzionato praticato durante la fine del 1800 è successo alla partenza del restauro Mejii e la crescita dell'influenza occidentale.

 

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i 7 principi del Bushido

 

I sette principi del Bushidō


 , Gi: Onestà e Giustizia 
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

 , Yu: Eroico Coraggio 
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

 , Jin: Compassione 
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il
 bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una.

 , Rei: Gentile Cortesia 
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.

 , Makoto o , Shin: Completa Sincerità 
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

名誉 , Meiyo: Onore 
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di c
iò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

忠義 , Chugi: Dovere e Lealtà 
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.

BUSHIDO IL CREDO DEL GUERRIERO

Non ho genitori;il Cielo e la Terra sono i miei genitori. 
Non ho dimora;il Tan T’ien(sede del Ki)è la mia dimora. 
Non ho potere divino;la Sincerità è il mio potere divino. 
Non ho mezzi;l’Obbedienza è il mio mezzo. 
Non ho potere magico;la Forza Interiore è il mio potere magico. 
Non ho né vita né morte;l’Aum (l’eterno) è la mia Vita e la mia Morte. 

Non ho corpo;l’Impassibilità è il mio corpo. 
Non ho occhi;i miei occhi sono il Lampo. 
Non ho orecchie;le mie orecchie sono la Sensibilità. 
Non ho membra;le mie membra sono la Prontezza. 
Non ho leggi;l’Autodifesa è la mia legge. 

Non ho strategia;Diritto di uccidere e Diritto di ridare la vita sono la mia strategia. 
Non ho progetti;Cogliere al volo l’Occasione è il mio progetto. 
Non ho miracoli;le Leggi giuste sono i miei miracoli. 
Non ho principi;l’Adattabilità ad ogni situazione è il mio principio. 
Non ho tattiche;Vuoto e Pienezza sono la mia tattica. 

Non ho talento;lo Spirito Pronto (intuito) è il mio talento. 
Non ho amici;la Mente è mia amica. 
Non ho nemici;l’Imprudenza è il mio nemico. 
Non ho armatura;la Benevolenza è la mia armatura. 
Non ho castello;la Mente Impassibile è il mio castello. 
Non ho spada;No-Mente è la mia spada.

Yoroi: armatura

O-Yoroi: armatura da Daimyo,caratterizzata da una presenza maggiore di lacci in seta

 

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l’armatura

 

LE ARMI E GLI EQUIPAGGIAMENTI DI UN BUSHI (guerriero)

FUNDOSHI perizoma, generalmente di lino o cotone sbiancato e foderato in inverno.
SHITAGI camicia molto simile al kimono ma di taglio molto più aderente.
OBI cintura destinata a fissare lo shitagi, girata due volte intorno alla vita ed annodata sul davanti.
YOROI HITATARE v
este di grande pregio, spesso decorata con grande maestria da abili artigiani.
KOSHI-ITA calzon
i di tipo cerimoniale a spacchi laterali, in battaglia probabilmente sostituiti dagli kobakama, più corti e aderenti, generalmente destinati ai bushi di rango inferiore.
KAWA-TABI calzini di
 pelle, con la caratteristica cucitura che separa l’alluce, (di stoffa MOBIEN-TABI).
HADAKI gambali di
 cotone o lino legati alla parte interna del polpaccio.
TSURANUKI stivali fo
derati in cotone pesante o seta, le suole sono in cuoio rigido.
WARAJI sandali costru
iti con vari materiali, si usavano nelle campagne estive.
SUNE-ATE schinieri di lam
ina metallica laccata o cuoio laccato cuciti su tessuto imbottito.
ABUMI ZURE banda in cuoio e
 fissata nella parte inerna dello schiniero, atta a proteggere il polpaccio dallo sfregamento contro sella e staffe.
HIZA-YOROI KAKUZURI 
coppa metallica con funzione di protezione delle ginocchia.
HAIDATE grembiule diviso nel mezzo a protezione delle gambe, poco usato per via dell’intralcio notevole al movimento.
ITA-HAIDATE cosciale di foggia
 più europea, costituito da lamine curve cucite su tessuto.
KUSAZURI-KYAHAN gambale di maglia metallica, cucito su stoffa imbottita, usato per lo più da fanti o bushi di rango inferiore.
YUGAKE guanti di pelle morbidissima.
KOTE-TEGAI manica di stoffa corazzata da maglia metallica o piastre metalliche.
KAMURI-ITA piastra metallica a protezione della spalla, veniva fissata al petto e alla manica corazzata con due corde di seta intrecciata.
GAKU-NO-ITA piastra metallica a protezione del braccio, fissata con maglia metallica alla manica.
HIJ-GAME cubitiera a protezione del gomito, cucita sulla manica.
IKADA lamine metalliche longitudinali a protezione dell’avanbraccio, poteva essere anche un solo pezzo.
TETSU-GAI piastra modellata a coprire il dorso della mano, comprendeva 4 anelli metallici in cui si infilano le dita, più anticamente comprendeva anche della maglia metallica, poi abbandonata.
TOMI-NAGAKOTE collare di pelle o maglia metallica, arrivava solo fino ai pettorali, era collegato alle maniche corazzate.
WAKI-BIKI lembi di maglia metallica atti a chiudere le fessure tra il do e le maniche corazzate, venivano fissate con botan-gate (bottoni), ganci (kohaze-gake), o corde (himo-tsuki).
DO’ corpo centrale della corazza costituito da lamine metalliche laccate, generalmente di colore nero, marrone, ruggine o rosso, e unite tra loro tramite allacciature con cordicelle di seta colorata (odoshi-ge) o cuoio; la particolarità dell’allacciatura era quella di formare un disegno o una scala di colori, che donava al DO’ un’aspetto splendido.
HARA-ATE corazza in due pezzi sullo stile delle armature europee, ebbe una scarsa diffusione almeno fino al XV secolo, si pensa che la sua introduzione sia dovuta ai contatti con i mercati portoghesi.
HARAMAKI-DO do aperto sul dorso, in alcuni casi chiuso da una piastra aggiuntiva, denominata la piastra del codardo.
DO’- MARU do allacciato sui lati.
KARA-ATE bretelle imbottite e ricoperte di cuoio, usate per sostenere il do.
SODE spallacci di lamina allacciata come il do’, servivano a proteggere le braccia e le spalle, con lo O-YOROI, erano di forma squadrata e molto ampia, con il DO-MARU, diventavano più curvi e corti, i primi venivano fissati tramite lacci di seta colorata alla schiena (agemaki), i secondi si allacciavano direttamente alla manica corazzata.
HATO-O-NO-HITA piastra legata alla schiena e pendente sul davanti a chiudere il varco tra il do’ e le braccia (sinistra)
SENDAM-NO-ITA idem ma destra.
KOSHIATE reggispade di varia foggia e forma.
WAZIKASHI spada corta.
TACHI spada lunga, in ambedue i casi sono nomi propri di quella che noi occidentali definiamo katana.
NO-DACHI katana di dimensioni e peso notevolissimi, solitamente portata dietro la schiena.
NODOWA gorgiera in lamine metalliche allacciate con lo stile odoshi-ge, veniva allacciato con cordicelle al collo.
HACHI coppo dell’elmo, costituito in genere dalle otto alle sedici lamine troncate in cima e unite a mezzo rivettatura.
HOSHI-KUMO lamine parallele al coppo a rinforzo della parte frontale.
TATAMI-KABUTO elmo composto da cechi di lamine unite per allacciature e quindi pieghevole, non usato in battaglia.
HARAIDATE sostegno per cimiero.
MAEDATE cimiero, di varie foggie e materiali.
SHIKORO paranuca, composto da tre a un massimo di sette lamine metalliche laccate e unite con cordicelle di seta, il numero delle lamine metalliche, definiva la tipologia dell’elmo, il sammai-kabuto tre lamine, il gomai-kabuto cinque lamine, l’interno era generalmente laccato di rosso vivo, il tutto era fissato allo haci con rivetti.
FUKIGAESHI formati con il prolungamento di una delle lamine dello shikoro, o con il lembo prolungato dello haci, serviva a deviare i fendenti alle spalle o al viso.
UCHI-BARI sotto elmo formato da cordicelle di pelle a scopo sospensivo.
HACHI-MAKI fascia di seta generalmente bianca portata annodata sulla fronte o sulla nuca, il suo scopo era di impedire al sudore di colare negli occhi durante il combattimento.
MEMPO maschera prottettiva del viso in vari materiali, modellata con sembianze demoniache, aveva lo scopo di terrorizzare il nemico, saldamente collegata all’elmo, aveva la duplice funzione di proteggere il viso, e di rendere l’elmo ben saldo in testa.
GUSOKU-BITSU cassa per custodire l’armatura e l’elmo.

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i fiori di ciliegio

“Il fiore per eccellenza
è il ciliegio,
l’uomo per eccellenza
è il guerriero.”

Yukio Mishima.

Si narra che il colore dei fiori del ciliegio in origine fosse candido ma che, a seguito dell’ordine di un imperatore di far seppellire i samurai caduti in battaglia sotto gli alberi di ciliegio, i petali divennero rosa per aver succhiato il sangue di quei nobili guerrieri. Anche quelli che, tra i samurai, secondo il loro codice d’onore, decidevano di suicidarsi, sembra fossero solito farlo proprio sotto gli alberi di ciliegio.

Al di là delle leggende, è indubbio che nella cultura tradizionale giapponese il fiore di ciliegio occupa un posto d’onore, tanto da essere divenuto fiore nazionale.

Il ciliegio, in particolare al momento della sua fioritura, esprime in maniera eccezionale la concezione che i nipponici hanno della vita, il loro stretto rapporto con la natura, l’amore per il bello che non è mero senso estetico, bensì comprensione della grandiosità e magnificenza della vita, pur nella sua caducità.

La fioritura dei ciliegi in Giappone avviene in aprile e, a causa della differenza di temperatura fra il nord e il sud dell’isola, comincia nelle regioni più a sud e sale rapidamente verso quelle del nord lungo una linea ideale che viene chiamata sakura zensen (sakura = ciliegio, zensen = fronte, come a ricordare la fronte ora calda, ora fredda a seconda delle variazioni di temperatura). L’intera popolazione giapponese segue con fervido interesse l’avanzamento dello sbocciare dei fiori lungo tutte le regioni: telegiornali e quotidiani pubblicano bollettini in continuo aggiornamento sulle fasi della fioritura, vengono organizzate gite collettive anche dalle scuole e da numerose aziende. Il recarsi ad ammirare la fioritura dei ciliegi è tradizione antica, sembra risalga al periodo Heian (794 – 1185), e viene chiamata Hanami (hana = i fiori, mi (miru) = vedere); la fioritura dura alcuni giorni, in genere uno o due, giorni in cui i giapponesi, accorsi nei parchi delle loro città od in quelli maggiormente famosi per l’evento (come, ad esempio, Yoshino, nella regione montuosa vicino a Osaka), radunati sotto gli alberi, cantano, ballano, mangiano e bevono, con gioiosa partecipazione collettiva a quello che può considerarsi uno dei momenti maggiormente rappresentativi della cultura e del cuore autentico del Giappone.

Coincidendo con l’equinozio di primavera, la fioritura del ciliegio rappresenta la rinascita, il rinnovamento, la forza vitale insita in tutte le cose di questo mondo. Un simbolo di vita, dunque, ma anche del suo naturale “opposto”: il fiore di ciliegio, appena raggiunge il massimo del suo splendore, si stacca e muore, viene portato via dal vento e con esso si disperde. La vista di un ciliegio in fiore è davvero emozionante: fa emergere prepotentemente nel nostro animo sentimenti apparentemente contraddittori, di gioia ma anche di sgomento, di smarrimento. Il fiore di ciliegio è testimone del fatto che la vita è un dono meraviglioso, ma anche che dura poco.

Dunque la tradizione giapponese, altamente simbolica, trova nella fioritura dei ciliegi la sublimazione dell’esperienza della vita, della sua caducità e della sua effimera bellezza.

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cena aikido

come da sondaggio effetuato nelle precedenti lezioni

informo che la cena Natalizia si terrà il venerdì 3 febbraio alle ore 20:00 presso 

La Trattoria Bella Società

piazza XX settembre 9 Reano

aperitivo: focaccie, crostoni con taglieri d'affettati vari

antipasto: filetto di maiale lardellato con insalata di valerianella e mele renette

                 acciughe con bagnetto, lingua e galatina

                 tonnato alla moferrina

primi:       panzerotti di magro con salsa al grana e papavero

               maltagliati con le fave e pecorino affinato al mirto

secondi: arrosto di maiale in salsa  +  contorno

dessert: a scelta tra: bonet, creme caramel, crema catalana, mousse al cioccolato e crostate

vino della casa , caffe' e amari

per chi segue una dieta vegetariana il ristorante propone portate alla carta.

tutto compreso 25,00 € a testa.

attendo conferma

Grazie Ezio.

 

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