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Archivio mensile 21/10/2012

Jo Suburi eseguiti da Saito

 

JO SUBURI NIJUPPON – i 20 movimenti con il bastone

 
JO SUBURI NIJUPPON
Morihiro Saito Shihan dimostra i 20 suburi

Jo=bastone, suburi=movimenti/esercizi, nijuppon=venti fondamentali (è formato da juni=20 e Hon=fondamentale (la H diventa P quando segue una parola)

I suburi di Jo sono 20 e sono divisi in 5 gruppi:

TSUKI GOHON (i cinque colpi fondamentali)
1. CHAKU TSUKI (colpo diretto)
2. KAESHI TSUKI (colpo di risposta)
3. USHIRO TSUKI (colpo indietro)
4. TSUKI GEDAN GAESHI (colpo con risposta bassa)
5. TSUKI JODAN GAESHI UCHI (colpo con risposta alta in fendente)

UCHI KOMI GOHON (i cinque fendenti fondamentali)
6. SHOMEN UCHIKOMI (fendente dal centro testa)
7. RENZOKU UCHIKOMI (fendente in successione)
8. MEN UCHI GEDAN GAESHI (fendente alla testa con risposta bassa)
9. MEN UCHI USHIRO TSUKI (fendente alla testa con colpo indietro)
10. GYAKU YOKOMEN UCHI USHIRO TSUKI (fendente rovescio con colpo indietro)
 
 
KATATE SANBON (i tre colpi di mano)
11. KATATE GEDAN GAESHI (risposta dal basso con la mano)
12. KATATE TOMA UCHI (fendente lontano con una mano)
13. KATATE HACHI NO JI GAESHI (Risposta a otto incrociato con la mano)
 
 
HASSO GAESHI GOHON (le cinque risposte in posizione defilata)
14. HASSO GAESHI UCHI (risposta con fendente da posizione defilata)
15. HASSO GAESHI TSUKI (risposta con colpo da posizione defilata)
16. HASSO GAESHI USHIRO TSUKI (risposta con colpo indietro da posizione defilata)
17. HASSO GAESHI USHIRO UCHI (risposta con fendente indietro da posizione defilata)
18. HASSO GAESHI USHIRO BARAI (risposta con spazzata da posizione defilata)
 
 
NAGARE GAESHI NIHON (i due rovesti correnti)
19. HIDARI NAGARE GAESHI UCHI (rovescio corrente sinistro con fendente)
20. MIGI NAGARE GAESHI TSUKI (rovescio corrente destro con colpo diretto)

 

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REI, il saluto e i suoi significati

 

REI – Il saluto e le quattro Gratitudini

 
Rei (il saluto)
Il primo aspetto della filosofia dell'Aikido, la gratitudine e rispetto, si applica attraverso il "Reigi" (il giusto atteggiamento).

La pratica dell'Aikido inizia e termina con il saluto (Rei). Nel Dojo di Iwama, quando O Sensei era vivo e, dopo la sua morte, sotto la custodia di Saito Sensei, il saluto veniva praticato con il rituale Shintoista. O Sensei esaltava il principio delle quattro gratitudini, queste si possono riconoscere nel rituale del saluto che, anche oggi, nei Dojo di Takemusu Aikido si pratica. 
 

Il primo inchino è rivolto all'universo e all'intero creato, il mondo divino (prima gratitudine), Il secondo inchino è alla natura, mondo animale e vegetale, il mondo in cui viviamo (seconda gratitudine). La doppia battuta di mani e il terzo inchino è rivolto all'attenzione degli antenati, il mondo dell'aldilà (terza gratitudine). Il quarto inchinino, tra maestro e allievi, è rivolto ai propri simili, il mondo dell'umanità (quarta gratitudine)

 
Per capire quale rapporto filosofico-spirituale dobbiamo considerare con questo tipo di cerimoniale, che tradizionalmente non appartiene alla nostra cultura, ho steso un parallelismo tra la parte spirituale predicata da O Sensei e quella che può essere applicata nel nostro Dojo.
 
1 – Gratitudine verso l'universo
E' la gratitudine per il dono della vita. E di riflesso è la gratitudine rivolta  all'intero cosmo.
Nella pratica razionale è rapportato alla gratitudine verso l'ambiente dell'Aikido e del Budo nella sua espressione più costruttiva. 
 
 
2 – Gratitudine verso il nostro mondo e la natura
 
Gratitudine verso il nostro mondo e la natura. Verso il mondo animale vegetale e minerale.
Nella pratica razionale è rapportato alla gratitudine verso l'ambiente di pratica, che comprende persone (praticanti) e luogo (Dojo).
 
3 – Gratitudine verso gli antenati e predecessori
La gratitudine verso i nostri predecessori che, attraverso battaglie, guerre, lotte sociali hanno contribuito al miglioramento dell'umanità.
Nella pratica razionale viene manifestato con la gratitudine verso O Sensei, che ci ha donato l'Aikido.
 
 
4 – Gratitudine verso i nostri simili
Non possiamo vivere senza il sostegno degli altri.
Nella pratica razionale viene manifestato con la gratitudine verso i compagni di pratica. La gratitudine verso coloro che si uniscono nella pratica collettiva e che collaborano per il miglioramento collettivo.

Questi principi trascendono la tradizione dei popoli, con questo spirito possiamo entrare nella logica del rituale del saluto dell'Aikido.

 

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LA FILOSOFIA di O-Sensei

Ueshiba Morihei:
L'arte della Pace comincia da te

Le seguenti citazioni sono tratte da discorsi, poesie e scritti di Ueshiba Morihei.

L'arte della pace comincia da te. Lavora su te stesso e sul tuo compito assegnato nell'Arte della Pace. Ognuno di noi ha uno spirito che può essere purificato, un corpo che può essere allenato in qualche modo, un percorso adeguato da seguire. Sei qui per nessun altro scopo se non per quello di realizzare la tua divinità interiore e manifestare la tua innata illuminazione. Nutri pace nella tua vita e in seguito applica I'Arte a tutto quello che incontri.

Non c'è bisogno di edifici, soldi, potere o stato sociale per praticare l'Arte della Pace. Il cielo è proprio dove ti trovi, e quello è il posto per allenarsi.

Tutte le cose, materiali e spirituali, hanno origine da un'unica fonte e sono in relazione come se fossero una famiglia. Il passato, il presente e il futuro sono tutti contenuti nell'energia vitale. L'universo è apparso e si è sviluppato da un'unica fonte, e noi ci siamo evoluti attraverso il processo ottimale di unificazione e armonizzazione.

L’Arte della Pace è medicina per un mondo malato. Esistono il male e ii disordine nel mondo perché la gente ha dimenticato che tutto deriva da un'unica fonte. Ritorna a quella fonte e lasciati dietro tutti i pensieri egoistici, i desideri trascurabili e la rabbia. Coloro che non sono posseduti da niente possiedono tutto.

L’Arte della Pace funziona ovunque sulla terra, estendendosi nei regni dalla vastità dello spazio fino alle più piccole piante ed animali. L’energia vitale penetra ovunque e la sua forza è illimitata. L'Arte della Pace ci permette di percepire ed inserirci in quella straordinaria riserva di energia universale.

Otto forze sostengono la creazione: movimento e quiete, solidificazione e fluidità, estensione e contrazione, unione e divisione.

La vita è crescita. Se smettessimo di crescere, tecnicamente e spiritualmente, saremmo praticamente morti. L'Arte della Pace è una celebrazione del legame tra cielo, terra e umanità; è tutto ciò che è vero, buono e bello.

***

Ueshiba Morihei:
Confidare nelle tecniche segrete non porta a niente

I Doka sono dei poemi didattici scritti da O'Sensei seguendo una precisa sequenza di 5-7-5-7-7 sillabe allo scopo di insegnare l'essenza dell'arte e ispirare gli allievi.

L'essenza dell'aikido è di mettersi
in armonia col funzionamento
dell'Universo, divenire uno con
l'Universo. Quelli che hanno afferrato
il significato dell'aikido possiedono
l'Universo in se stessi.

Quando un nemico
si scaglia contro di te
per colpirti,
spostati di lato
e colpiscilo di taglio istantaneamente.

Il progresso
arriva per coloro
che praticano e praticano;
confidare nelle tecniche segrete
non porta a niente.

Anche quando vieni sfidato
da un singolo avversario,
rimani in guardia,
perché sei sempre circondato
da una folla di nemici.

Tenendo yang
nella mano destra
e girando con yin
nella sinistra,
puoi condurre il tuo avversario.

Se tu non ti fondi con la vacuità
del Puro Vuoto,
non conoscerai mai
Il Sentiero dell'Aiki.

Chiara come il cristallo,
affilata e luminosa,
la mia mente non offre aperture
perché il male possa attaccarsi.

Il penetrante splendore
della spada
maneggiata da un uomo della Via
colpisce il nemico
che sta in agguato
nella profondità del corpo
e della mente.

Lo spirito attivo e passivo
perfettamente armonizzati
formano la croce dell'aiki;
tendete sempre in avanti
versando vigore virile.

Colui che è
sempre pronto a qualunque cosa
possa accadere
non sfodererà
la spada in fretta

Tratti da "Ueshiba la biografia del fondatore dell’Aikido"
Di John Stevens

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Ken No Kamae

TRATTO DA: Ichi-do.blogspot.it

 

KEN no KAMAE – tre posizioni – tre fondamenti
Le tecniche, i movimenti e la tattica dell'Aikido derivano dai movimenti e tattica del Kenjutsu… O Sensei ha adattato questi movimenti e tattica sia al Tai Jutsu che al Buki Waza, conformemente ai principi che egli ha stesso ha elaborato…

Al giorno d'oggi alcune scuole di Aikido praticano poco o non studiano affatto il Buki Waza (tecniche con le armi). Qualche scuola ha perfino bandito le armi dalla pratica in nome della non violenza, allontanandosi così dalle radici. Altre, in contrapposizione, studiano le tecniche delle scuole di Kendo, Iaido, Jodo… Queste arti, e non solo a mio parere, seppur validissime, non sono completamente adeguate alle applicazioni nei movimenti e ai principi del Tai Jutsu dell'Aikido (tecniche di corpo a corpo) anzi, alcune vanno in direzioni opposte.
Questo non significa che non devono essere praticate, ma devono essere considerate delle arti marziali, o sport derivanti da arti marziali, che con l'Aikido hanno poco a che fare.

KEN NO KAMAE
La posizione di base per la pratica dell'Aikiken è il Ken No Kamae, in particolare la forma Chudan. I criteri che governano questa posizione rappresentano la base dell' Hanmi.

Quando parliamo di Ken no Kamae quindi parliamo anche di Hanmi.

I Kamae, nell'Aikiken, sono tre, e sono i tre Kamae dei primi tre Suburi: 1° Suburi-Chudan no Kamae, 2° Suburi-Jodan no Kamae e 3° Suburi-Gedan no Kamae.

Nella altre arti di spada le posizioni di guardia solo molte di più; ma sappiamo che, O Sensei, ha preso solo quello che, funzionalmente, serviva a mettere in luce il principio dell'Aikido nelle rispettive azioni. E, più di tutto, ha selezionato ed ha "pulito" tutti i movimenti da ciò che, potenzialmente, poteva allontanare la pratica da questi principi.

Allora, oggi, ci ritroviamo a praticare tecniche di Aikido senza sgambetti, senza falciate, senza spazzate…tutti quei meccanismi che rendono efficaci le tecniche e riducono l'efficenza dell'aikidoka. O Sensei le ha pulite per dirci: "levatevi tutte le corazze e praticate con il minimo delle vostre potenzialità sfruttandole al massimo". Si intuisce che, egli, cercava di non armarci di tecniche, ma farci diventare "la tecnica". L'Aikido ci spoglia completamente e ci obbliga a combattere con la nostra sola intima natura.

 

 

Le tre immagini sono relative alle tre posizioni del Katori Shinto Ryu.
Anche se il Buki Waza di O Sensei, elaborato appositamente per l'Aikido, si differenzia dalle tante scuole di Kenjutsu, alcuni punti rimangono comuni.
La posizione Hanmi, che l'Aikido ha mantenuto, in altre arti marziali è stata sostituita, per ragioni di competizione (dove gli attacchi diventano più importanti della difesa), da una posizione più frontale., e dove, non essendoci pericolo di morte, si possono assumere atteggiamenti audaci.

Queste tre posizioni, strategicamente, erano quelle che si adottavano di più nei combattimenti del Bushi. Ognuna di queste posizioni controllava l'altra. I passaggi da una posizione all'altra determinavano la tattica di attacco o difesa:

Se il primo contendente assumeva la posizione Chudan, l'altro passava alla Jodan, e il primo rispondeva con Gedan.

 

E' superfluo far notare quanto, nella tradizione guerriera, il controllo della posizione, dello spirito e dell'emotività siano determinanti nelle situazioni di pericolo.

Ken no Kamae e la stabilità

Sia come persone, nella vita di tutti i giorni, che come aikidoka, nello studio e apprendimento delle caratteristiche marziali, il nostro equilibrio può essere compromesso in tre punti.

1. Equilibrio fisico
Il punto di controllo è il baricentro del corpo umano, posizionato un paio di centimetri al di sotto dell'ombelico

2. Equilibrio emozionale
Il punto di controllo è il cuore-polmoni, organi che manifestano materialmente le ansie

3. Equilibrio psichico-mentale
Il punto di controllo è la nostra mente, il nostro centro di controllo

La rottura dell'equilibrio di uno di questi tre punti si ripercuote anche sugli altri punti. Il controllo, la stabilità e l'allineamento continuo di questi tre punti agisce in modo determinante sul nostro stato e di conseguenza sulle nostre scelte e azioni.

 

Nello Zen la postura è di primaria importanza per la meditazione.
Si impiega più di un anno per sedersi in modo corretto.
Se i tre punti sono ben allineati allora i sensi, i pensieri, l'energia, fluiscono naturalmente senza blocchi e la lucidità e l'intuizione saranno totali.

 

O Sensi in meditazione

Nell'Aikido ritroviano questa formula attraverso i tre fondamenti che O Sensei ha tracciato:

Equilibrio fisico – Stabilità – Solidità – Terra – Quadrato
Equilibrio Emotivo – Circolazione – Fluido – Acqua – Cerchio
Equilibrio psichico – penetrazione – Aria – Fuoco – Triangolo 

 

Nella tradizione filosofica orientale l'abbinamento con la struttura a pagoda è molto radicato. Il quadrato viene rappresentato dagli arti inferiori, terra-ventre, il confine è esattamente 3 cm sotto l'ombelico. Il cerchio comprende la zona ventre-cuore, il confine è il cuore. Il triangolo comprende la zona cuore-mente, il confine è il punto più alto. 

Ken no Kamae e i tre fondamenti

La particolare posizione di Ken no Kamae di O Sensei

La posizione Ken no Kamae allinea la mente il cuore e bacino:

Bacino
Stabilità, equilibrio fisico, tecnica efficace…
La base stabile per l'esecuzione tecnica, punto di equilibrio e squilibrio fisico

Cuore
Emotività, sensibilità…
Il cuore prende la decisione finale, punto di equilibrio e squilibrio emozionale

Mente
Concettualizzazione, elaborazione, concentrazione…
La base tattica e strategica dell'azione e della difesa, punto di equilibrio e squilibrio della psiche.

 

Se la posizione è corretta il ventre è stabile, il respiro (kokyu) si normalizza e il cuore batte calmo, non agita la mente che diviene concentrata ma libera e il ki fluisce.
Se la posizione non è corretta il ventre è instabile, il respiro diviene ansia il cuore batte forte e agita la mente (stress) il Ki si blocca.
La stabilità del corpo può essere rotta provocando un forte squilibrio mentale. Agendo sulla mente

Nell'etica dell'Aikido quanto sopra ci porta alla seguente constatazione

Il corpo esegue il fendente
la mente dirige il fendente
il cuore decide tra vita e morte

Morihiro Saito Sensei in Ken no Kamae

Ken no Kamae e la strategia del controllo

La spada puntata verso gli occhi dell'avversario ne controlla la mente: l'allineamento (a-c) indirizza la stabilità del proprio corpo, in linea retta, verso la mente dell'avversario il quale non riuscirà a trovare il modo di penetrarne la guardia.

Questo è un punto fondamentale per riuscire a catturare il Ki dell'aggressore, ed è a questo punto che Tori può aprire la propria guardia per canalizzare l'attacco di Uke.

KAMAE non è solamente una posizione fisica, una guardia per il combattimento, ma uno stato fisico-psichico-emotivo, un collegamento tra mente corpo e spirito. Per questo motivo la posizione, in un combattimento reale, era di fondamentale importanza.
 

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L’Aikido spiegato da C. Tissier

Testo tratto dal sito http://www.aikidosapri.com/

Christian Tissier

L’Aikido praticato bene pone tante domande, ne abbiamo proposte alcune a Christian Tissier  7° dan.

Per giungere ad un’applicazione perfettamente efficace in Aikido, bisogna prima agire e poi pensare scordandosi della tecnica o piuttosto il contrario?

C.T. Per come la vedo, l’unica applicazione efficace dell’Aikido è la preservazione della propria ed altrui integrità e il successo nelle scelte che ci si è prefissati, lo sviluppo delle proprie qualità umane, fisiche e spirituali.
Però la seconda parte della domanda richiede una risposta più “terraterra”.
In Aikido non si può dire che ci siano veramente delle regole, ma piuttosto dei livelli d’applicazione.
Mettendo in pratica con determinazione e violenza, certe tecniche (non tutte) sono temibili, anche se il praticante non ha ancora acquisito una grande esperienza.

Ma a questo punto si parla d’Aikido?
Difesa personale sotto forma d’Aikido sarebbe probabilmente un termine più adatto .
Riguardo al pensare prima e poi agire?
Può andar bene se si intende la strategia precedente all’azione. Può anche andar bene se c’è il tempo di considerare le diverse possibilità dominando le proprie emozioni.
Ma quando esiste la padronanza, l’unica modalità davvero efficace è la spontaneità.
Tutta la pratica della nostra arte marziale tende a sviluppare quest’istante, questa scelta non ragionata nella quale solo quanto avrete acquisito in profondità vi condurrà come la migliore delle guide.
In quei precisi momenti, la visione dell’azione è allora molto chiara, come rallentata, la vera potenza si esprime sciolta e leggera, eppure terribilmente pesante al momento cruciale.

A priori, tutte le tecniche d’Aikido si possono applicare a qualsiasi forma d’attacco?

C.T.   A priori sì.
Anche se gli attacchi sono molto convenzionali, questo è un bene, perché resta la forma al di là della varietà dell’attacco.
I colpi dovrebbero rappresentare tutte le direzioni: dall’alto verso il basso (shomenuchi), di lato o di rovescio (yokomenuchi), di fronte (tsuki), etc.
Si può dunque considerare che, dal punto di vista della direzione, non ci siano differenze sostanziali tra un yokomen ben dato ed un gancio classico.
Il problema è piuttosto quello che si vede nella pratica: gli aikidoka non fanno abbastanza attenzione alla qualità dei loro attacchi che sono spesso troppo molli e poco precisi.
Troppo aperti quando le braccia si alzano o al contrario rigidi e poco veloci,  non concentrati sul centro e privi della nozione d’impatto e di distanza.
Questo  aspetto va migliorando, ma un grosso lavoro resta da fare.
Per quanto riguarda gli attacchi di piedi, il numero di tecniche applicabili direttamente sul primo attacco, è abbastanza limitato .
Ma schivare il primo attacco di piedi modificando la distanza e le reazioni dell’avversario può portare a una presa, un colpo di mani o una proiezione che renda dunque possibile tutta una serie di applicazioni.

L’efficacia e la progressione qualitativa delle tecniche sono legate ad una  ricerca estetica? Di fatto esiste un’opposizione tra un Aikido artistico e un Aikido efficace?

C.T.    No, non lo credo, in ogni caso non sono legate ad una ricerca solo estetica. Di certo non si deve praticare un Aikido “manierato”.
Il fatto è che l’Aikido, come qualsiasi arte che utilizza il corpo come supporto, tende all’esecuzione di un gesto puro, sbarazzato d’ogni paura, stizza, irritazione e bloccaggi, sia fisici che psichici. Secondo me non c’è un Aikido efficace ed uno artistico. L’Aikido, se praticato bene, è efficace e per forza bello. Se è efficace senza essere bello, è di certo praticato con la forza ed è dunque limitato nella sua capacità e potenzialità, ancorché nella sua possibilità di progredire. Esprime solo quello che l’aikidoka in questione ha già più o meno acquisito e utilizza per rassicurarsi, niente più.
L’Aikido estetico, ma senza efficacia, sarebbe come mimare.
Somiglierebbe all’arte, ma la forma sarebbe vuota.
Una pratica privata del suo contenuto reale, non potrà portare in se alcuna autenticità e realtà.
E’ vero che con la connivenza di un buon partner può apparentemente funzionare, ma quell’ Aikido non resisterebbe certo in un conflitto, perché il timore ne farebbe apparire tutti i limiti.

Squilibrare l’avversario è fondamentale in aikido, che ne è dell’atemi ad esempio?

C.T.    O Sensei Morihei Ueshiba diceva che l’Aikido da lui fondato consistesse in irimi ed atemi.
Il senso dell’atemi è quindi essenziale per diverse ragioni.
L’atemi permette di materializzare una distanza, di fissare il partner in qualche modo, di fermarlo o di posizionarsi in confronto a lui.
Al di là del colpo, è anche un punto d’appoggio non trascurabile.
L’atemi può anche aiutare a neutralizzare la violenza dell’avversario.
O anche, ancora meglio, dosandolo a seconda dell’azione che si è deciso di realizzare, per immobilizzare con fermezza e senza danni l’avversario.
L’atemi può mostrare delle chiusure nell’azione e per questo non c’è bisogno che ci sia impatto. E’ più importante che l’atemi chiuda e apra degli angoli al momento giusto ed anche alla distanza giusta.
Ma attenzione, non si tratta soltanto di un semplice gesto, deve essere credibile e quindi preciso, intenso e potente.
L’atemi deve sempre essere utilizzato consapevolmente, mai come reazione di paura, d’impotenza o con aggressività. Perché in questi casi, non è più un aikidoka che si esprime, ma una persona qualsiasi.
Di fatto praticato con efficacia, l’atemi deve rappresentare una sanzione potenziale e radicale, lasciando all’aikidoka la scelta della clemenza, ma senza debolezza durante l’azione.

La scioltezza e la forza entrano in contrasto con una pratica esemplare dell’aikido o al contrario in quali casi sono complementari?

C.T. Penso che sia essenziale distinguere tra una persona, naturalmente forte, ma che utilizza la sua potenza senza lavorare con la forza, ed una che fonda la sua pratica “solo” sulla propria forza.
Oltre al fatto che sarebbe inaccettabile per la propria progressione tecnica, la quale sarebbe impedita da questo “tradursi in applicazione della forza”, l’uso di questa forza sarà ovviamente limitato dall’età e col tempo invece di progredire, il praticante si irrigidirà e si contrarrà sempre più, le conseguenze sarebbero evidentemente negative.
Bisogna ricordare che tutto il lavoro sulla precisione della tecnica tende ad ottenere il massimo d’efficacia con il minimo sforzo.
Per quanto riguarda la scioltezza è lo stesso, si deve distinguere fra la scioltezza articolare e quella nell’azione.
Se la tecnica non è precisa, la postura aleatoria e se ci dovesse essere un aggressione inaspettata o della paura, il più sciolto dei praticanti si bloccherebbe subito e proverebbe a compensare con quello che è accessibile immediatamente e cioè un sentimento di rigetto, di rifiuto, un aumento di forza nelle spalle.
Non si può avere un movimento naturale senza scioltezza.
Ma naturale significa che ci sia pratica, dunque economia, quindi precisione. E’ solo in un movimento tecnico, sciolto e senza blocchi fisici e mentali (quindi senza paura) che tutta la forza si esprime per liberare una grande potenza.

Il lavoro sul Ki basta ad aprire la porta dell’Aikido o è necessario un allenamento più fisico?

C.T. Certo il problema del Ki, se si può definire così con esattezza, è il suo scorrere, la sua libera circolazione e il suo scambio esterno – interno in armonia con tutti gli elementi che ci circondano.
E’ possibile allenarsi da solo o con un partner particolarmente compiacente: imparare a piazzare le proprie spalle, la schiena, il bacino, la respirazione, cercare il proprio centro, etc. Ma quando c’è un aggressione fittizia o reale, quando c’è una relazione con l’altro, senza un precedente ed intenso allenamento, senza una vera esperienza, senza calma, come mantenere il piazzamento, le spalle basse, la posizione dell’hara etc.? L’Aikido elaborato da O Sensei e scelto da noi come base di pratica, consapevolmente è un budo, l’attaccante è il pretesto con il quale bisogna trovare una soluzione armoniosa del conflitto, dei Ki, anche se quest’ultimo non lo volesse.

Aikido è un budo, si può considerare solo come un arte di difesa?

C.T. Un budo è un sistema d’educazione marziale, fisico, mentale, umano, che deve sviluppare fino al massimo grado le qualità inerenti all’essere umano sviluppando le costanti dello studio della “via” che bisogna ricordare: la ricerca del gesto puro che porta alla purezza dello spirito, il rispetto, l’attitudine giusta al momento giusto, la spontaneità etc. Ridurre il budo ad una sola arte di difesa, è scordarsi la sua dimensione d’apertura sul mondo e sbagliare epoca e armi. Quando tutte le qualità del budoka sono acquisite, arte di difesa inclusa, egli può andare dritto nel mondo per comunicare, vivere ed amare senza timore per lui e per gli altri.
Chi pratica soltanto un arte di difesa non fa altro che forgiarsi un carapace, che vorrebbe sempre più solido, ma nel quale rischia di isolarsi e di non riuscire più ad uscirne.
Traduzione a cura di Marco Marini

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