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Archivio mensile 27/05/2012

Un giro tra le vie in festa… e poi Samba!

Ma come si divertono i giapponesi? 

Durante l'anno hanno diversi Matsuri, grosse feste in occasione di diverse ricorrenze.

Un piccolo giro in una di queste, il Tanabata a Fussa, piccola città di 60.000 abitanti nei pressi di Tokyo 🙂

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l’ imperatore ( TENNO )

Akihito

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Akihito
Imperatore del Giappone
In carica Dal 7 gennaio 1989
Incoronazione 12 novembre 1990
Predecessore Imperatore Hirohito
Successore in carica
 
Nascita Tokyo, Giappone, 23 dicembre 1933 (78 anni)
Padre Imperatore Hirohito
Madre Imperatrice Kōjun
Consorte Imperatrice Michiko
Figli Principe Naruhito
Principe Akishino
Sayako Kuroda

Akihito (明仁 Akihito?) (Tokyo, 23 dicembre 1933) è il 125º ed attuale imperatore (天皇 tennō) del Giappone dal 1989.

Akihito è il primo figlio maschio (e quinto in totale) dell'Imperatore Hirohito e dell'Imperatrice Kōjun (Nagako) ed il primo Imperatore giapponese a salire sul trono senza godere di prerogative "divine", dopo la rinuncia fatta dal padre nel gennaio del 1946 nella celebre "Dichiarazione della natura umana dell'imperatore".

Vita

Nominato Principe Tsugu (継宮 Tsugu-no-miya) da bambino, venne educato da tutori privati e poi frequentò le scuole alla Gakushuin University di Tokyo, scuola dedicata all'aristocrazia, dal 1940 al 1952. Venne separato dai suoi genitori all'età di 3 anni.

Durante i bombardamenti americani su Tokyo nel marzo 1945, lui e suo fratello minore, il Principe Masahito (ora Principe Hitachi), furono messi al riparo in un luogo sicuro fuori Tokyo. Con l'occupazione americana del Giappone alla fine della seconda guerra mondiale, il principe venne istruito in inglese da Elizabeth Gray Vining. Studiò per poco tempo al Dipartimento di Scienze Politiche alla Gakushuin University, senza tuttavia ricevere alcun titolo accademico. In seguito si è specializzato in ittiologia e ha pubblicato numerosi articoli sui pesci della famiglia Gobiidae.

Sebbene fosse l'erede al trono del crisantemo dalla nascita, la sua formale investitura come principe ereditario (立太子の礼 Rittaishi No Rei?) si tenne al Palazzo Imperiale di Tokyo il 10 novembre del 1951.

Nel giugno 1953 Il principe ereditario rappresentò il Giappone all'incoronazione di Elisabetta II d'Inghilterra. Il 10 aprile del 1959 sposò Michiko Shoda (nata il 24 ottobre 1934), la figlia maggiore di Hidesaburo Shoda, il presidente della Nisshin Flour Milling Company. Il matrimonio spezzò la tradizione precedente perché l'imperatrice fu la prima cittadina comune ad andare in sposa ad un membro della famiglia reale.

Il Principe ascese al trono dopo la morte del padre avvenuta il 7 gennaio 1989, diventando ufficialmente il 125º monarca giapponese. La cerimonia ufficiale è poi avvenuta il 12 novembre del 1990.

L'imperatore e l'imperatrice hanno tre figli:

Impegno politico

L'imperatore Akihito e l'imperatrice Michiko del Giappone

Dal momento della sua ascesa al trono l'Imperatore Akihito si è sforzato di avvicinare maggiormente la famiglia imperiale al popolo giapponese. L'Imperatore e l'Imperatrice hanno compiuto visite ufficiali in 18 paesi, così come nelle 47 prefetture del Giappone.

L'Imperatore si è spesso impegnato politicamente. Storiche le scuse nei confronti di Corea e Cina per i danni causati dall'occupazione giapponese o le numerose dichiarazioni di stima nei confronti della Corea. Il 23 dicembre 2001, durante il suo annuale incontro per il compleanno con i giornalisti, l'Imperatore, nel rispondere ad una domanda, sottolineò d'aver provato una "certa affinità con la Corea", e spiegò questa sua sensazione come scaturente dal fatto che la madre dell'imperatore Kammu era coreana. L'imperatore chiosò che gli emigranti coreani in Giappone d'un tempo contribuirono a creare importanti aspetti della cultura e della tecnologia del paese, e fece monito ai suoi connazionali di non dimenticare mai la deplorevole circostanza per cui gli scambi con la Corea non erano mai stati così amichevoli.

Nel giugno 2005, l'imperatore visitò il territorio statunitense di Saipan, sito di una delle più importanti battaglie della seconda guerra mondiale, che durò dal 15 giugno al 9 luglio 1944. Accompagnato dall'Imperatrice Michiko, si trattenne in preghiera e depose fiori presso molti memoriali, rendendo omaggio non solo ai caduti giapponesi, ma anche ai caduti americani, a quelli coreani costretti a combattere per il Giappone, e ai nativi dell'isola. Fu il primo viaggio di un monarca giapponese presso un campo di battaglia.

Il viaggio a Saipan fu accolto con fervore dai giapponesi, come le altre visite imperiali ai memoriali di guerra in Tokyo, Hiroshima, Nagasaki e Okinawa, nel 1995.

Il sistema imperiale di massa

Per molti secoli e fino alla prima metà del Novecento, il sistema imperiale o tennosei (天皇制?), cioè i membri della famiglia imperiale (in particolare l'imperatore), erano figure fortemente permeate di valori religiosi: la stessa persona dell'imperatore era considerata divina e posta su un livello politico-religioso altissimo, quasi ultraterreno. Molti storici hanno spesso sottolineato alcune caratteristiche dell'istituzione imperiale a partire dalla seconda parte dell'era Showa. Akihito è il sovrano che ha segnato anche da un punto di vista generazionale un netto avvicinamento dell'istituzione imperiale al popolo giapponese, partecipandone alla vita sociale e mettendo in gioco la sua figura istituzionale anche attraverso i media, da sempre interessati e attenti osservatori delle vicende della famiglia imperiale: questa nuova configurazione ha indotto molti a parlare di sistema imperiale di massa, vicino ai cittadini e partecipe della vita nazionale.

Etichetta Imperiale

Akihito, come ogni imperatore del Giappone, non viene mai chiamato per nome, ma sempre come Sua Maestà Imperiale (Tennō Heika). La sua era porta il nome di Heisei (平成) (raggiungimento della pace); come di consueto, dopo la sua morte, ci si riferirà all'imperatore Akihito come imperatore Heisei (Heisei Tennō).

Onorificenze

Onorificenze giapponesi

Gran Maestro, Gran Cordone e Collare dell'Ordine del Crisantemo - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro, Gran Cordone e Collare dell'Ordine del Crisantemo
   
Gran Maestro dell'Ordine dei fiori di Paulownia - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine dei fiori di Paulownia
   
Gran Maestro dell'Ordine del Sol Levante - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine del Sol Levante
   
Gran Maestro dell'Ordine del Sacro Tesoro - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine del Sacro Tesoro
   
Gran Maestro dell'Ordine della Cultura - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine della Cultura
   
Gran Maestro dell'Ordine della Corona Preziosa - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine della Corona Preziosa
   

Onorificenze straniere

Membro di I Classe dell'Ordine del Sole Supremo (Afghanistan) - nastrino per uniforme ordinaria Membro di I Classe dell'Ordine del Sole Supremo (Afghanistan)
   
immagine del nastrino non ancora presente Gran Collare di Badr (Arabia Saudita)
   
Grande Stella dell'Ordine al Merito della Repubblica Austriaca (Austria) - nastrino per uniforme ordinaria Grande Stella dell'Ordine al Merito della Repubblica Austriaca (Austria)
  — 1999
immagine del nastrino non ancora presente Collare dell'Ordine di al-Khalifa (Bahrain)
   
Gran Cordone dell'Ordine di Leopoldo (Belgio) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine di Leopoldo (Belgio)
   
Membro dell'Ordine Presidenziale del Botswana (Botswana) - nastrino per uniforme ordinaria Membro dell'Ordine Presidenziale del Botswana (Botswana)
   
Cavaliere di Gran Collare dell'Ordine Nazionale della Croce del Sud (Brasile) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Collare dell'Ordine Nazionale della Croce del Sud (Brasile)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Valore (Camerun) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Valore (Camerun)
   
Collare dell'Ordine al Merito del Cile (Cile) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine al Merito del Cile (Cile)
   
Collare dell'Ordine della Croce di Boyaca (Colombia) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine della Croce di Boyaca (Colombia)
   
Collare dell'Ordine Nazionale della Costa d'Avorio (Costa d'Avorio) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine Nazionale della Costa d'Avorio (Costa d'Avorio)
   
Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dell'Elefante (Danimarca)
  — 8 agosto 1953
Gran Cordone dell'Ordine del Nilo (Egitto) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine del Nilo (Egitto)
   
immagine del nastrino non ancora presente Membro dell'Ordine della Federazione (Emirati Arabi Uniti)
   
Collare dell'Ordine della Croce della Terra Mariana (Estonia) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine della Croce della Terra Mariana (Estonia)
  — 2007
Cavaliere dell'Ordine di Salomone (Etiopia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine di Salomone (Etiopia)
   
Comandante Capo della Legion d'Onore (Filippine) - nastrino per uniforme ordinaria Comandante Capo della Legion d'Onore (Filippine)
   
Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine della Rosa Bianca (Finlandia) - nastrino per uniforme ordinaria Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine della Rosa Bianca (Finlandia)
   
Cavaliere di Gran Croce della Legion d'Onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce della Legion d'Onore (Francia)
   
Classe speciale della Gran Croce dell'Ordine al Merito di Germania (Germania) - nastrino per uniforme ordinaria Classe speciale della Gran Croce dell'Ordine al Merito di Germania (Germania)
   
Cavaliere di Gran Croce decorato con Collare dell'Ordine del Falcone (Islanda) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato con Collare dell'Ordine del Falcone (Islanda)
   
Cavaliere di I classe dell'Ordine della Stella di Adipurna (Indonesia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I classe dell'Ordine della Stella di Adipurna (Indonesia)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana (Italia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana (Italia)
  «Principe ereditario del Giappone»
— 9 marzo 1982[1]
Cavaliere di Gran Stella dell'Ordine della grande stella di Iugoslavia (Iugoslavia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Stella dell'Ordine della grande stella di Iugoslavia (Iugoslavia)
   
Gran Comandante dell'Ordine della Repubblica di Gambia (Gambia) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Comandante dell'Ordine della Repubblica di Gambia (Gambia)
   
Collare dell'Ordine di Hussein ibn Ali (Giordania) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine di Hussein ibn Ali (Giordania)
   
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila d'Oro (Kazakistan) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila d'Oro (Kazakistan)
  — 2008
immagine del nastrino non ancora presente Membro dell'Ordine del Cuore d'Oro (Kenya)
   
Collare dell'Ordine di Mubarak il Grande (Kuwait) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine di Mubarak il Grande (Kuwait)
   
Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine delle Tre Stelle (Lettonia) - nastrino per uniforme ordinaria Comandante di Gran Croce con Collare dell'Ordine delle Tre Stelle (Lettonia)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Pionieri della Repubblica (Liberia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Pionieri della Repubblica (Liberia)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Stella d'Africa (Liberia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Stella d'Africa (Liberia)
   
Gran Collare dell'Ordine di Vytautas il Grande (Lituania) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell'Ordine di Vytautas il Grande (Lituania)
  — 22 maggio 2007
Cavaliere dell'Ordine del Leone d'Oro di Nassau (Lussemburgo) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Leone d'Oro di Nassau (Lussemburgo)
   
Gran Comandante dell'Ordine del Leone (Malawi) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Comandante dell'Ordine del Leone (Malawi)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Nazionale del Mali (Mali) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Nazionale del Mali (Mali)
   
Membro di Classe Eccezionale dell'Ordine della sovranità (Marocco) - nastrino per uniforme ordinaria Membro di Classe Eccezionale dell'Ordine della sovranità (Marocco)
   
Collare dell'Ordine dell'Aquila Azteca (Messico) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine dell'Aquila Azteca (Messico)
   
Cavaliere dell'Ordine di Ojaswi Rajanya (Nepal) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine di Ojaswi Rajanya (Nepal)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone dei Paesi Bassi (Paesi Bassi) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone dei Paesi Bassi (Paesi Bassi)
   
Gran Cordone dell'Ordine della Repubblica Federale di Nigeria (Nigeria) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine della Repubblica Federale di Nigeria (Nigeria)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia)
  — 1953
Cavaliere di Gran Croce con Collare dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce con Collare dell'Ordine Reale Norvegese di Sant'Olav (Norvegia)
  — 2001
Membro di Classe Superiore dell'Ordine di Oman (Oman) - nastrino per uniforme ordinaria Membro di Classe Superiore dell'Ordine di Oman (Oman)
   
Cavaliere di I Classe dell'Ordine del Nishan-e-Pakistan (Pakistan) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I Classe dell'Ordine del Nishan-e-Pakistan (Pakistan)
   
Collare d'Oro dell'Ordine di Manuel Amador Guerrero (Panama) - nastrino per uniforme ordinaria Collare d'Oro dell'Ordine di Manuel Amador Guerrero (Panama)
   
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Bianca (Polonia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Bianca (Polonia)
   
Gran Collare dell'Ordine di San Giacomo della Spada (Portogallo) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell'Ordine di San Giacomo della Spada (Portogallo)
  — 1993
Gran Collare dell'Ordine dell'Infante Dom Henrique (Portogallo) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Collare dell'Ordine dell'Infante Dom Henrique (Portogallo)
  — 24 giugno 1998
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Sole del Perù (Perù) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Sole del Perù (Perù)
   
Collare dell'Ordine dell'Indipendenza (Qatar) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine dell'Indipendenza (Qatar)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore (Regno di Grecia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore (Regno di Grecia)
   
Cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera (Regno Unito) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera (Regno Unito)
   
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano (Regno Unito) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Reale Vittoriano (Regno Unito)
   
Medaglia dell'Incoronazione di Elisabetta II (Regno Unito) - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia dell'Incoronazione di Elisabetta II (Regno Unito)
  — 2 giugno 1953
Collare dell'Ordine del Leone Bianco (Repubblica Ceca) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine del Leone Bianco (Repubblica Ceca)
   
Collare dell'Ordine del Leone (Senegal) - nastrino per uniforme ordinaria Collare dell'Ordine del Leone (Senegal)
   
Gran Croce in oro dell'Ordine della Buona Speranza (Sudafrica) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce in oro dell'Ordine della Buona Speranza (Sudafrica)
   
Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro (Spagna)
   
Cavaliere dell'Ordine dei Serafini (Svezia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dei Serafini (Svezia)
   
Cavaliere dell'Ordine del Rajamitrabhorn (Thailandia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Rajamitrabhorn (Thailandia)
  — 1991
Cavaliere dell'Ordine della Casata Reale di Chakri (Thailandia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Casata Reale di Chakri (Thailandia)
   
Cavaliere di Gran Cordone dell'Ordine di Chula Chom Klao (Thailandia) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Cordone dell'Ordine di Chula Chom Klao (Thailandia)
   
Cavaliere di I Classe dell'Ordine di Jaroslav il Saggio (Ucraina) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di I Classe dell'Ordine di Jaroslav il Saggio (Ucraina)
   
Gran Cordone dell'Ordine del Leopardo (Zaire) - nastrino per uniforme ordinaria Gran Cordone dell'Ordine del Leopardo (Zaire)

 

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a proposito di cinture colorate lo sapevate che…

tratto da wikipedia

Leggende e miti sono da sempre fioriti intorno alla pratica di arti marziali come il Judo e il Karate. Altrettanto accade con le origini quasi mistiche associate con la tanto desiderata cintura nera. Molti sarebbero stupiti da quanto recente invece sia la storia delle cinture.

 

Molte sono le storie sulle origini della cintura nera. La più diffusa è quella del novizio di arti marziali che comincia con una cintura bianca. Con l’andare del tempo, praticando negli anni la cintura si sporcava diventando prima marrone e alla fine nera quando ormai l’arte era perfezionata. Fermo restando la forte metafora insita in questo folclore, non c’è nessuna base nella realtà. Le cinture colorate non hanno mai fatto parte della tradizione di nessuna arte marziale antica.

Nella realtà, la cintura nera fu inizialmente introdotta per designare l’abilità nel Kodokan Judo poco più di cent’anni fa. Jigoro Kano (a lato), fondatore del Judo è stato il primo ad usare la cintura nera per distinguere gli allievi dan nel Kodokan, fondato a Tokyo nel 1882 (1). Prima di allora, le scuole di Jujutsu, come molte altre arti marziali giapponesi di quel periodo, utilizzavano il complicato sistema Menkyo per designare particolari livelli di abilità tecnica.

Per capire il sistema educativo giapponese è necessaria una piccola prospettiva storica. L’addestramento sistematico alle armi e alla guerra si è prima sviluppato nelle scuole di tradizione marziale, o stili (ryu ha), tra l’undicesimo e il quindicesimo secolo. I Samurai si riunivano in clan per allenarsi all’uso delle armi e delle tecniche. Man mano che i loro addestramenti diventavano sempre più specialistici ed individuali, nel periodo Tokugawa (1600-1868) cominciarono a formarsi degli stili marziali o scuole (Bujutsu ryu) (2).

Le arti marziali antiche giapponesi vennero alla fine classificate in diciotto diverse branche dette Bugei Ju-Happan. Esse consistevano in: tiro con l’arco (kyujutsu), artiglieria (hojutsu), pugnale (tantojutsu), alabarda (naginatajutsu), gancio (mojirijutsu), cavalleria (bajutsu), lancia (sojutsu), lancio del coltello (shurikenjutsu), stiletto (ganshinjutsu), contenimento (toritejutsu), catena e falcetto (kusarigamajutsu), bastone (bojutsu), furtività (shinobijutsu), nuoto (suijutsu), spada (kenjutsu), estrazione della spada (battojutsu), mazza (juttejutsu) e autodifesa a mano nuda (jujutsu) (3). Queste scuole usavano il sistema Menkyo per graduare i propri studenti.

Generalmente gli studenti di queste antiche ryu ha giapponesi prendevano prima il grado di Shoden. Poi proseguivano con Chuden, Okuden/Mokuroku, Menkyo e alla fine Menkyo Kaiden, che significava letteralmente “licenza di trasmissione totale” (4). Comunque ogni ryu ha individuale sviluppava il suo sistema di gradi, tanto che alcuni erano completamente differenti. (5)

I gradi erano di solito designati con certificati appositamente creati o lettere scritte a mano dall'insegnate o dal fondatore. Spesso i gradi più alti erano accompagnati dalla presentazione di un densho, manoscritto con istruzioni o segreti dei fondatori delle varie scuole (6). Alcuni densho fornivano istruzioni dettagliate anche grafiche di alcune tecniche particolari. Di per sé questi ultimi documenti non avevano alcun significato per chi non avesse avuto familiarità con il linguaggio del particolare ryu ha.

Data la segretezza che caratterizzava i vari ryu ha e i loro istruttori, il sistema Menkyo aveva alcuni svantaggi. Non c'era modo di comparare gli studenti delle varie scuole (7) e poi in ognuna i passaggi di grado si effettuavano ad intervalli di tempo che potevano andare dai pochi mesi a diversi anni, a seconda della filosofia del maestro e del tipo di allievo.

Il dott. Kano apprese da giovane le basi del Jujutsu da Teinosuke Yagi, poi studio la Tenshin Shinyo Ryu sotto Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, così come il Jujutsu Kito Ryu sotto Tsunetoshi Iikubo. Fu iniziato ai segreti di entrambe le scuole.

Dopo aver fondato la sua scuola, il Kodokan, nel 1882, il dott. Kano affrontò anche studi accademici di molti altri stili di Jujutsu. Oltre a far visita e a praticare con gli altri maestri, esaminava attentamente i densho delle altre ryu ha di Jujutsu (8). Poco dopo aver fondato il suo stile di Jujutsu, il dott. Kano revisionò anche il sistema di graduazione, creando dieci gradi con intervalli relativamente brevi per mantenere alto il livello di interesse degli allievi durante la progressione attraverso i livelli tecnici.

Secondo Naoki Murata, il curatore del museo del Kodokan, "nel 1883 Kano divise gli studenti in due gruppi, quelli senza grado (mudansha) e quelli con grado (yudansha). I primi yudansha (shodan) del Kodokan furono due famosi studenti quali Tsunejiro Tomita e Shiro Saigo, promossi anche a secondo dan un anno dopo."

Shiro Saigo, immortalato nel romanzo Sugata Sanshiro di Tsuneo Tomita (9), poi riadattato da Akira Kurosawa nel 1940 in un film sull’infame torneo tra Judo e Jujutsu, saltò il terzo dan e fu promosso direttamente quarto dan nell'anno successivo, nel 1885, secondo Murata. A quel tempo tutti i gradi dan erano annunciati direttamente dal dott. Kano apponendo una nota nella bacheca del Kodokan (10).

Le cinture nere per distinguere gli yudansha non erano utilizzate nel Kodokan fino al 1886-87, sempre secondo Murata, più o meno al tempo del torneo della Polizia Municipale di Tokyo tra la scuola Jujutsu di Hikosuke Totsuka ed il Kodokan del dott. Kano (11). Dopo la vittoria del Kodokan, questi non rilasciò più diplomi e certificati fino al 1894, quasi undici anni dalla creazione del sistema di gradi del Judo (12).

Alla fine l'abilità o il grado dei Judoka cominciò ad essere denotata da cinture dal diverso colore legate attorno alla vita sul judogi. Generalmente in Giappone i mudansha portano cinture bianche attraverso la progressione nei gradi kyu. Alcune scuole utilizzano la cintura marrone per i gradi kyu più alti. Le cinture colorate giallo, arancio, verde e blu ebbero origini in Europa e furono importate negli USA negli anni 50.

Le cinture nere erano tradizionalmente portate da chi faceva competizioni, dal primo dan (shodan) al quinto dan (godan). Una cintura rossa e bianca era portata da chi aveva ricevuto gradi per aver reso un servizio al Judo, dal sesto dan (rokudan), fino all'ottavo (hachidan); le cinture completamente rosse erano riservate a noni (kudan) e decimi dan (judan) (13).

Il Karate adottò il sistema di gradi del Judo e l’uso della cintura nera dopo che il maestro Gichin Funakoshi di Okinawa dimostrò ed insegnò le sue tecniche presso il Kodokan negli anni 20 (14). Alla fine il sistema dan fu incorporato dal Kendo, dall’Aikido, e da molte altre forme di arti marziali.

L'origine delle cinture colorate, così come il significato dei particolari colori, è ancora avvolto nel mistero e potrebbe essersi ormai perso nella storia. Sebbene il dott. Kano non abbia lasciato niente di scritto sui vari colori utilizzati, ci ha lasciato comunque qualche traccia. Secondo la sua dottrina filosofica non c'è limite ai progressi che si possono fare nel Judo, quindi se qualcuno avesse raggiunto un livello più alto del decimo dan, "avrebbe trasceso dai colori e dai gradi e sarebbe tornato alla cintura bianca”, una sorta di chiusura del ciclo del Judo, come della vita (15).

In una simile eventualità, va detto che il Kodokan decise che la cintura che tale persona avrebbe indossato sarebbe stata "di spessore circa doppio del normale" per evitare che dei principianti potessero fraintenderne il significato. Ad oggi il dott. Kano è l'unica persona ad aver raggiunto il dodicesimo dan e ad avere il titolo di shihan.

Il dott. David Matusmoto, autore del libro "An introduction to Kodokan history and philosophy", cita la combinazione di due possibilità circa il tradizionale uso delle cinture bianche: il significato simbolico del colore e gli aspetti pratici della produzione delle uniformi (16).

"Innanzi tutto, il bianco ha sempre avuto un significato speciale, simbolico, nella cultura giapponese per secoli" scrive Matsumoto. "Per i giapponesi il colore bianco riflette pulizia e sacralità fin dai tempi antichi".

Quindi le cinture bianche potrebbero essere appropriate per riflettere l'innocenza e la purezza dei principianti. Secondo Matsumoto può anche riflettere la selezione di cotone usato per il materiale dei judoji: dopo lungo uso e numerosi lavaggi, il naturale biancastro giallognolo del cotone tende al bianco.

Un'ipotesi non verificata circa le cinture nere portate dai gradi dan è che il dott. Kano abbia preso in prestito questo concetto dagli sport praticati in Giappone nelle scuole superiori. Gli atleti avanzati erano riconoscibili dai nuotatori principianti tramite un nastro nero che i primi portavano intorno alla vita. Come rinomato insegnante e sportivo, certamente il dott. Kano era a conoscenza di questa tradizione e potrebbe averla incorporata nelle sue pratiche al Kodokan.

La selezione di cinture rosso-bianche per distinguere i gradi più alti potrebbe anche essere legata ad una tradizione simile, secondo Meik Skoss, noto storico delle arti marziali ed autore di numerosi articoli su quelle giapponesi (17). I giapponesi dividono tipicamente i gruppi in bianchi e rossi, basandosi su un evento storico, la guerra di Genpei, tra i due clan rivali Genji ed Heike. I Genji usavano bandiere bianche per identificare le truppe sul campo di battaglia, mentre gli Heike le usavano rosse (18).

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Matsukaze

bellissima riflessione di Inaba Sensei. Raramente ci si sofferma su quanto ci circonda e ci si rende conto di quanto aikido è costantemente sotto i nostri occhi. Meditate gente, meditate.

Matsukaze, il vento tra i pini.
Il vento soffia forte. Ma finchè gli alberi si muovono e si adattano, continuano a rimanere in piedi.
A volte prendendo forme bellissime, sulla spiaggia.
Ma il vento non lo sa.
Non soffia perché l'albero si pieghi e trovi una forma particolarmente bella.
Soffia per spazzarli via.
L'adattabilità,l'aiki, trasforma la violenza in bellezza, in arte e trova la vita laddove esiste il desiderio della morte.

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Seigo Yamaguchi

tratto da wikipedia

Seigo Yamaguchi, soprannominato "il Genio dell'Aikido", nacque il 13 aprile del 1924 nella prefettura di Fukuoka, in Giappone. Da giovanissimo era un avido lettore anche grazie al padre, preside di una scuola, che lo riforniva costantemente di libri, consentendogli di approfondire conoscenze di storia, filosofia e letteratura. Studiò presso un istituto tradizionale fondato dai clan Yanagawa e Han durante il periodo Edo, per poi laurearsi presso l'università Hiroikegakuen.

Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò alla guerra del Pacifico, arruolato in uno squadrone Kamikaze, di quelli che si schiantavano con una barca imbottita di esplosivo contro le navi nemiche. Per fortuna dell'Aikido moderno la guerra finì prima che gli fosse assegnata una missione. Dopo la guerra rientrò nella nativa Fukuoka e nel 1949 ottenne la qualifica per lavorare per il governo. Decise però di approfondire i suoi studi in Europa, ma prima di partire volle perfezionare le sue conoscenze di cultura gapponese studiando macrobiotica con Sakurawaza Nyoichi, conosciuto in occidente come George Oshawa. Grazie a questo legame, nel 1950 venne presentato a Morihei Ueshiba, il fondatore dell'Aikido, e divenne uchi deshi (allievo interno al dojo). Dal 1958 al 1960 fu inviato ad insegnare Aikido ai militari in Birmania e, al suo rientro in Giappone, insegnò regolarmente all'Hombu Dojo (Dojo Centrale di Tokyo) in particolare nella famosa lezione del lunedì sera, che tenne per decenni.

Aveva il suo dojo privato in un primo tempo a Ikenoue, famoso per la durezza del suo tatami, poi si trasferì a Shibuya dove il tatami era quello del Kendo: di legno. Yamaguchi teneva lezioni anche per le squadre di baseball giapponesi, per le università e per dojo privati (lo Zoshukan di Tokyo, tra i più importanti). Le sue lezioni all'Hombu Dojo erano tra le più seguite, anche dai colleghi insegnanti dell'Hombu Dojo stesso, cosa che non si verifica facilmente.

Alto poco meno di 170 cm per un peso di circa 60 kg, sul tatami appariva un gigante e le sue tecniche fluivano senza sforzo, charamente ispirate agli eleganti movimenti della spada giapponese. Studiava Lao Tsu e la filosofia dello Yin e Yang e, nonostante fosse molto severo a lezione, non ammetteva la durezza nell'allenamento e insisteva sul liberarsi dalla rigidità. Non metteva troppa enfasi nelle ripetizioni e non spiegava molto della tecnica, ma praticava di persona con ogni studente.

Tra il 1977 ed il 1995 fu invitato a condurre stage in Europa, principalmente in Francia, Germania ed Inghilterra; l'Università di Mannheim, in Germania, istituì un vero e proprio corso di Aikido e cominciò ad invitarlo regolarmente.

Diversi grandi maestri si ispirano moltissimo a lui; tra di essi Seishiro Endo, Yoshinobu Takeda, Masatoshi Yasuno, Christian Tissier, Philippe Gouttard e William Gleason. Anche il figlio Tetsu è uno Shihan, 7° dan di Aikido. Gli fa onore non aver mai voluto fondare una sua scuola, cosa in cui non credeva visto il suo profondo rispetto verso il fondatore Morihei Ueshiba e quindi verso l'Aikikai, ma che avrebbe potuto fare tranquillamente grazie al suo seguito.

II 24 gennaio del 1996 il Maestro morì nel suo letto dopo aver fatto lezione fino a due giorni prima.

Alla cerimonia funebre organizzata dalla sua famiglia presero parte più di 1000 persone.

Dopo di essa vennero organizzate delle grandi dimostrazioni in memoria del Maestro Yamaguchi a Kamakura, a Katsuta e alle Università di Meiji e Nagoya.

 

Video selezionati

 

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Aikido senza Pace o Armonia

Libera traduzione dell’originale scritto da Christopher Li e pubblicato al seguente link:

http://www.aikidosangenkai.org/blog/archive/2012-04-01/aikido-without-peace-or-harmony          

Traduzione di Gianni Canetti

Amico, dov’è finito l’amore?

Copertina di  "Budo Hiketsu Aiki no Jutsu" ("Metodi segreti del Budo Aiki no Jutsu")
Pubblicato nell’anno 33 del periodo Meiji (1900)

L’Aikido è spesso conosciuto come "Arte di Pace" o "La Via dell’Armonia". Qualche volta e stato descritto come "La Via dell’Armonizzazione del Ki".

"Do" ovviamente, è "La Via", e la parola "Ki" è così comune al giorno d’oggi che può rimanere semplicemente scritta così com’è.

Quindi abbiamo "Ai" – che può non significare ne pace ne armonia.

Il carattere 合 è una copertura posta sopra un buco o un’apertura ed effettivamente significa "unire/associare", "corrispondere/abbinare" o "mettere insieme" (come un coperchio su di un contenitore).

Per essere certi, ci sono alcune implicazioni di pace e armonia – ma quando i Giapponesi parlano di queste cose usano termini completamente differenti (anche se alcuni composti includono questo kanji).

Questo non significa che pace, amore o armonia non siano importanti nell’Aikido o che non lo siano stati per il suo fondatore Morihei Ueshiba, per il quale certamente lo erano.

E questo non significa nemmeno che le traduzioni che ho dato all’inizio siano scorrette, perché non sono necessariamente sbagliate.

Quello che sono è interpretazione – tentano di tradurre la parola "Aikido" in modo che rappresenti la missione globale dell'arte.

Comunque, "Aiki" come composto con una specifica definizione tecnica esisteva molto prima di Ueshiba, ed è chiaro dalle sue scritture del 1960 che, a prescindere dai toni, la parola può essere stata aquisita, lui non ha mai abbandonato questa definizione tecnica.

Lui espanse in quel termine un piccolo pensiero, con la frase "Take Musu Aiki". Verso la fine della sua vita Ueshiba spesso prese a chiamare la sua arte "Take Musu Aiki", e questa direi che era la forma più elevate della sua arte. Qui troviamo un rilevante commento di Morihiro Saito:

In Iwama, O-Sensei esplorò l’Aikido attraverso le divinità guardiane del Budo e pregando ogni mattina ed ogni sera. E così il Takemusu Aikido venne creato. Egli diceva che l’Aikido iniziale non era il “vero” Aikido. Poteva non essere Aikido scorretto, ma questo è quello che  O-Sensei diceva. Nel Takemusu Aikido, poco a poco, nuove tecniche si manifestano spontaneamente. Questo non si ferma mai, è infinito come una spirale. Questo è Takemusu.

"Take" (武) significa "Marziale", e "Musu" (産) significa "far nascere" o "produrre" – quindi è facile intravvedere il riferimento sopra esposto, nel quale nuove tecniche appaiono spontaneamente, ma cosa significa tutto questo?

Cerchiamo di chiarire un po’ meglio.

Se prendiamo "Ai" inteso come  "mettere insieme" e "Ki" come…"Ki" otteniamo alla fine qualcosa come  "Mettere insieme con Ki".

Ma cosa dobbiamo mettere insieme?

E cosa significa "Take Musu"? Significa qualcosa di più di “creatività”?

Per arrivare a questo dobbiamo tornare indietro al Hachiriki, gli "8 Poteri".

Verso la fine dell’ultimo post, "Aikido and the Structure of the Universe", ho menzionato un commento di Morihei Ueshiba a proposito del Hachiriki:

八力は、対照力「動、静、解、凝、引、弛、合、分、」「9-1、8-2、7-3、6-4」をいいます。

"Gli 8 poteri sono forze opposte: Movimento – Immobilità, Fusione – Solidificazione, Spinta – Assorbimento, Combinazione – Scissione / 9-1, 8-2, 7-3, 6-4"

Alcune persone hanno replicato dicendo di non essere interessati alla numerologia, ma ovviamente questa non è numerologia, questa è la descrizione tecnica delle forze In e Yo (Yin e Yang). Possiamo vedere che i numeri sono gli stessi che Morihei Ueshiba ha citato come uno dei Gokui ("segreti") dell’ Aikido in "Kiichi Hogen and the Secret of Aikido".

Fatta eccezione che effettivamente questa è numerologia, qualche volta – qui possiamo vedere un simpatico diagramma che è stato postato da Josh Lerner su Aikiweb:

Morihei Ueshiba ha citato la coppie di numeri nella cornice esterna del qadrato magico

La leggenda narra che, lo schema ebbe origine dal dorso di una tartaruga magica in Cina, che emerse dalle aque del fiume Luo con questa matrice di punti sul suo carapace. Questi numeri e schemi sono la base della divinazione Cinese e numerologia come “I Ching” e geomanzia come il “Feng Shui”.

Quindi è veramente numerologia – eccetto quando non lo è – è anche un antica metodologia di allenamento per le arti marziali.

Gli otto poteri sono rappresentati nella cosmologia Cinese dalle forze opposte dello In e Yo (Yin and Yang) separate da una linea curva (rappresentando l’Uomo, otteniamo il paradigma Cielo-Terra-Uomo), e circondato da otto trigrammi rappresentanti le combinazioni mutevoli della combinazione delle forze In e Yo:

Tratto da "The Illustrated Canon of Chen Family Taijiquan" di Chen Xin

Nel diagramma sopra illustrato, possiamo vedere le forze opposte dello In e Yo nella loro progressione di cambiamenti intorno al cerchio. Gli 8 Poteri sono rappresentati da 8 trigrammi, che mostrano la progressione dei cambiamenti – le forze In rappresentate da linee tratteggiate e le forze Yo da linee continue.

Questi numeri sono anche utilizzati nelle arti marziali interne come il Baguazhang, la quale usa gli otto trigrammi come suoi principi guida.

E… nell’Aikido, secondo Morihei Ueshiba – come sopra, i numeri rappresentano una progressione di cambiamenti in relazione tra forze opposte. Questo è il motivo per cui Ueshiba le cita come uno dei segreti dell’Aikido.

Quindi cosa succede con queste forze opposte? Qui vediamo cosa Morihei Ueshiba avrebbe detto:

上にア下にオ声と対照で気を結び、そこに引力が発生するのである。

"Sopra il suono "A" e sotto il suono "O" – opposti connessi con Ki,  Forza Attrattiva (“Inryoku") viene creata."

Con "A" e "O" Ueshiba si riferisce al Ponte Galleggiante – in altre parole, un collegamento tra Cielo e Terra. Parleremo meglio del Ponte Galleggiante del Cielo in un altro momento – per adesso è sufficente dire che stiamo parlando della connessione tra gli opposti, forze opposte.

Come visto in precedenza, la connessione tra Cielo e Terra era importante per Ueshiba, il quale disse che l’Aikido è:

天地の理を身体に現実に描き出す道であります。

"La via dei principi tra Cielo e Terra è scritta nel vostro corpo.”

O anche più classicamente:

合気道は天地人和合の道と理なり。

"L’Aikido è Via e principio di armonizzazione di Cielo, Terra e Uomo."

Espresso nelle arti Cinesi questo è:

Tratto da "The Illustrated Canon of Chen Family Taijiquan" di Chen Xin

Così torniamo a "Inryoku", o "Forza Attrattiva".

"Inryoku" è anche il termine usato per "gravità", e possiamo vederlo tradotto così allo stesso modo. Comunque, quando usiamo questa parola nel contesto di forze opposte è facile capire che “gravità” non è la corretta interpretazione.

Quindi… cosa ha a che fare "Inryoku" con "Take Musu"? Qui vediamo cosa il fondatore ha detto:

武産とは引力の錬磨であります。

"Take Musu è la pratica della Forza Attrattiva."

Così adesso siamo pronti per la traduzione tecnica del termine "Take Musu Aiki":

"Mettere insieme forze opposte con Ki e praticare le forze attrattive che vengono così a crearsi."

Una vera delizia – possiamo capire perchè le più eloquenti traduzioni all’inizio di questo articolo possono essere state adottate.

In altre parole, questa traduzione dovrebbe essere chiara a chiunque con il giusto tipo di pratica, ed è molto più eloquente della versione classica.

 

Christopher Li

 

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Struttura del DOJO tradizionale

Il Dojo ha una organizzazione definita in quattro aree principali disposte indicativamente secondo i punti cardinali:

  • NORD   Kamiza (“posto d’onore”), che rappresenta la saggezza, è riservato al maestro (“Sensei”)      titolare del Dojo alle spalle del quale è appesa l’immagine del  fondatore (Ueshiba Morihei – O – Sensei) ;
  • EST        Joseki (“posto dei gradi alti”), che rappresenta la virtù, è riservato ai Senpai (compagni anziani in termini di pratica), agli ospiti illustri o in generale agli Yudansha (“cinture nere di grado Dan”);
  • SUD       Shimoza (“posto inferiore”), che rappresenta l’apprendimento, è riservato ai Mudansha (“senza grado Dan”);
  • OVEST  Shimoseki (“posto dei gradi bassi”), che rappresenta la rettitudine, è generalmente vuoto ma all’occorrenza è occupato dai 6° Kyu o Mukyu (“senza grado Kyu”).

 

L'ordine da rispettare è sempre quello per cui, rivolgendo lo sguardo a kamiza, i praticanti si dispongono dai gradi inferiori a quelli superiori, da sinistra verso destra.

Il capofila di shimoza, usualmente il più anziano tra i mudansha, di norma è incaricato del rispetto del Reiho.

 In particolare è incaricato di avvisare i compagni di pratica riguardo: l'assunzione della posizione formale in ginocchio seiza ("posizione formale"), del mokuso ("silenzio contemplativo") e del suo termine yame ("fine"), del saluto al fondatore shomen-ni-rei ("saluto al principale"), del saluto all'insegnante sensei-ni-rei ("saluto al maestro"), del saluto a tutti i praticanti otagai-ni-rei ("saluto reciproco"), e del ritorno alla posizione eretta kiritsu ("in piedi").
Nei dojo tradizionali, inoltre, vi è usualmente uno spazio adiacente alla parete dove vi sono conservate le armi per la pratica dei kata: bokken ("spada di legno"), tanto ("pugnale"), jo ("bastone"); e il nafudakake ("tabella dei nomi"), dove sono affissi in ordine di grado i nomi di tutti i praticanti appartenenti al dojo.

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Kamikaze IL vento divino

tratto da wikipedia

«  Voi siete il tesoro della nazione; con lo stesso spirito eroico dei kamikaze, battetevi per il benessere del Giappone e per la pace nel mondo. »

 
(Dalla lettera scritta dall'ammiraglio Takijiro Onishi, principale fautore dei kamikaze, e indirizzata ai giovani giapponesi, prima di suicidarsi il 15 agosto 1945.[1])

Kamikaze (神風) è una parola giapponese, di solito tradotta come vento divino (kami significa "divinità" — è un termine fondamentale nello shintoismo — e kaze sta per "vento" ka significa inspirare e ze significa espirare[2] ). È il nome dato ad un leggendario tifone che si dice abbia salvato il Giappone da una flotta di invasione Mongola inviata da Kublai Khan nel 1281. In Giappone la parola "kamikaze" viene usata solo per riferirsi a questo tifone. Internazionalmente questa parola viene generalmente riferita agli attacchi suicidi eseguiti dai piloti giapponesi (su aerei carichi di esplosivo) contro le navi alleate verso la fine della campagna del pacifico nella seconda guerra mondiale.

Gli attacchi aerei furono l'aspetto predominante e meglio conosciuto di un uso più ampio di attacchi — o piani — suicidi da parte di personale giapponese, inclusi soldati che indossavano esplosivo ed equipaggi di navi cariche di bombe. In giapponese il termine usato per le unità che eseguivano questi attacchi è tokubetsu kōgeki tai (特別攻撃隊, letteralmente "unità d'attacco speciale"), solitamente abbreviato in tokkōtai (特攻隊). Nella seconda guerra mondiale le squadre suicide provenienti dalla Marina Imperiale Giapponese furono chiamate shinpū tokubetsu kōgeki tai (神風特別攻撃隊), dove shinpū è la lettura-on (cinese) dei kanji che formano la parola "kamikaze".

Dalla fine della seconda guerra mondiale, la parola kamikaze è stata applicata ad una varietà più ampia di attacchi suicidi, in altre parti del mondo ed in altre epoche. Esempi di questi includono Selbstopfer nella Germania nazista durante la seconda guerra mondiale ed attentati suicidi di natura terroristica e militare. L'uso internazionale corrente del termine kamikaze per identificare attentati suicidi di natura terroristica – o di qualsiasi altra natura – non viene adottato dalla stampa nipponica, che invece gli preferisce jibaku tero (自爆テロ), abbreviazione della locuzione anglo-giapponese jibaku terorisuto (自爆テロリスト, "terroristi autoesplodenti").

Seconda guerra mondiale

Situazione

Le forze giapponesi, dopo la loro sconfitta nel 1942 alla battaglia delle Midway avevano perso l'iniziativa che avevano all'inizio della Guerra del Pacifico (conosciuta ufficialmente in Giappone come "Grande Guerra dell'Asia Orientale"). Nel 194344 le forze alleate, sostenute dalla potenza industriale e dalle risorse naturali degli Stati Uniti d'America stavano avanzando costantemente verso il Giappone.

I caccia giapponesi erano ormai messi in minoranza e surclassati dai nuovi caccia USA, particolarmente l'F4U Corsair e il P-51 Mustang e, a causa delle perdite in combattimento, i piloti di caccia abili stavano diventando sempre più rari. Infine la scarsezza di parti di ricambio e di carburante rendevano problematiche anche le normali operazioni di volo.

Il 15 luglio 1944, l'importante base giapponese di Saipan venne occupata dalle forze alleate. Ciò rese possibile l'uso dei bombardieri a lungo raggio B-29 Superfortress per colpire direttamente il Giappone. Dopo la caduta di Saipan l'alto comando giapponese predisse che il prossimo obiettivo degli alleati sarebbero state le Filippine, strategicamente importanti per la loro posizione tra il Giappone ed i campi petroliferi del sud est asiatico.

Questa predizione si avverò il 17 ottobre 1944 quando le forze alleate assaltarono l'isola di Suluan iniziando la battaglia del golfo di Leyte. Alla Prima Flotta Aerea della Marina Imperiale Giapponese con base a Manila venne assegnato l'incarico di assistere le navi giapponesi che avrebbero tentato di distruggere le forze alleate nel golfo di Leyte. La Prima Flotta Aerea disponeva di soli 40 aerei: 34 Mitsubishi Zero imbarcati su portaerei, e 3 aerosiluranti Nakajima B6N, 1 Mitsubishi G4M, 2 bombardieri Yokosuka P1Y e un aeroplano da ricognizione. Il compito che dovevano affrontare le forze giapponesi pareva totalmente impossibile. Il comandante della Prima Forza Aerea, il vice ammiraglio Takijiro Onishi decise di formare una "Forza d'Attacco Speciale Kamikaze"; Onishi divenne il "padre dei kamikaze". In un incontro all'aeroporto di Mabacalat (Clark Air Base) vicino a Manila, Onishi che stava visitando i quartieri del 201º Corpo Navale di Volo suggerì: «Non penso che ci sia un'altra maniera di eseguire l'operazione che mettere una bomba da 250 kg su uno Zero e farlo sbattere contro una portaerei per metterla fuori combattimento per una settimana.»

La prima unità kamikaze

Il comandante Asaiki Tamai chiese ad un gruppo di abili studenti di volo che aveva personalmente addestrato di unirsi alla forza di attacco speciale. Tutti i piloti alzarono entrambe le mani, dando pertanto l'assenso ad unirsi all'operazione. Più tardi Asaiki Tamai chiese al tenente Yukio Seki di comandare la forza di attacco speciale.

Si dice che Seki Yukio abbia chiuso gli occhi ed abbassato la testa per dieci secondi prima di chiedere: «La prego di lasciarmelo fare».

Yukio Seki divenne pertanto il 24° pilota kamikaze ad essere scelto.

Dunque, il 20 ottobre 1944 è la data di nascita del reparto kamikaze, formato da 24 piloti del 21º Stormo:

  • Unità d'Attacco Speciale Tokkoutai (abbreviazione di Tokubetsu Kougekitai) "Shinu"
    • Unità Shikishima (Isola Bella)
    • Unità Yamato (Razza Giapponese)
    • Unità Asahi (Sol Levante)
    • Unità Yama-zakura (Fiori di Ciliegio Selvatico di Montagna)

Questi nomi furono tratti da un poema patriottico (waka o tanka) dello studioso giapponese classico Motoori Norinaga, scritta nel XVIII secolo:

Shikishima no
Yamatogokoro wo
Hito towaba
Asahi ni niou
Yama-zakura bana

(in italiano: Se mi chiedete cos'è l'anima della razza giapponese della bella isola, rispondo che è come fiore di ciliegio selvatico ai primi raggi del sol levante, puro, chiaro e deliziosamente profumato.)

I primi attacchi

Un Mitsubishi Zero in procinto di colpire la USS Missouri.

Almeno una fonte cita un episodio di aeroplani giapponesi scontratisi con le portaerei USS Indiana e USS Reno a metà del 1944, considerandoli come i primi attacchi kamikaze della seconda guerra mondiale[3], ma le prove che questi scontri fossero intenzionali e non collisioni accidentali, possibili durante intense battaglie aeronavali, sono scarse.

Il ponte e torrette di prua della HMAS Australia, nel settembre 1944. L'ufficiale a destra è il capitano Emile Dechaineux, ucciso durante il primo attacco kamikaze il 21 ottobre 1944.

Secondo le testimonianze del personale alleato, il primo attacco kamikaze — nel senso generalmente accettato del termine — non venne eseguito dall'unità di Tamai, ma da un pilota giapponese non identificato. Il 21 ottobre 1944 l'ammiraglia della Marina Reale Australiana, venne colpita da un aeroplano giapponese armato con una bomba da 200 kg (441 libbre). L'aeroplano colpì le sovrastrutture dell'Australia sopra il ponte spargendo carburante e detriti su una vasta area. La bomba non esplose, altrimenti la detonazione avrebbe potuto effettivamente distruggere la nave. Nell'attacco morirono almeno 30 membri dell'equipaggio, incluso l'ufficiale comandante, il capitano Emile Dechaineux; tra i feriti ci fu il commodoro John Collins, comandante della forza australiana.

Il 25 ottobre l'Australia venne colpito nuovamente e forzato a ritirarsi nelle Nuove Ebridi per le riparazioni. Quello stesso giorno cinque caccia Zero condotti da Seki attaccarono una portaerei di scorta: la USS St. Lo. Sebbene solo un kamikaze riuscì a colpirla con efficacia, la bomba a bordo dell'aereo causò un incendio che fece esplodere il deposito bombe, affondando la portaerei. Altri colpirono e danneggiarono altre navi alleate. Poiché molte portaerei americane avevano ponti di volo in legno, furono considerate più vulnerabili agli attacchi kamikaze rispetto alle portaerei britanniche della Flotta Britannica del Pacifico, dotate di ponti in acciaio.

L'Australia ritornò nella zona di combattimento nel gennaio 1945, prima della fine della guerra subì (e sopravvisse) a sei diversi attacchi di kamikaze, con una perdita totale di 86 vite. Tra le navi principali che sopravvissero ad attacchi multipli di kamikaze durante la seconda guerra mondiale, vanno ricordate l'Intrepid e la Franklin, entrambe della classe Essex.

L'ondata principale degli attacchi kamikaze

La USS Columbia attaccata da un kamikaze fuori dal Golfo di Lingayen, 6 gennaio 1945

Il kamikaze colpisce la Columbia alle 17:29. L'aeroplano e la bomba penetrano due ponti prima di esplodere, uccidendo 13 uomini e ferendone 44.

I primi successi, come l'affondamento della St. Lo portarono ad uno sviluppo immediato del programma e nel giro dei mesi successivi vennero lanciati oltre 2000 attacchi suicidi. Nel computo vanno compresi le azioni di guerra eseguite con le bombe razzo Yokosuka MXY7 Ohka ("Bocciolo di ciliegio", ribattezzata baka: "folle" dagli statunitensi), costruite appositamente per questo scopo, e gli assalti condotti con piccole barche imbottite d'esplosivo, o torpedini guidate dette kaiten.

Gli aerei kamikaze espressamente costruiti come tali, a differenza dei caccia o bombardieri in picchiata convertiti allo scopo, non possedevano meccanismi di atterraggio. Un aeroplano progettato specificamente, il Nakajima Ki-115 Tsurugi, era realizzato con una struttura in legno, semplice da costruire e pensato per utilizzare le scorte di motori rimanenti. Il carrello non era retrattile e veniva sganciato poco dopo il decollo per consentire il riutilizzo con altri aeroplani.

Il picco dell'attività venne toccato il 6 aprile 1945 durante la battaglia di Okinawa, quando varie ondate di aeroplani condussero centinaia di attacchi durante l'Operazione Kikusai (Crisantemi galleggianti). A Okinawa gli attacchi dei kamikaze si focalizzarono all'inizio sui cacciatorpediniere in servizio di protezione e quindi sulle portaerei al centro della flotta. L'offensiva, per cui vennero utilizzati 1465 aeroplani, seminò distruzione: i resoconti delle perdite variano, ma per la fine della battaglia almeno 21 navi americane erano state affondate dai kamikaze, insieme a navi alleate di altra nazionalità e dozzine di altre erano state danneggiate.

L'offensiva comprese la missione di sola andata della nave da battaglia Yamato, che non riuscì a raggiungere le vicinanze dell'operazione perché affondata dagli aerei alleati a diverse centinaia di miglia di distanza (Vedi Operazione Ten-Go).

A causa della scarsità del loro addestramento, i piloti kamikaze tendevano ad essere facili prede per gli esperti piloti alleati, che pilotavano aerei di molto superiori. Anche gli equipaggi navali alleati iniziarono a sviluppare tecniche per neutralizzare gli attacchi dei kamikaze, come sparare con i cannoni navali di grosso calibro nel mare lungo la direzione di attacco, per poterli inondare. Queste tattiche non potevano essere usate contro gli Okha ed altri attacchi veloci portati in picchiata dall'alto, ma quest'ultimi aerei erano più vulnerabili al fuoco antiaereo e ai caccia Alleati.

Nel 1945 l'esercito giapponese iniziò ad accumulare scorte di centinaia di Tsurugi, di altri aerei a propulsione, di Ohka e di navi suicide per fronteggiare le forze alleate, che si aspettavano avrebbero invaso il Giappone. Pochi di essi vennero usati.

L'uso come difesa contro i raid aerei

Quando il Giappone iniziò ad essere soggetto al bombardamento strategico da parte dei bombardieri B-29 Superfortress dopo la cattura di Iwo Jima l'esercito giapponese tentò di usare attacchi suicidi contro questa minaccia.

Comunque questa si dimostrò molto meno fruttuosa e pratica, poiché un aeroplano era un bersaglio molto più piccolo, manovrabile e veloce di una tipica nave da guerra. Aggiungendo a ciò il fatto che il B-29 possedeva un formidabile armamentario difensivo, gli attacchi suicidi contro questo tipo di aeroplano richiedevano un'abilità di volo considerevole per avere successo. Ciò era contrario allo scopo fondamentale di usare piloti sacrificabili e incoraggiare i piloti abili a balzare fuori prima dell'impatto era inefficace causando spesso la morte di personale vitale che calcolava male il tempo di uscita e falliva l'impatto e/o ne restava ucciso.

Effetti

Alla fine della seconda guerra mondiale il servizio aeronautico della marina giapponese aveva sacrificato 2.526 piloti kamikaze, mentre quello dell'esercito ne aveva sacrificati 1.387. Secondo un dato ufficiale, di fonte giapponese, le missioni affondarono 81 navi e ne danneggiarono 195, ammontando (rispetto al conteggio giapponese dei danni inflitti) all'80% delle perdite USA durante le fasi finali della guerra nel Pacifico. Secondo una fonte delle forze aeree americane:

  « Approssimativamente 2.800 attaccanti kamikaze affondarono 34 navi della marina, ne danneggiarono altre 368, uccisero 4.900 marinai e ne ferirono oltre 4.800. Nonostante l'allarme dei radar, l'intercettazione in volo ed un massiccio fuoco antiaereo il 14% degli attacchi Kamikaze giungeva fino all'impatto contro una nave; circa l'8,5% delle navi colpite dagli attacchi kamikaze affondò »
 
(Airforcehistory[4].)

Tradizioni e folklore

L'esercito giapponese non ebbe mai problemi nel reclutare volontari per le missioni kamikaze; in effetti ci fu il triplo di volontari rispetto agli aerei disponibili. In conseguenza di ciò i piloti esperti venivano scartati, in quanto considerati meglio impiegati in ruoli difensivi e di insegnamento. Il pilota kamikaze medio aveva circa 20 anni e studiava scienze all'università. Le motivazioni nell'offrirsi volontario andavano dal patriottismo, al desiderio di portare onore alle proprie famiglie, al mettersi alla prova — in maniera estrema.

Venivano spesso tenute cerimonie speciali, immediatamente prima della partenza delle missioni kamikaze, nelle quali ai piloti che portavano preghiere delle loro famiglie venivano date decorazioni militari. Queste pratiche aiutavano a romanzare le missioni suicide, attraendo pertanto altri volontari. I kamikaze giapponesi inoltre indossavano la nota bandana bianca con dei motivi patriottici disegnati, chiamata hachimaki.

Secondo la leggenda i giovani piloti delle missioni kamikaze spesso volano a sud-ovest dal Giappone sopra il monte Kaimon, alto 922 metri. La montagna è anche detta "Satsuma Fuji" (indicando una montagna bella simmetricamente, come il Monte Fuji, ma situata nella regione di Satsuma). I piloti delle missioni suicide vedevano questo guardandosi alle spalle, la montagna più a sud del Giappone mentre erano in aria, dicendo addio al proprio paese e salutavano la montagna.

I residenti dell'isola di Kikajima, ad est di Amami Ōshima, dicono che i piloti delle missioni suicide lanciavano fiori dall'aria mentre partivano per la loro missione suicida. Presumibilmente le colline sopra l'aeroporto di Kikajima hanno campi di fiordalisi che sbocciano all'inizio di maggio[5].

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Dojo KUN: le regole del gioco

(articolo tratto da www.budoblog.it)

Dojo Kun: le regole del gioco (introduzione)

Mi hanno sempre affascinato le regole di un gioco, non tanto per imparare a giocare e capire chi fa cosa, quanto per immergermi nelle finalità, negli obiettivi, nello scopo per il quale il gioco stesso è stato creato.

Anche le arti marziali possono essere paragonate a un gioco, poiché ci si diverte molto, ma anche perché coinvolgono il praticante – dal bambino all’adulto – in un mondo creativo, fantasioso, talvolta irrazionale ma non per questo privo di regole!

 

Il dojo kun è ciò che lega indissolubilmente il giocatore (=il marzialista) con l’aspetto più puro dettato da semplici ma fondamentali regole comportamentali: lo spirito del Budo viene racchiuso in pochi principi che permettono di trovare la via, il “do”, la strada che conduce allo scopo ultimo dell’arte praticata. Al di là del luogo in cui ci troviamo (“dojo”), palestra, cantina, posto di lavoro, tra le mura domestiche o in vacanza, dovremmo tenere in considerazione queste regole al fine di esercitarci quotidianamente nei valori che in essi si celano.

Tali principi, che esporrò in una serie di articoli dettati non tanto dagli studi in materia quanto dall’esperienza diretta, sono uno dei modi migliori per progredire nel Budo. Mi soffermerò in particolare su quelli del karate di Okinawa, che presentano molte analogie con i principi del Budo giapponese e che ho scelto di approfondire quando praticavo “tecnicamente” karate. Nel karate-do vi sono 5 principi del “dojo kun”, il cui codice originario è stato creato dal Maesto Sukagawa di Okinawa, e sono relativi al:

  1. perfezionamento del proprio carattere
  2. miglioramento del rapporto con gli altri
  3. curare il proprio spirito di ambizione
  4. onorare l’etichetta del comportamento
  5. agire senza alcuna forma di violenza

A presto… con la prima regola del gioco!

un bel articolo del mio amico Stefano da Brascia

 

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SAMURAI, tra passato e presente

Novara, Maggio 2012

INTK , in occasione dei campionati mondiali di kendo, in collaborazione con CIK e sotto il patrocinio del comune di Novara, ha organizzato il più esteso e importante evento dalla data della sua istituzione, oltre che il più interessante evento inerente la spada giapponese mai presentato in Italia.

A cavallo di tre fine settimana e durante le intere due settimane, dal sabato 5 Maggio fino a Domenica 27 Maggio, sarà allestita la mostra e nel fine settimana dal 19 al 21 Maggio il maestro Yoshihara condurrà la forgiatura di una katana, a partire da un sunobe, mostrerà la procedura dell 'allungamento della lama, la definizione di tutti i piani e la tempra finale. Nella ambientazione di eccezione del palazzo del Broletto di Novara, nel cortile di pietra medioevale, vedremo pian piano prendere forma all' acciaio grazie al sapiente martello del maestro Yoshindo e quello dei suoi assistenti. La bellezza del palazzo creerà un ambientazione unica, fatta di pozzi di pietra e portoni di legno, balconate e portici che permetteranno di ammirare il tutto dall'alto, molto spazio e una caratterizzazione davvero unica. La mostra è allestita a pochi passi dalla forgia del maestro, nella sala del consiglio del palazzo, antica sede del Com une Medioevale, una sede ricca di fascino storico, dove sono ancora presenti gli scranni di legno medioevali, gli stemmi e le vestigia dell'antica Novara. La mostra vedrà l'esposizione di quasi 50 lame, provenienti dalle collezioni dei nostri soci, e comprenderà alcuni pezzi di rilievo assoluto.
Durante il periodo, e in modo complementare agli altri eventi, Leon Kapp e Massimo Rossi effettueranno diverse dimostrazioni di togi, il restauro e affilatura tradizionale delle lame giapponesi. Nei fine settimana saranno sempre presenti i membri della associazione INTK, che organizzeranno visite guidate, incontri con il pubblico, esposizioni speciali dei pezzi in mostra e altre iniziative, di cui alcuni saranno riservati ai soci e amici di INTK. Inutile sottolineare che questo evento sarà l'occasione per incontrare tutti i più importanti personaggi della spada giapponese in Italia, studiosi, collezionisti, ma soprattutto artigiani, restauratori ed esperti a vario titolo, soci di INTK e non, e sono stati invitati molti amici anche dall'estero.
Visto il molto tempo a disposizione e l'impegno che stiamo rivolgendo a questo evento, saranno sicuramente organizzate iniziative dell'ultimo minuto, quali ad esempio lo studio approfondito di alcune lame dal vivo, guidato dagli esperti presenti, e non mancherà nessuna occasione per un confronto tra tutti i presenti.

Il programma attuale :

– Sabato 5 Maggio ore 16:30 – Inaugurazione mostra INTK, presentazione dei dirigenti e incontro con il pubblico.
– Tutta la settimana – Mostra aperta al pubblico
– Venerdì 18 Maggio – Allestimento della forgia
– Sabato 19 Maggio ore 17 circa – Inizio della forgiatura del maestro Yoshihara: martellatura e allungamento dell'acciaio, tsukurikomi di base.
– Domenica 20 Maggio ore 17 circa – seconda fase della forgiatura, definizione dei piani, tsukurikomi finale.
– Lunedì 21 Maggio ore 18 circa – fasi preparatorie della tempra, stesura dello tsuchioki ; ore 21, – Yaki-ire finale, tempra della lama, fasi di finitura preliminare da parte di togishi presenti e presentazione finale della katana.
– Tutta la settimana – Mostra aperta al pubblico
– Domenica 27 ore 17 – Chiusura della mostra, incontro finale con gli organizzatori.

Per l'accesso alla mostra, il comune richiede il pagamento del biglietto al complesso monumentale del Broletto, che comprende la visita al palazzo, il prezzo comunque è limitato, attorno ai 7 euro ed è convenzionato con numerosi enti come tutti i musei della regione Piemonte.
La dimostrazione del maestro Yoshindo Yoshihara invece, sarà nel cortile, accessibile liberamente al pubblico.

Il programma è ancora molto aperto. Chiunque voglia proporre una iniziativa, organizzare un incontro particolare, o richiedere qualcosa, può contattare direttamente gli organizzatori.
Invitiamo quindi tutti gli appassionati, soci e non, nell'ottica più aperta possibile, a partecipare agli eventi e a vivere tutti insieme questa grande festa e questi eventi unici.

Per qualsiasi informazione è possibile chiedere in questa discussione sul forum, oppure scrivendo direttamente a Simone Di Franco all' indirizzo webmaster@intk.it , a Massimo Rossi all'indirizzo rossi@intk-token.it e agli altri contatti che troverete sul nostro sito internet.

Come sempre, se avete qualsiasi problema per collegarvi al forum o per qualsiasi cosa che riguardi il sito internet di INTK, potete contattarmi all'indirizzo e-mail webmaster@intk.it

Grazie, a presto.

Simone Di Franco

consigliere di INTK e amministratore di intk-token.it

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