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quando il silenzio è d’ oro

quando il silenzio è d’ oro

 

Aikido e il linguaggio del corpo

Durante una lezione di Aikido, è vietato ai praticanti di parlarsi tra loro. L’allenamento incomincia sempre con un saluto: per prima cosa l’insegnante saluta e ringrazia il “Kamiza”, un tempietto scintoista che rappresenta lo spirito degli antenati, successivamente Maestro ed Allievi si salutano tra loro. Il saluto, in se, è rappresentato da un profondo inchino eseguito da una posizione accovacciata. La comunicazione insita in questo gesto richiama immediatamente un’ attitudine all’umiltà.

La lezione, Keiko, può adesso avere luogo. La prima parte dell’allenamento consiste nell’ascoltare il proprio corpo in movimento. Una serie di esercizi per padroneggiare la corretta postura, per valutare lo stato delle articolazioni, per acquisire un rilassamento muscolare adeguato, per “pulire” i gesti da una serie di movimenti “parassiti”, conferisce al praticante la coscienza delle potenzialità del proprio corpo. Quale forma d’arte l’Aikido si serve del corpo dell’atleta come una tela e dei movimenti come la tavolozza dei colori. Ciò che si vuole esprimere, lo stato interiore dell’aikidoka, dev’essere comunicato, similmente al teatro No^, esclusivamente col movimento del corpo. Appare quindi ovvio che, così come, per avere un’alta potenzialità di comunicazione al livello verbale, è indispensabile avere una padronanza della lingua, per potersi servire al meglio di una comunicazione gestuale, deve esistere un’assoluta padronanza degli strumenti e, cioè, il corpo ed i suoi movimenti.

La seconda parte dell’allenamento è dedicata allo studio delle relazioni tra i praticanti. Tali relazioni, che nascono col pretesto dell’esistenza di un attacco ed una difesa, devono essere stabilite su un livello avanzato di comunicazione.

Ho già affermato che non dovrebbe esserci uno scambio di informazioni tra i praticanti a livello verbale.

La pratica di un movimento a coppie, similmente ad una danza, è uno strumento didattico finalizzato alla creazione di un’armonia tra gli individui.

Ma, sebbene i gesti siano ritualizzati in modo da essere ripetuti in maniera analoga ogni volta, le variabili che nascono da una situazione di dinamismo sono tante e tali che ci permettono di affermare che ogni tecnica è diversa dalla precedente.

Una situazione di ritardo da parte di uno dei due praticanti, uno stato di indolenzimento articolare o muscolare, la padronanza più o meno profonda del gesto, la stanchezza, sono solo alcune delle variabili da considerare. La comprensione della situazione in cui si sviluppa il movimento deve nascere da un dialogo tra i corpi degli atleti. Unicamente osservando lo sguardo del nostro compagno, la sua postura, il suo modo di respirare, l’intensità dei suoi attacchi, dobbiamo essere in grado di ricavare una serie di informazioni che ci consentano di relazionarci all’altro nella maniera più adeguata, entrando in sintonia con la comunicazione costante del suo Hara.

Fabio Branno

 

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